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Inserito il - 30/11/2016 : 09:59:18
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Introduzione al Buddhismo Theravada (parte2)
Primo Dialogo
di Guido Da Todi
Quello che voglio sottolineare è che i nostri dialoghi non intendono dettagliare al massimo gli aspetti culturali del buddismo…forse, non ne sarei, francamente, neanche capace.
Parleremo dei “tre canestri”; ossia, delle letterature, conservate dai buddisti, e da dove fiorisce tutto quanto il sistema… i vangeli, i sutra… le parole del Buddha; e, poi, continueremo a descrivere la magnifica vita di questo Buddha storico, per concludere l'attuale dialogo. Nel prossimo incontro entreremo in quella che è, veramente, la carne viva, eucaristica della rivelazione di Buddha. Quindi, per completare le esigenze laconiche, sintetiche, di storicità, dei nostri dialoghi, voglio sottolineare ancora qual è la fonte a cui si riferiscono, storicamente parlando, tutti i buddisti e i simpatizzanti di questa Dottrina. Intanto, amici miei e amiche mie, chiariamo subito che tutto l'insegnamento di Buddha, è stato, all'inizio, tramandato oralmente; poi, si cominciò a scriverlo, a fissarlo. I frammenti scritti più antichi li troviamo in monumenti di pietra, innalzati dal grande re hindu Asoka, verso il 250 a.C. Nacquero, in quel periodo, delle controversie, delle eresie dottrinali - come succede spesso - e furono indetti vari concili, con lo scopo di proteggere, per iscritto, la dottrina del grande Illuminato. Oggi, noi abbiamo la raccolta ufficiale dei testi sacri, chiamato "Il Canone" - che è redatto, in lingua "pali".
La lingua pali è un dialetto del sanscrito hindu, parlato nel primo secolo a.C. Quindi, vedete, dal 250 - il periodo del re indiano Asoka, (a cui, forse, dobbiamo la continuità del buddismo, la protezione del buddismo nel mondo) - ecco che arriviamo al primo secolo a.C.,in cui fu creato il canone buddista, redatto in lingua pali. E in cosa consisteva? Poiché, a suo tempo, si scriveva sulla pergamena, e le pergamene - quando diventavano 7 o 10… un certo numero - era buona norma conservarle in canestri, ecco che, allora, questo canone – cioè, l’assieme di tutti i testi sacri, - fu chiamato il Tripitaka, che, letteralmente, significa " i tre canestri"… proprio perché, simbolicamente, i tre canestri contenevano il triplice canone delle scritture buddiste.
Infatti, le scritture buddiste oggi si compongono di tre raccolte. La prima raccolta si chiama: il Vinaya Pitaka, ed è un canestro, una collezione scritta delle discipline delle tante comunità monastiche del Sangha, dei monaci buddisti; e contiene, tale primo canestro simbolico, le 227 regole, o Sutta, che riguardano i rapporti economici, la vita, il modo di vestirsi, i cibi, l'abitazione dei monaci…del Sangha, come si suol dire. Poi, abbiamo un secondo canestro - perché, ripeto, è triplice il canone delle scritture buddiste - che si chiama il Sutta Pitaka; si tratta del canestro più importante, perchè comprende le regole e la dottrina esposta da Buddha, redatte in forma di discorsi, di dialoghi, di poesi... Il Buddha parla anche in prima persona. Tra poco leggeremo - per rifarci, un po’, ufficialmente, alla stesura della sua vita qualcuno di questi brani.
A sua volta questo secondo canestro è diviso in cinque Nikaye; in cinque raccolte. Ho quasi finito, scusatemi… ma è importante che si delinei, robustamente, la struttura e il binario in cui noi ci troviamo: culturale, storico e sostanziale. Infine, c'è il canestro meno antico…quello, forse, un po’ più fantasioso, che si chiama Abhidhamma Pitaka e il Paritta, che è il canestro meno antico: un'esposizione della dottrina metafisica, secondo un metodo scolastico. Questo ultimo canestro - questa raccolta di pergamene, di scritti - è redatto in forma di catechismo, con domande, risposte, classificazioni logico-numeriche, ed è diviso in 7 trattati. Troviamo, anche – sempre,qui, nel terzo canestro - una serie di spiegazioniesoteriche, di poteri magici, divinatori, astrologici.
