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 I principi delle meditazioni samatha 2
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Inserito il - 09/03/2017 : 10:15:43  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
I principi delle meditazioni samatha, sul respiro e vipassana 2

Introduzione al Buddhismo Theravada:
Quinto Dialogo: I principi delle meditazioni samatha, sul respiro e vipassana

(parte 2)

di Guido Da Todi


************

Tu stai respirando. E questo non avviene ieri, non avviene domani; ma
avviene, sempre, puntualmente e costantemente, oggi, qui e ora.
Ecco perché accorgersi del proprio respiro significa ancorarsi in una
realtà palpitante, che, non solo viene dall’eterno presente; ma, spinge
costantemente in esso.
Vedete, allora, l’importanza che comincia ad assumere ogni cosa che respira?
Tu respiri… tutto respira…. anche un sasso respira e ha un suo ritmo
personale non creato ed innato.
Quando contemplavamo la prima delle Nobili Verità – ma, io preferisco dire”
la Verità che rende Nobili”…- ossia, che esiste la sofferenza, diluita
ovunque ci sia una coscienza….ci rendemmo conto che essa è impermanente,
perchè sappiamo che Buddha ci insegna come uscirne…
….Esiste la sofferenza, ma non fa parte di me, o di te. Esiste come anima
momentanea di tutte le cose. ….
Quindi, a prescindere da ogni altra considerazione, io vi suggerirei di
entrare nell’ ampio respiro della “corrente universale”, in cui non
appaiono più quelle gabbiette, chiamate “io”; ma, un ampio respiro
indefinibile: il non sé.
Di conseguenza, quando voi respirate in questi termini, abituatevi a dire,
come suggerisce la Dottrina buddhista:
-” … la sofferenza esiste..”
E non
-”…io sto soffrendo…”
Sì… se un fenomeno di sofferenza vi brutalizza in un dato momento, voi
ditevi:
“…è la sofferenza che sta esistendo, si sta manifestando….” - esattamente
come siete abituati ad esclamare:
“..è la vita che respira in me”
E non
“Io sto respirando…”
Quindi, imparate, quando mediterete sul vostro respiro spontaneo, a vedere
tale respiro come il protagonista e l’abitante, al centro del vostro qui e
dell’ora…
Dovrete realizzarlo come una realtà autonoma e non pensare:
“…io respiro…” ma:
“… c’è un infinito respiro in tutte le cose, ed esso, quindi, pulsa anche
in me…”
In ultima analisi, osservatelo….
Sedetevi tranquillamente; assumete, se volete, una posizione yoga; oppure,
utilizzate questo sistema, quando vi trovate in un autobus, o in macchina,
con gli amici, mentre fate un viaggio; o, anche, in tutti i momenti che vi
avrebbero, altrimenti, annoiato.
Non accettate più la noia; sgretolatela!
Il seguace del Dharma vede ogni momento morto, inerte, di noia quasi fosse
un peccato, (va bene…non esiste il peccato…lo sapete, ma l’ignoranza)
E allora osservate, utilizzate tali momenti in cui non vi occupate di
nulla… e guardate il vostro respiro… che entra in voi quando aspirate… che
circola… che vivifica l’organismo… ed esce.
È a questo punto che voi realizzerete, pian piano, che vi state ancorando
nel qui e nell’ora.
Esistono migliaia di spiritualisti che rimangono a contemplare il loro
respiro, in maniera mentale, senza intervenire minimamente su di esso.
Lo vedono, lo sentono, mentre li vivifica, mentre aspirano, oppure
inspirano…e mentre fanno questo, pronunciano
“Hong-So”
Hong-So significa Hamsa, il cigno che è simbolo della vita universale,
sulle acque del tempo e dello spazio.
…Ed allora essi pronunciano “Hong” quando aspirano, e “Sooo” quando
espirano.
Noi preferiamo che non venga pronunciato nessun termine, in quanto
qualunque suono attiva i sensi; e che non venga visualizzata alcuna figura
perché, tuffandosi in fondo, dove c’è la perla, si trovano solo i fondali
bassi….
Si incontra il mondo della Forma, nella visualizzazione
…Senza pronunciare parole, e senza visualizzare nulla, si penetra, però,
nella stessa realtà universale, che non ha colore e non ha sapore…
Stiamo, qui, mostrandovi e indicandovi, man mano, in alcuni frammenti che
stiamo mettendo assieme, la natura di quella radiosità, di quella vita, che
avete nel cuore …e che è il vostro respiro naturale; e vi stiamo esponendo
quanto esso sia importante, e rappresenti un diapason.
Voi sapete che i musicisti, per potere dare il “la” a un pianoforte, o ad
un violino, hanno in mano quella forcellina speciale; la percuotono con una
barretta, ed allora la forcella fa “laaa, laaa” ed emette un suono acuto,
che diviene la nota tonicaguida, per registrare le corde di un violino, o
le corde di un piano.
Ecco!... il respiro che è in voi…la vostra aspirazione naturale e la
successiva espirazione, sia quando dormite che quando siete svegli, a ben
guardarlo, è la forcellina, è il diapason del qui e dell’ora. Del vostro
presente.
Ma, avete visto che grande aiuto potete ottenere dall’osservazione del
vostro respiro…!
Avete la possibilità di sincronizzarvi nel presente…. perché dicemmo:
“… non respiri ieri e non respiri domani…Tu respiri adesso…”
E ciò vi aiuta molto a sincronizzarvi nel presente, se non contaminate il
vostro naturale respiro con pressioni mentali, con il volerlo aumentare e
intensificare, col volerlo ritmare…ma – ecco il segreto!...- se, invece,,
vi lasciate andare, come un corpo morto, che galleggia sul mare, sul
sottile battere di ali del vostro respiro naturale.
