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 Lg. 675, Diritto d’autore, di cronaca e di critica
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Inserito il - 13/06/2003 : 12:31:28  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Legge 675, Diritto d’autore, di cronaca e di critica

Vi propongo alcuni articoli ed estratti di articoli interessanti riguardanti la Legge 675, il diritto d'autore e il diritto di cronaca e di critica al fine di rendere piu' chiaro possibile il senso di tali normative.


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LEGGE n. 675 - 31 DICEMBRE 1996

"Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali"
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 5 dell'8 gennaio 1997 - Supplemento Ordinario n. 3


CAPO III
Sezione IV - COMUNICAZIONE E DIFFUSIONE DEI DATI ( Artt. 19 - 21)


Art. 19. Incaricati del trattamento

1. Non si considera comunicazione la conoscenza dei dati personali da parte delle persone incaricate per iscritto di compiere le operazioni del trattamento dal titolare o dal responsabile, e che operano sotto la loro diretta autorità.


Art. 20. Requisiti per la comunicazione e la diffusione dei dati

1. La comunicazione e la diffusione dei dati personali da parte di privati e di enti pubblici economici sono ammesse:

a) con il consenso espresso dell'interessato;

b) se i dati provengono da pubblici registri, elenchi, atti o documenti conoscibili da chiunque, fermi restando i limiti e le modalità che le leggi e i regolamenti stabiliscono per la loro conoscibilità e pubblicità;

c) in adempimento di un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria;

d)(Lettera così modificata dall'art. 12, comma 2, d.lg. 13 maggio 1998, n. 171.) nell'esercizio della professione di giornalista e per l'esclusivo perseguimento delle relative finalità. Restano fermi i limiti del diritto di cronaca posti a tutela della riservatezza ed in particolare dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico. Si applica inoltre il codice di deontologia di cui all’articolo 25;

e) se i dati sono relativi allo svolgimento di attività economiche, nel rispetto della vigente normativa in materia di segreto aziendale e industriale;

f) qualora siano necessarie per la salvaguardia della vita o dell'incolumità fisica dell'interessato o di un terzo, nel caso in cui l’interessato non può prestare il proprio consenso per impossibilità fisica, per incapacità di agire o per incapacità d’intendere o di volere;

g) limitatamente alla comunicazione, qualora questa sia necessaria ai fini dello svolgimento delle investigazioni di cui all'ar-ticolo 38 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, e successive modificazioni, o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, nel rispetto della normativa di cui alla lettera e) del presente comma, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento;

h) limitatamente alla comunicazione, quando questa sia effettuata nell’ambito dei gruppi bancari di cui all’articolo 60 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia approvato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nonché tra società controllate e società collegate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, i cui trattamenti con finalità correlate sono stati notificati ai sensi dell’articolo 7, comma 2, per il perseguimento delle medesime finalità per le quali i dati sono stati raccolti.

2. Alla comunicazione e alla diffusione dei dati personali da parte di soggetti pubblici, esclusi gli enti pubblici economici, si applicano le disposizioni dell'articolo 27.


Art. 21. Divieto di comunicazione e diffusione

1. Sono vietate la comunicazione e la diffusione di dati personali per finalità diverse da quelle indicate nella notificazione di cui all'articolo 7.

2. Sono altresì vietate la comunicazione e la diffusione di dati personali dei quali sia stata ordinata la cancellazione, ovvero quando sia decorso il periodo di tempo indicato nell'articolo 9, comma 1, lettera e).

3. Il Garante può vietare la diffusione di taluno dei dati relativi a singoli soggetti, od a categorie di soggetti, quando la diffusione si pone in contrasto con rilevanti interessi della collettività. Contro il divieto può essere proposta opposizione ai sensi dell'articolo 29, commi 6 e 7.

4. La comunicazione e la diffusione dei dati sono comunque permesse:

a)(Lettera così sostituita dall'art. 4, comma 2, d.lg. 30 luglio 1999, n. 281.) qualora siano necessarie per finalità di ricerca scientifica o di statistica e siano effettuate nel rispetto dei codici di deontologia e di buona condotta sottoscritti ai sensi dell'articolo 31; b) quando siano richieste dai soggetti di cui all'articolo 4, comma 1, lettere b), d) ed e), per finalità di difesa o di sicurezza dello Stato o di prevenzione, accertamento o repressione di reati, con l'osservanza delle norme che regolano la materia.