Ecco, francamente, la ragione per cui ho detto che questo canestro, il terzo canone di scritture buddiste, non è diffuso a livello popolare (il Buddha non parlava mai di poteri magici) ed è da considerarsi un po’più fantasioso. Ecco, con questa chiusura, io credo che il rispetto per gli ascoltatori dei nostri dialoghi sia stato seguito. Abbiamo proposto una sintesi generica, ed abbiamo collocato la figura del grande Avatar nella sua storicità, nella sua geografia, nei suoi contenuti, e nelle opere tradizionali a cui noi ci riferiremo per concludere questo fondamentale, ed anche difficile primo dialogo. ………. Lasciammo Buddha, che era appena bambino; la sua mamma era morta e lui aveva, adesso,una matrigna.
E’ importante dire che egli crebbe in un ambiente accuratamente e gelosamente creato dal padre; il quale, un pò sbigottito dalle profezie che erano state fatte su di lui, e un pò gelosamente attratto dall’amore per questo figlio, non voleva che egli conoscesse i turbamenti del male, della sporcizia, delle cose pericolose che esistevano fuori del palazzo reale, e desiderava farlo crescere come in una serra. I Sutra ricordano le parole che Buddha rivolgeva ai suoi discepoli, per narrare ad essi come si svolgeva la sua vita di principe giovinetto. Ecco, tramite le sue parole – riportate, appunto, nelle scritture sacre buddiste - ecco che cosa egli dice. "Ero delicato, molto delicato, estremamente delicato. Laghetti, con piante di loto, erano stati creati per me, nella casa di mio padre, per mio esclusivo diletto. In un laghetto fiorivano loti di colore blu, in un altro loti bianchi, in un altro ancora loti rossi. Non usavo legno di sandalo, che non fosse di Benares; il mio turbante, la mia tunica, la mia veste e il mio mantello erano tutti fatti con tessuti di Benares. Un parasole bianco mi proteggeva, giorno e notte, in modo che né il freddo, né il calore, né la polvere,né la sabbia, né la rugiada mi potessero recare disturbo. Avevo tre palazzi: uno per l'inverno, uno per l'estate e un altro per la stagione delle piogge. Nel palazzo della stagione delle piogge ero intrattenuto da menestrelli esclusivamente di sesso femminile.
Per i 4 mesi della stagione delle piogge non andavo mai nel palazzo più basso, e mentre, normalmente, nelle case degli altri, ai servitori e ai dipendenti viene dato da mangiare riso spezzato e zuppa di lenticchie, nella casa di mio padre veniva dato loro riso bianco e carne. " Questo era il lusso in cui il principe Siddharta viveva… e non basta…. Il padre, che lo proteggeva quasi fosse una madre, lo volle vedere sposato. Siddharta passava molto del suo tempo sotto un albero… (il simbolo dell'albero è molto importante nella vita di Siddharta: Egli nasce sotto un albero, medita sotto un albero; muore, poi, sotto un albero…ed ha l'illuminazione sotto un albero)… e il padre cominciò a cercare tra i parenti quelli che potessero essere i genitori della sua futura sposa.
