[AmadeuX BiblioForum]
Clicca qui per andare al sito di Audioterapia, Musica ed elementi subliminali benefici
19/04/2024 - 05:41:58
    [AmadeuX BiblioForum]                                     Ip: 18.118.137.243 - Sid: 163583651 - Visite oggi: 8802 - Visite totali: 65.798.758

Home | Forum | Calendario | Registrati | Nuovi | Recenti | Segnalibro | Sondaggi | Utenti | Downloads | Ricerche | Aiuto

Nome Utente:
Password:
Salva Password
Password Dimenticata?

 Tutti i Forum
 Forums e Archivi PUBBLICI
 SUBLIMEN BiblioForum
 Immagini di luce...
 Nuova Discussione  Rispondi alla discussione
 Versione Stampabile Bookmark this Topic Aggiungi Segnalibro
I seguenti utenti stanno leggendo questo Forum Qui c'è:
Autore Discussione Precedente Discussione n. 21587 Discussione Successiva  

admin
Webmaster

8hertz

Regione: Italy
Prov.: Pisa
Città: Capannoli


24473 Messaggi

Inserito il - 20/03/2019 : 09:42:58  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Immagini di luce...

"Vedo tutti voi come immagini di luce... (diceva Yoganandaji)"

di Swami Kriyananda

(Donald Walters) SWAMI KRIYANANDA

IL SENTIERO

Autobiografia di uno yogi occidentale,
discepolo di Paramahansa Yogananda

Traduzione di MAURO MERCI

EDIZIONI MEDITERRANEE - ROMA


"Forse ti piacerà conoscere la storia della nostra chiesa di Hollywood", osservò il maestro, "adesso che vi predichi regolarmente". "Naturalmente, signore", risposi. "Sono impaziente di imparare quanto più possibile sulla nostra opera". "Costruimmo la chiesa durante la guerra. Era proibito allora ogni nuovo edificio, ma riuscimmo a costruirla legalmente.

Acquistammo una vecchia chiesa e figurò così che stavamo restaurando una nostra proprietà. Dell'edificio era rimasta in piedi

poco più che la ossatura", ricordò ridacchiando Yogananda. "I vicini si prendevano gioco di noi. Noi però la riadattammo; stuccammo le pareti, sistemammo il tetto, dipingemmo ben bene tutto quanto e montammo sulle finestre preziose vetrate istoriate. Alla fine l'edificio sembrava appena costruito." Fece una pausa, abbandonandosi all'onda dei ricordi. "Trovare quelle finestre istoriate fu davvero una grazia divina. Io desideravo delle vetrate per la chiesa, ma tutti insistevano: "Non riuscirete a trovarle. C'è in corso una guerra!". Eppure sapevo che ce l'avremmo fatta. "Un mattino Dio mi mostrò in una visione dove stavano, quasi ad aspettarci, le nostre vetrate, in una vecchia bottega di rigattiere. Vi andai. "Mi dispiace", disse il proprietario, "non abbiamo vetri istoriati". Sicuro della mia visione, non mi rassegnai."

<<"Guardi ancora per favore", insistetti>>. <<"Ve l'ho già detto", disse perdendo la pazienza, "non abbiamo niente del genere!" Brontolando se ne andò tutto impettito>>. "Mi rivolsi allora a un commesso che era presente e gli chiesi se sapesse della presenza di vetri istoriati nel negozio". <<"Se il padrone dice di no", rispose il corpo ingobbito da una indolenza vecchia quanto lui, "deve essere no">>. <<"Ecco qua cinque dollari", gli dissi. "Ve li darò se mi porterete dove voglio". Quella argomentazione lo trovò d'accordo.

Mi feci condurre nel cortile sul retro e là, appoggiate al muro di cinta, a raccoglier polvere, vidi un assortimento di vecchie porte e altre cianfrusaglie. Nessun segno però di vetrate istoriate".

<<"Vedete?" disse l'uomo alzando la testa in atteggiamento di rivincita. "Il padrone ha detto no. E' no per forza!">>. <<"Spostate tutta quella roba", gli chiesi. "Perché non mi fate vedere cosa c'è dietro?">>.

<<"Il padrone dice...", cominciò una terza volta, ma poi si ricordò improvvisamente dei cinque dollari. L'alacrità non doveva essere il suo punto forte, ma finalmente, fra brontolii e gemiti, spostò tutto in mezzo al cortile. Ed ecco, proprio in fondo, contro il muro, le nostre vetrate!".