Codesto è già un principio molto importante…
Abbiamo visto che la retta consapevolezza è la consapevolezza di tutto ciò
che ci circonda, nel qui e nell’ adesso.
È una funzione fondamentale del seguace del Dharma, quella di attivare,
mentre mangia, mentre beve, mentre parla, mentre pensa, mentre fa qualunque
cosa, la propria presenza in tutte le sue azioni.
…Perché, come l’acciarino viene strofinato sulla pietra focaia, e
finalmente appare la sfiammata, con la vostra attenzione, costantemente
portata sul tempo e sullo spazio, tramite la vostra presenza quotidiana, si
accenderà, alla fine, il baleno della visione….capite?
Vedete, è preziosissima la conoscenza occulta delle ritmo contenuto nel
vostro respiro naturale.
Intanto, la respirazione è l’unica funzione fisica che esiste tra il vostro
conscio e l’inconscio.
Voi sapere che la respirazione può essere sia consapevole che
inconsapevole, sia guidata che non guidata.
Cioè, esiste tutta una branca della yoga chiamata Pranayama; esistono dei
ritmi respiratori, che vengono insegnati negli ashram indù, per
controllarli.
È come se aveste una sorgentella costante, che fluisce dal vostro cuore,
nell’intero corpo, e se la lascerete scorrere cosi, come si esprime,
raccoglierete la sua acqua come dei semplici testimoni; e la potrete bere,
e vi darà molta illuminazione… ma, potrete anche creare delle incidenze,
dei corridoi, dei canali…
…E ciò diverrà pranayama !
La sorgente è il prana - come viene chiamata…. e voi la potrete gestire,
sia in modo consapevole, che in modo inconsapevole…
Lo scopo della meditazione sul respiro naturale, per i buddisti, è quello
di liberare la mente dai condizionamenti interiori e dalle contaminazioni
mentali…
Difatti, il respiro naturale che hai in te è la più pura incarnazione,
anche se non ci si pensa, del principio dell’impermanenza.
Noi sappiamo che, durante la nostra quotidianità, non soltanto dobbiamo
essere sempre presenti nel qui e nell’adesso, e nella gestione delle nostre
sensazioni fisiche - ne parleremo ancora più avanti; ma dobbiamo,
contemporaneamente, scoprire e riconoscere l’impermanenza in tutto ciò che
ci circonda, in tutte le situazioni che viviamo, e nelle quali siamo
immersi; familiari, amichevoli, di lavoro, di creatività e di riposo …
Ed è osservando e meditando sul respiro, per una questione di risonanze,
che voi giungete a scoprire il più puro simbolo dell’impermanenza.
Studiando il respiro naturale in noi è come se si riesca a carpire il
frutto più essenziale dell’impermanenza.
L’abbiamo lì, l’impermanenza – del tutta svelata e ritmata; senza che si
debbano fare tanti sforzi per andarla a riconoscere a destra, e a sinistra;
ed accettarla o meno.
Infatti, il respiro nasce spontaneamente…
…Aspirate ed il respiro si esprime; poi, procede in avanti per qualche
secondo, finché raggiunge il culmine della tensione: Il punto neutro di
massima pienezza.
Vi fermate, allora… e, dalla vetta della montagna, allentate la tensione e
scendete, espirando, emettendo fuori il respiro che avete incorporato… per
approdare all’inizio di un nuovo respiro,
Un’ aspirazione… un inturgidimento delle vostre forze…il raggiungere
l’apice… e quindi l’espirazione; ecco descritto lo specchio perfetto di
ogni situazione e di ogni esistenza universale….
….Tutto nasce, diventa forte; poi, raggiunto lo zenith, deperisce e
invecchia.
Abituatevi, allora, a studiare il vostro respiro, osservandolo, ricevendone
delle sensazioni, senza influire minimamente sul suo movimento…
Vi ritroverete, allora, né più e né meno, davanti all’esempio della vita
stessa: della vita attiva.
Tutto ciò che esiste nasce, aumenta di vitalità, raggiunge il suo acme e
inizia l’esaurimento delle energie, sino al termine del ciclo.
E tutto riprende.
Questo è l’insegnamento della meditazione sul respiro…
… Quei momenti che trascorrete in macchina, o che passate seduti su una
poltrona ad osservare il vostro respiro…a vederlo che vi conduce, come un
sottile ponte, nel qui e nell’adesso….….nel constatare che, come il vostro
respiro, tutto che nasce e muore …quei momenti sono un grandissimo
insegnamento….
Il respiro diviene un maestro sperimentale che vi insegna come tutto sia
impermanente.
Quindi adoperate questo metodo…trovate qualche momento, nella giornata, per
essere testimoni e non interventisti, sul flusso del vostro respiro;
incominciate ad avere la dimestichezza, che non interviene sulla vostra
respirazione…e rimarrete stupiti, realizzando che il vostro respiro è
divenuto il diapason della musica universale, in cui voi potrete assistere
al ritmo eterno delle cose…
…Inizio, crescita e fine…inizio, crescita e fine.
Se l’eterno presente avesse delle piume, come un uccello, ogni vostro
respiro ne rappresenterebbe una….
Avete capito?
È importante, però, in tutto ciò, che tu non debba mai attivare, nei
momenti di meditazione sul respiro, la tua mente, di modo che essa non
intervenga sul delicato ritmo della spontaneità del tuo respiro,
spezzandone, così, il flusso naturale.