..A tal proposito, c’è unepisodio curioso che vorrei indicarvi. Nascevano delle titubanze in tutti iparenti interpellati, perchè essi pensavano: “…Questo ragazzo bellissimo, splendido, forte, gentile, lo vediamo sempre star lì, a meditare… ma potrà difendere nostra figlia? Potrà, quando dovesse succedere una guerra, e lui eventualmente rimanesse senza mezzi, sostenerla?" E si pensò, allora, di creare una specie di incontro, di torneo, per potere saggiare la forza di Siddharta. Ebbene, egli - narra la tradizione – sbaragliò, nella tenzone, tutti quanti coloro che lo volevano battere; inoltre ci furono anche degli esami, in cui dei saggi gli rivolgevano delle domande… ma, lui rispose a tutti i loro interrogativi Solo che questi ultimi non seppero far fronte – essi! - ai suoi quesiti…. Fino a quanto, ecco che Siddharta sceglie a moglie sua cugina Yashodara Ed ebbero un figlio: Rhaula. La vita continuava a passare,.. forse noiosa, per Siddharta
Ed ecco ripetersi lo strano mistero…..ci avete fatto caso, miei cari amici?..... tutti i santi, tutte le grandi incarnazioni hanno trascorso la prima parte della vita come se una leggera patina avvolgesse la loro anima. Noi abbiamo saputo che Siddharta trascorse centinaia di rinascite con questo scopo: di acquistare, cioè, le qualità di amore, di pacatezza e di equilibrio, tali da poter diventare il salvatore dell'umanità: l'unico salvatore finale dell'umanità. Eppure, fino a quel momento, questa pressione, questa spinta, questo karma di vite passate ribollivano all'interno del suo animo, lo rendevano insoddisfatto; ma, egli non ne riconosceva la tendenza… gli mancava qualche cosa, la spinta, il quid che potesse scatenare il ricordo della sua missione e del suo grande passato. Tale ricordo, tale insoddisfazione lo spinse a chiedere al padre: "Padre, qui, sto vivendo come in una gabbia dorata. Cosa c'è fuori? Fammi uscire nel nostro dominio, nella città che io ancora non conosco…voglio vederla". Il padre, dopo diverse insistenze, alla fine, accettò…
Però, chiamà l'auriga di Buddha, e gli disse:
"… Mi raccomando, camuffiamo le strade, e tu passa attraverso quelle che io ho abbellito, dove tutti stiano bene, dove lui non abbia delle visioni negative, e fallo transitare solo da lì…che non passi altrove!..."
Buddha salì su quel carro, con 4 cavalli, guidato dal suo auriga… ed ecco che, finalmente, appaiono, nella sua vita, le tre figure simboliche, che contribuiscono a provocargli il Risveglio: i tre messaggeri,come vengono chiamati. Il primo incontro fu con un uomo, tutto piegato su stesso, rugoso…con gli occhi, le cui palpebre mostravano, all'interno, il rosso…e la cui saliva scendeva attraverso l'angolo della bocca: la vecchiaia!.
<< Chi è questo qui?>> << Mio Principe>> rispose l'auriga <<è la vecchiaia… un uomo vecchio!>> <<Un uomo vecchio?... >> - “Ma, allora - Buddha esclamò- tutti diventeremo vecchi?...” <<Tutti diventeremo vecchi>> - replicò l’auriga Buddha rimase perplesso; ma, proseguirono, fino a quando, sdraiato sul marciapiede, vide un altro uomo, sfigurato e dolente, con delle pustole, e delle piaghe…. <<Ma,cos'è questo?>> <<E' la malattia, Padre!>>(… il secondo messaggero…) <<Ma,cosa succede?... anche noi possiamo divenire malati?!>> <<Purtroppo si, Siddharta! Purtroppo si, Principe!>>
Meditabondo, Buddha riprese il cammino….qualcosa si stava muovendo in lui……e proseguì, sino a quando vide delle persone, che piangevano, singhiozzavano… delle bambine e dei bambini, ed una moglie, che stavano al capezzale di un corpo immoto, un corpo gelido. <<E questo chi è?>> <<E' un morto Principe!>> <<Tutti quanti noi dobbiamo morire?... o e solo lui che muore?...>> <<No! tutti devono morire, oh Principe!>> Riporta il Canone buddista che il Buddha abbia pensato, allora, di fronte ai tre messaggeri: …."Mentre avevo così tanto potere e buona sorte, allora mi venne il pensiero. Quando una persona ordinaria, non istruita, che è soggetta all'invecchiamento, che non è al sicuro dall'invecchiamento vede una persona anziana, rimane sconvolta, umiliata e disgustata perchè ha dimenticato che egli stesso non è un'eccezione. Ma, anch'io sono soggetto all'invecchiamento, non sono al sicuro dall'invecchiamento. E quindi non può essermi d'aiuto l'essere sconvolto, umiliato e disgustato dal vedere una persona anziana!" Non appena rifletté su questo, in Buddha la vanità della giovinezza svanì completamente.
