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 TECNICHE DIAGNOSTICHE 3
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Inserito il - 20/12/2004 : 11:05:55  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
TECNICHE DIAGNOSTICHE 3


da "Enciclopedia olistica"

di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli



MEDICINA BIOELETTRONICA

MORA, VEGA, RYODORAKU, AGOPUNTURA SECONDO VOLL
MAGNETOTERAPIA - CROMOPUNTURA

Le nuove frontiere scientifiche della medicina bioelettronica
Ing. Sergio Serrano

Parlo in veste di biofisico, perché l'approccio dev'essere innanzitutto scientifico.

Il problema della medicina naturale è che fino a poco tempo fa non possedeva una diagnostica propria, mentre la medicina accademica possiede tutti gli strumenti, dai raggi x agli esami del sangue, per cui era molto difficile dare criteri di valutazione sull'efficacia delle terapie naturali. Oggi esiste l'approccio kinesiologico, di sicuro valido non solo come terapia ma anche come diagnostica, ma soprattutto esiste la necessità di raccogliere i dati mettendoli in una forma comprensibile a tutti.

La medicina naturale si basa principalmente su concetti di tipo fisico, mentre quella accademica ha un modo di esprimersi chimico e biochimico. L'avvio alla medicina naturale viene da molto lontano, dalla medicina orientale e in particolare da quella cinese, che è di tipo energetico e sistemico. Significa che il nostro organismo è stato scomposto in dodici sottosistemi ognuno dei quali si chiama meridiano, ad esempio il meridiano del fegato non interessa solo il fegato ma è una linea che attraversa varie zone del corpo, tessuti, eccetera. La medicina sistemica va a vedere come questi dodici pezzi funzionano. I Cinesi hanno introdotto i concetti di energia yin e yang, energia più bassa o più alta; la descrizione dei meridiani avviene solo in base alla quantità di energia che posseggono.

A questo punto era necessario trovare un sistema per misurare con semplicità e scientificità l'energia dei meridiani. In Giappone, Nagatami, un medico che ha iniziato i suoi studi attorno al 1950, non credendo al discorso dell'agopuntura cinese, prese un impedenziometro cutaneo e provò a misurare tutti i punti della pelle; fece delle mappe in cui ottenne delle linee che ricalcavano i meridiani! Queste dodici linee comparse sulla mappa erano scientifiche, perché Nagatami le aveva studiate nell'ambito della fisica, e ha dato poi delle prescrizioni su come fare questa misurazione.

Oltre a questa tecnica, chiamata Riodoraku, ne esistono altre più complesse; è stata scelta perché è accessibile anche al medico che non conosce l'agopuntura, per cui è come un raccordo tra la nostra medicina e quella cinese. Quando gli organismi funzionano bene, hanno dei parametri elettrici compresi in un certo range. Quindi noi possiamo descrivere una cellula in modo compiuto sia con parametri chimici che elettrici. Col sistema Riodoraku siamo in grado di valutare lo stato di energia dei sistemi; i risultati sono stati codificati attentamente.

Questo tipo di diagnosi esalta l'approccio della medicina naturale come medicina su misura dell'individuo in esame, perché quando scopriamo che un meridiano è alterato energeticamente, vediamo che presenta una sintomatologia particolare. Si fa una sintesi tra ciò che abbiamo misurato e quello che il paziente ha.

Adesso la medicina naturale può comunicare scientificamente i suoi dati: a questo proposito, la nostra Università, come centro OSM, ha attivato un comitato di coordinamento di diagnostica bioelettronica, per rendere compatibili i linguaggi di tutte queste diagnostiche a livello mondiale. Con un esame di questo tipo si vede un'alterazione della funzionalità di un sistema, che a lungo andare può causare il danno di un organo... quello che la medicina accademica rileva!

Se ad esempio un organo è stato tolto, l'esame Riodoraku può rilevare una buona funzionalità del meridiano di quell'organo: sembra assurdo, ma vuol dire che dal punto di vista funzionale energetico, il sistema interessato da quell'organo si è adattato a funzionare nonostante la mancanza. Oppure uno può avere l'energia alterata in un meridiano, ma nessun sintomo fisico: vuol dire che lo squilibrio non ha ancora causato un danno organico.