Premesso, quindi, che la meditazione sul respiro è un elemento primario
nella via del Dharma - e noi l’abbiamo indicata nei nostri dialoghi -
chiederò ancora aiuto al valido insegnante italiano di buddismo, Corrado
Pensa, mentre vi prego di seguire queste sue parole, ricche di
illuminazione, sulla retta consapevolezza del respiro, e sulla necessità di
capirne le ragioni.
Ascoltate il prossimo, breve assieme di concetti di Corrado Pensa.

“Istruzioni per disporsi alla consapevolezza”

La meditazione di consapevolezza ci chiede di aderire alle condizioni in
cui ci troviamo adesso, qui, e di lasciar cadere i vari pensieri circa le
condizioni nelle quali ci piacerebbe essere, o nelle quali riteniamo che
dovremmo essere. Abitare consapevolmente le condizioni presenti significa
essere unificati e vivi. Volgere l’attenzione al respiro è una ‘attività’
che sorregge anzitutto questa presenza nel presente, questo essere con
quello che è, così com’è; e, dunque, questo sapore di verità, questo
salutare risvegliarsi al qui e ora.
Non che una cosa accaduta nel passato non sia vera. Ma, se ci
identifichiamo e ci attacchiamo al ricordo di questa cosa, noi restiamo
inevitabilmente separati dalla vita che vive in questo momento. Al
contrario, se non impartiamo al ricordo uno spessore, una realtà che non ha
e riusciamo invece a stare davanti al ricordo in semplicità attenta, allora
non ci divideremo dalla vita presente.
Di fatto, un ricordo può essere molto più di un ricordo, al punto di
sembrare più reale della persona con cui stiamo conversando. La meditazione
di consapevolezza si ripropone di farci superare questa distorsione (che ha
tantissime forme) e di radicarci in ciò che è, qui e ora, così com’è.
Quando si insiste sulla necessità di ‘stare col respiro com’è’, questo non
è soltanto un fatto tecnico. È di più.
Infatti, se impariamo a prestare un’attenzione accettante al respiro così
com’è, noi costruiamo una base per poter “stare con le cose così come sono”.
Dalla piccola accettazione alla grande accettazione: col respiro così
com’è, con noi stessi così come siamo, con gli altri così come sono, con le
situazioni e gli eventi così come sono.
Ciò è ben diverso da quella sottile e invadente sfiducia in noi stessi, da
quel dirsi, in sostanza: “Potrò stimarmi e accettarmi a patto che riesca ad
avere una certa continuità nel seguire il respiro. Allora, avrò il diritto
di sentirmi a mio agio, altrimenti no!”.
Ora, una cosa è aspirare, giustamente, ad avere una buona resa nel lavoro
della meditazione, altra cosa è questa specie di ricatto affettivo, questo
spirito autopunitivo.
“Potrò stimarmi e accettarmi a patto che riesca ad avere una certa
continuità nel seguire il respiro. Allora avrò il diritto di sentirmi a mio
agio, altrimenti no!”.
E invece, non sarà per caso possibile essere a proprio agio con quello che
sappiamo fare ora; a proprio agio, esattamente nello stato mentale e fisico
che è presente adesso? Ed è possibile, inoltre, che l’eventuale preferenza
per uno stato diverso rimanga una semplice preferenza, senza trasformarsi
in lamento, disappunto, giudizio? Ci vuole un po’ di tempo per accorgersi
che è solo su questa base di schietta accettazione che possiamo esercitare
il retto sforzo. “
(Cioè, accettarci - ripete Guido - esattamente come siamo, senza lamenti,
disappunti o giudizi)
“Infatti…” continua Pensa, “… lo sforzo giusto è anzitutto la capacità di
chiamare a raccolta tutta l’energia di cui disponiamo in questo momento.
Appena ci diciamo: “..Come mai non ne ho tanta come ieri?” oppure “..ne
dovrei avere di più..” abbiamo creato un problema, deragliando dal binario
del retto sforzo. Noi pensiamo che il problema sia la quantità di energia.
Invece il problema è proprio questo atteggiamento censorio e frustrato,
che, determinando una dolorosa scissione interna, finisce col paralizzarci.
L’idea è dunque di ‘sistemarsi’, di accomodarsi semplicemente in quella
misura di energia e di sforzo che è disponibile al momento. Questo moto
discreto e saggio accresce, senza parere, l’energia, e ci dispone in un
rapporto di familiarità con la pratica. E ciò, a sua volta, rende
progressivamente più spontanea la consapevolezza.
Si può anche dire che dobbiamo imparare la strada che porta da un modo
rigido e nervoso di praticare a un modo disteso e flessibile. Un po’ come
succede, per esempio, nella danza. Solo che nella danza basta un’occhiata
per vedere se stiamo superando l’iniziale impaccio. Nella meditazione, la
questione è soprattutto mentale, ed è più sottile e complessa. Il
nervosismo e la rigidezza si manifestano soprattutto in due maniere: nel
correre dietro all’oggetto di meditazione e nel frequente scontrarsi nel
giudizio e nel confronto. Invece la disposizione meditativa più flessibile
e accettante si manifesta come immobilità ricettiva e trasparente: non
inseguiamo l’oggetto della consapevolezza, bensì lo riceviamo a piè fermo,
ne siamo lo specchio puntuale, lo lasciamo accadere, guardandolo.
Come già si accennava, i frutti di questo apprendistato travalicano
l’ambito meditativo in senso stretto. Se ci rapportiamo,…” (…ascoltate! -
aggiunge Guido…)
“…se ci rapportiamo al respiro nella maniera nervosa e giudicante, non
faremo che rafforzare questo atteggiamento nella vita. Se invece facciamo
in modo di allevare la nostra meditazione secondo la modalità distesa,
ferma e ricettiva, allora col tempo ci ritroveremo a volere che tutta la
nostra vita sia così.”