Allora gli venne il pensiero "…Quando una persona ordinaria, non istruita, che è soggetta alla malattia, che non è al sicuro dalla malattia, vede una persona malata, rimane sconvolta, umiliata e disgustata, perchè ha dimenticato che egli stesso non è un'eccezione. Ma, anch'io sono soggetto alla malattia, non sono al sicuro dalla malattia. E, quindi, non può essermi d'aiuto l'essere sconvolto, umiliato e disgustato dal vedere una persona malata." Appenarifletté su ciò, la vanità della salute svanì completamente! Allora realizzò: "….Quando una persona ordinaria, non istruita, che è soggetta alla morte, che non è al sicuro dalla morte, vede una persona morta, rimane sconvolta, umiliata e disgustata, perchè ha dimenticato che egli stesso non è un'eccezione. Ma, anch'io sono soggetto alla morte, non sono al sicuro dalla morte. E, quindi, non può essermi d'aiuto l'essere sconvolto, umiliato e disgustato dal vedere una persona morta."
A questo punto, la vanità della vita svanì completamente! Ed ecco i pensieri, il concetti, infine, che spingono il Buddha a liberarsi di tutta quella struttura radiosa, ricca, di quella prigione di lussi – che era la reggia in cui nacque e viveva - per andare a cercare la Chiave che liberasse l'uomo dal dolore. Riportano i canoni buddisti, le sacre scritture buddiste, le seguenti parole di Buddha, quelle definitive.
"Allora, oh bhikkhu - (bhikkhu significa monaco) - "…prima del mio risveglio, quando ero ancora un Bodhisattva, non mi sono liberato da maya, essendo io stesso soggetto alla nascita, all'invecchiamento, alla malattia, alla morte, alla sofferenza e alla corruzione. Cercavo quello che fosse ugualmente soggetto alla nascita, all'invecchiamento, alla malattia, alla morte, alla sofferenza e alla corruzione. Allora, mi venne il pensiero. Perché, essendo soggetto io stesso alla nascita, all'invecchiamento, alla malattia, alla morte, alla sofferenza e alla corruzione, cerco ciò che è ugualmente soggetto alla nascita, all'invecchiamento. Perchè cerco questo?...la malattia, la morte, la sofferenza e la corruzione?Perchè io lo cerco? E se invece, essendo io stesso soggetto a queste cose, avendo visto il pericolo in esse, cercassi il "non nato"? Il non soggetto all'invecchiamento, il non soggetto alla malattia, il senza morte, la suprema e non corrotta liberazione dalla schiavitù: il Nirvana?"
Il Bodhisattva si era risvegliato!
Siddharta tornò nel suo palazzo aureo, guardò gli splendidi giardini, guardò le alcove, guardò i divani, l'oro, guardò queste stanze belle, ma proseguì e andò fino alla moglie, che dormiva accanto al figlio. Non li svegliò….voleva, sì, prendere in braccio il figlio e baciarlo, salutarlo; ma si disse: "Se io prendo in braccio mio figlio, si sveglierà mia moglie! No! io me ne vado! Io devo andare a cercare quello che mi libererà dal mio stato di sofferenza umana, dai significati delle tre figure simboliche: la sofferenza dell'uomo, la sofferenza della donna."