"Nelle condizioni in cui erano sembravano proprio da gettare. Le lastre di vetro erano tutte al loro posto, ma stavano per staccarsi da un momento all'altro dai piombi ed erano coperte di sudiciume. Il proprietario me le cedette pressoché per nulla. Le restaurammo con gran cura. La signorina Darling (ora Durga Mata) ci fece risparmiare migliaia di dollari risistemando lei stessa le commessure e laminandole d'oro. Puoi vedere da te che razza di meraviglia sono riuscite. Mi è stato detto che hanno un gran valore."

"Non si sospetterebbe che la chiesa abbia un passato tanto grigio", osservai sorridendo. Ora sembrava un incantevole

gioiello, immacolata nei suoi colori bianco, blu e oro. Situata in posizione arretrata rispetto alla strada era fronteggiata da un adorabile giardinetto. Il vicinato ne era stato indubbiamente valorizzato.

"Anche la moquette", continuò il Maestro, "è stata un dono di Dio". Il tappeto, di un riposante blu scuro, copriva l'intero pavimento della chiesa. L'avevo ammirato a lungo. Il maestro continuò il racconto: "Avevo desiderato un magnifico tappeto poiché pensavo che, come i teatri sono splendidamente addobbati per rammentare le bellezze di questo mondo, così i luoghi consacrati a Dio devono esserlo ancora di più per ricordare che Egli è la Fonte di tutte le bellezze. Desideravo una folta moquette blu come una che avevamo avuto nel nostro tempio di Encinitas. Mandai gente a perlustrare dappertutto, ma nessuno trovò niente di simile".

<<Telefonai allora io stesso dove avevamo acquistato il primo tappeto. "Mi dispiace", rispose una voce "l'uomo che vi ha venduto quel tappeto si è ritirato dagli affari">>.

<<"Chi sta parlando?", chiesi. Scoprii che si trattava del suo antico socio in affari. Stava già per riappendere, quando fece una pausa>>.

"'Sentite', esclamò, 'mi sono ricordato adesso che abbiamo ancora un pezzo di quella stessa moquette giù in magazzino. Quanto avete detto che ve ne serve?'".

"'Novantadue metri', risposi".

"Andò a misurare la rimanenza. Erano esattamente novantatré metri!".

"Ho detto spesso", conclude il Maestro, "che dalla perdita del nostro tempio di Encinitas sono sorte due nuove chiese: quella di Hollywood e quella di San Diego. Proprio l'altro giorno un visitatore osservò: "Che peccato la rovina del vostro tempio di Encinitas!". Risposi: "Ma se è stata la cosa migliore che mai mi sia successa!". Perché vedi, fu quella perdita che mi costrinse a riprendere il mio apostolato nel mondo. Ed ora guarda, perfino il tappeto della nostra nuova chiesa è quanto rimaneva di quello della vecchia!".

Dal giugno 1949 officiavo più o meno con regolarità il servizio di metà settimana nella chiesa di Hollywood e di lì a poco tenni anche, occasionalmente, il servizio domenicale tanto lì che a San Diego.

Uno dei problemi che ogni oratore inesperto si trova ad affrontare è quello di evitare il nervosismo di fronte all'uditorio.

Per me tale problema era accentuato dal fatto che ero tanto giovane e lo apparivo ancor più. L'età media dei miei ascoltatori era attorno alla quarantina. Si poteva dare per scontato che ne sapessero molto più di me pressoché in ogni campo del sapere. Abie George, un discepolo di Hollywood al quale eravamo tutti particolarmente affezionati, suggerì una soluzione.

Profondamente devoto ("un'anima meravigliosa" lo chiamava il Maestro), Abie possedeva anche un colorito senso dell'umorismo,

che esprimeva nella maniera più inusitata. "E' semplicissimo", mi spiegò con scherzosa serietà. "No, no, so quel che dico", insistette, prevenendo con una risata le mie obiezioni anticipate, "è realmente semplice. Tutto quel che devi fare è di pensare che tutta quella gente di fronte a te non è altro che un branco di teste di cavolo. Ecco tutto! Tu dici a te stesso: quelli là fuori non sono niente altro che un branco di teste di cavolo! Vedrai che basterà". Lo ringraziai un po' perplesso. James Coller, il ministro della nostra chiesa di Phoenix mi offrì un altro suggerimento. "Ero così nervoso quando cominciai la mia attività di oratore", disse, "che il maestro mi suggerì di prendere un bagno caldo prima di parlare in pubblico, allo scopo di rilassarmi. Una sera dovevo tenere una conferenza introduttiva a una serie di corsi pubblici. Il tema annunciato era "Cosa può fare lo Yoga per voi".