Dunque, se siamo rigidi e giudicanti andremo incontro a un crescente
sbilanciamento, saremo sempre più affannati e a un certo punto la
stanchezza e la tensione avranno il sopravvento. Per lo più, bisogna
ripetutamente incappare in questo errore, per poter capire e apprezzare
finalmente la più sottile modalità ricettiva. A questo proposito si può
osservare che la stessa parola ‘energia’ tende ad evocare qualcosa che si
proietta, si slancia, corre, eccetera, mentre il concetto di una energia
ferma, flessibile, trasparente, è meno familiare e quindi richiederà più
tempo per tradursi in realtà ed entrare in circolo.”
Apro un inciso (sono Guido e sto intervenendo, io..)…
Ecco, quale energia ferma, flessibile e trasparente è più ferma, flessibile
e trasparente dell’analizzare e osservare il nostro respiro, che entra e
esce, senza influenzarlo con la nostra mente?
Continua Pensa: “…Allora: inspirare sapendo di inspirare, espirare sapendo
di espirare. Nulla di più, nulla di meno. Più questo ritmo corpo-mente è
semplice e innocente, più aiutiamo la consapevolezza a emergere. Quanto
più, al contrario, ci agitiamo, tanto più ci allontaniamo dalla
consapevolezza. Però, ogni istante è buono per ritornare alla
consapevolezza, deponendo l’agitazione e l’affanno giudicante. O meglio:
collocando tranquillamente anche l’affanno giudicante, nel raggio della
consapevolezza, secondo lo spirito della ‘mente del principiante.
Tornare all’attenzione, al respiro, come se fosse la prima volta: questo è
l’albeggiare della mente di principiante. Ma, quando, poi riusciamo ad
osservare con la medesima innocenza il nostro rammarico per esserci
distratti, allora la mente di principiante comincia a diffondere la sua
luce.
Il rammarico che viene, il rammarico che va, il giudizio che viene, il
giudizio che va: esattamente come il respiro che viene e il respiro che va.
Il continuo cangiare del corpo e della mente, che si riflette in una
consapevolezza, via via più equanime e compassionevole.
A prima vista sembrerebbe qualcosa di insignificante, quasi una banalità;
in fondo, nient’altro che l’osservazione del consueto processo
respiratorio, il quale si svolge in modo autonomo, giorno e notte, senza
alcun bisogno di una particolare vigilanza, tale da trasformare una
semplice funzione fisiologica in strumento idoneo a realizzare uno stato di
calma mentale, e di chiara consapevolezza dalle caratteristiche autentiche
dei fenomeni.
Al contrario, costituisce una tecnica talmente diffusa nei paesi di
traduzione buddista, da far sorgere la convinzione che si tratti del nucleo
centrale di una prassi meditativa. Prassi meditativa che ha assunto una
molteplicità di espressioni, proprio a partire dal suddetto fondamento.”
Ho, con questo (Guido riprende il dialogo), concluso l’importante tassello
della meditazione sul nostro respiro naturale. Vi esorto a provare questo
sistema… vi esorto a provarlo perché, a parte il fatto che da millenni è
gestito nei templi buddisti, nella massa del Sangha, personalmente vi posso
dire che rappresenta l’ ultimo baluardo, prima di sfrecciare nella libertà.
È molto importante che lo sappiate!
…Inserita nel cuore della meditazione Samatha, esiste anche la meditazione
del respiro, che, abbiamo visto, è il massimo trionfo della forma
archetipica, che si manifesta, tramite la grande sorgente cosmica, nel
petto di un uomo e di una donna.
Voglio, comunque, aggiungere, prima di passare all’argomento della
meditazione Vipassana, che esiste un'altra meditazione, praticata dal
seguace del Dharma, ed è la ‘Meditazione Camminata’.
Ve ne leggo una concisa indicazione di Thich Nhat Hanh, che non
approfondisce l’argomento, ma che, a livello culturale, tratteggia un'altra
abituale tecnica di consapevolezza del buddismo.
“Dunque, ovunque camminiamo possiamo praticare la meditazione camminata;
ciò significa semplicemente sapere che stiamo camminando…”
“…Lo scopo della meditazione camminata è solo camminare, essere nel momento
presente consapevoli del nostro respiro e del nostro camminare. Non c’è
bisogno di arrivare da nessuna parte.
Camminiamo liberi e stabili, senza fretta. Siamo presenti ad ogni passo e
quando desideriamo parlare ci fermiamo, e diamo piena attenzione all’altra
persona, alle nostre parole ed all’ascolto.
Camminare in questo modo non dovrebbe essere un privilegio; dovremmo
poterlo fare in qualsiasi momento. Ci guardiamo attorno e vediamo quanto
vasta sia la vista; vediamo gli alberi, le nuvole bianche e il cielo senza
limiti; ascoltiamo il canto degli uccelli, sentiamo la freschezza della
brezza.
La vita ci circonda e noi siamo vivi, in buona salute e in grado di
camminare in pace. Camminiamo come persone libere, e sentiamo i nostri
passi farsi più leggeri, godiamo di ogni passo che facciamo. Ogni passo ci
nutre e ci guarisce. Camminando, lasciamo l’impronta della nostra
gratitudine sulla terra. Camminiamo più lentamente del solito. Nel
camminare, coordiniamo il respiro con i passi; nel far questo può esserci
d’aiuto l’uso di un rosario di agata. Facciamo due o tre passi per ogni
aspirazione ed ispirazione
Se camminiamo in salita è probabile che i polmoni richiedano di fare due
passi ad ogni espirazione, e due passi ad ogni ispirazione. Adattiamo
dolcemente la pratica alla richiesta dei nostri polmoni, in qualunque
momento, qualunque essa sia.