E mentre stava montando sul suo destriero, Kantaka, per lasciare il palazzo, Mara, la forza negativa del cosmo lo fermò: "Non partire o mio Signore! Fra sette giorni apparirà la “Ruota dell'impero” e farò di te il sovrano dei quattro continenti e delle duemila isole adiacenti. Resta, o mio signore!" Nulla!....Seguito da Channa, il fedele auriga, Buddha uscì dal palazzo! Uscì dalla città e andò alla ricerca della verità, della verità che libera! Siddharta aveva 30 anni. Passeranno cinque anni, fino a quando non fermerà lo sguardo interiore sulla lancinante visione che, poi, donerà,come Chiave dell’ultima libertà, al ceppo umano…. A questo punto della narrazione, credo che si possa, amici miei, fare un attimo attenzione al seguente episodio, poiché ha una fondamentale importanza per coloro che hanno orecchie giuste per sentire (e mi auguro che tutti voi le abbiate).
In quel tempo esistevano due grandissimi yogi colti, che riassumevano in sé tutte le conoscenze e i poteri mentalidello yoga, quali erano stati prodotti dalla grande india. Ricordiamocelo…. è vero che noi stiamo parlando di 2600 anni fa, ma è anche vero che l'India non ha età e sono sempre esistiti, lì,dei grandi yogi. Uno di essi si chiamava Alara Salama; l'altro, Udama Ramaputta. Egli si recò dal primo e,rispettosamente, chiese: " Io sono in sofferenza, dammi… dammi la verità!" Alara Salama, questo grande yogi, percepì di trovarsi di fronte, evidentemente, a qualcheduno di grande e gli insegnò come raggiungere la sfera della “non esistenza”. Noi sappiamo che esistono il "sé" e il "non sé" (ne parleremo più avanti, nei prossimi dialoghi)… ma, fermiamoci un attimo qui, senza approfondire la conoscenza del grande guru. Che gli fece scuola,… il giovane Siddharta, come al solito, assorbì rapidamente ogni insegnamento, sino a che esclamò: "….No, no io ho capito tutto, ho assorbito… ho eseguito le tue meditazioni…ma, non è questo che vado cercando. …Ciò, non contiene la libertà!” Al che, Alara Salama, replicò: "Vieni!Allora, insegna tu!" "No, no! Ho altro da fare, ora! Non posso insegnare…" Egli era divenuto il maestro di Alara Salama. Riprese il cammino ed incontrò il secondo grande yogi. Questi due yoghi – lo ripetiamo - riassumevano tutta la conoscenza interiore del pianeta… e la yoga – lo sappiamo - contiene i significati nascosti delle cose. Uddaka Ramaputta era colui che riusciva a far raggiungere ai suoi discepoli i livelli meditativi più elevati della sferaintermedia, tra la “percezione” e la “non percezione”. L'equilibrio assoluto della forma. Anche qui egli disse :
"No! Non è questo!" Buddha assorbì l’insegnamento di Uddaka Ramaputta, che gli chiese, fervidamente, anch’egli: "Diventa il Maestro!..
” "No!..No!..Non è questo quanto io vado cercando." Volevo chiarire, a questo punto, quanto io, all'inizio del dialogo, ho già detto…cioè, che, oggi, tutto il sentiero da cui proveniamo, quello dell'esoterismo, della meditazione chiamata Samatha porta ad una costruzione.. ad un edificio, anche se sottile, supportato da tutte le pratiche che noi conosciamo ….ecco, qui, a noi sono apparsi, simbolicamente, questi due grandi yoghi, che sintetizzano l’intera conoscenza dell'esoterismo della Forma …una conoscenza che si è presentata anche a coloro, che hanno percorso il nostro sentiero… sino ad arrivare al Buddha. Voglio affermare, con estrema franchezza, che il sentiero della verità e della liberazione è stato sinora proposto all'umanità, solo sino ad un certo punto, e non integralmente….
