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 I monaci sfidano, i militari minacciano
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Inserito il - 25/09/2007 : 12:03:00  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
I monaci sfidano, i militari minacciano

Cresce la tensione in Birmania: oggi 100 mila in piazza tra religiosi e civili nonostante i divieti del regime che annuncia repressioni

25 settembre 2007

http://www.corriere.it

YANGON (BIRMANIA) - All'indomani della più grande manifestazione contro il regime militare del Myanmar degli ultimi 20 anni, e nonostante le minacce di repressione, una nuova imponente marcia di protesta è partita oggi nell'ex capitale birmana, Yangoon. Centinaia di migliaia di persone tra monaci e civili manifestano intorno alla millenaria pagoda di Shwedagon contro la giunta militare, al potere da 45 anni, per chiedere una maggiore partecipazione della collettività alla vita politica e economica del paese. Molte le bandiere, alcune con l'immagine del pavone che fu utilizzata dagli studenti nella rivolta del 1988 a favore della democrazia, stroncata nel sangue dal militari.

AVVERTIMENTO - Dai furgoni militari in circolazione nelle strade continuano gli avvertimenti alla popolazione a interrompere le proteste antigovernative: chi «violerà l'ordine - è la minaccia- verrà perseguito». Intorno alla pagoda scelta per la protesta sono parcheggiati numerosi blindati. La televisione di stato ha poi fatto nuovamente un appello ai monaci a mettere fine alla protesta e a tenersi a distanza dalla politica.

PROVOCAZIONI - Intanto si diffonde negli ambienti dell'opposizione il timore che i militari ricorrano ancora una volta all'impiego massiccio di agenti provocatori per far scoppiare disordini e violenze. L'allarme è stato lanciato da un'organizzazione umanitaria, la Burma campaign UK, che ha detto di aver saputo da propri informatori che la giunta ha ordinato 3.000 tonache da monaco e ha ordinato a alcuni soldati di raparsi a zero: il sospetto è che i militari vogliano infiltrare soldati con funzioni di provocazione nei cortei che reclamano da giorni la fine della dittatura che dura ormai da 45 anni. Già nel 1988, l'ultima volta che nel Paese c'è stata una rivolta di massa contro il regime militare e per la democrazia, la giunta adoperò agenti provocatori per innescare violenze e giustificare così l'intervento repressivo dell'esercito.

INIZIATIVA DI BUSH - Intanto si è appreso che il presidente americano George W. Bush annuncerà oggi ulteriori sanzioni contro l'ex Birmania nel suo discorso davanti alla Assemblea Generale dell'Onu. Lo ha rivelato la Casa Bianca. Il presidente inoltre annuncerà domani la messa al bando della concessione di visti Usa a «persone chiave» collegate col governo di Myanmar. «La speranza è la combinazione prodotta dalla pressione interna e dalla pressione esterna proveniente dagli Stati Uniti e dalle Nazioni Unite e da tutti gli altri paesi che sono votati alla libertà possa portare ad un mutamento di regime» ha fatto sapere la Casa Bianca.

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Notizie Ansa

Ex Birmania:monaci sfidano militari

Clero buddista nuovo in piazza nonostante minacce

(ANSA) - YANGON, 25 SET - Sfidando le minacce dei militari al potere un migliaio di monaci buddisti ha dato vita a un corteo di protesta a Yangon. Il regime militare al potere in Myanmar(ex Birmania) ha ammonito che potrebbe far intervenire l'esercito per far cessare le manifestazioni di protesta animate dal clero buddista.Camionette a Yangon trasmettono con altoparlanti l'avvertimento della giunta,nel quale si fa riferimento alla possibilita' che i manifestanti siano dispersi dalla forza militare.