Combattiamo anche il concetto di "medicina alternativa", se qualcosa è utile, è medicina, dallo sciamano al medico. Facciamo anche corsi per medici affichè siano i primi ad essere informati, insegnando per ora soltanto le parti di medicina naturale che hanno avuto una spiegazione scientifca. Stiamo studiando per rendere scientifici anche gli altri fenomeni.

Per tornare al discorso della diagnostica, è in corso un ulteriore studio; con le tecniche Riodoraku si valuta la quantità di energia che esiste nei punti di agopuntura.

Il dottor Montecucco con il Brain Olotester ha dimostrato che è possibile valutare non solo la quantità di energia, ma anche la qualità. Il cervello ha una funzionalità elettrica, tante onde e diverse frequenze, e l'energia del cervello viene divisa fra i vari range. Quando misuriamo l'energia nei punti di agopuntura periferici, vediamo che è simile all'energia nel cervello; lo studio di come questa energia, partendo dal cervello, si diffonde nei punti periferici, valuta proprio come ciascun meridiano elabora l'energia di partenza. Se la trasforma bene, vuol dire che il meridiano funziona bene energeticamente, se invece l'energia arriva alla periferia con delle distorsioni, cioè con mancanza di coerenza, significa che ci sono alterazioni energetiche di vario tipo. Lo studio della qualità dell'energia consente di spiegare ciò che i Cinesi chiamano "energia perversa", un'energia che è stata degenerata e resa disordinata.

Negli ultimi cinque anni, io e un collega, Daniele Franzoso siamo riusciti a collegare i parametri energetici a quelli biologici, attraverso un particolare esame del sangue; si pone il sangue di un polpastrello su un vetrino, si lascia seccare e poi, ripreso da una telecamera, si inserisce in un computer, per studiare come si altera a seconda della quantità di radicali liberi, e quindi in funzione dell'invecchiamento biologico. E' possibile vedere quanto sangue si altera e come, e quindi qual'è il livello di ossidazione dell'organismo.

E' interessante comparare il Riodoraku coi livelli di ossidazione; si vede che ad esempio, quando ci sono livelli di iperergia, si ha una bassa ossidazione, e viceversa. Anche in questo campo abbiamo stabilito dei livelli ottimali di ossidazione, ognuno dovrebbe avere dei livelli di invecchiamento proporzionali slla propria età, cioè l'età biologica dovrebbe corrispondere a quella anagrafica. Con questo sistema, dalla valutazione energetica possiamo passare ai parametri biologici. quello che si vuol fare qui al Villaggio Globale di Bagni di Lucca, come in ogni altro centro di medicina naturale e olistica, è in perfetta sintonia con la proposta dell'OMS, cioè lo sviluppo scientifico delle medicine tradizionali, perché il 75% della popolazione mondiale fa uso di medicine naturali, senz'altro le più economiche e le più diffuse, ma non ancora scientifiche.


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La Biocompatibilità elettromagnetica
Prof. Sergio Serrano
Dottore in Ingegneria e Fisica

Le complesse reazioni biochimiche che avvengono all’interno dell’Organismo producono campi elettromagnetici endogeni che occorre considerare nei trattamenti con campi elettromagnetici quali la laserterapia e la magnetoterapia.

Queste considerazioni, unitamente al fatto che l’ Organismo possa essere considerato un "struttura dissipativa" (Prigogine) e quindi biorisonante, pongono in risalto la necessità di fornire energia biocompatibile.

Raggi laser con particolari lunghezze d’onda (a emissione continua o opportunamente impulsata) o campi magnetici con determinate caratteristiche geometriche (forma d’onda) possono essere in grado di sortire effetti biologici-terapeutici significativi anche a dosaggi molto bassi. Verranno illustrate due realizzazioni tecniche.