"Feci un lungo bagno caldo. Troppo lungo", aggiunse James con un risolino, "E troppo caldo. Mi fiaccò completamente. Arrivai alla conferenza così debole che mi sembrava di essere più un asciugamano riscaldato a vapore che un essere umano! Dopo cinque minuti che parlavo mi accorsi di aver detto praticamente tutto il pensabile sull'argomento. Si trattò, con ogni probabilità della più breve conferenza alla quale quella gente aveva assistito!".

"Subito dopo Horace fece una colletta. Egli è spastico, lo sai. Dopo la mia conferenza lampo su quello che lo Yoga poteva fare per loro, videro avanzare barcollando il mio unico assistente che andò di fila in fila di sedie col piattino, afferrandosi convulsamente agli schienali per non cadere."

La storia, narrata molto comicamente da James, destò in noi una grande ilarità. Al suo uditorio non doveva però essere sembrata tanto divertente, perché tutti si alzarono e se ne andarono senza una parola. Fortunatamente l'episodio ebbe un seguito più gratificante. Un uomo dopo aver lasciato la sala, tornò sui suoi passi, toccato dall'ovvia bontà e sincerità di James. In seguito sarebbe diventato un devoto seguace dell'opera del Maestro.

"Malgrado ciò", concluse James rivolgendosi a me, "puoi sempre immergerti nell'acqua calda prima di parlare". Il suo racconto, devo confessare, mi lasciò non proprio rassicurato, ma almeno rinfrancato.

La soluzione personale che diedi al problema del nervosismo fu di immaginare la peggiore reazione possibile da parte del pubblico e di accettarla; in breve, di essere disposto a far la figura del cretino. "E' comunque un sogno di Dio", ero solito rammentarmi prima di ogni conferenza. "Che cosa importa, allora, se la gente mi accetta o mi rifiuta?".

L'indifferenza per il frutto dei miei sforzi si rivelò una soluzione al problema del nervosismo, ma non mi aiutò a risolvere il problema ben più importante della comunicazione con i miei ascoltatori. dicendo a me stesso che tutto era un sogno. Nota: L'insegnamento indù dice che la vita è un sogno ed ha lo scopo di ispirare il non-attaccamento, non l'irresponsabilità. anche in un sogno, dopo tutto, è preferibile sognare saggiamente. Nel sogno-illusione cosmico, l'uomo deve agire volontariamente come strumento di Dio, del sognatore Divino, prima che possa conquistarsi il diritto all'eterno risveglio in lui. Fine nota.

Soltanto gradualmente divenni un oratore coscienzioso, man mano cioè che crebbe in me la coscienza che la gente alla quale stavo parlando era manifestazione di Dio e compresi che il mio compito era di servirlo attraverso essi, anziché limitarmi a sopravvivere alla dura prova di apparire di fronte a loro. Queste considerazioni mi guarirono anche dalla tentazione, comune ai conferenzieri, di ritenersi soddisfatti quando le loro argomentazioni riescono convincenti per loro stessi. Vedendo infatti i miei ascoltatori come forme nelle quali Dio si manifestava e tenendo sempre presente che quanto dicevo doveva essere un servizio a lui tramite loro, diveniva importante per me esprimermi in modo da raggiungerlo attraverso il mio uditorio.

Nei primi tempi, prima di ogni sermone, ero solito pregare: "Signore ispirami, affinché dica quello che Tu vuoi sia detto".

In seguito imparai a chiedergli anche: "Aiutami a percepire cosa questo particolare pubblico ha bisogno di sentire da me".