Scrolliamoci di dosso ogni preoccupazione ed ansia.
Camminando potresti voler stringere la mano di un amico, e sentire così
tutta la felicità per la sua presenza accanto a te. Di quando in quando,
vedendo qualcosa di bello, un albero, un fiore, una farfalla, vorrai
fermarti ad osservare meglio. Nel guardare, continua a seguire il respiro,
in modo da non essere catturato dai tuoi pensieri e perdere così la vista
di quel bel fiore.”
Con questo ho concluso la descrizione della meditazione Samatha, e dei suoi
due migliori aspetti meditativi: ossia, la meditazione sul respiro naturale
e la meditazione camminata.
Ora, finalmente, studieremo la meditazione Vipassana; che, già, comunque
abbiamo, qui e là, introdotto in alcuni punti cruciali dei nostri dialoghi.
Molto pieno l’argomento della retta consapevolezza, quindi.
Suppongo, inoltre, che, a questo punto, abbiamo anche chiarito le
divergenze e gli aspetti in comune tra la meditazione Samatha e quella
Vipassana, a cui ci dedicheremo un poco di più.
Vi prego di seguire, adesso, il prossimo esempio, di una semplicità
disarmante; e credo che, invece di continuare ad occuparci della
meditazione Vipassana, e, ancora a fondo, di quella Samatha, noi potremo
afferrare - se stiamo attenti - il vero bandolo, la vera natura di queste
due grandi forme di attitudine mentale.
Chi adotta il sistema di meditazione Samatha, può venire paragonato ad uno
scultore, che abiti in una grande cava di preziosa argilla.
Egli prende del materiale da questa cava e costruisce una bellissima statua.
Il meditante Samatha, quindi, crea, visualizza, partecipa emotivamente, in
questa sua visualizzazione – avendo, sempre, di fronte a sé, una visione,
un nome, un suono.
In pratica, raffina al massimo la materia che trova nel tempo e nello
spazio, e realizza delle grandi cattedrali, oltre il tempo e lo spazio,
fatte di materia sottile, rarefatta; e lo fa, sempre, con un grande afflato
mistico, e un’incomparabile gioia interiore.
Il meditatore Samatha, ad ogni pulsione della propria mente, assembla, sul
piano sottile, e rende meravigliose e conserva delle forme pregiate di
energia pura, traducendole in visioni sempre nuove.
Ma, nello stesso tempo – facendo ciò - si imprigiona, senza accorgersene,
in una sofisticatissima rete non sostanziale e costruisce karma.
Il seguace del Dharma, invece, partendo dalla visione globale della vita,
non interviene su alcun aspetto positivo, o negativo della stessa, cercando
di cambiarli, e di deformarne il normale cammino, il normale espandersi.
In questa visione globale il discepolo si identifica nell’universale, per
cui ciò che è forma e non forma viene, egualmente, ospitato ed accettato
nella sua mente.
Ogni sua eventuale sensazione sgradevole, ogni sua sofferenza psichica
sono, da lui, invece, accolte, così come si presentano
E anche ogni calda percezione di gradevolezza è contenuta all’interno di
questa visione universale.
Questa è la globale visione Vipassana, proprio per il fatto che il seguace
del Dharma è sempre un semplice e scarno testimone di ogni cosa, e non
vuole cambiare la realtà radicale, così come gli si presenta, di primo
acchito.
Questa visione Vipassana spinge l’intera sua attenzione ad appoggiarsi,
come un raggio di luce, su tutto ciò che esiste, aromatizzando l’intera la
vita che lo circonda.
Potrà trattarsi di un pensiero, da parte sua, o di una visione interamente
cosmica, oppure di una situazione, o di una persona qualunque.
Egli, il viaggiatore Vipassana, ricopre, con la sua attenzione, come con un
raggio luminescente, tutte le cose; dolcemente, teneramente, aromatizzando
la sua esistenza personale, facendola diventare radioattiva; e non, quindi,
stringendo a sé la realtà della vita e inserendola in gabbiette sempre più
belle, come fa il meditante Samatha.
Lo stesso passo libero, impersonale e testimoniale del meditatore Vipassana
fa diventare radioattiva la Materia esistenziale, in cui vive..
…Egli libera karma… non imprigiona materia…non imprigiona karma.
In pratica, e in un certo senso, è come in una metropolitana molto
rumorosa, che corre… mentre tutti si reggono alla maniglia, che pende
dall’aria…
Il meditatore samatha è ininterrottamente attaccato a qualche cosa…. a un
desiderio, a un obiettivo…
Invece, il meditatore Vipassana non è legato a nulla.
Egli plana…plana…
La stretta interiore, in Samatha, è costante verso l’oggetto visualizzato.
Ma, in Vipassana, esiste solo una consapevolezza e un sorvolo sopra
l’universale… sopra tutte le cose.
Sapete cos’è lo scanner, no? O, se, vogliamo. una fotocopiatrice?
Si mettono un’immagine, uno scritto, sotto un pannello apposito; si
azionano lo scanner, o la fotocopiatrice; una lama di luce passa
sull’immagine e la duplica.
Possiamo, allora, paragonare la lamina di luce alla retta consapevolezza -
verso cui ci spinge Buddha; è l’attenzione costante che dobbiamo avere
verso tutte le cose; la testimonianza che dobbiamo dare ad ogni nostro atto…
A questo punto, spero che voi abbiate captato le due differenze.
Una prima differenza è una creazione, comunque. Una costruzione, per quanto
radiosa essa possa sembrare,…
È la meditazione Samatha; quella che rifiutò Buddha.