Lo studio della biocompatibilità energetica si inserisce nella linea di ricerca propria della Medicina Naturale che vuole esaltare le capacità intrinseche di reattività biologica che ogni Organismo possiede: lo stato di malattia viene considerato come uno stato di equilibrio degradato che deve essere riportato, per quanto possibile, ai valori di normalità energetica (omeostasi energetica) cui corrispondono i valori di normalità biochimica (omeostasi biochimica).



MED. La Biocompatibilità elettromagnetica in terapia
Prof. Sergio Serrano

L’uomo è immerso in una situazione elettromagnetica naturale caratterizzata da diverse componenti mutuamente interagenti: l’elettricità atmosferica (ionizzazione), il campo magnetico terrestre, la radioattività, le radiazioni elettromagnetiche provenienti dal Sole e dagli spazi esterni.

Questo ambiente elettromagnetico ha indubbiamente contribuito, assieme a tutti gli altri fattori ambientali, a determinare i parametri funzionali dell’uomo nella sua attuale struttura: non deve, quindi, meravigliare che grandezze di natura elettromagnetica influenzino lo stato di salute dell’uomo stesso e che possano, opportunamente riprodotte artificialmente, venire utilizzate a scopi terapeutici.

Prenderemo in considerazione due particolari sorgenti di energia elettromagnetica artificiale (un laser in banda ottica e un generatore di campo magnetico a bassa frequenza) in grado di produrre, a basso dosaggio, effetti biologici-terapeutici significativi grazie alla biocompatibilità elettromagnetica dell’energia da essi prodotta.

Ogni organismo biologico possiede delle capacità intrinseche di risonanza elettromagnetica essendo una "struttura dissipativa" (Prigogine): si può ritenere biocompatibile l’energia elettromagnetica esterna che sia in grado di risuonare con l’energia elettromagnetica propria dell’organismo biologico stesso.

Magnetoterapia a bassa frequenza

L’utilizzazione di campi magnetici per fini terapeutici ha dato origine alla magneto- terapia. Il primo passo, in questa direzione, è stato mosso dalla Magnetobiologia che dimostrò negli anni ’60 gli stretti legami tra campo magnetico terrestre e orientamento degli uccelli migratori. Agli studi sugli uccelli si affiancarono lavori su altri gruppi zoologici e si misero in evidenza correlazioni fra magnetismo e mondo animale a diversi livelli dell’albero filogenetico.

Attualmente è assodato che esiste una magnetosensibilità in Planarie (Platelmiti), Poliplacofori (Molluschi), Coleotteri e Imenotteri (Insetti), Elasmobranchi (Pesci), Anfibi Urodeli, Uccelli Migratori e Piccioni Viaggiatori (Uccelli), Roditori e Delfini (Mammiferi).Ultimamente anche l’uomo è stato inserito in questa lista.

Esistono stretti legami tra il campo elettrico e quello magnetico e i due campi sono sempre presenti simultaneamente in un’onda elettromagnetica:

varia unicamente il rapporto di reciproca preminenza.

Sono stati evidenziati numerosi effetti in seno alla materia vivente e numerose interazioni fra i campi stessi e i tessuti biologici.

Tali interazioni producono, nel caso dei campi magnetici a bassa frequenza, effetti biologici significativi:

1) EFFETTI CELLULARI: a) stimolazione delle mitosi

b) accelerazione sintesi DNA

c) aumento sintesi proteica

2) EFFETTI UMORALI: a) aumento dei leucociti

b) stimolazione immunitaria

3) EFFETTI SUL SNC: a) sensibilità di alcune aree (ipotalamo)

b) alterazioni ECG

Si riscontra inoltre:

Stimolazione del metabolismo cellulare dei fibroblasti
Azione anti-infiammatoria nella flogosi acuta e cronica
miglioramento dell’articolarità nell’artrite sperimentale
I campi magnetici artificiali: considerazioni biofisiche

I campi magnetici per applicazioni biomediche possono essere prodotti con diverse metodologie e posseggono, di conseguenza, caratteristiche assai differenti fra loro.

Non vi è nessuna ragione di ritenere che gli effetti biologici prodotti dai campi magnetici debbano essere provocati da fenomeni fisici diversi da quelli conosciuti.

