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 Se il cervello funziona come Internet
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Inserito il - 14/02/2017 : 10:53:54  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Se il cervello funziona come Internet

13 febbraio 2017

La rete funziona grazie a un sistema di controllo del flusso di informazioni che evita di instradare pacchetti di dati lungo connessioni congestionate. Secondo un nuovo studio, il cervello ha un sistema di controllo simile, basato sul rafforzamento o sull'indebolimento delle sinapsi, le connessioni tra i neuroni (red)

da lescienze.it

Un algoritmo che gestisce il flusso di informazioni su Internet è molto simile a un meccanismo di distribuzione dei segnali nervosi nel cervello umano. È quanto sostiene sulle pagine di “Neural Computation” un gruppo di ricercatori del Salk Institute guidati da Saket Navlakha.

Internet è un sistema distribuito privo di qualsiasi autorità centrale: per il suo funzionamento efficiente, occorre un sistema di controllo del flusso d'informazioni, che deve procedere lungo connessioni che non siano né congestionate né sottoutilizzate.

A questo fine, viene utilizzato un algoritmo chiamato “incremento additivo, decremento moltiplicativo” (AIMD), grazie a cui un computer invia un pacchetto di dati e poi attende che il destinatario fornisca un feedback di riconoscimento. Se il pacchetto viene riconosciuto prontamente significa che la rete non è sovraccarica e i dati possono essere trasmessi attraverso di essa più rapidamente.

A ogni pacchetto successivo che va a buon fine, il computer aumenta la sua velocità di un'unità: è il processo d'incremento additivo. Ma se il riconoscimento avviene in ritardo o non avviene, il computer rallenta notevolmente, per esempio della metà, realizzando il decremento moltiplicativo.

In questo modo la congestione viene evitata, poiché, per così dire, gli utenti tolgono il piede dall'acceleratore appena notano un rallentamento. Poiché i computer di tutto il network usano questa strategia, l'intero sistema può continuamente adattarsi al cambiamento di condizioni, massimizzando l'efficienza.

E' possibile che il cervello, con le sue migliaia di miliardi di neuroni distribuiti, gestisca le informazioni in modo simile? È quanto si sono chiesti Navlakha e i suoi collaboratori. Per scoprirlo, hanno elaborato un modello dell'attività neuronale corredato da diversi tipi di algoritmi di controllo di flusso e verificato poi quale di essi rendesse meglio conto dei dati ottenuti in 20 studi sperimentali. Dal confronto è emerso che l'AIMD è il più efficiente nel mantenere costante il flusso d'informazioni, regolando il tasso di traffico ogni volta che i percorsi risultavano congestionati.

Il dato più interessante è che l'AIMD è risultato anche la migliore spiegazione di ciò che succedeva ai neuroni nel corso della sperimentazione. L'equivalente dell'incremento additivo è il cosiddetto potenziamento a lungo termine (long-term potentiation, LTP). Esso si verifica quando i neuroni si attivano rapidamente uno dopo l'altro, il che rafforza la loro connessione sinaptica e rende più probabile che in futuro il primo neurone attivi il secondo.

L'equivalente neuronale del decremento moltiplicativo è la depressione a lungo termine, che si verifica quando l'attivazione di due neuroni è invertita: il secondo si attiva cioè in anticipo rispetto al primo. Ciò indebolisce la loro connessione, rendendo molto più bassa la probabilità che il primo attivi il secondo in futuro. Complessivamente, il rafforzamento e l'indebolimento delle sinapsi di tutta la rete fanno sì che l'intero sistema si adatti e apprenda.

“Anche se il cervello e Internet funzionano usando meccanismi molto differenti, entrambi seguono regole locali semplici, che producono globalmente una notevole stabilità”, ha commentato Jonathan Suen, coautore dell'articolo. “Inizialmente, ero sorpreso che le reti neurali biologiche sassero gli stessi algoritmi delle loro controparti ingegnerizzate, ma, come abbiamo imparato, le istanze di efficienza, robustezza e semplicità sono comuni sia agli organismi viventi sia alle reti che abbiamo costruito”.

Capire in che modo funziona il sistema in condizioni normali potrebbe consentire una migliore comprensione di ciò che succede quando questi meccanismi sono alterati, per esempio nei disturbi dell'apprendimento.

“Variazioni nell'algoritmo AIMD sono utilizzate fondamentalmente in ogni rete di comunicazione”, ha spiegato Navlakha. “Scoprire che il cervello usa un algoritmo simile non può essere solo una coincidenza”.

http://www.mitpressjournals.org/doi/full/10.1162/NECO_a_00924



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