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 I MITI UNIVERSALI 4
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Inserito il - 20/01/2005 : 11:13:41  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
I MITI UNIVERSALI 4


da "Enciclopedia olistica"

di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli



La montagna del mondo


Vediamo, ora, il mito della montagna sacra come simbolo della riparazione dell’antica frattura tra Cielo e Terra. L’inizio della cultura umana coincide con la creazione di strutture esteriori che tendono alla verticalità. Dolmen, menhir, torri, colline artificiali, ziggurat e piramidi sono tutte forme simboliche di ascesi dall'umano al divino, ma anche del desiderio di connettersi con l'energia celeste, spirituale, e farla discendere sulla Terra.

Ancora una volta, in modo particolarmente profondo, il mito della montagna sacra rispecchia la natura umana e la sua necessità potenziale di elevarsi verso stati psichici più ampi, verso una coscienza cosmica.

E’ accertato infatti che moltissime di queste strutture avevano, oltre ad un evidente significato religioso, una precisa funzione astronomica-astrologica. Da un stato di coscienza istintiva e animale in cui la Terra che sostenta è l’

unica realtà, l’essere umano si risveglia, alza gli occhi al cielo e vede le stelle, scopre le stagioni e i cicli planetari e prende, così, consapevolezza di esistere in una dimensione celeste estremamente più vasta di quella materiale. La sua mente si espande ai confini dell’infinito. Il Cielo diventa simbolo di questa espansione, della percezione intuitiva e della sensazione profonda di ordine, vita e coscienza cosmica. Intorno a queste strutture e a questi simboli cosmici nasce la prima scienza matematica del mondo fisico: l’astronomia, intimamente legata all’astrologia.

I primi saggi in contatto con questa conoscenza diventavano mistici iniziati alla scienza degli astri e fungevano da punto di aggregazione per tutti coloro che, lentamente, si staccavano da una visione quotidiana orientata alla pura sopravvivenza materiale e iniziavano una differente via di evoluzione interiore.

I miti della montagna sacra esistono in ogni tradizione. Gli antichi Sumeri consideravano l’universo come una creatura viva con la forma di una montagna, che si innalzava da un oceano infinito. Questi primi mistici astronomi raffiguravano la montagna cosmica con lo ziggurat, imponente costruzione piramidale, i cui gradini simboleggiavano le orbite dei pianeti. Nella loro tradizione il Dio solare viene rappresentato dapprima mentre naviga nel mare abissale, poi mentre sale verso la sommità della montagna. Questo mito, simile al percorso eroico di Orfeo, rappresenta simbolicamente il percorso iniziatico attraverso il profondo inconscio e poi verso gli stati di coscienza più elevati che trasformano l’essere umano e lo rendono divino.

Nella tradizione induista il monte Kailash è la dimora del dio Shiva, nella valle sottostante, nel mezzo del greto del Gotami Ganga, fiume sacro affluente del Gange, ancora oggi si erge un maestoso albero sotto il quale la leggenda vuole che Shiva e Shakti si ritrovassero per i loro incontri d’amore. Pensiamo poi al Monte Meru, montagna sacra della tradizione indiana, al Monte Olimpo, considerato dai Greci dimora degli Dei, al Monte Sinai, su cui Mosè ricevette le tavole della legge, ad Agung, montagna sacra al centro dell’isola di Bali, al Fuji Yama... alcuni degli esempi più conosciuti di questo archetipo universale.

La scalata all’impervia montagna ben rappresenta lo sforzo dell’ascesi mistica che ogni ricercatore spirituale incontra nel suo cammino. Ritroviamo la struttura verticale scalare in tutte le tradizioni mistiche indotibetane; i gradini iniziatici o livelli evolutivi sono la rappresentazione schematica dei vari livelli di coscienza che ogni essere umano deve necessariamente percorrere per raggiungere le vette della propria consapevolezza. Successivamente, nella storia delle civiltà, la montagna sacra diviene più complessa, e prende la forma delle piramidi e degli stupa: con la loro struttura a diversi livelli, esprimono la conoscenza esoterica della differenziazione dell'esistenza in vari livelli/dimensioni, che rappresentano i vari passaggi o gradini iniziatici per accedere al divino.



L'ipotesi della razza ariana


Terminiamo questa sintetica esposizione con un accenno a come questi miti antichi sono stati trasformati e, a volte, anche invertiti nel loro significato primario. Una delle nozioni più interessanti da comprendere per una reale visione olistica dell’umanità esistente oggi sul nostro pianeta è la differenziazione tra periodo preariano e ariano. Le razze e le culture preariane sono ancora oggi largamente rappresentate sulla Terra da tutte le popolazioni primitive: dagli Aborigeni australiani, ai Pigmei africani, agli Eschimesi, agli Indiani americani, alle varie razze non bianche.

L’invasione ariana inizierebbe, secondo alcune teorie, da una zona tra la Mongolia, la Russia sud orientale e il nord dell'attuale Iran, ad ondate successive tra il 2300 e il 1900 avanti Cristo, interessa l’India, la Persia, l’Asia Minore, la Grecia e l’Italia e da ultimo il Nord Europa. La conquista del Lazio e la fondazione di Roma da parte delle tribù ariane avviene tra il 1000 e il 753 a.C. Di grande interesse è la comparazione tra le ondate delle differenti popolazioni indoeuropee dall'est all'ovest e le mappe delle datazioni genetiche del sangue delle popolazioni attuali, proposta dal ricercatore Cavalli Sforza, che si sovrappongono in modo considerevole.