La massima perfezione della Forma radiosa - che è il sentiero dell'esoterismo - giunge sino al Buddha – che ne vede l’incompletezza…ed è rappresentata da questi due grandi esseri… …E’, perciò, al sentiero da cui tutti quanti noi proveniamo che Buddha dice: "No!" Un sentiero completo, importante; ma, a cui mancauno scalino. Ed ecco che Buddha va alla ricerca di quel tassello… che, francamente, credo manchi a coloro che non hanno raggiunto, che non hanno conosciuto ancora il Suo Insegnamento…. Egli, quindi, inizia (abbiamo visto che Buddha aveva 30 anni) una ricerca solitaria ma che ricapitola un pò tutto quello che, nelle rinascite precedenti, aveva accumulato in sé. Si unisce ad un gruppo di cinque asceti e comincia “la Strada della Penitenza”….
…..Vediamo, oggi, delle statue, delle iconografie abbastanza frequenti, in molti templi, in cui il Buddha è rappresentato con i capelli rialzati in alto, che formano una conocchia sulla testa…perchè gli asceti avevano l'abitudine di legarli in quella maniera…ed Egli sta nella posizione del loto ed ha le costole che fuoriescono; ed è magro , emaciato… Ecco, egli è il Buddha sofferente… perchè inizia a praticare tutti quei tipi di rinunce …che poi sono descritte dettagliatamente nei canoni. Non le voglio leggere perché…. fa anche una certa impressione… ciò che escogitò Buddha per distruggere, diciamo così, ogni compiacimento verso la carne. …Ed anche gli asceti insieme a lui.. i cinque asceti seguirono, per molto tempo, tutto questo doloroso tentativo di raggiungere la verità, l'illuminazione, tramite l'umiliazione della carne.
Ciò lo osserviamo anche in molti asceti della chiesa cattolica, e così via. Passa molto tempo, passano circa cinque anni, e Buddha arriva ai suoi 35 anni. Fino a che egli, per qualche intuizione che gli disse dentro quanto non fosse giusta quella via, finalmente si nutre… decide di nutrirsi con un po’ di riso che gli offre una donna. E dice: "Ma, non c'è niente di male….Se non mi nutro non ho forza per raggiungere la verità! Per meditare non è giusto neanche questo sistema, di ascetismo inutile, vuoto e forse sadico!...
Ed allora decide ed esclama: "Ora, basta!.. Basta!.. Io ho 35 anni!.. Questa stessa notte mi porrò decisamente di fronte alla ricerca più assoluta!"
Egli si trovava di fronte all'albero di Bodhi, il famoso fico (…ma, non parliamo del fico occidentale… i fichi indiani sono, invece, degli alberi giganteschi) "Ecco, io mi siederò, qua, ai piedi dell'albero" (notate il consueto simbolismo dell’albero?…)"...e non mi muoverò da qui fino a che non avrò risolto il problema cosmico, il problema del dolore nella vita".