Spesso percepivo bisogni diversi da quelli sui quali m'ero preparato a parlare e allora improvvisavo un discorso completamente differente da quello predeterminato. Imparai di fatto abbastanza in fretta a parlare in pubblico con un minimo di preparazione, o addirittura improvvisando, perché avevo constatato che una mente aperta mi metteva in grado di rispondere con sensibilità maggiore alle esigenze inespresse del mio pubblico. I risultati di questo genere di approccio si rivelarono gratificanti. Molte persone cominciarono a ringraziarmi al termine della conferenza perché avevo dato risposta alle loro specifiche domande o perché avevo trattato problemi che da tempo gravavano sulle loro menti. Li facevo in tal caso sempre partecipi del reale segreto del mio successo: "Dio è l'unico Datore". Era questo, infatti, il principale concetto attorno al quale gravitava l'insegnamento del Maestro Nota: "Non datevi pensiero del come o di che dovrete dire, perché vi sarà comunicato in quel momento ciò che dovrete dire. Non sarete infatti voi che parlerete, ma lo Spirito del Padre vostro che parlerà in voi". Matteo 10:19, 20. Fine nota.

Quando ero ancora un oratore alle prime armi, il Maestro mi impartì il seguente consiglio: "Prima di parlare, medita profondamente. Poi, cercando di conservare la calma della meditazione, pensa a quello che intendi dire. Stendi per iscritto le tue idee, inframmezzandole con un paio di storielline divertenti. La gente è più ricettiva quando può farsi qualche bella risata. Concludi infine con una storia tratta dalle lezioni SRF. Fatto questo, bandisci completamente il soggetto dalla tua mente. Mentre parli, tieni in mente di fronte a te i punti salienti della tua bozza di discorso, ma soprattutto invoca lo Spirito perché fluisca attraverso di te. In questo modo trarrai la tua ispirazione dalla Fonte interna e non dal tuo ego limitato".

La cosa sulla quale il Maestro poneva però più accento era che, mentre parlavamo in pubblico, ci ponessimo in cosmica sintonia, in modo da condividere con i nostri ascoltatori non soltanto le nostre idee, ma le nostre vibrazioni. Un giovedì, verso il tardo pomeriggio, sorprese il dottor Lewis che si godeva quattro passi nel parco di Encinitas.

"Dottore", lo chiamò, "non dovete condurre il servizio questa sera?".

"Si, signore", fu la risposta di Lewis.

"Allora perché siete qui a vagabondare? Dovreste essere in meditazione!".

Con il tempo, raggiunsi il punto in cui potevo realmente sentire un potere fluire da me quand'ero in armonica sintonia col Maestro e colmare ogni locale nel quale mi trovassi a parlare. Se qualcosa che dicevo toccava l'uditorio, il merito era molto più di questo potere che delle parole, comunque esse fossero, che pronunciavo.

Durante i primi anni della permanenza del Maestro in Occidente migliaia di persone accorsero ad assistere alle sue conferenze, ma le chiese che egli innalzò erano piccole e dolci nella loro semplicità. La piccolezza - egli riteneva - invitava a un atteggiamento più devoto e consentiva un senso di spiritualità e intimità maggiori con Dio. Il Maestro ci narrò una volta della visita da lui compiuta a una notissima, enorme, cattedrale del Middle West. "La stavo ammirando, quando udii la voce di Dio: "Preferiresti avere tutto questo senza di me? O questo - e mi apparve una visione di me stesso seduto a terra sotto un albero in mezzo a un gruppetto di discepoli - con me?".

"Signore", pregai, "voglio essere soltanto dove anche tu sei!".

Ci faceva spesso osservare che attribuire importanza alla costruzione di grandi e dispendiosi luoghi di adorazione, a folle di fedeli, costringeva a un'eccessiva concentrazione sull'aspetto economico, sottraendo energia all'umile e intima comunione con Dio. "Il sistema ecclesiastico deve essere riformato", affermò. "Lo sfarzo esteriore deve lasciare il posto alla semplicità, le gigantesche cattedrali sostituite da piccoli templi dove i devoti sinceri possano raccogliersi a meditare.

Certo il colto ministro di una numerosa e moderna congregazione potrà predicare con eloquenza, ma, se non medita mai e non ha

alcuna percezione interiore della presenza di Dio, a che servirà mai la sua eloquenza? Il suo titolo accademico D.D. * D.D. sta per Doctor of divinity (in latino Divinitatis Doctor), dottore in Teologia, N.d.T. * non significa in questo caso nient'altro che Dottore in Delusione!

"Se entro in un ristorante di gran nome, ma non mi viene servito del cibo, quale vantaggio ne traggo? Mi tocca uscirne affamato com'ero prima di entrare. Qual è allora l'utilità di una chiesa famosa, se essa è spiritualmente morta? A che mai serve un'arnia senza miele?".

