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 LA NUOVA CULTURA PLANETARIA
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Inserito il - 08/01/2005 : 11:31:33  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
LA NUOVA CULTURA PLANETARIA


da "Enciclopedia olistica"

di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli



INTERCULTURA PLANETARIA

Di Enrico Cheli

Planetarizzazione della cultura

Il fenomeno di planetarizzazione e globalizzazione cui stiamo andando incontro da alcuni decenni rappresenta lo scenario di elezione per la cultura olistica della nuova era; grazie al grande sviluppo dei trasporti e delle telecomunicazioni è oggi infatti possibile conoscere ed entrare in contatto con una molteplicità di culture e di visioni della realtà diverse ed è altresì possibile farle dialogare pariteticamente, senza quegli atteggiamenti egemonici, etnocentrici e colonialisti che hanno caratterizzato le epoche passate. Può così nascere, e di fatto sta nascendo, in un numero sempre più ampio di persone, il senso del relativismo culturale, cioè la consapevolezza che sono possibili (e legittimi) molteplici punti di vista sulla realtà, molteplici modalità di approccio ad uno stesso problema, situazione, questione, e quindi che nessuna verità è assoluta e immutabile.

Ne conseguono due importanti corollari: 1) la possibilità di rendersi conto dei limiti della propria cultura di appartenenza e quindi liberarsi da credenze e valori superati; 2) la possibilità di prendere il meglio da ogni altra cultura, intendendo con "cultura" i vari saperi e consuetudini di un popolo, ivi incluse scienza, filosofia, spiritualità.

Grazie allo sviluppo dei trasporti e del turismo e grazie anche ai mass media, sempre più persone stanno abbandonando l'illusione - pur dominante fino a pochi decenni fa - che il mondo sia tutto uguale e che non vada molto oltre i confini del proprio villaggio, o viceversa, che tutto ciò che sta oltre a tali confini (le colonne d'Ercole) sia ostile e pericoloso. Il mondo esterno è anche uguale, per certi aspetti, a quello a noi familiare - e questo certo può contribuire in parte a ridurre quella paura dello straniero, dell'alieno, che è stata in passato tra le maggiori cause di guerre, persecuzioni, isolamenti, colonizzazioni. Ma il mondo esterno è anche profondamente diverso, ampio, variegato, e prenderne atto rappresenta il primo passo per ammorbidire le rigidità, abbandonare le difese, uscire da posizioni precostituite e quindi costruire consapevolmente un mondo nuovo, una realtà in cui flessibilità, fantasia, creatività costituiscono i "fondamenti" o meglio i semi.



Breve storia della planetarizzazione

Da un punto di vista storico si può dire che il processo di planetarizzazione inizia subito dopo il rinascimento, pressappoco a partire dal 1600, epoca in cui i viaggi attraverso l'Europa divennero più agevoli e frequenti (almeno per le élite), e fu quindi facilitato il contatto e il confronto con altre nazioni, genti, culture, modi di pensare, di valutare, di vivere. Realtà, inoltre, degne di considerazione, a differenza di quelle "primitive" (con doppie virgolette) incontrate da Colombo e dagli altri esploratori/colonizzatori del secolo precedente. Il turismo, si sa, è nato come fenomeno di élite e tale è rimasto fino a tempi molto recenti, anzi per certi versi lo è ancora. Tuttavia, anche la "massa" (per usare una brutta parola) può oggi finalmente conoscere altre realtà, culture, costumi, usanze, valori, se non personalmente, per lo meno attraverso i mass media, che possono essere davvero considerati agenzie di cosmopolitismo di ampissima (anche se spesso superficiale) portata. Non è propriamente la stessa cosa che esperirla di persona ma è pur sempre meglio che non conoscerla affatto.


Le diversità culturali

Il contatto con culture diverse da quella in cui siamo nati e cresciuti - se non ci arrocchiamo arrogantemente su posizioni colonialiste e etnocentriche - ci può fornire punti di vista nuovi su noi stessi e sui modi di affrontare l'esistenza, e questo è uno stimolo evolutivo molto importante, che contribuisce a rendere più flessibile, creativo e libero il nostro rapporto con noi stessi, con gli altri e col mondo.

