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Inserito il - 06/10/2008 : 13:03:14
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La retta parola
di Poetyca
da lista_sadhana
Nel Vinaya leggiamo queste istruzioni: «Chiunque stia per ammonire un altro deve suscitare in sé cinque qualità prima di aprir bocca, in modo da poter dire così: "Parlerò a tempo debito, non nel momento sbagliato. Dirò la verità, non bugie. Parlerò soavemente, non con severità. Parlerò a suo vantaggio, non a suo danno. Parlerò con intento gentile, non con rabbia"».
Parlare rettamente è sopratutto mantenere una costante attenzione al proprio modo di esprimersi in ogni circostanza, perchè la parola è manifestazione del proprio essere.
Una delle cose importanti è il non parlare vanamente, l'essere prudenti e misurati andando a verificare le fonti, perchè non si trasmetta ad altri qualcosa di non vero, che propagasse ignoranza (nel senso di falsa conoscenza).
Sopratutto nell'evitare di sovraccaricare gli altri di troppe parole che non sempre sono utili. Si deve sviluppare un processo di sintesi per trasmettere l'essenza e dare spazio agli altri nella ricerca ed ascolto interiore.
Non è la mente che deve parlare e soppesare ma il nostro accostarci con amorevolezza e compassione, in questo modo cade il giudizio e la rabbia per mantenere sempre posizioni di supremazia.
Essere duali è percorrere la strada della competizione e non ci sono giudici e gare.
Si apprende molto osservando ad ascoltando, mentre non si ha nulla da insegnare a nessuno imponendo delle proprie opinioni. Meglio tenerle per se stessi o chiedersi se sono davvero valide o frutto di condizionamenti della nostra mente.
La ricerca interiore è un giardino che ogni essere coltiva in prima persona, possiamo solo dare sostegno e non serve essere concitati ed agitarsi con gli altri per far capire di essere vicini o di sentirsi distanti.
Meglio un fermo silenzio, addolcito da un sorriso ed un amorevole accoglienza che il farsi trascinare da un fiume in piena che non placa la mente.
Non giova sapere se si è approvati o disapprovati da qualcuno, è importante riflettere e capire se il passo che compiamo è costruttivo o arreca danno ad altri esseri, in questo possiamo essere capaci da soli.
Si è davvero vicino ad una persona restando in silenzio, per permetterle di leggersi nel profondo, ed aspettando che quello che noi avevavo compreso, finalmente trovi chiarezza nell'altro attraverso la retta visione ed il suo retto sforzo. Possiamo suggerire con dolcezza, mai sovrapporti o sostituirci agli altri.
Questo è nella mia esperienza e nel mio modo di porgere la mia presenza in tanti anni.
Nel nostro rapporto con gli altri non abbiamo merito alcuno, siamo solo testimoni del loro sforzo per migliorare. Ma sopratutto non dobbiamo distrarci dal lavoro che serve per migliorare noi stessi.
Un sorriso Daniela
Vinaya è un termine sanscrito e pali che significa disciplina e nel Buddhismo indica la raccolta scritturale delle norme di condotte seguite dai monaci (bhiksu, sanscr., bhikkhu, pali) e dalle monache (bhiksuni, sanscr., bhikkhuni, pali). Il vinaya è una delle due categorie degli antichi insegnamenti del Buddha Shakyamuni (o Buddhadharma) insieme al 'Dharma' (ovvero dottrina). Un altro termine per indicare il Buddhismo è infatti Dharmavinaya. Attualmente disponiamo di sette vinaya delle antiche scuole (Buddhismo dei Nikaya). Il vinaya Theravada, di probabile origine Sthaviravada Vibhajyavada, è conservato nel Canone pali ed è suddiviso in tre parti: Suttavibhanga, le regole di condotta fondamentali dei monaci e delle monache (patimokkha) con le storie all'origine di ciascuna regola; Khandhaka, a sua volta suddiviso in: Mahavagga, altre regole di condotta e di etichetta per il sangha insieme ad altri discorsi e insegnamenti del Buddha; Cullavagga, elaborazioni sull'etichetta e le norme dei monaci e delle monache e la trattazione di come vadano affrontati i casi di infrazione delle regole monastiche; Parivara, una ricapitolazione delle sezioni precedenti riportante in sunto le regole classificate in vari modi a scopo didattico.
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