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 Dati genetici, troppo semplice violare la privacy
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Inserito il - 23/01/2013 : 12:05:04  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Dati genetici, troppo semplice violare la privacy

22 gennaio 2013

Bastano un computer e un collegamento a Internet per dare un’identità ai profili genetici anonimi usati a scopi di ricerca: lo dimostra un test di vulnerabilità condotto da un gruppo di ricercatori statunitensi. Grazie a specifici marcatori del cromosoma Y, e ai database genealogici presenti sul Web è infatti possibile trovare il probabile cognome dei soggetti maschi, e le altre informazioni si possono ricavare dai dati anagrafici pubblici. (red)

lescienze.it

Quanto è sicura la privacy dei dati genetici usati a scopo di ricerca in tutto il mondo? È difficile dare una risposta valida in generale, ma un articolo pubblicato su “Science” lancia l’allarme sulle possibili violazioni dell’anonimato: un gruppo di ricercatori del Whitehead Institute è riuscito a identificare circa 50 soggetti coinvolti in studi genomici servendosi solo di un computer, di un collegamento Internet e di informazioni pubbliche.

Gli studiosi si sono concentrati sui microsatelliti del cromosoma Y, o Y-STR (acronimo per short tandem repeats on the Y chromosome). Si tratta di sequenze ripetute di lunghezza molto limitata che compaiono nella parte di DNA non codificante e che vengono utilizzate negli studi come marcatori per identificare i loci genetici.

Il cromosoma Y è presente solo nel genoma dei maschi e viene trasmesso di padre in figlio; il suo profilo è quindi associabile in modo quasi biunivoco al cognome della famiglia in cui viene trasmesso (i limiti di questa associazione sono introdotti quando non c’è legame genetico tra padre e figlio o per effetto di mutazioni o ancora quando il figlio sceglie di portare il cognome della madre).

Sfruttando questa correlazione, denominata in termini tecnici co-segregazione del cognome rispetto all’aplotipo cromosomico, molte società private offrono la possibilità di riunire parenti patrilineari sulla base di una semplice analisi degli Y-STR. Attualmente sul Web sono disponibili ben otto progetti di database con associazioni cognome-Y-STR.

Già in passato, i database genealogici genetici hanno dimostrato la loro capacità di violare l’anonimato di singoli soggetti: inserendo il proprio genotipo Y-STR, è sufficiente che nel database sia presente quello di un parente per via paterna per arrivare a un cognome probabile. Incrociando questo dato con altri, come la data o il luogo di nascita del padre biologico, è stato possibile in molti casi risalire alla sua identità.

Erlich e colleghi hanno verificato se questo procedimento di “inferenza dei cognomi” con i database genealogici online potesse minare la sicurezza della privacy anche dei database genetici anonimi ma pubblici usati dalla comunità scientifica, per esempio il materiale genetico raccolto presso il Center for the Study of Human Polymorphisms (CEPH) nell’ambito del 1000 Genomes Project.

I ricercatori hanno considerato i profili Y-STR dei 50 cittadini statunitensi che hanno partecipato al CEPH, li hanno inseriti in database genealogici e ne hanno ricavato il cognome. Una volta ottenuto questo, hanno cercato altre informazioni attraverso i motori di ricerca su Internet e altre fonti d’informazione, quali i database anagrafici e genetici degli Stati Uniti, come il National Institute of General Medical Sciences (NIGMS) Human Genetic Cell Repository del Coriell Institute, nel New Jersey. Alla fine, tutti e 50 i soggetti sono stati identificati.

Secondo le conclusioni degli autori, lo studio dimostra che l’inserimento in un database dei dati genetici di un singolo soggetto può rivelare profondi legami genealogici con altri cittadini e portare così all’identificazione da parte di terzi senza il consenso dell’interessato.

“Il nostro obiettivo era chiarire l’attuale stato di vulnerabilità informatica dei dati genetici”, spiega Melissa Gymrek, che ha partecipato allo studio. “Il risultato consente a tutti di essere più consapevoli quando vengono coinvolti nella raccolta di informazioni così sensibili; inoltre è auspicabile che chi conserva questi dati implementi misure di sicurezza migliori”.

http://www.sciencemag.org/content/339/6117/321.abstract?sid=162b3023-4994-4ffe-9a05-baaa7bfafc58

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