Continuò dicendo: "Vivete in un'epoca di grandi mutamenti. Vedrete l'intero movimento ecclesiastico sottoposto a una rivoluzione. Le chiese diverranno luoghi dove si entrerà per comunicare realmente con Dio".

A volte, con nostro grande divertimento, ci parafrasava una storiella tratta dal romanzo Heavenly Discourse di Charles E. Wood. La sua versione del racconto suonava pressappoco così: "Quando Billy Sunday, il famoso evangelista, morì e salì al paradiso, San Pietro non gli permise di varcare la grande porta perlacea, chiedendogli: "Cosa hai fatto giù sulla terra per meritare di essere ammesso?". "Ma come!", protestò Billy Sunday. E tutte quelle migliaia di anime che ti ho mandato su dai miei raduni revivalisti?" ** E' noto come revivalismo il complesso dei movimenti di "risveglio mistico" nel protestantesimo fioriti nei secoli XVIII e XIX N.d.T. **. "Che tu le abbia mandate non lo metto in dubbio", rispose San Pietro, "però qui non sono mai arrivate!".

"A Milwaukee, una volta", ci raccontò, "fui portato in una chiesa dove un coro cantò appositamente per me. Dopo l'esecuzione uno dei cantanti mi chiese: "Vi è piaciuto?".

"Andava benissimo", risposi.

"Volete dire che non vi è piaciuto?".

"Non ho detto questo", risposi. "Ma ti prego, accontentati di questo." Poiché invece continuò a insistere, gli spiegai: "Per quel che riguarda la tecnica, siete stati perfetti; non stavate però pensando a quell'Uno per il quale quella musica sacra era stata scritta. I vostri pensieri erano tutti diretti a compiacermi. La prossima volta che canterete inni sacri, rivolgete a Dio i vostri cuori. Non cantate per fare impressione sul pubblico".

I servizi officiati dal Maestro erano ricchi di ispirazione. Non trasmettevano alcuno dei vacui sentimenti in cui ci si imbatte in molte chiese, di un Dio vivente lontano in inimmaginabili cieli, o di un Gesù Cristo che non ha lasciato alcuna testimonianza del permanere della sua realtà più viva delle parole stampate nella Bibbia. Con la presenza del Maestro le verità divine acquistavano un'eccitante vitalità e vibravano dell'immediatezza del suo rapporto diretto con Dio.

"Siete un ottimo propagandista!", esclamò un uomo d'affari americano dopo aver ascoltato una delle sue conferenze. "La ragione di ciò", ribatté Yogananda, "è che ho venduto me stesso in cambio delle verità che insegno!".

Alcuni dei ricordi più commoventi che conservo di lui appartengono appunto ai suoi discorsi pubblici. Se per un verso mancava a essi la dolce intimità delle conversazioni con i discepoli a Mount Washington, vibravano però dello spirito di una missione destinata, come egli assicurava, alla rigenerazione spirituale del mondo intero.

Rammento soprattutto quanto mi commossi a un'allocuzione che egli rivolse agli intervenuti a un ricevimento all'aperto a Beverly Hills il 3 luglio 1949. Mai avrei immaginato che il potere della parola fosse tanto grande. Mai avrei immaginato che il potere della parola fosse tanto grande; fu il discorso più emozionante che mai ebbi modo di udire.

"Quest'oggi", tuonò la sua voce, sottolineando ogni parola, "segna la nascita di una nuova era. Le mie parole sono registrate nell'etere, nello Spirito divino, e riscuoteranno l'occidente... L'auto-realizzazione è venuta a unificare tutte le religioni... Dobbiamo andare, non soltanto i presenti, ma migliaia di giovani dovranno andare a settentrione e a meridione, a oriente e a occidente, ricoprendo la terra di piccole colonie che dimostrino al mondo che la semplicità della vita accompagnata da elevatezza di pensiero possono condurre alla più intensa felicità!" Nota: Self-Realization magazine, novembre-dicembre 1949, pag. 36.

Il mio animo ne fu profondamente toccato. Non mi sarei sorpreso se si fossero spalancati i cieli e una legione di angeli ne fosse uscita, con gli occhi fiammeggianti, a eseguire i suoi ordini. Quel giorno feci voto in cuor mio di fare del mio meglio perché le sue parole divenissero realtà.

