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Inserito il - 03/06/2009 : 10:53:40
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Giudizio e amore
di Roberto Luogo
A volte il sentiero spirituale mi offre molta dolcezza. Può capitarmi di immergermi dentro di me e scoprire un luogo protetto e felice in cui entrare, come una pozza d'acqua tranquilla. Luogo da cui poi esco ritemprato e riconciliato con tutto. Luogo caldo, al centro dell'universo, dove non c'è una risposta specifica per ogni domanda, ma la consapevolezza che questa risposta non occorra. L'idea che, anche se dopo cinque minuti la paura tornerà, sono comunque già salvo, mi perdessi ancora per mille anni. E non avrò perso nulla lo stesso. Luogo in cui, una volta arrivato, ho la sensazione che mi era sempre appartenuto e che non avevo mai abbandonato.
Altre volte, invece, c'è aridità. Nel silenzio non compare nulla. Allora ho paura di sparire, di annullarmi senza avere nulla in cambio, perdere tutto senza trovare il 'tesoro'.
Ma perché il silenzio può essere così vuoto del suo tesoro?
Forse perché non è vero silenzio, non è lasciare tutto. La meditazione allora diventa uno dei tanti puntelli dell'io: "Sono una persona ordinata che fa tante cose, anche la meditazione, e questa mi aiuta e mi protegge".
Ma quando mi riesce, anche nell'aridità, di continuare fiducioso ad amare, a inviare il sorriso dell'anima, cioè la metta, a questo mistero che mi sta dentro, che è davanti al mio sguardo, quando riesco a inglobare nella fiducia anche il dubbio che accompagna l'aridità, trovo nuovamente, al di là del velo, l'amico di tanti incontri.
Ma cosa mi ostacola dal trovarlo ogni giorno? A me sembra che l'ostacolo sia nel giudizio, nella sensazione di sentirmi indegno di amore. E se decido di amare lo stesso, nonostante e accanto al giudizio, se decido di amare senza sentire amore, se decido di inviare metta a me, agli altri e a tutte le cose e a quel tutto di indefinito, pur sentendomi indegno e arido e freddo ed escluso, allora il cerchio si chiude. L'amore torna a se stesso, da chi da sempre, sin dal primo minuto, lo aspettava, e mai nemmeno per un attimo si era nascosto.
Quest'unione calda mi sembra diversa da un semplice volermi bene o essere soddisfatto di me, ed è più ampia del semplice piccolo me, almeno come me lo figuro di solito, perché smetto di sentirmi solo, è come se finalmente stessi in compagnia.
Penso che il silenzio non nasca dalla pulizia dal chiacchiericcio mentale. Penso che la pace nasca dalla fermentazione di ciò che c'è, e non da una condizione asettica. Mi accorgo che la pace dentro è stare dalla parte propria, è proteggersi così come si è, è sorridersi come si vorrebbe che tutti ci sorridessero. Se anche tutti ci sorridessero, ma noi non ci sorridessimo dentro, sentiremmo ugualmente un gran vuoto.
Il vuoto resta finché non lo riempiamo noi. Ma riempire e accogliere sono un tutt'uno: io sono colui che riceve e colui che dà, siamo due e uno allo stesso tempo.
Mentre cerco pace e tranquillità per il mio piccolo io, in realtà sono disperato. Ma se accetto di ricevere pace e tranquillità, sto già bene fin d'ora. E se mi accorgo che c'è qualcuno o qualcosa dentro che mi sta consolando e, dolcemente, in uno straordinario cambio di prospettiva, divento quel qualcuno che consola… allora non occorre più veramente ricevere quei doni. Il vero dono è donarsi la pace, ancor prima di riceverla.
Se osservo amando, posso guardare gli altri e me stesso sotto la stessa luce. E pian piano divento questo osservatore silenzioso e paziente, che tutto guarda, tutto ascolta, e sempre ricomincia da capo. Questo osservatore di tutto è curioso con calma, per ogni cosa è certo ci sarà una soluzione, sicuro che questa verrà da sé, essendo la naturale conseguenza delle cose.
Se giudico, invece, voglio dominare, pretendo che le cose siano in un certo modo, temo che qualcosa vada storto. Allora torno al grande problema, alla mia mente divisiva e giudicante.
A lungo l'ho schivata, non l'ho voluta incontrare. Poi, in una seconda fase della mia pratica, ho creduto di doverla affrontare con coraggio ed eroismo.
Ma ora pian piano affiora qualcosa di diverso. Il mostro da abbattere probabilmente non c'è. È un bambino travestito o un vecchietto nascosto dietro un ingegnoso macchinario, proprio come in realtà era il temuto e ‘potente’ mago di Oz della fiaba. La mente giudicante è solo una parte sofferente – la più sofferente – di questa misteriosa realtà in cui quotidianamente mi identifico. E il mio compito è soltanto quello di accompagnarla lentamente per mano a sorridere. Nasce da un vuoto d'amore. L'amore può guarirla
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