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I Mantra Seme ed i chakras 2
Tratto da:
IL LIBRO DEI MANTRA: IL RITMO SACRO DELLA PREGHIERA
Testi di Gisella Melluso, a cura di Luigi Colli e Pier Giorgio Viberti
Sulle rive del Gange e dell'Indo
PREGHIERE AD ALTRE DIVINITA' POTENTI
La natura del tutto particolare della preghiera mantrica obbligherebbe a riportarne la forma originaria, perche' la traduzione ne inficia, come si e' detto, la sostanza. Ma cio', per i mantra molto lunghi, renderebbe ancora piu' ostica e lontana per il lettore questa breve panoramica, per cui la scelta e' stata quella di un compromesso: fornire nei limiti del possibile la forma originaria e ricorrere alla traduzione, a fini semplicemente orientativi, nel caso dei mantra di notevole estensione. Questo criterio vale anche per gli altri esempi che andiamo ora a prendere in considerazione.
I MANTRA DI TARA E' davvero difficile per noi occidentali penetrare senza avvertire un senso di disorientamento nell'immensita' del pantheon induista, non solo perche' sono numerosissimi gli dei, ma anche perche' ciascuno, a seconda della manifestazione che se ne considera, assume a sua volta un nome diverso.
Cio' vale, per esempio, per Kali, Signora del tempo, della quale Tara puo' appunto essere considerata una manifestazione. Il simbolo che la rappresenta e' la stella, di cui l'induista valuta tanto la bellezza quanto il fatto che bruci, perpetuamente autoconsumandosi: cosi' Tara e' la fame, l'impulso mai appagabile in modo definitivo, che spinge ogni forma di vita a garantirsi attraverso un continuo consumare. Su questa base i Tibetani e i Jainisti hanno assunto Tara come simbolo della fame spirituale della liberazione, possibile solo mediante il distacco dal mondo fisico. Tara diventa cosi' in questi contesti la divinita' interiore dell'autocoscienza, e come tale ha centootto nomi (uno per ogni grano del rosario), che costituiscono altrettanti mantra recitati facendo scorrere il rosario completo. La Tara della meditazione e' rappresentata con il terzo occhio, quello dell'illuminazione (tara bianca).
Il popolo poi fa ricorso ad altri mantra per scongiurare il potere distruttivo di Tara (tara verde) e attivare la sua compassione, onde possa essere protetto dalle calamita'. Il suo mantra principale (se ne da' la trascrizione tibetana ed e' determinante che tutte le sillabe siano distintamente pronunciate) e':
UM TARE TUTARE TURE SOHA
dove UM sta per il sanscrito OM e per . Questo mantra con l'aggiunta di altre parole, si allunga in modo diverso a seconda che si voglia invocare la protezione della Tara Verde dalle catastrofi naturali, dai disastri causati dal fuoco, dall'acqua o dal vento, dai mali provocati dai demoni, dalle epidemie che colpiscono il bestiame, dalle malattie, dai furti e cosi' via.
Sempre a partire dal mantra base della Tara Verde ce ne sono poi altri impiegati per chiedere che Tara aumenti la forza, conceda la prosperita', assicuri una lunga vita ed esaudisca i desideri.
IL MANTRA DEI SEDICI NOMI
Forse non tutti sanno che e' un mantra, ma molti vi si sono imbattuti, perche' e' stato diffuso in Occidente dagli arancioni dell'associazione internazionale per la coscienza di Krishna, che seguono la via della bhakti. Krishna, protagonista della Bhagavad Gita, solitamente raffigurato con la pelle blu e intento a suonare il flauto, e' considerato l'ottava incarnazione di Vishnu. La formulazione completa del mantra, detto 'dei sedici nomi', e':
HARE KRISHNA HARE KRISHNA KRISHNA KRISHNA HARE HARE HARE RAMA HARE RAMA RAMA RAMA HARE HARE
Come si vede, e' una sequenza di sedici parole, ma di queste solo due (Krishna e Rama) sono dei nomi divini. Hare e' invece una formula di saluto e insieme di benedizione e di lode. L'obiettivo della recitazione e' quello di non disperdere l'energia della mene verso l'esterno, sulla fallacia materiale, perche' possa pienamente agire come energia interiore concentrata nel devoto servizio (bhakti) a Krishna. A parte la possibilita' che il mantra sia cantato collettivamente in abbinamento alla musica e alla danza, come il movimento Hare Krishna puo' averci dato l'occasione di vedere, questa 'preghiera' intesse l'intera giornata del devoto al dio, che viene con essa invocato perche' anche l'atto piu' semplice o umile assuma la forma di un'offerta.