25 Set 08:51

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Myanmar

La protesta contro il regime si allarga: centomila in piazza tra monaci, studenti e civili

YANGON. I monaci buddisti continuano il corteo di protesta contro il regime nel centro di Yangon: un migliaio di religiosi si trovano da giorni davanti alla pagoda di Shwedagon e hanno iniziato una marcia pacifica nonostante le minacce dell'esercito al potere in Myanmar pronto a usare la forza.
Nel giro di poco tempo la folla è aumentata; sono centomila tra monaci, studenti e civili. I religiosi innalzano le bandiere-emblema usate dagli studenti nel 1988, manifestazione repressa nel sangue. Dopo gli avvertimenti militari del governo, anche la televisione di Stato si è rivolta ai monaci per mettere fine alla protesta e tenersi a distanza dalla politica. Finora la giunta sembra sorda alle esortazioni della comunità internazionale a dare prova di moderazione. Oggi il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, intende annunciare nuove sanzioni contro il regime di Myanmar.

www.comunicaweb.it

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Il regime birmano minaccia: «Pronti a passare all’azione»

http://www.ilgiornale.it/

Le manifestazioni contro il regime militare birmano, giunte alla settima giornata consecutiva, si estendono costantemente e i generali hanno deciso di cambiare metodo: cominciano le minacce, per ora solo verbali. Il ministro per la Religione Thura Myint Maung si è rivolto ai monaci buddisti, vera anima della più estesa sollevazione popolare degli ultimi vent’anni in Birmania (che la giunta militare ha ribattezzato Myanmar), avvertendoli che il governo è pronto a «passare all’azione» contro di loro e «consigliando» i religiosi di non infrangere «le norme e i regolamenti» del buddismo.

Si tratta di avvertimenti quanto mai sinistri, se si considera che nel 1988 la violenta repressione dell’ultimo tentativo organizzato di chiedere il ritorno delle libertà democratiche ebbe secondo fonti giornalistiche un bilancio di tremila morti. Da allora il controllo dei militari sulla società si è fatto ancor più serrato, contando sui servigi di innumerevoli spie che hanno creato un clima di costante paura e di rabbia repressa.

Il generale Maung ha addossato a «elementi distruttivi» contrari alla pace in Birmania la responsabilità del dilagare delle proteste: un apparente tentativo di dividere i monaci buddisti tra «buoni» e «cattivi». Erano stati alcuni di questi religiosi, tenuti in grandissima considerazione in Birmania, a chiedere nei giorni scorsi che l’intero Paese li sostenesse nella loro campagna per abbattere il regime. Sembra però ormai troppo tardi per fermare il meccanismo che si è messo in moto, a meno che i generali non decidano per una soluzione alla Tienanmen, con l’uso indiscriminato della violenza contro i manifestanti.

Ma rispetto alla situazione della Cina nella primavera del 1989 ci sono alcune differenze. Anzitutto le marce contro il regime interessano ormai almeno 25 città. E poi il ruolo coraggiosamente scelto dai religiosi buddisti costituisce un ostacolo di prima grandezza all’impiego della forza: proprio il timore di scatenare la collera del popolo ha fin qui trattenuto i generali dall’usare la forza contro i monaci.

Ora però in Birmania si sta rapidamente arrivando al momento della verità. Con folle stimate in 50-100mila persone che sfilano ogni giorno nelle strade di Yangon, la principale città del Paese, guidate da colorate file di monaci applauditissimi lunghe anche un chilometro, con esponenti del partito di opposizione Nld (quello della leader prigioniera Aung San Suu Kyi) che ostentatamente applicano ai loro vestiti pezzetti di stoffa presi dalle tuniche dei bonzi per poi marciare al loro fianco, le opzioni dei generali si restringono. I birmani cominciano a credere di poter riuscire a recuperare la libertà perduta 45 anni fa e a chi gliel’ha tolta, se le minacce non sortiranno effetto, non resterà che la scelta tra la violenza e la resa. Onu, Paesi europei e - per diverse ragioni - la Cina premono perché violenza non sia. Bush annuncerà oggi l’indurimento delle sanzioni contro Myanmar. Ma molti temono il peggio.


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