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Il nuovo diritto d’autore estende cronaca e critica

di Franco Abruzzo

da “Il Sole 24 Ore” del 3 maggio 2003


Con il Decreto legislativo n. 68 del 9 aprile 2003, emanato in attuazione della Direttiva 2001/29/CE “sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione”, sono state introdotte rilevanti novità nel corpo della legge n. 633/1941 sul diritto d’autore: due riguardano il diritto di cronaca e di critica costituzionalmente garantito.

La nuova normativa tutela ampiamente il diritto di cronaca, modificando e integrando l’articolo 65 della legge n. 633/1941 sul diritto d’autore con un comma (il secondo, aggiunto di sana pianta) molto chiaro: “La riproduzione o comunicazione al pubblico di opere o materiali protetti utilizzati in occasione di avvenimenti di attualità è consentita ai fini dell'esercizio del diritto di cronaca e nei limiti dello scopo informativo, sempre che si indichi, salvo caso di impossibilità, la fonte, incluso il nome dell'autore, se riportato”. Questo comma affianca il primo, che fino al 28 aprile costituiva l’intero articolo 65: “Gli articoli di attualità, di carattere economico, politico, religioso, pubblicati nelle riviste o giornali, possono essere liberamente riprodotti in altre riviste o giornali, anche radiofonici, se la riproduzione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la rivista o il giornale da cui sono tratti, la data e il numero di detta rivista o giornale e il nome dell'autore, se l'articolo è firmato”.

Il raggio d’azione della nuova stesura dell’articolo 65 è molto più ampio, perché giustifica la riproduzione o la comunicazione al pubblico di opere dell’ingegno (e l’espressione “comunicazione al pubblico” abbraccia anche i media dell’ultima e penultima generazione, quali il web e la tv) con l’esercizio del diritto di cronaca sia pure contenuto nei limiti “dello scopo informativo”. Il legislatore sostanzialmente ha recepito, con 31 anni di ritardo, una massima giurisprudenziale ricavata dalla sentenza 15 giugno 1972 n. 105 della Corte costituzionale: “Esiste un interesse generale alla informazione - indirettamente protetto dall’articolo 21 della Costituzione - e questo interesse implica, in un regime di libera democrazia, pluralità di fonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali, anche temporanei, alla circolazione delle notizie e delle idee”.

Anche l’articolo 70 della legge n. 633/1941 ha subito un significativo ritocco che allarga la libertà di critica e di discussione collegata all’impiego di parti o brani di parti di opere dell’ingegno: “Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali”. Il vecchio articolo 70 suonava così: “Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera, per scopi di critica, di discussione ed anche di insegnamento, sono liberi nei limiti giustificati da tali finalità e purché non costituiscano concorrenza alla utilizzazione economica dell'opera. Nelle antologie ad uso scolastico la riproduzione non può superare la misura determinata dal regolamento il quale fisserà la modalità per la determinazione dell'equo compenso. Il riassunto, la citazione o la riproduzione debbono essere sempre accompagnati dalla menzione del titolo dell'opera, dei nomi dell'autore, dell'editore e, se si tratti di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull'opera riprodotta”. La novità è costituita dall’espressione “comunicazione al pubblico”, che abbraccia, come riferito, l’utilizzazione di tutti i mass media, vecchi (giornali e radio) e nuovi (tv e web). Ne consegue che “il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione”.

E’ vietato, comunque, agire senza consenso quando l’utilizzazione dell’opera dell’ingegno non è a scopo di critica o di discussione. Una massima giurisprudenziale (Tribunale di Napoli, 18 aprile 1997) afferma che “l'utilizzazione di parti o brani di opera altrui in un libro che si autodefinisce dedicato ad un artista scomparso è illecita e costituisce violazione del diritto di autore se manca il consenso del titolare del diritto e se la finalità dell'utilizzazione non rientra tra le ipotesi di cui all'art. 70 della legge sul diritto di autore (e, cioè, utilizzazione a scopo di critica, discussione o insegnamento). L'erede dell'autore può agire a difesa dei diritti patrimoniali d'autore e di quelli relativi allo sfruttamento economico dell'immagine”.