Questo vale, per esempio, nella cucina e nell'assunzione del cibo quotidiano: il mantra viene recitato alla fine della preparazione e prima della consumazione, con lo sguardo rivolto a un'immagine di Krishna, cui e' stato posto davanti un piatto contenente il cibo fino a questo momento intoccato, perche' al dio tocca di cibarsene (ovvero di godere della devozione con cui e' fatta l'offerta) per primo.
* MOMENTI RITUALI * La tradizione vedica prevede che la cerimonia sacra rispetti delle regole precise, molte delle quali hanno il significato di una purificazione.
Si deve purificare, innanzi tutto, il celebrante che, lavando il proprio corpo con dell'acqua, recita il mantra:
ATMA TATTVAYA SVAHA VIDYA TATTVAYA SVAHA SHIVA TATTVAYA SVAHA
che puo' essere considerato il mantra della purificazione per eccellenza. Dopo l'abluzione del corpo, l'acqua utilizzata viene offerta al sole, recitando:
ONG HRING HANGSA, GHRINI SURYA IDAM ARGHYAM TUBHYAM SVAHA
la cui traduzione e':
ONG HRING HANGSA. A te, o Sole, colmo di calore e splendente, io dono questa offerta, svaha.
Nel rito chiamato Jiva nyasa il mantra di purificazione e' una preghiera con cui il fedele utilizza le sacre sillabe perche' in lui venga infusa la vita della Devi.
In tutti i rituali viene usata la canapa (vijaya), che ha nella formula tradotta che segue la sua consacrazione:
ONG, HRING. Ambrosia, che nasci dall'ambrosia, tu che spargi ambrosia e la attingi sempre per me. Porta Kalika dentro il mio dominio. Dona i poteri (siddhi).
Successivamente il celebrante mette la canapa in bocca e recita, rivolgendosi a Sarasvati:
AING, tu che sei la regina di tutte le essenze, ispirami, ispirami e rimani eternamente sulla punta della mia lingua. Svaha.
Alla Devi dell'Ambrosia o Soma (nome del succo di una pianta considerata sacra e impiegata nelle libagioni agli dei, ma anche in ambito mitologico nome di una figlia di Brahama che, inebriato dal Soma, la desidero' ardentemente e fu da lei maledetto) e' rivolto il mantra:
Salute alla Devi dell'Ambrosia, che libera dalla maledizione il Brahama. Quando la divinita' cui e' tributato l'atto cultuale e' Agni, gli viene offerta dell'acqua, contenuta in una coppa che viene cosi' purificata:
ANG ARKA MANDALAYA DVADASHA KALATMANE NAMAH ANG ! Offerta al mandala del sole che ha dodici divisioni (kala).
Il mantra di Vanhi, Signore del Fuoco, venerato sul mandala, e':
MANG VAHNI MANDALAYA DASHA KALATMANE NAMAH MANG! Salute al Mandala di Vanhi con le sue dieci qualit..
L'offerta alla Devi della coppa sacrificale contenente acqua, vino, profumi e fiori e' accompagnata dalla recita di questo mantra:
UNG SOMA MANDALAYA SHODASHA KALATMANE NAMAH
UNG! Offerta alla Luna con i suoi sedici numeri (le funzioni della Luna).
Pronunciando il sacro cija di Varuna (VANG), il fedele deve rendere il proprio corpo simile al nettare tramite la recitazione di un mantra che cosi' traduciamo:
Possa la Devi che dimora nel petto di Vishnu e di Shankara (Shiva) purificare questa mia carne, e darmi riposo accanto al prezioso piede di Vishnu.