Questi fenomeni fisici, inoltre, sono la diretta conseguenza delle caratteristiche del campo che li ha prodotti.

Esiste, quindi, una corrispondenza biunivoca fra le caratteristiche fisiche del campo e gli effetti biologici prodotti: una corretta caratterizzazione del campo è quindi di fondamentale importanza.

Conoscendo il tipo di campo utilizzato è possibile fare considerazioni di dosimetria che altrimenti risulterebbero estremamente imprecise.

Questa descrizione consente di valutare l’influenza della componente omogenea e di quella disomogenea del campo poiché differente è il loro meccanismo di azione.

La componente disomogenea esercita una funzione di accelerazione sulle particelle che sono più para- o più dia- magnetiche delle particelle circostanti, mentre un campo omogeneo non esercita tale forza.

Per caratterizzare il campo magnetico sotto l’aspetto del biomagnetismo occorre definire alcune grandezze.

La forza P esercitata su una particella para- o dia- magnetica è proporzionale al suo volume V, all’intensità di magnetizzazione I e al gradiente del campo dH/dx:

P a V.I.dH/dx (1)

Poiché I/H=k, ove k è la suscettibilità del materiale, la (1) si può scrivere:

Pa k.V.H.dH/dx (2).

Come si può osservare dalla (2), né solamente il gradiente né la variazione relativa dell’intensità del campo sul campione biologico da trattare (corpo umano nella sua globalità o organi particolari di esso) sono grandezze sufficienti, singolarmente, per descrivere la forza P, ovvero la differenza di efficacia biomagnetica fra un campo omogeneo e uno disomogeneo.

Si definisce, poi, intensità paramagnetica il prodotto dell’intensità e del gradiente di un campo magnetico : H.dH/dx.

Concludendo, i campi biomagnetici, devono essere caratterizzati fornendo sempre, fra gli altri, due dati:

intensità del campo: come misura di efficacia relativamente ai fenomeni
dovuti alla componente continua del campo;

intensità paramagnetica:come misura di efficacia relativa alla componente diso-mogenea del campo (caratterizzata dall’andamento del campo e dalla forma d’onda)
In analogia con il roentgen (dose unitaria di raggi x), è stata creata una "dose magnetica omogenea" (oersted/ora) t.H relativa alla componente continua del campo magnetico e una "dose magnetica disomogenea" t.HdH/dx (con t si indica la durata dell’applicazione) relativa alla componente disomogenea del campo magnetico.

Per riassumere, i parametri che sono da definire e calcolare quando si vogliono utilizzare campi magnetici in terapia sono i seguenti:

FORZA ESERCITATA SU PARTICELLA PARA-DIAMAGNETICA

P a k .V. H . dH/dx

INTENSITÀ PARAMAGNETICA DEL CAMPO

H . dH/dx

DOSE MAGNETICA (oested/ora)

a) per campi omogenei: t . H

b) per disomogenei: t . H . dH/dx

dove t è la durata dell’applicazione

L’apparecchio utilizzato nella sperimentazione clinica di seguito riportata (effettuata presso Istituto Tumori di Milano) ha le seguenti caratteristiche:

alimentatore con selezione di sei possibili correnti di alimentazione delle bobine emettitrici
6 bobine emettitrici a nucleo d’aria (Æ 40mm, L=9,5nH) posizionate su un cilindro di metacrilato (Æ int. 400mm, profondità 100mm)
intensità del campo di ogni bobina: 30Gaus
intensità media del campo al centro del cilindro: 7 Gaus
forma d’onda del campo: oscillazione fondamentale 50 Hz, armoniche da 5 a 200Hz

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Riparazione dei danni da radioterapia (osteoradionecrosi) tramite campi magnetici a bassa frequenza
A. Laffranchi, GM. Danesini, P. Potepan, L. Suman, P. Salvatori, A. Cerrotta, S. Serrano, I. Spagnoli

Nel nostro Istituto, dall’introduzione della Magnetoterapia per il trattamento delle osteoradionecrosi della mandibola conseguente a radioterapia, avvenuto nel 1992, abbiano concluso il trattamento di 8 pazienti, mentre 7 pazienti sono tuttora in terapia.

