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Inserito il - 15/10/2003 : 10:40:49
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Ospedali: il 10% dei ricoverati contrae infezioni
"Dieci pazienti su cento che entrano in ospedale finiscono per prendersi un'infezione". E' l'allarme lanciato da Enrico Magliano, presidente dell'Associazione microbiologi clinici italiani (Amcli), durante un convegno a Firenze. Le "infezioni ospedaliere", come sono definite, comportano costi altissimi: sono decine di migliaia i casi registrati ogni anno. "E' una situazione inquietante - commenta Magliano - soprattutto oggi che le malattie infettive sono efficacemente combattute sia con i vaccini, sia con l'impiego di antibiotici e chemioterapici".
14 Ott 2003
http://www.giornale.it/folder/news14Ott2003163628.shtml
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Firenze,14 ott 2003 -14:49
Medicina, congresso: 10% pazienti si ammalano in ospedale
A Firenze, nel corso del congresso nazionale di medicina di laboratorio "Medlab 2003", è emersa una delle gravi piaghe del sistema sanitario italiano. Il dieci per cento dei pazienti si ammala infatti in ospedale. L'allarme è stato lanciato dal professor Enrico Magliano, presidente dell'Associazione microbiologi clinici italiani. Si tratta delle cosiddette "infezioni ospedaliere": "E' una situazione inquietante - ha commentato Magliano - soprattutto oggi che le malattie infettive sono efficacemente combattute sia con i vaccini, sia con l'impiego di antibiotici e chemioterapici".
Le cause, ha spiegato Magliano, possono essere individuate nell'aumento della popolazione ospedaliera, la presenza di popolazione immunocompromessa da tumori), virus Hiv o da terapie immunosoppressive. Da non sottovalutare anche l'aumento di interventi chirurgici che possono favorire le infezioni e l'uso massiccio di antibiotici. (red)
http://www.espressonline.it/eol/free/jsp/news/detail.jsp?idCategory=707&idContent=502838&item=2&m1s=n
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14 Ottobre 2003 - 15:22
INFEZIONI:SU 100 PAZIENTI 10 SI AMMALANO IN OSPEDALE
Farmacia.it -14 ottobre 2003
“Ancora oggi, nell’epoca dell’alta tecnologia diagnostica e terapeutica, 10 pazienti su 100 che entrano in ospedale finiscono per prendersi un’infezione”. Dal congresso nazionale di medicina di laboratorio Medlab 2003 in corso da oggi a Firenze, il professor Enrico Magliano, presidente dell’Associazione Microbiologi Clinici Italiani (AMCLI) e primario del Laboratorio di Microbiologia e Virologia all’ospedale Niguarda di Milano, denuncia una delle piaghe del nostro sistema sanitario. Si tratta delle “infezioni ospedaliere”, così definite per il contesto in cui si manifestano: decine di migliaia di casi all’anno che comportano costi altissimi e, a volte, esiti fatali. “E’ una situazione inquietante”, commenta Magliano, “soprattutto oggi che le malattie infettive sono efficacemente combattute sia con i vaccini, sia con l’impiego di antibiotici e chemioterapici”.
Certe infezione si sovrappongono o sono associate alla malattia che ha reso necessario il ricovero. Altre sono invece conseguenza diretta di eventi successivi. Magliano sintetizza così le condizioni che favoriscono il fenomeno: 1) L’aumento della popolazione ospedaliera (sono tenuti in vita neonati immaturi o anziani che una volta non sarebbero sopravvissuti); 2) La presenza di una “popolazione indifesa” perché immunocompromessa da gravi malattie (tumori), da infezioni importanti (virus HIV) o da cause iatrogene (terapie immunosoppressive). In questi pazienti, anche microrganismi che non hanno potere patogeno approfittano della mancanza di difese naturali per aggredire l’organismo e per questo sono definiti opportunisti. 3) Una crescente popolazione ospedaliera sottoposta a diagnosi invasive o a interventi chirurgici (by pass, applicazioni di protesi, trapianti) che possono favorire l’infezione. 4) L’impiego massivo di antibiotici (in agricoltura, in zootecnia e come autoprescrizione dei pazienti) che contribuisce a creare batteri resistenti a molti antibiotici (in Italia, 7 casi su 100 di pneumococco sono insensibili al trattamento con penicillina; in Spagna si arriva al 40%).
Che fare? “Molto”, spiega Magliano, “Il ministero della sanità ha da tempo varato un progetto per ridurre il fenomeno almeno del 20%. Occorrono procedure rigorose di asepsi, anche per gli interventi più banali; razionalizzare l’uso degli antibiotici tenendo conto della realtà epidemiologica locale; controllare l’igiene ospedaliera (percorsi ,smaltimento, isolamento, disinfezione, ecc.). Ma occorre anche che il personale di assistenza e lo stesso paziente imparino a comportarsi nei modi dovuti”. Nel contesto di questa controffensiva, ricorda il professore, diventa decisiva la figura del microbiologo clinico. “Il microbiologo”, aggiunge, “è capace di diagnosi rapide utilizzando le moderne biotecnologie, segnala tempestivamente i batteri “sentinella” di eventi infettivi, attiva una rete sistematica di segnalazione della situazione epidemiologica con mezzi informatici e controlla la resistenza agli antibiotici. Solo con una collaborazione interdisciplinare tra microbiologi, igienisti, farmacisti e medici curanti si potrà migliorare il controllo delle infezioni ospedaliere”.
Fonte:Comunicato stampa Catola & Partners
http://www.farmacia.it/cgi-bin/dbnews/dnrun.cgi?newsid=Rebby609
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