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 Il luogo privilegiato del silenzio
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Inserito il - 05/07/2008 : 11:09:22  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Il luogo privilegiato in cui il Dio "nascosto" parla al cuore dell'uomo "nascosto". Il Silenzio

(a cura di Matteo Della Torre
http://italy.peacelink.org/pace/articles/art_10295.html)

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La parola veramente comunicativa fiorisce ai confini dell'homo abscunditus e
ne rivela le potenzialità sospese sul filo tra il possibile e l'impossibile.
Solo così ci è dato immaginare la dimensione inedita che ferve nell'uomo in
attesa di trovare luogo.
(Balducci Ernesto)

------------------------

"Ci sono autori ispirati capaci di influenzare nel profondo la vita
interiore del lettore, di sollecitare le corde più intime dell'animo umano,
dischiudendo orizzonti inediti, in una sorta di epifania del sublime. Nel
tourbillon del vaniloquio che caratterizza la grande "lesione cerebrale"
della comunicazione globalizzata, è arduo ascoltare parole sapide di senso,
che comunicano all'uomo della modernità, disorientato ed insoddisfatto da
overdosi di effimero, segmenti d'Assoluto.

Un autore che mi ha particolarmente impressionato per le sue lungimiranti
idee planetarie alle quali attribuire dignità antropo-genetica in senso
evolutivo, dissentendo dagli schemi sclerotizzati dell'ortodossia teocratica
del pensiero cattolico, è Padre Ernesto Balducci, una delle menti illuminate
dell'Italia del secolo scorso, "un prete meno pretesco che si possa mai
incontrare" (come lo definì Sergio Zavoli), la cui più profonda aspirazione
era di non essere altrimenti che "un uomo" fra gli uomini. Un uomo - come
amava definirsi - "planetario, che è anche uomo 'post-cristiano', nel senso
che non si adattano a lui determinazioni che lo separino dalla comune degli
uomini". Un articolo di alto profilo dell'intellettuale toscano, apparso su
un periodico nel 1992, affronta il tema del silenzio, luogo privilegiato in
cui il Dio nascosto parla al cuore dell'uomo. Eccone uno stralcio dal testo
originale.

«Vi è mai capitato quel momento di grazia in cui, stando nel profondo
silenzio, si avverte una specie di sinfonia, o di coro dalle innumerevoli
voci? Il silenzio non è sempre, come sembra, una assenza di eloquio,
potrebbe anche essere un modo di accogliere, tramite le vibrazioni della
nostra struttura umana le voci dell'infinito cosmo. 'Vogliamo un tuo
discorso', dissero un giorno a Buddha i suoi discepoli. Buddha prese un
fiore e si alzò tenendolo in mano in silenzio. Fu quello il famoso 'sermone
dei fiori' da cui trasse origine il buddhismo zen, questa grande scuola del
silenzio, che prima o poi, in una forma o in un'altra, l'uomo occidentale
dovrà decidersi a frequentare.

La parola che illumina nasce dal silenzio come il fulmine nasce dalla nube.
Il senso della parola infatti non è di trasmettere, è di comunicare, e cioè
di rilevare ciò che sta oltre la parola. Le parole occultano o svelano,
trasmettono comandi o comunicano amore. Esse hanno una storia in cui si
riflette l'ambivalenza dell'uomo governato da due pulsioni, quella
dell'aggressività e quella della comunione.

"In principio era il logos, la parola", sta scritto. Ma si potrebbe dire
altrettanto bene che in principio era il sighé, il silenzio, che è l'altro
nome di Dio. Ma anche parlando dell'uomo si può dire che in lui il principio
è, insieme, la parola e il silenzio.

"Noi siamo doppi a noi stessi", scriveva Montaigne, nel senso che noi
portiamo in noi stessi una doppia identità; siamo, come io amo dire, editi
ed inediti. L'uomo inedito è l'uomo come insieme di possibilità in attesa di
adempimento, di trasformarsi cioè in realtà, diventando così dicibili a
tutti. Perché come Dio è un Deus abscunditus, così anche l'uomo è a se
stesso abscunditus. Nascosto, ma non del tutto, perché, come dice
etimologicamente la parola coscienza (con-scientia), c'è una presenza
dell'io a se stesso che ha l'unico limite di non potersi esprimere con
parole, ma appunto perché le parole sono gli strumenti forgiati dall'uomo
edito.

L'uomo edito è quello che si ritaglia nella cultura in cui si è svolta la
sua formazione, che è sempre una cultura governata dalle esigenze del gruppo
di appartenenza. L'uomo inedito predilige il silenzio e, anche quando parla,
le sue parole si caricano dell'ispirazione alla totalità, come dire a un
mondo che non è quello della cultura espressa dai vocabolari, è la vera
patria dell'essere. Diceva ancora Montaigne che per quanto l'uomo perlustri
il suo perimetro "non si dà comunicazione all'essere".

"Se mi chiedi chi è Dio -diceva Agostino - non lo so, ma se non me lo
chiedi, lo so".

Restare fedeli a questo versante inedito della nostra realtà umana vuol
dire, poi, saper entrare nella conversazione degli uomini senza alterigia,
con umiltà, accettandone le regole, ma restando in qualche modo estranei,
capaci, proprio per questo, di svegliare negli altri le segrete affinità
elettive e cioè la dimensione inedita che resta repressa e soffocata nella
chiassosa convivenza della piazza.

La parola veramente comunicativa fiorisce ai confini dell'uomo nascosto.
Solo chi ha orecchi da intendere intende e ha orecchi da intendere chi a sua
volta abita nel silenzio. Nel silenzio fioriscono le immagini in cui si
riflettono le nostre possibilità che non hanno né possono avere cittadinanza
nella città comune, la cui legge più severa è la discriminazione tra il
possibile e l'impossibile. I sogni ad occhi aperti, quelli che nascono dal
silenzio in cui lo spirito si concentra al massimo in se stesso, sono le
traduzioni immaginative delle possibilità che fervono in noi in attesa del
loro tempo.

Ma, anche Dio è, a sua volta, edito ed inedito, conosciuto e sconosciuto.
Nessun nome è più funesto di quello di Dio quando diventa dio edito, il dio
del gruppo, della città, emblema e garanzia di ogni potere. L'uomo inedito
lo sa e non ama nominarlo.

Il vero Dio è un Deus abscunditus, l'estremo corrispettivo dell'homo
abscunditus. La preghiera è, nella sua intima essenza, una silenziosa
corrispondenza tra l'uomo sconosciuto e il Dio sconosciuto.

Non si parla di Dio, dunque, si parla a Dio, e parlando di Lui le parole
sono di inciampo.

Nominare significa possedere, e un Dio posseduto è un idolo fatto a
immagine e somiglianza dell'uomo. Il limite dell'ateo è di essere a suo modo
del tutto conforme alle misure dell'uomo edito, il corrispettivo dialettico
del bigotto o del clericale che fanno di Dio un punto di sostegno delle loro
sicurezze pubbliche e delle loro aspettative maturate sulle pulsioni della
società in cui si sono integrati.

La religione è loquace e scrive il nome di Dio sui muri, la fede silenziosa
lo cancella: la verità di Dio è nel momento in cui il suo nome si cancella.
La preghiera è il respiro dell'uomo nascosto che si protende verso Colui che
è nascosto: l'incontro, se c'è, non è dicibile.

Dio non si dimostra, Dio si mostra e si mostra a chi, rinunciando a quella
sottile forma di potere che è la parola, si mostra a sua volta». "




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