Se la divinita' oggetto del culto e' specificamente Shiva, la formula devozionale (mula mantra) con cui gli si chiede di gradire il sacrificio puo' tradursi cosi':
ONG, o Devi, o Shiva, o Esaltata, tu sei l'immagine della dissoluzione finale di tutto; degnati di accettare questo sacrificio e di rivelarmi il bene e il male che formano il mio destino. A Shiva io mi inchino.
In un rito particolare, detto della campana, perche' il fedele ne suona una con la mano sinistra, mentre con la destra incensa l'immagine della Devi, viene recitato un mantra di accompagnamento:
O Madre che produci il suono che annuncia il tuo trionfo. Svaha.
Un ultimo sguardo ora al modo in cui si conclude una cerimonia sacra.
Il motivo della purificazione ritorna sotto forma di richiesta di perdono che si accompagna al saluto alla Devi:
O primordiale Kalika, io ti ho venerato con devozione e con tutti i poteri che mi sono stati donati. Perdonami.
A cerimonia finita cio' che e' rimasto delle offerte e' ritenuto sacro e viene con un mantra particolare donato alla Devi delle offerte, che ha nome Nirmalya vasini.
IL DISCEPOLO E IL SUO GURU
Si chiama svaha mantra la formula di omaggio devoto che un discepolo recita (o medita) per il suo maestro, il Guru. Questa parola significa venerabile e in un primo tempo era il nome che veniva attribuito al padre, alla madre, in generale alle persone cui si dovevano rispetto e venerazione. Successivamente indico' il maestro, il padrino incaricato dell'educazione spirituale dei ragazzi, considerato un intermediario tra l'allievo e la divinita'. Nel panorama della spiritualita' indiana il Guru ha un rilievo tanto maggiore quanto piu' il percorso spirituale di un discepolo comporta di addentrarsi in una dottrina complessa e di sottoporsi a una disciplina rigorosa. In ambito tantrico uno svaha mantra e' il seguente:
HRING, SHRING, KRING PARAMESHVARI KALIKE, HRING, KRING SVAHA
Io mi inchino a te, o Guru, tu che distruggi i legami che vincolano a questo mondo, tu che dispensi la visione della saggezza, con il piacere e la liberazione finale, tu allontani l'ignoranza e riveli il Kula dharma (la dottrina tantrica del Kaula), tu sei l'immagine e la forma umana del supremo Brahaman.
OMAGGIO AL QUARTO GIOIELLO
Tutti i buddhisti, indipendentemente dalle scuole entro le quali si collocano, attingono al comune patrimonio dei tre gioielli: il Buddha, la Dottrina e la Comunita' sacra. I seguaci del Vajrayana si avvalgono di una quarta gemma preziosa: il Guru, in cui ripongono una fiducia assoluta. Il mantra detto 'del Guru Prezioso' viene recitato dal discepolo nella concentrazione sull'immagine mentale del Maestro, perche' possa realizzare un'unione perfetta con lui, attingere alla sua conoscenza sacra ed essere assistito nel superare gli ostacoli che si frappongono lungo il cammino verso la verita' suprema. Il mantra S il seguente:
OM AH HUM VAJRA GURU PADMA SIDDHI HUM
dove la serie iniziale di sillabe OM AH HUM sono gia' di per se' un mantra potente dai significati spirituali profondissimi, dei quali si accentua un aspetto piuttosto che un altro, a seconda del contesto in cui viene usato. In generale nello Yoga ha una funzione di 'sostegno', perche' prepara e purifica la mente di chi lo recita al rito o alla meditazione che si accinge a compiere. Richiamando l'origine (OM), la conservazione di cio' che OM ha creato (HA) e l'energia vitale che permea cio' che e' stato creato (HUM) rimuove l'ostacolo rappresentato dall'io e i vincoli imbriglianti del pensiero dualistico. A questo punto vajra (adamantino) denota la non sostanza del vuoto, Guru, la saggezza interiore che istruisce, elemento focale di tutto il mantra, padma la suprema compassione, siddhi i poteri che si conseguono votandosi alla dottrina e HUM l'unita' dei tre valori (saggezza, compassione e dottrina) dentro di se'.
