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Inserito il - 25/10/2011 : 10:45:44
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In Italia sono 800mila le persone colpite dal morbo di Alzheimer
19 ottobre 2011
800 mila persone in Italia sono vittime del morbo d’Alzheimer, malattia per la quale ancora non si conoscono rimedi e della quale si ha paura di parlare, sui giornali, in tv e al cinema.
Dopo il progetto proposto dal Museum of Modern Art di New York, anche la Galleria d'Arte Moderna presenta i risultati de "La memoria del bello": per i malati e le famiglie.
Parlare d’Alzheimer fa paura. C’è chi pensa sia contagioso, c’è chi se ne vergogna, c'è chi lo tiene a distanza, c’è chi fa finta di ignorarne l’esistenza.
Eppure c’è, esiste ed è tra noi. Spesso lo incontriamo in uno sguardo lontano, nell’incertezza di una manovra, nello smarrimento di un anziano. Ma lo attribuiamo ad altro, lo "attacchiamo", lo maltrattiamo, lo ingiuriamo. Perché ci fa paura pensare che un giorno, quel male oscuro, possa venirci a trovare.
Solo in Italia sono 800 mila le persone colpite da questa patologia. E 800 mila persone significa che sono coinvolte 800 mila famiglie. E 800 mila famiglie significa che sono milioni gli italiani che vivono quotidianamente a contatto con questo ospite sconosciuto.
Io e l'Alzheimer
Quando ti dicono che tuo padre un giorno non ti riconoscerà più, non capisci. Non credi sia possibile. Un giorno tornerai a casa e, guardandoti con aria indifferente, ti di dirà: “scusi, lei chi è?”. È un giorno che sembra lontano. E, allora, continui a comportarti normalmente; ad “arrabbiarti” se vedi che inizia a dimenticare le cose, a far pasticci, a confondere gli oggetti, a non sapersi allacciare le scarpe, a non sapersi vestire, a non riconoscere i sanitari.
A volte ti sorride, quando si rende conto che qualcosa non va. A volte si “ribella” inutilmente a questo enorme buco nero che cresce sempre di più nella sua testa, perché non può accettare che ora dipende da altre persone. Ha solo 60 anni e tutti i suoi giorni si ripetono uguali. A volte mi viene in mente quando vivevamo insieme: eravamo in 4, felici, una famiglia serena.
Eravamo solo noi 4 al mondo, tutto cominciava e finiva nella nostra casa. E poi mi viene in mente quel 31 dicembre del 1997 quando mia madre, di ritorno da una visita neurologica, ci disse che papà aveva l'Alzheimer. Allora non sapevo neanche cosa significasse. Poi l'ho imparato. Giorno per giorno. Fino a quel giovedì sera: in attesa di mangiare mi domandò: “Come va? tutto bene?”, ed io ricordo che gli risposi un po' sostenuta: ero stanca, io e mia madre non riuscivamo più a raccapezzarci, a stare dietro all'evolversi della malattia.
Il giorno dopo, quando mi sono svegliata, non mi riconosceva più. Ma poi negli anni ho imparato a ballare e a correre con lui, a ridere insieme, ad amarlo anche così, nella sua assenza. A volte, non rideva, ma si girava e se ne andava lontano, nel suo mondo, dove io non potevo raggiungerlo.
Si parla sempre più di demenza senile, una malattia che è facilmente individuabile - basta solo un test psicologico -, ma che spesso viene confusa, anche dai medici, con la depressione o con l'arteriosclerosi. Eppure proprio una diagnosi precoce significherebbe regalare un giorno in più di coscienza.
Fonte: agoravox.it
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