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 Ipocondria ai tempi del Coronavirus
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Inserito il - 06/05/2020 : 10:33:10  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Ipocondria ai tempi del Coronavirus

Che cos'è l'ipocondria? In che modo la pandemia potrebbe influenzare le persone ipocondriache e le loro famiglie? È importante sapere come intervenire per aiutare queste persone ed evitare che l'isolamento domiciliare possa aggravare i sintomi del disturbo.

Il Coronavirus ha messo sotto scacco il mondo interno a causa della sua letalità e della sua velocità di propagazione. Questa situazione può provocare nella popolazione paura, ansia e incertezza. Quando si parla di ansia e della paura di essere contagiati, all’interno della popolazione ci sono gruppi di persone particolarmente sensibili. Ci riferiamo alle persone che soffrono di ipocondria ai tempi del Coronavirus, che presentano disturbi d’ansia a causa di una malattia o che hanno una fobia nei confronti delle malattie.

In questo articolo vi parleremo dei principali sintomi dell’ipocondria e vi daremo alcune linee guida che possono aiutare sia le persone ipocondriache sia chi vive con loro. Ricordiamo, comunque, che se il disturbo è grave, bisogna sempre rivolgersi a un medico professionista.

Cos’è l’ipocondria ai tempi del Coronavirus?

La sintomatologia dell’ipocondria (oggi chiamata disturbo d’ansia da malattia) consiste in preoccupazione, paura o convinzione di avere una grave malattia medica non diagnosticata a causa dell’errata interpretazione dei sintomi. L’ipocondria presenta le seguenti caratteristiche:

Ci si preoccupa e si considerano minacciose le normali sensazioni fisiologiche o reazioni somatiche causate da stati emotivi o disfunzioni che sono, in realtà, benigne. Per esempio, si può interpretare una dispnea lieve dopo aver salito le scale come un sintomo del Coronavirus.
Oltre ai pensieri catastrofici sui sintomi, è comune che la persona visualizzi immagini mentali correlate alla malattia. Ad esempio, si può immaginare di essere intubati in terapia intensiva.
Le persone dedicano molto tempo all’autoesame e al controllo delle funzioni del corpo. Riservano un’attenzione eccessiva prima della comparsa dei possibili sintomi della malattia. Ad esempio, si misurano la febbre ogni ora e controllano se la loro capacità polmonare sia diminuita.
La preoccupazione occupa un posto centrale nella vita di queste persone, che evitano di effettuare le normali attività per paura del contagio. Per esempio, si rifiutano di sedersi sullo stesso divano con il resto della famiglia e incentrano tutte le loro conversazioni sulla malattia.
In genere, questo disturbo è associato al doctor shopping (ricerca insistente di assistenza medica), che si traduce in ripetute chiamate nei confronti dei numeri verdi destinati all’emergenza Coronavirus. È associato anche alla cybercondria, ovvero la ricerca compulsiva su internet dei sintomi di una malattia. Ma ci sono anche persone che rifiutano qualsiasi forma di assistenza medica per paura di avere delle conferme sulla malattia.
Le persone ipocondriache tendono ad avere alti livelli di ansia e a somatizzare le loro preoccupazioni.

Chi colpisce questo disturbo?

L’ipocondria colpisce tra l’1 e il 5% della popolazione, sebbene questa percentuale sia più alta all’interno della categoria dei malati (2-7%). Questo disturbo non fa distinzioni di sesso e colpisce donne e uomini nella stessa proporzione.

Può manifestarsi a qualsiasi età, ma in genere compare all’inizio dell’età adulta, in prevalenza intorno ai 30-40 anni. Il suo decorso è generalmente cronico e in casi rari si risolve del tutto. I sintomi, di solito, sono altalenanti.

Ci possono essere periodi in cui i sintomi sono minimi e altri in cui, a causa delle circostanze, le condizioni si aggravano (ad esempio, il momento attuale in cui dobbiamo rimanere isolati in casa a causa della pandemia).

Come si diventa ipocondriaci?

Ci sono varie spiegazioni sull’origine e il mantenimento dell’ipocondria. Vediamo quali sono le teorie più attuali.