IL VALORE SUPREMO DELLA COMPASSIONE
Come si e' accennato parlando del Buddhismo, il tema della compassione e' centrale nella dottrina Mahayana. L'immensa forza della compassione, per tutti potenzialmente e imparzialmente disponibile e' correlata al bodhisattva Avalokiteshvara, che la pieta' popolare intende come un essere celeste e i piu' esperti della dottrina considerano invece come la forma di una creazione mentale altrimenti non esprimibile. Da una parte e dall'altra, comunque, c'e' unanime fiducia nell'estrema efficacia del mantra:
OM MANI PADME HUM
che e' il mantra, appunto del Supremamente Misericordioso Bodhisattva Avalokiteshvara. Semplicemente noto come Mani, e' ritenuto tanto piu' potente quanto piu' la mente di chi lo recita riesce progressivamente ad aprirsi all'amore per tutti gli esseri senzienti, fino ai piu' ripugnanti come gli insetti nocivi, o ai piu' terrifici, come i demoni e gli spettri. Di OM il significato ci e' ormai noto. Mani Padme indica la gemma nel fiore di loto, ovvero la saggezza essenziale contenuta nella dottrina del Buddha, la mente nelle menti, il Buddha che e' nel cuore di ciascuno. HUM infine e' l'imperituro nell'effimero, e percio' il tramite dell'unione con OM.
CONGEDO
Realizzarsi in Dio e' l'unico scopo della vita. Dovete vivere solo con Dio, ogni attimo. Dovete passare il vostro tempo pensando a lui, ripetendo il suo nome, ricordandovi di lui, leggendo di lui, riflettendo su di lui, pregandolo. Solo in questo modo troverete la vera felicita' e la pace della vostra vita. Il vostro rifugio in lui dara' i suoi frutti. Non c'e' regola fissa per pregare; si puo' fare in ogni momento e in ogni situazione. L'unica cosa importante e' l'amore. Riceverai tanta gioia se avrai messo zelo nella pratica. Diventerai padrone di te stesso, se ripeterai il nome di Dio con costanza e se sei sincero in tutti i tentativi spirituali. Il nome di Dio ha il potere intrinseco d'impegnare tutti i sensi interni ed esterni naturalmente inondati di Dio. (Swami Shiavananda "For the Seekers of God", Calcutta, 1972).
Tutte le pratiche di meditazione possono produrre una moltitudine di effetti negli eventi della nostra vita; la forza spirituale di ogni individuo impegnato nella preghiera, nella fede, crea un movimento nella sostanza che ci contiene e ancora di piu' lo crea nella mente, dei cui poteri conosciamo solo una piccola parte
Non sappiamo effettivamente sino a dove e a che cosa la nostra mente, creazione divina, possa condurci. Purtroppo spesso rimaniamo imprigionati nel labirinto che la nostra stessa civilta' ha costruito, perche' dimentichiamo la nostra origine divina. Attraverso il ritmo sacro che diamo alle nostre preghiere possiamo riprendere coscienza di noi stessi per elevarci a un piano spirituale che potrebbe essere la base di una vita molto piu' sana. Molte preghiere occidentali possono avere la stessa funzione di un mantra: si pensi per esempio all'Ave Maria, che, per le innumerevoli ripetizioni fatte dai fedeli, ha acquistato un potere analogo a quello dei mantra. Pregare significa sapersi raccogliere, donare ed eliminare in quel momento il proprio io per lasciare spazio alla sola fede; significa affidarsi alla volonta' divina che dara' a ognuno di noi un segno e che trova la sua sede nell'intima profondita' dell'uomo. La preghiera e' un seme, e il nostro pensiero, mezzo di indagine e serbatoio degli archetipi della creazione e' l'alimento che lo fa germogliare per poi rinutrirsene.
Possa la purezza regnare ovunque, possa l'anima godere della pace e della liberta'; Dio, essenza eterna, tu sei l'antico amico dell'uomo, sei la via del sapere, sei l'unica voce, e l'unico suono, tu che hai salvato l'uomo e gli hai ridato la vita, continuerai a esistere oltre il movimento dell'Universo, e sarai per l'uomo speranza e ultima meta (L'autrice).
FINE
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