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DIRITTO DI CRONACA E DIRITTO ALLA RISERVATEZZA

di Alessandra Lucarino e Silvia Melchionna

estratto da http://www.dirittoproarte.com/giornalisti/cronaca1.htm


E’ in particolare la sentenza n. 5259 ad affermare che l’esercizio della libertà di diffondere attraverso la stampa notizie e commenti, cioè il diritto di stampa, sancito in linea di principio nell’art. 21 della Costituzione e regolato fondamentalmente nella legge 8 febbraio 1948, n.47, è legittimo, e quindi può anche prevalere sul diritto alla riservatezza, se concorrono le seguenti condizioni: 1) l’utilità sociale dell’informazione (ossia la necessità dell’esistenza di un interesse pubblico a che la notizia e i fatti siano conosciuti e diffusi); 2) la verità (oggettiva o anche soltanto putativa, purché, in quest’ultimo caso, frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca) dei fatti esposti; 3) la forma civile dell’esposizione dei fatti e della loro valutazione, anche detta continenza formale. Non ricorre quest’ultima condizione quando la critica è eccedente rispetto allo scopo informativo da conseguire, difetta di serenità e di obiettività, calpesta quel minimo di dignità cui ogni persona ha sempre diritto, ed infine non è improntata a leale chiarezza. E’, poi, la stessa Corte di Cassazione ad indicare che lo sleale difetto di chiarezza sussiste quando il giornalista ricorre ad una delle seguenti subdole tecniche: 1) al sottinteso sapiente, che consiste nell’uso di determinate espressioni nella consapevolezza che il pubblico dei lettori le intenderà o in maniera diversa o, addirittura, contraria al loro significato letterale, e, comunque, in senso fortemente sfavorevole ed offensivo nei confronti della persona che si vuole mettere in cattiva luce.

Un esempio è rappresentato dal racchiudere determinate parole tra virgolette, allo scopo di far intendere al lettore che esse non sono altro che eufemismi, e che, comunque, sono da interpretarsi in un senso molto diverso da quello che avrebbero senza virgolette; 2) agli accostamenti suggestionanti di fatti che si riferiscono alla persona che si vuole mettere in cattiva luce con altri fatti (presenti o passati, ma sempre in qualche modo negativi per la reputazione) riguardanti altre persone estranee, oppure con giudizi negativi apparentemente espressi in forma generale ed astratta e, come tali, ineccepibili ma che, invece, per il contesto in cui sono inseriti, il lettore riferisce, inevitabilmente, a persone ben determinate; 3) al tono sproporzionatamente scandalizzato e sdegnato, specie nei titoli, o, comunque, all’artificiosa e sistematica drammatizzazione con cui si riferiscono notizie "neutre" allo scopo di indurre i lettori più superficiali a lasciarsi suggestionare soltanto dal tono usato (classico, a tal fine, è l’uso del punto esclamativo anche là dove, di solito, non viene messo); 4) alle vere e proprie insinuazioni, che ricorrono quando, pur senza esporre fatti o esprimere giudizi apertamente, si articola il discorso in modo tale che il lettore li prenda lo stesso in considerazione a tutto svantaggio della reputazione di un determinato soggetto.

Questi principi sono stati riaffermati in diverse sentenze della Corte di Cassazione (n.3679/98, n.4285/98, n.8574/98) ed in particolare in quella della Terza Sezione Civile, la n. 5658 del 9 giugno 1998, nella quale si afferma che il diritto di cronaca prevale sul diritto alla privacy se i fatti sono veri, di interesse pubblico e se sono esposti in forma civile e corretta.


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Diritto di cronaca prevalente

di Sabrina Peron, avvocato in Milano

estratti da http://www.odg.mi.it/peron_20.htm

...