Ma, Buddha ci ha insegnato la meditazione testimoniale delle cose. Ci ha
insegnato di essere completamente consapevoli; ci ha insegnato a vivere, ci
ha proposto un costante atteggiamento interiore, nella nostra vita
quotidiana, che dobbiamo cucirci addosso, come secondo un vestito.
Vi do una consolazione ineffabile….
Perché vi dico, in effetti, che è concretamente, sperimentalmente vero che
il buddista non cessa mai la sua meditazione…
E, quindi, come è bello vivere nella mente e con la mente….!
Come è bella la traduzione in atto di quella luce che scivola fuori dalla
nostra coscienza, e ci permette di “giocare” con essa….!
Come è bello vedere profondamente le cose così come esse sono!
L’atteggiamento Vipassana quotidiano - ne abbiamo parlato a lungo – è,
quindi, quello dell’attenzione e della retta consapevolezza; e leggeremo,
tra poco, le parole del Buddha, in proposito.
Vi ricordo che l’osservazione mentale di ogni parte del nostro corpo,
durante la meditazione Vipassana, risveglia delle sensazioni che, quasi
sempre, sono profondamente celate nel subconscio.
E vi ricordo anche quanto abbiamo detto, a proposito dei due tipi di
sensazioni mentali ed oggettive - che sono il nodo, il seme di ogni nostra
sofferenza, del samsara e delle rinascite future….
Esse rappresentano quella piccola pietra che rotolando, rotolando provocano
una valanga.
Ecco, ricordatevi la sofferenza……
Durante il nostro atteggiamento di consapevolezza e di profonda attenzione,
nel qui e nell’ora, dell’intera giornata, noi attiviamo l’ aspetto degli
skanda di cui abbiamo gia parlato: cioè, i nostri sei sensi – compresa la
mente.
Essi vengono messi in azione, entrando in contatto con la realtà esteriore:
l’occhio guarda i panorami, le cose, le forme, i colori e ne ha una
sensazione.
L’udito ascolta musica e rumori; il gusto assapora; l’olfatto odora…e così
via…
C’è sempre un contatto con la realtà esterna,…
Ma, quando noi, invece, meditiamo, il più delle volte estraiamo dalla
mente, dalla placenta mentale, tutte le sensazioni sopite, nascoste
profondamente in noi….
…Ed è molto importante farci attenzione, sapete?...
Perché il costante ronzio delle paure, delle angosce, dei “cosa succederà
domani…”, ecc., che si trovano sotto il pelo dell’acqua del vostro
subconscio, può venir portato fuori, all’aperto, dal vostro raggio di
attenzione, durante la meditazione Vipassana, che permette di osservare
queste sensazioni, come se noi fossimo dei testimoni, senza interferire,
senza scandalizzarsi se ci appaiono delle sensazioni negative; senza essere
attratti da quelle che chiamiamo sensazioni di virtù.
La meditazione Vipassana può guardare semplicemente, gioiosamente, anche le
sensazioni del vostro corpo - perché noi non siamo esse - e annotare la
loro nascita, con quella piccola, caratteristica vibrazione che posseggono;
notare la loro crescita, la loro dissolvenza; realizzarne la natura di
desiderio, di repulsione e di neutralità….
Vi garantisco che, con la meditazione Vipassana, potrete controllare ogni
vibrazione del vostro corpo – conoscerla e riconoscerla….
….E sarà un gioco per voi… come il tessitore che prende i fili sottili di
seta colorata e crea degli arazzi purissimi e bellissimi, anche voi
riuscirete ad avere sulle dita della visione e della consapevole analisi
Vipassana le vostre sensazioni nascoste.
Ricordatevi, allora, che ogni volta voi osserverete una vostra sensazione -
sia essa antica, e da voi estratta alla luce con l’analisi Vipassana
meditativa, sia essa recente - questa perderà un poco più della sua forza.
Io vi prego di fare questo esperimento, perché la via di Buddha è
esperimento.
Voi camminate ingabbiati in costanti vibrazioni statiche, che pulsano, che
vogliono uscire; ma che persistono a rimanere, lì, nell’utero della vostra
protezione inconsapevole.
Io, personalmente, ho sperimentato tutto questo….
Ogni volta che osservavo il pacchetto di vibrazioni, grattato fuori dal mio
io, e dal mio corpo, con l’analisi vipassana - ebbene, se era una
vibrazione sgradevole- che so, una piccola paura, un timore, un’
incertezza, o quel che fosse – ebbene, io la guardavo con affetto, con
amore… ma, la guardavo e sentivo la sua vita!...
Perché anche le vibrazioni vi sentono...
Però, quando, per la seconda volta, analizzavo la medesima superficie del
mio corpo, oppure quel particolare organo interno….la ritrovavo, lì,
puntualmente, e più debole….
Perché esiste un nido di queste sensazioni dentro di voi, dentro il vostro
corpo.
Il vostro corpo è un nido di vespe… un nido di queste sensazioni silenti…
La seconda volta che le stanerete saranno un po’ meno forti….la terza,
ancora meno…e la sesta volta saranno sparite…...
E voi sapete?... immaginate cosa voglia dire, finalmente, uscire fuori da
certe sottili disperazioni, che solo gli uomini e le donne possono capire,
e liberarvi dai nodi di certi sottili fili interiori, che vi fanno
sanguinare, interiormente, senza pietà, vero?
Pensate che gioia quando, finalmente, vi renderete conto – di persona e
sperimentalmente – che esiste una scimmietta - io la chiamo così io - con i
denti aguzzi, che vi tortura dentro; e quando realizzerete la sensazione
che la potete vincere….finché essa svanirà del tutto….
Vi ricordo, cari amici, che questo è il grande talento di Buddha.