Negli anni che rimasi col Maestro egli esortò sovente i suoi uditori a lavorare per la realizzazione di quel suo sogno tanto amato: le "colonie di fratellanza mondiale", o comunità di cooperazione spirituale, non monasteri, ma luoghi dove la mente, qualunque fosse il suo stadio di evoluzione, potesse dedicarsi a vivere della vita divina.

"L'ambiente può più della forza di volontà", diceva. Le "colonie di fratellanza mondiale" dovevano costituire, nelle sue intenzioni, ambienti favorevoli allo sviluppo di qualità spirituali come l'umiltà, la devozione, il rispetto per gli altri, l'amichevole cooperazione reciproca. A chi era ancora legato alle cose terrene e sognava una forma migliore di vita queste piccole comunità fondate sulla cooperazione avrebbero offerto la speranza più certa di dimostrare all'intera società che l'umanità è in grado di raggiungere altezze ignorate e negate con tanto disprezzo in quest'era di sottosviluppo spirituale.

In tali comunità si sarebbe posto l'accento sulle qualità che favoriscono un atteggiamento cooperativistico, anziché sui

"diritti" politici e sociali e sulle attuali norme sociali ed economiche di spietata concorrenza. "Raccoglietevi insieme, voi tutti che condividete nobili ideali", predicava Yogananda. "Fate fondo comune delle vostre risorse, comprate terreni lontani dalle città. Una vita semplice vi darà la libertà interiore e l'armonia con la natura vi donerà una felicità sconosciuta alla maggioranza dei cittadini. In compagnia di altri sinceri ricercatori vi sarà più facile meditare e tener rivolti a Dio i vostri pensieri".

"Che bisogno c'è di tutti i lussi di cui la maggior parte delle persone si circonda? Quasi tutto di quanto posseggono lo stanno ancora pagando, rata dopo rata, e i loro debiti sono per essi una fonte di incessante preoccupazione. Ma neppure coloro che hanno pagato i loro lussi sono liberi, perché l'attaccamento li rende schiavi. Si considerano più liberi per i beni che possiedono e non si accorgono che sono i loro beni a possederli!".

E aggiungeva: "Verrà il giorno che questa idea comunitaria si diffonderà per il mondo come un incendio indomabile". Nel piano globale della sua opera Paramahansa Yogananda vedeva gli studenti ricevere dapprima individualmente le lezioni SRF e praticare il Kriya Yoga nelle loro case; poi, col tempo, formare centri spirituali dove potessero radunarsi una o due volte la settimana per studiare e meditare in gruppo. nelle zone dove l'interesse fosse stato sufficiente per giustificarlo, voleva fossero erette chiese SRF, magari coi ministri a tempo pieno, o, altrimenti, presenti con una certa regolarità. Dove il numero dei devoti sinceri fosse sufficiente, il suo sogno era che si comprassero della terra e che vivessero insieme, servendo Dio e condividendo ogni attimo della loro vita spirituale.

Come ho accennato nel capitolo diciassettesimo, era stato desiderio del Maestro avviare una colonia di fratellanza mondiale modello a Encinitas. Sentiva tanto intensamente l'importanza di questo sogno comunitario che per taluni anni esso costituì il nucleo di tutti i suoi piani sulla propria opera. Pur completo padrone dei suoi processi mentali com'era, anch'egli fu preda in un'occasione di un vortice di entusiasmo, e proprio per questo progetto. Una domenica mattina, nel corso del sermone, raccontò alla congregazione: "Ero talmente assorto, la notte scorsa, nel pensare alle progettate colonie di fratellanza mondiale, che la mia mente vagò. Dovetti intonare qualche canto", aggiunse, "perché ritornasse".

La misura raggiunta dal suo interesse si può rilevare dal fatto che la prima edizione di Autobiografia di uno yogi termina con una testimonianza, vibrante di emozione, della sua speranza di fondare una tale colonia. "La fratellanza", scrisse in questa edizione, citando, una conversazione avuta con il dottor Lewis a Encinitas, "è un ideale che si comprende meglio dall'esempio che dalle parole! Un gruppo esiguo ma armonioso che si formi qui può ispirare la costituzione di altre comunità, basate sullo stesso ideale, in tutto il mondo". E concluse: "Proseguimmo fino a notte fonda a discutere - io e il mio caro amico, il primo Kriya Yoga d'America - sulla necessità per il mondo della fondazione di colonie su base spirituale".