E' proprio grazie all'assunzione di nuovi punti di vista che certe scoperte divengono possibili, sia nella scienza che nella vita di ognuno di noi. Ed è proprio quando i nuovi punti di vista sono molto distanti dai vecchi (come nel caso di oriente e occidente) che si ha il massimo del cambiamento, vere e proprie "rivoluzioni". Come hanno ben evidenziato molti antropologi, all'inizio il contatto con visioni e concezioni differenti dalle nostre può attivare in noi paura, critica, derisione, incomprensione, ma se abbiamo la disponibilità di entrare dentro quel nuovo mondo, di sforzarci di andare al di là delle nostre resistenze e paure, allora quei nuovi punti di vista, quei nuovi concetti, mescolandosi con i nostri, ci aprono nuovi, preziosi orizzonti.

Il nostro pianeta, diviso fino a pochi decenni fa in una moltitudine di realtà socioculturali separate e incomunicanti, sospettose e timorose l'una dell'altra, sta ormai diventando un unico, grande villaggio planetario, il "villaggio globale" profetizzato dal grande studioso di mass media Marshal McLuhan. In questo nuovo scenario di comunicazione planetaria e di interculturalità dilagante i vecchi assetti di potere, basati sull'isolamento e l'ignoranza, sono ormai minati alla radice, e con loro gli ormai obsoleti modelli culturali che ancora pervadono le nostre società.

La diversità culturale esistente sul nostro pianeta non va più vista come fonte di guerre tra popoli ma anzi come una grande ricchezza dalla quale è possibile attingere a piene mani e trarre preziosi spunti sui molteplici modi in cui culture diverse affrontano le problematiche esistenziali principali. Partendo dal presupposto che nessuna cultura è perfetta e che c'è del buono e del meno buono in ognuna, è possibile prendere da ognuna il meglio e trarre così preziosi spunti sul piano delle regole sociali, dei costumi, dei valori, della spiritualità, del rapporto con la natura e con gli umani e via dicendo - temi sui quali molte popolazioni considerate primitive hanno molto da insegnare a noi occidentali, così come possono da noi imparare in campo scientifico e tecnologico.

Ne deriva un sincretismo su tutti i piani che da alcuni è visto come motivo di critica, ma che rappresenta invece uno dei punti qualificanti della cultura emergente della nuova era, sia per la visione olistica e interdisciplinare che ne consegue, sia per la grande libertà che implica: nessun movimento, filosofia o religione tradizionale ha mai permesso ai propri seguaci di attingere da altre fonti, senza essere per questo posti automaticamente fuori da tali realtà, salvo sanzioni più gravi, come nel caso delle eresie e dell'inquisizione messe in atto dalla chiesa cattolica. Liberi pensatori, ricercatori del vero, spiriti liberi non erano certo ben visti in passato, e non era affatto pensabile - e per molti non lo è tuttora - prendere qua e là idee e metodi senza legarsi all'una o all'altra ideologia, partito, dottrina, cultura. E' valsa finora la legge del "tutto o niente" per cui era necessario "legarsi a vita" ad un certo sistema di idee, così come ci si legava a vita nel matrimonio. E guarda caso, nel primo come nel secondo caso, non era quasi mai l'individuo a scegliere, ma altri più in alto di lui: la famiglia, lo stato, la chiesa. Oggi, almeno in occidente, si stanno affermando modelli più fluidi nei rapporti umani e lo stesso avviene nel campo delle scelte religiose, politiche e filosofiche; c'è ancora una parte conservatrice della società che non vede di buon occhio queste trasformazioni, ma il trend è inarrestabile e dilaga a macchia d'olio.