Secondo alcuni autori, la razza ariana si distingue per la sua elevazione intellettuale e morale; infatti sembrerebbe caratterizzata, più di ogni altra, da una mente con notevoli capacità di astrazione e ideazione, più efficiente rispetto alla mente dei popoli più antichi; per contro, questi aspetti la renderebbero molto più distante dalla natura e dalle sue leggi e più attratta dagli aspetti intellettuali e meno essenziali della vita. La cultura ariana risulterebbe in genere, quindi, poco incline a comprendere i valori sacri dei popoli antichi e tenderebbe a calpestare ogni forma di credenza, scienza, arte o spiritualità non propria.

La particolare forza insita nella razza ariana, che si manifesta nel profondo controllo e dominio delle razze precedenti e della sostituzione delle loro antiche culture con la loro cultura, non è di fatto ancora terminata. Dopo la conquista del continente indoeuropeo, l’ondata colonizzatrice ariana si spinge nelle Americhe con i noti eccidi delle popolazioni autoctone sia nel nord che nel centro-sud del Continente americano, ma anche con le conquiste coloniali europee di quasi tutti i Paesi della Terra. Oggi, purtroppo, la cultura ariana si è espansa all'intero pianeta, con i suoi aspetti commerciali-consumisti-capitalisti, con la sua avidità materialista nei confronti della natura e degli esseri viventi, siano essi balene, foreste o esseri umani.

Come insegna la tradizione taoista cinese, al culmine di uno stato inizia a subentrare il suo opposto. Noi "ariani" dopo aver condizionato l’intero pianeta ad una visione orientata al possesso, ci ritroviamo ora a riconsiderare gli antichi miti, a salvaguardare i diritti delle minoranze etniche e degli esseri viventi, piante o animali, che popolano la nostra Terra.



La nascita del peccato come inversione del simbolo della donna e del serpente


I miti antichi sull’albero e sul serpente non contengono traccia di peccato! Nei sigilli sumeri raffigurati non vi è alcun segno di collera o minaccia divina, non c’è alcun senso di colpa nel godere dei frutti dell’albero. Il segreto della vita è lì, come un frutto, nel santuario del mondo, pronto ad essere colto, e viene offerto senza riserve a qualunque mortale cerchi di attingervi con il profondo rispetto e la venerazione di chi cammina sul suolo sacro, al cospetto della divinità.

La nascita dell’accezione moderna del senso del peccato nasce secondo molti studiosi con l’invasione ariana. Prendiamo come esempio il più famoso dei miti ariani dell’albero: il mito della genesi del giardino dell’Eden; secondo Joseph Campbell, uno dei più rinomati studiosi di mitologia del nostro tempo è un falso "storico", letteralmente inventato dagli antichi ebrei dopo la loro conquista del popolo dei Cananei, che adoravano l’albero, il serpente e la Dea Madre. Gli ebrei, portatori di un Dio maschile e unico, invece di tollerare le credenze religiose del popolo di Canaan, come in parte fecero gli ariani dell’India e della Grecia, crearono un contro-mito per demolire alla base i loro simboli sacri e così fiaccare la forza che univa spiritualmente il popolo da loro assoggettato.

L’albero, che dispensa i frutti sacri a chi vuole diventare saggio e unirsi alla divinità dell’esistenza, diventa un Tabù: Dio non vuole che l’essere umano conosca il bene ed il male (ma che intelligenza e bontà può mai avere un padre che nega ai propri figli la conoscenza del bene e del male?). La donna, fonte di dolcezza e fertilità, diventa ora la causa prima del peccato originale, che ricadrà come un destino crudele sull’intera umanità! Il serpente, simbolo di saggezza, sessualità ed elevazione, si trasforma in demonio, creatura di Satana, venuto a tentare e a creare sofferenza. L’uomo resta passivo in questa storia, viene trascinato dagli eventi ma, di fatto, non essendo sua la colpa, il figlio di Dio rimane il più amato, il prescelto dal Padre Celeste.

I valori positivi di questo antichissimo mito comune a tutta l’umanità preistorica vengono così invertiti, rovesciati, con evidenti e terribili danni all’evoluzione psichica profonda e spirituale dell’intera umanità. Se l’inconscio, come aveva intuito Jung, comunica per simboli, il rovesciamento simbolico di una delle verità fondamentali sulla logica dell'evoluzione interiore diventa il blocco primario all'evoluzione umana.

Demonizzando l’energia sessuale, l’energia femminile e la trasformazione interiore per raggiungere stati superiori, si crea una fortissima barriera contro ogni tentativo individuale di evoluzione interiore.

Il mito ebraico sfortunatamente soppiantò quello antico e da migliaia di anni la nostra cultura occidentale è stata avvelenata da un falso mito, che ha sicuramente contribuito a creare inconsci sentimenti di rifiuto nei confronti delle donne, degli aspetti femminili e della libera ricerca ed evoluzione spirituale.

Questa inversione dei simboli ricorda quanto avvenne quando i nazisti in Tibet si impadronirono dell’antichissima svastica, simbolo del potere cinetico dell'energia vitale, e con drammatica inconsapevolezza ne rovesciarono il senso, non tanto topologicamente, infatti in alcune tradizioni il senso di rotazione della svastica può essere sia a destra che a sinistra, quanto spiritualmente, poiché forzarono il potere universale, amorevole e unitivo dell'energia intelligente nella direzione opposta dell'egemonia, del razzismo e dell'elitarismo. I risultati di questa duplice inversione dei miti e dei simboli originari appare evidente ad ogni libero osservatore. I simboli archetipici hanno una loro profonda saggezza e sono in profonda sincronicità con il Dharma, la legge armonica dell’esistenza. Questa è la nostra stessa legge e la vera saggezza che gli antenati più illuminati ci hanno tramandato.

A noi sta ora il compito di recuperare queste leggi analogiche dell'esistenza e riutilizzarle per il bene comune individuale.

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