Buddha ha trovato la linea di confine tra la Vita e la Forma; ha trovato il
nodo esatto dove si possono sciogliere tutte le future prigionie.
Ve lo rammento!...
In effetti, voi siete un nodo di sensazioni….
No, no, non fanno rumore!...
Sono, lì, però, pronte a trasmettervi una carica positiva, o negativa, ogni
volte che se ne presenta l’occasione.
E voi, di rimando, le arricchite, durante tutta la vostra vita; e, di
conseguenza, permettete che esse vi spingano a destra ed a sinistra
È sveglio l’uomo, ma spinto da questi istinti, da queste sensazioni.
Sveglio…come uno zombie…
Ah! Come sarà bello quando ti saprò, lì, mentre dedichi il tuo tempo ad una
retta consapevolezza, in te ed attorno a te!....
Perché queste tue sensazioni, che apprendi a riconoscere, durante la
meditazione Vipassana, poi, le inizierai a scorgere fuori di te… le vedrai
nelle persone… ed attorno a te…
E sarai di un grande aiuto a tutti.
Soltanto il tuo sorriso interiore aiuterà coloro che, a loro volta,
soffrono.
Tutte le tue sensazioni, durante l’attuale tua rinascita, riempiono il tuo
“sacco”… il tuo corpo fisico, fino a quando arriverà il momento - spero tu
possa vincerlo - che esse si troveranno sull’altare della tua morte….
Perché, senti, tutti muoiono… eh?
Non sei l’unico, o l’unica che non morirà.
E allora che succederà?
Succederà che il pacchetto delle vibrazioni, delle energie, che costituisce
la tua parvenza di coscienza, il tuo continuum mentale, sarà esaurito…e la
forza che ti ha sorretto in questa vita si estinguerà…ed allora avverrà un
fatto molto particolare…
Tutte quante queste sensazioni, come risultato della tua sensibilità
reincarnativa, si fonderanno in un‘unica risultante, che diverrà linea
conduttrice della tua prossima rinascita.
Ma noi non vogliamo rinascere!...
Noi vogliamo conoscere il “non sé”…e realizzare quel grande, ambizioso
progetto che Buddha ci propone; ossia, di non essere più avvolti e urticati
nella dolorosa ragnatela del Samsara; ma cominciare a vincerla, sin da ora!
Ascoltate le parole di Buddha, come sono riportate dalla tradizione, in
proposito a quanto noi abbiamo detto.
Buddha parla della meditazione Vipassana nel Satipattana Sutra…
Vedrete, pure, che egli accennerà al potere della respirazione; ma, non
quella di cui abbiamo detto poco fa, bensì della respirazione consapevole;
molto importante… In questi dialoghi non ci possiamo soffermare su tutta la
Dottrina del Dharma.
Vi devo, però, francamente dire che una bella intelaiatura integrale, fin
qui l’abbiamo data…
Egli, quindi, ci insegna la “respirazione consapevole”, perché è molto
importante la respirazione nel buddismo.
Allora, sentite cosa dice Buddha nel Satipattana Sutta, o Sutra.
“In che modo il praticante si radica nell’osservazione del corpo nel
corpo?...”
(Troverete delle ripetizioni, nel sutra - corpo nel corpo, mente nella
mente - per indicare la profonda concentrazione che si deve portare nel
corpo, o nella mente, o in ciò che viene ripetuto)
Dice Buddha:
“… Egli va nella foresta, ai piedi di un albero, o in una stanza vuota…”
(badate sono parole di Buddha, e questo Sutra è così importante che ha
insegnato, da 2600 anni circa, il concetto di consapevolezza, - Vipassana -
la meditazione sul corpo)
Dice, quindi, Buddha:
“…egli va nella foresta, ai piedi di un albero, o in una stanza vuota, si
siede a gambe incrociate nella posizione del loto, che è nel corpo eretto e
stabilisce la consapevolezza di fronte a sé. Egli inspira, consapevole di
inspirare; egli espira, consapevole di espirare. Quando inspira un lungo
respiro, egli sa: “Sto inspirando un lungo respiro”. Quando espira un lungo
respira egli sa: “Sto espirando un lungo respiro”. Quando inspira un
respiro breve egli sa: “Sto inspirando un respiro breve”
Quando espira un respiro breve egli sa: “Sto espirando un respiro breve”
Egli esercita la seguente pratica:
“ Inspirando, sono consapevole di tutto il mio corpo. Espirando, sono
consapevole di tutto il mio corpo. Inspirando, calmo le attività del corpo.
Espirando, calmo le attività del corpo…”
“…Proprio…” continua Buddha a dire “…come un abile vasaio sa quando gira
lungamente il tornio: “Sto girando lungamente il tornio” e quando gira
brevemente il tornio: “Sto girando brevemente il tornio”
Così il praticante, quando inspira un respiro lungo sa: “Sto inspirando un
lungo respiro.” E quando inspira un respiro breve sa: “Sto inspirando un
respiro breve”
Quando espira un respiro lungo sa: “Sto espirando un lungo respiro”. E
quando espira un respiro breve sa: “Sto espirando un respiro breve”
Egli esercita la seguente pratica: “Inspirando, sono consapevole di tutto
il mio corpo. Espirando, sono consapevole di tutto il mio corpo.
Inspirando, calmo le attività del corpo. Espirando, calmo le attività del
corpo…”
Apro una breve parentesi…(parla, adesso, Guido). Ciò mi ha molto
consolato…Perché affermai che Buddha non vi toglie niente. Ed ogni volta
che, quotidianamente, faccio la mia meditazione Vipassana, di cui Buddha
autorevolmente, adesso, insegna lo stile… ecco io – che ho seguito la
Scuola del Kriya Yoga, di Paramahansa Yogananda - inizio sempre con il
pranayama Kriya Yoga (e Buddha ci esorta ad eseguire, consapevolmente, un
pranayama)… ed è molto bello tutto ciò, per me.