Il limite della continenza

La continenza è la terza condizione alla quale viene ancorato il legittimo esercizio del diritto di cronaca e di critica. Tale limite viene inteso come moderazione, proporzione e misura in relazione alle modalità espositive della notizia. La serenità dell'esposizione va però intesa non in senso assoluto ma in senso relativo, non venendo considerati offensivi toni aspri e polemici che rientrino nel costume corrente.

In ogni caso l’esposizione della notizia non deve rivestire carattere ingiurioso, non deve risolversi in una incivile denigrazione dell’altrui personalità, non deve contenere attribuzioni indirette o subdole allusioni.. In particolare, nell’esposizione dei fatti devono essere esclusi l’utilizzo di:

- sottintesi sapienti, ossia l’utilizzo di espressioni tali da far percepire al lettore un messaggio diverso o contrario a quello apparente o letterale e comunque più sfavorevole;

- toni sproporzionatamente scandalizzati o sdegnati o artificiosamente drammatizzati, mediante l’uso sapiente di aggettivi, con cui si riferiscono notizie scarsamente interessanti in modo da suggestionare i lettori;

- accostamenti suggestionanti di fatti che si riferiscono ad una persona che si vuole mettere in cattiva luce con altri fatti concernenti terze persone e negativi per la reputazione;

- vere e proprie insinuazioni e ambiguità allusive.

...

Il diritto di critica che costituisce uno degli aspetti principali su cui si fonda la libera (e lecita) manifestazione del pensiero, non si esprime nella narrazione ma nel giudizio e nella valutazione di fatti; la critica è pertanto soggettiva e cioè corrispondente, in definitiva, al punto di vista di chi la manifesta. L'efficacia scriminante della critica è più accentuata in ambito politico, nel quale essa può essere esercitata con le modalità più nette e vibranti, senza rituali ed ipocriti omaggi a stili e forme espressive (Trib. Roma, 26 marzo 1997, Selva c. De Mita e altro, in Nuova Giur. Civ., 1998, I, 264, n. BRESCIANI).

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In tema di diffamazione a mezzo stampa il diritto di critica si differenzia da quello di cronaca essenzialmente in quanto il primo non si concretizza, come l'altro, nella narrazione di fatti, bensì nella espressione di un giudizio o, più genericamente, di un'opinione che, come tale, non può pretendersi rigorosamente obiettiva, posto che la critica, per sua natura, non può che essere fondata su una interpretazione, necessariamente soggettiva, di fatti e comportamenti; ne consegue che l'esercizio di un tale diritto non può trovare altro limite che non sia quello dell'interesse pubblico e sociale della critica stessa, in relazione all'idoneità delle persone e dei comportamenti criticati a richiamare su di sé una comprensibile e oggettivamente apprezzabile attenzione dell'opinione pubblica (Cass. pen., 16 aprile 1993, Barile, in Mass. Cass. Pen., 1993, fasc. 9, 100).

...

Il diritto di satira costituisce una delle forme di manifestazione del pensiero, caratterizzata dall'intento di suscitare la ilarità nei percettori, che svolge una funzione di controllo sociale verso il potere con l'arma del sorriso e alla quale non possono applicarsi i criteri per la liceità della cronaca (verità, continenza, rilevanza sociale) fatto salvo il limite dell'eventuale contenuto denigratorio delle affermazioni. La satira di un personaggio famoso, quando ha carattere burlesco e paradossale e le espressioni adoperate, considerate nel loro complesso, sono proporzionate alla notorietà del soggetto irriso, impedisce di qualificare come denigratorio e offensivo un articolo di giornale (Trib. Milano, 7 aprile 1997, Scotti c. Soc. R.C.S. ed. e altro, in Dir. Inf., 1997, 752).


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Sito www.GarantePrivacy.it (Il sito del GARANTE della PRIVACY)
Sito www.Privacy.it (Il sito e la POLICY sulla PRIVACY)
Sito www.Dirittodautore.it (Ass. per la difesa del diritto d'autore)
Sito www.Interlex.it (Sito sul Diritto, Tecnologia e Informazione)
Sito www.Ictlaw.net (Materiali sul Diritto e la Cultura della Rete)



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