Questo lavoro considera solo i nostri pazienti giudicati guariti.

Si tratta di 5 maschi e 3 femmine.

La terapia è stata applicata in maniera consecutiva e in 7 casi si é ottenuta la guarigione clinica, mentre in un caso si è verificata una complicanza flogistica a distanza, prontamente interrotta dalla ripresa della terapia.

Di questi pazienti, 5 erano stati trattati con cicli di ossigeno-terapia in camera iperbarica che si era dimostrata utile per ridurre il dolore locale, ma inefficace per la ricostruzione scheletrica e dei piani mucosi.

I pazienti sono stati trattati per periodi compresi tra 4 e 8 mesi con trattamenti eseguiti a domicilio con la seguente modalità: 5 giorni consecutivi alla settimana con 2 sedute di 30 minuti al giorno (una al mattino, l’altra alla sera).

La frequenza dell’apparecchiatura utilizzata è stata di 50 Hz, il flusso di campo era compreso fra 10 e 20 Gauss e la forma d’onda di tipo sinusoidale.

Ciò che emerge dai nostri risultati é quanto segue:

Abbiamo notato una rapida (pochi giorni) riduzione della sintomatologia dolorosa quando presente.
Rapida chiusura delle fistole osteocutanee (20-30gg circa) in tre casi, in un caso la fistola è rimasta aperta fino all’intervento chirurgico.
I primi segni radiografici di ristrutturazione ossea sono stati evidenziati radiologicamente dopo 50/60 gg. dall’inizio del trattamento.
La guarigione radiologica è avvenuta in media in 90 gg. circa, se la lesione occupava un’area di dimensioni inferiori ai 5 cm. quadrati e questo si è verificato in 5 casi su 5; nei restanti 3 casi, in cui la necrosi era bilaterale ed estesa a quasi tutta la mandibola, il tempo necessario è stato più lungo, fino a 8 mesi.
La risposta sulla mucosa orale, nelle zone in cui era assente e vi era osso esposto, è stata lenta, ma sempre presente.
Solo in un caso, a distanza di 7 mesi dal termine del trattamento, si è verificata una recidiva infiammatoria locale, ben controllata comunque dalla terapia antibiotica e dalla ripresa della magnetoterapia.
Nei restanti 7 casi non si sono avuti segni di ripresa di lesioni infiammatorie né di malattia neoplastica. Il follow-up più lungo è stato di 5 anni.

In tutti i pazienti non si sono avute complicanze, ma solo effetti collaterali modesti e sempre transitori, quali: nausea, a volte senso di vertigine di breve durata (pochi secondi), insonnia e, in un caso, una fastidiosa sensazione di intenso calore ai piedi.

Conclusioni

L’importanza dei risultati ottenuti, l’assenza di complicanze gravi e la risposta terapeutica in pazienti precedentemente già trattati, senza risultato significativo, con ossigenoterapia in camera iperbarica pone questa terapia medica come la principale per il trattamento incruento delle osteoradionecrosi.

Dalla nostra ulteriore esperienza possiamo concludere che tra le possibilità applicative, oltre ai casi di osteoradionecrosi e di lesioni solo mucose, vi siano anche quelle di riportare nei criteri di trattamento chirurgico pazienti guariti dal tumore, ma devastati dalle complicanze terapeutiche e giudicati O.I.L. (oltre i limiti) per utili possibilità demolitive e ricostruttive.

La fattiva collaborazione col Prof. Sergio Serrano, ci ha inoltre consentito di realizzare un’apparecchiatura di magnetoterapia dedicata ai nostri scopi e che presenta caratteristiche tecniche innovative. La principale è data dal nuovo concetto di considerare più importante la forma dell’onda generata dall’apparecchio, rispetto all’entità di flusso del Campo Magnetico. Questa apparecchiatura è ora in uso sperimentale presso la divisione OCF del nostro Istituto di Ricerca.
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