Penso, confortato, anche a chi teme di perdere le cose importanti e
fondamentali che ha imparato, prima di entrare nel sentiero del Dharma.
Continua Buddha:
“Così il praticante osserva il corpo nel corpo. Egli osserva l’interno del
corpo, o l’esterno del corpo…” (ovviamente con l’immaginazione) “…o
entrambi, l’interno e l’esterno del corpo. Osserva il processo di
originazione, o il processo di dissoluzione nel corpo, o entrambi i
processi di originazione e di dissoluzione. È consapevole del fatto “qui,
c’è un corpo”, fino al raggiungimento della comprensione e della
consapevolezza. Egli mantiene l’osservazione, libero, non intrappolato in
nessuna considerazione mondana, bhikku. Così si pratica l’osservazione del
corpo nel corpo.”
Ed ora state attenti!... Perché, qui di seguito, in un attimo, Buddha
“centra” l’argomento della Vipassana quotidiana.
Sentite quello che dice:
“Inoltre…” dice Buddha “…quando cammina, il praticante è consapevole: “Sto
camminando”; quando è in piedi, è consapevole: “Sono in piedi,”; quando è
coricato, è consapevole: “Sono coricato”. In qualsiasi posizione si trovi
egli è consapevole della posizione del corpo. Così, un praticante osserva
un corpo nel corpo; egli osserva l’interno del corpo, o l’esterno del
corpo, o entrambi: l’esterno e l’interno del corpo. Osserva il processo di
originazione, o il processo di dissoluzione del corpo, o entrambi i
processi di originazione e dissoluzione. È consapevole del fatto “Qui c’è
un corpo”. Fino al raggiungimento della comprensione e piena consapevolezza.
Egli mantiene l’osservazione, libero, non intrappolato da nessuna
considerazione mondana, bikkhu (monaco). Questo è il modo di praticare
l’osservazione del corpo nel corpo. Inoltre, quando va, o torna, il
praticante applica piena consapevolezza all’andare, o al tornare. Quando
guarda davanti, o dietro; quando si china, o si rialza applica piena
consapevolezza a ciò che sta facendo. Applica la piena consapevolezza
indossando il Sangathi, o portando la ciotola delle elemosine. Quando
mangia, o beve; mastica, o gusta il cibo, applica a ogni azione corporea la
piena consapevolezza; quando cammina, siede, dorme, o si sveglia; parla, o
rimane in silenzio. Fa splendere…” (..sentite che bello! – commenta Guido)
“…su ogni attività la luce della consapevolezza.”
Ed ecco che, qui, Buddha inizia in questo magnifico Sutra, o Sutta, a
parlare proprio della meditazione. Quella quotidiana; quella dedicata a
Vipassana.
“Inoltre il praticante medita sul proprio corpo, dalla pianta dei piedi…”
Interrompo, un istante, le parole del Buddha, per richiamare la vostra
attenzione sul fatto che è proprio questa la meditazione corporale
Vipassana….di cui abbiamo appena enunciato i principi generali…
Ecco, da qui in poi, ogni volta che Buddha parlerà di un settore del nostro
corpo, ricordatevi che voi dovrete meditare ed approfondire il vostro
raggio di osservazione mentale, su di esso…
…Dovrete sentirle, queste sensazioni, nascoste nel vostro corpo - ma senza
alcuna forzatura, eh?
E se, sulle prime, non percepirete nulla… andate avanti…
Riuscirete, alla fine, ad ottenere una risposta, una sensazione qualunque
da quel violino risonante che è il vostro corpo.
Prosegue, Buddha:
“Inoltre, il praticante medita sul proprio corpo, dalla pianta dei piedi
verso l’alto, e dalla cima della testa verso il basso. Un corpo racchiuso
nell’involucro della pelle e pieno delle impurità che gli sono proprie.
Ecco, capelli, peli, unghie, denti, pelle, carne, nervi, ossa, midollo,
reni, cuore, fegato… (notate l’accuratezza dello “scanner mentale?)
…diaframma, milza, polmoni, intestini, budella, escrementi, bile, flemma,
pus, sangue, sudore, grasso, lagrime, sebo, saliva, muco, liquido
sinoviale, urina…
Bhikku, immaginate un sacco apribile da entrambe le estremità, contenente
una miscela di granaglie, riso grezzo, riso selvatico, fagioli verdi,
fagioli bianchi, sesamo, riso bianco.
Una persona di buona vista, aprendolo, così discerne:
“Questo è riso grezzo, questo è riso selvatico, questi sono fagioli verdi,
fagioli bianchi, semi di sesami e riso bianco.”
Allo stesso modo il praticante passa in rassegna… (..ascoltate..!)
…l’intero corpo, dalla pianta dei piedi alla cima della testa, un corpo
racchiuso nell’involucro della pelle, e pieno di tutte le impurità che gli
sono proprie.”
Ecco: capelli, peli, unghie, denti, pelle, carne, nervi, ossa, midollo,
reni, cuore, fegato, diaframma, milza.
“Così il praticante si radica nell’osservazione del corpo nel corpo,
dall’interno o dall’esterno del corpo, o da entrambi, l’interno e
l’esterno…”

(Vi ricordo – interviene Guido - che, assieme a questi dialoghi, vi sarà
data anche una meditazione guidata… Seguitela…Vedrete che vi aiuterà molto!)

(continua)


(Guido Da Todi)



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