Incontrò - ahimé! - lo stesso ostacolo che si levò a sbarrare la strada di ogni riforma spirituale sin dai tempi del Buddha: la natura umana. Il matrimonio ha sempre presentato la tendenza a essere, in certo qual modo, una corporazione chiusa. La depressione economica intervenuta negli anni Trenta, aveva indotto una generazione di americani a intensificare questa tendenza, accrescendo il già diffuso desiderio di sicurezza materiale. "Noi quattro e nessun altro", diceva Yogananda per descrivere questo atteggiamento. L'America non era ancora pronta per le colonie di fratellanza mondiale.

Un'ulteriore difficoltà fu costituita dal fatto che il nucleo della sua opera era già formato dai discepoli che avevano optato per la vita monastica. Erano essi a dare il tono alla vita spirituale della comunità e non i capofamiglia, che non potevano certo competere con il loro spirito di abnegazione alla pubblica utilità. Le famiglie, furono, per così dire, escluse dal giardino comune dalla crescita esuberante e rigogliosa delle piante della rinuncia. Yogananda era però troppo vicino al termine della sua missione per tentare altrove la realizzazione del suo sogno.

"Encinitas è bella che andata!", lamentava verso la fine della sua vita. Non intendeva che l'ashram fosse andato perduto, bensì che i suoi progetti di fondare una colonia di fratellanza mondiale su quel terreno consacrato non sarebbero stati realizzati, almeno lui vivo. Cessò di accettare famiglie negli ashram, compiendone la trasformazione in monasteri. Nei suoi discepoli che avevano pronunciato il voto di rinuncia giudicò presente infatti lo spirito di dedizione completamente scevra da egoismo di cui la sua missione aveva bisogno per il suo successo definitivo.

Ciononostante però l'idea delle colonie di fratellanza mondiale mantenne per lui la primitiva importanza. Essa era, come egli stesso si espresse nel corso di quel ricevimento a Beverly Hills, "registrata nell'etere, nello Spirito divino". Kamala Silva, nella sua autobiografia The Flawless Mirror Nota: Questo splendido libro può essere acquistato scrivendo a Kamala Silva, Post Office Box 11017, Piedmont Station Oakland, California 94611. Fine nota. riferisce che, soltanto cinque mesi prima di abbandonare il suo corpo, il maestro le parlò con fervore di questo suo sogno. Sapeva, ovviamente, che il suo sogno avrebbe finito per compiersi.

Anche nei confronti di un aspetto tanto fondamentale della sua missione come le colonie della fratellanza mondiale il Maestro era però completamente immune da ansietà. Egli ebbe sempre del mondo una visione diversa da quella della maggior parte della gente. Per lui tutto era un gioco divino, l'infinito alternarsi di ombra e di luce di una divina proiezione cinematografica.

Ricordo una sera, quando incise alcuni dei suoi canti perché avessero diffusione fra il pubblico. A metà della seduta di registrazione me ne dovetti andare per tenere una lezione nella chiesa di Hollywood. Al mio ritorno, trovai il Maestro fuori dell'edificio, in piedi sul prato, intento ad ascoltare uno dei canti appena incisi. "Quale bagliore di folgore splende sul tuo viso, o Madre! Contemplandoti sono scosso da brividi fin nel profondo". La registrazione gli fu fatta riascoltare più volte. Presto cominciò quasi a danzare, oscillando avanti e indietro estaticamente, le braccia aperte, ondeggiando al ritmo della musica, beatamente assorto nella bellezza della Madre divina, che percepiva come una splendida luce che s'irradiava nell'infinito. Ne fui profondamente commosso.

Poi, prendendo commiato dal nostro piccolo gruppo, disse placidamente: "Vi vedo come immagini di luce. Ogni cosa: gli alberi, i cespugli, l'erba sotto i vostri piedi; tutto è fatto di questa luce. Non potete avere idea di quanto sia meraviglioso!".


  Discussione Precedente Discussione n. 21587 Discussione Successiva  
 Nuova Discussione  Rispondi alla discussione
 Versione Stampabile Bookmark this Topic Aggiungi Segnalibro
Vai a:



Macrolibrarsi


English French German Italian Spanish


[AmadeuX BiblioForum] © 2001-2024 AmadeuX MultiMedia network. All Rights Reserved. Torna all'inizio della Pagina