Dal punto di vista cognitivo-percettivo, l’ipocondria è considerata la manifestazione di un’alterazione a livello cognitivo e percettivo. Sulle sue origini esistono varie ipotesi:

Barsky e Klerman spiegano che i soggetti ipocondriaci hanno uno stile attentivo caratterizzato dall’amplificazione dei sintomi corporei. Ciò porta all’ipervigilanza dei sintomi corporei spiacevoli, all’attenzione selettiva nei confronti dei sintomi lievi e alla tendenza a considerare anomale delle normali sensazioni.
Keller spiega che vi sono esperienze pregresse che predispongono all’attenzione dei sintomi somatici. Dall’altro, sono presenti alcuni fattori precipitanti. Si è giunti alla conclusione che l’apprendimento precoce dei comportamenti sanitari (ad esempio, l’autoesame) può essere un fattore di rischio per lo sviluppo dell’ipocondria.
Warwick e Salkovskis hanno sviluppato un modello che spiega che le esperienze con una malattia portano a plasmare credenze disfunzionali sulla salute. Queste credenze rimangono latenti fino a quando un evento critico non innesca la comparsa di pensieri negativi automatici che provocano un’attenzione selettiva ai sintomi e un aumento dell’ansia.

D’altra parte, dal punto di vista psicosociale, l’ipocondria viene spiegata come un particolare modo di comunicare. Si sostiene che le persone ipocondriache presentino deficit comunicativi che le portano a esprimersi attraverso il sintomo.

Cosa si può fare se si soffre di ipocondria in tempi di Coronavirus?

È importante cercare un aiuto psicologico che permetta di affrontare l’ansia, la paura e i pensieri negativi. Tuttavia, per iniziare ad affrontare questo problema le seguenti linee guida possono essere di grande aiuto:

Essere consapevoli del problema, analizzare la propria esperienza e i fattori che scatenano i pensieri ipocondriaci.
Spostare l’attenzione su altro. Potete imparare delle tecniche di meditazione che vi aiutino a rimanere nel “qui e ora”.
Evitare di leggere costantemente le notizie sulla pandemia o di cercare su internet informazioni sui sintomi.
Non lasciate che la vostra vita sia incentrata sul Coronavirus. Avere pensieri positivi è la vostra arma migliore.
Non permettete che i pensieri negativi e catastrofici si impossessino della vostra vita.
Trovate delle spiegazioni alternative che possano spiegare i vostri sentimenti.
Evitate il cosiddetto effetto orso bianco. Cercare di non pensare all’orso bianco rende impossibile non pensarvi. Lo stesso vale per i sintomi e le sensazioni corporee.
Non sentitevi in colpa.
Evitate di fare un dramma per ogni situazione. Ricordate che provate sensazioni somatiche innescate da un’emozione negativa. Sono fastidiose, ma non pericolose, e alla fine scompariranno.
Apprezzate i progressi e valorizzateli.

Come posso aiutare chi soffre di ipocondria?

Il seguente elenco contiene utili idee che potete mettere in pratica per aiutare le persone che soffrono di ipocondria ai tempi del Coronavirus:

Siate empatici, pazienti ed evitate di giudicare. Provate a mettervi nei panni dell’altra persona e immaginate la paura che si può provare quando si pensa di avere una malattia (in questo caso il COVID-19).
Incoraggiate la persona a cercare un aiuto psicologico.
Evitate di rafforzare le preoccupazioni della persona ipocondriaca.
Evitate l’iperprotezione.
Se la persona ha paura perché deve sottoporsi a una visita medica e voi non potete accompagnarla, aiutatela a mantenere la calma.
Dopo la visita, non permettete che la persona vada nuovamente dal medico per ulteriori rassicurazioni. Ciò ridurrebbe l’ansia a breve termine, ma manterrebbe il problema a lungo termine.
Aiutate la persona a concentrarsi sui pensieri positivi.
Incoraggiate la persona a cercare distrazioni positive.
Aiutate l’individuo a premiarsi per i piccoli progressi che ottiene.

L’ipocondria è difficile da gestire, perché è spesso associata ai disturbi d’ansia. L’isolamento dovuto alla quarantena ci costringe a una situazione a cui non siamo abituati e ci predispone ad avere i sintomi dell’ansia.

Sia la quarantena sia lo scenario della pandemia potrebbero aggravare i sintomi delle persone che soffrono di ipocondria. Le linee guida sopra menzionate possono essere d’aiuto, ma non rappresentano la soluzione al problema. L’ideale è seguire un trattamento specifico indicato dal medico curante o continuare la terapia che già si seguiva prima della quarantena.

da lista mente


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