Il fascino dell'oriente

Tra gli ambiti culturali cui la nuova cultura emergente attinge maggiormente troviamo al primo posto l'oriente, non perché lo si ritenga migliore dell'occidente, ma piuttosto per colmare le lacune di quest'ultimo. Il punto è che ognuna di queste due metà del globo ha sviluppato punti di vista e approcci diversi sull'uomo e sulla realtà e può essere considerata complementare all'altra. L'oriente ha sviluppato a fondo temi quali l'interiorità, la spiritualità, l'evoluzione della coscienza umana, cioè quegli aspetti che noi occidentali abbiamo un po' trascurato e che ci mancano per divenire interi, totali. Analogamente, gli orientali hanno bisogno di riequilibrarsi nell'altra direzione, e difatti stanno "importando" dall'occidente scienza e tecnologia (la mente e la materialità) due aspetti che hanno messo da parte per dedicarsi all'interiorità e allo spirito.

Uno dei campi che l'occidente ha alquanto trascurato è lo studio della caratteristica più elevata e più tipicamente umana: la coscienza. La psicologia, che se ne sarebbe dovuta occupare, ha per vari motivi preferito dimenticare che psiche significa "anima" e si è rivolta più al comportamento esteriore che non agli stati interiori (salvo alcune frange minoritarie ).

Le "psicologie orientali", invece, che noi spesso etichettiamo troppo superficialmente come "religioni" (per di più di serie B, secondo l'etnocentrismo occidentale) sono assai più dentro a questa materia, disponendo non solo di ricche e stimolanti teorie ma anche e soprattutto di metodi pratici, collaudati da millenni, per entrare a volontà in spazi di coscienza non ordinari.

Le teorie, si sà, riflettono inevitabilmente la cultura e le credenze sociali e religiose di un popolo, quindi è ovvio che le teorie orientali siano intrise di misticismo e che il linguaggio usi simboli e metafore che rinviano a divinità, a personaggi mitici etc.; ciò, tuttavia, non dovrebbe scoraggiare il vero ricercatore, poiché una cosa è il linguaggio e altra cosa è il contenuto o il metodo che tale linguaggio descrive. Del resto, un orientale potrebbe accusare le nostre teorie di essere intrise di materialismo e di meccanicismo, il che è senz'altro vero, ma non per questo si può dire che non vi sia niente di valido in esse. Il fatto è che noi occidentali non siamo meno immuni di loro al problema della contaminazione tra credenze di senso comune e teorie scientifiche. Tuttavia, se non ci si ferma alla forma esteriore, è possibile trovare del buono in entrambe le realtà - e nelle scienze orientali vi è moltissimo da imparare sui mondi interiori, così come noi occidentali abbiamo approfondito molto la conoscenza del mondo esteriore, materiale. Ma l'aspetto più interessante delle scienze orientali non è rappresentato dalle teorie bensì dai metodi, metodi pratici che chiunque può praticare e sperimentare, allo scopo di affinare ed espandere la conoscenza di sé: come si fanno esercizi ginnici per potenziare il corpo, o esercizi mnemonici per potenziare la mente, così è possibile espandere anche la consapevolezza, esercitandola opportunamente. Le molteplici tecniche di meditazione provenienti dallo yoga, dal tantra, dal taoismo e da molti altri filoni e metodi di sviluppo della consapevolezza rappresentano una parte cospicua di questo patrimonio "scientifico" empirico, cioè basato sulla sperimentazione: è una metodologia di ricerca, che, per quanto rivolta ai mondi interiori, presenta una sua "oggettività".

Non è un caso che fin dall'inizio del secolo l'oriente abbia attratto molti dei nostri più aperti pensatori, da Hesse a Jung, da Huxley a Watts, tanto per citarne alcuni. Attraverso di loro alcuni concetti sono poi filtrati in ambiti più vasti del pensiero occidentale, prima influenzando e fecondando certi settori scientifico-filosofici (dalla microfisica alla psicoterapia, al pensiero olistico) e più tardi, a partire dagli anni '70, germogliando in un interesse allargato che ha visto migliaia e migliaia di occidentali avvicinarsi alla visione ed ai metodi orientali, alla ricerca di risposte che non sono riusciti a trovare nel loro paese e nella loro cultura.

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