Vi ricordo che questo albero esiste ancora…non è lo stesso, ma certamente si è rinnovato, e, comunque, le gemme, i figli dell'albero si sono perpetuati sino ai giorni nostri…. di questo albero che, ancora oggi, è venerato…. E Buddha rimane lì, a pensare, a meditare, avendo abbandonato tutte le ricerche, avendo visto quello che era falso e quello che era ingiusto. Leggeremo, adesso, ciò che egli dice e ciò che egli raggiunge in questa meditazione finale della sua vita. Nella posizione del loto, ai piedi del gigantesco albero, egli pervenne, finalmente, ai quattro gradi di concentrazione e di assorbimento meditativo, che sono conosciuti come il massimo dello Yoga
Leggo, ora, le parole del Canone buddista, che è tradizione siano state pronunciate da Buddha , in quel momento. "Con la mente, in tal modo, calmata, purificata, pulita, incontaminata, non corrotta, malleabile, coltivabile, stabile, impassibile io diressi la mente a conoscere e ricordare le mie esistenze precedenti. Richiamai, così, alla mente una grande quantità di forme di vite precedenti. Prima una nascita, poi due nascite, poi tre nascite, poi quattro nascite, poi cinque nascite, poi dieci nascite, poi venti nascite, poi trenta nascite, poi quaranta nascite, poi cinquanta nascite, poi cento nascite, poi mille nascite, poi centomila nascite. (nota di Guido:”Come siamo antichi!...”). Poi, l'epoca della disgregazione dei mondi. Poi, l'epoca dell'integrazione dei mondi, (nota di Guido: “…qui, Egli parla di nascite personali;ma,anche, di cicli planetari…”). Poi, l'epoca della disgregazione,dell'integrazione dei mondi. Così era il mio nome, così era la mia famiglia, così erano le mie sembianze, così era il mio nutrimento, così era la mia esperienza di piacere e sofferenza, così il tempo della mia vita...“ Con dettaglio, vide le esistenze passate, tutte…mentre Siddharta giaceva, ripeto, davanti a questo albero, in meditazione, deciso a conquistare l'ultimo segreto della vita “…poi, passando oltre, entrai in un'altra esistenza, in cui così era il mio nome, così era la mia famiglia, così le mie sembianze, così il mio nutrimento, così la mia esperienza di piacere e sofferenza, così il tempo della mia vita. Poi, passando oltre, ancora, entrai di nuovo in questa esistenza; così, con pienezza di dettagli e connotati, richiamai alla mente varie forme di esistenze precedenti. Questa fu la prima conoscenza che raggiunsi nelle prime ore della notte. L'ignoranza fu dissipata e sorse la conoscenza. L'oscurità fu dissipata e sorse la luce e, in questo modo, dimoravo vigile, energico e risoluto. E la sensazione di piacere, che era sorta in tal modo, persistette, senza prendere il controllo della mia mente. Con la mente in tal modo calmata, purificata, pulita, incontaminata, non corrotta, malleabile, coltivabile, stabile, impassibile, io la diressi alla consapevolezza dello scomparire e del riapparire degli esseri.
Con visione chiaroveggente purificata e sovrannaturale, diressi la mia mente alla conoscenza della scomparsa e riapparizione degli esseri. Compresi, che gli esseri sono inferiori o superiori, belli o brutti, ben ricompensati o mal ricompensati, a seconda delle loro azioni, karma; e, in verità, quegli esseri che non sono retti nell'azione, che non sono retti nella parola, che non sono retti nella mente, che offendono le persone nobili, che hanno una visione non retta, che compiono azioni seguendo una visione non retta, con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, entrano in uno stato di privazione, verso una destinazione sfavorevole, in un luogo di sofferenza, in mondi infernali.
Quegli esseri invece che sono retti nell'azione, retti nella parola, che non offendono le persone nobili, che hanno una retta visione, che compiono azioni secondo una retta visione, con la dissoluzione del corpo, dopo la morte, raggiungono una destinazione favorevole, in mondi celestiali. Con visione chiaroveggente, purificata, sovrannaturale, io vidi gli esseri scomparire e riapparire; compresi che gli esseri sono inferiori o superiori, belli o brutti, ben ricompensati o mal ricompensati,a seconda delle loro azioni, okarma. Questa fu la seconda conoscenza che raggiunsi nelle ore successive della notte. L'ignoranza fu dissipata e sorse la conoscenza. L'oscurità fu dissipata e sorse la luce. E, in questo modo, dimoravo vigile, energico e risoluto, e la sensazione di piacere che era sorta in tal modo persistette, senza prendere il controllo della mia mente. Con la mente in tal modo calmata, purificata, pulita, incontaminata, non corrotta, malleabile, coltivabile, stabile, impassibile, io la diressi verso la conoscenza dell'estinzione degli inquinanti asava (…apro una parentesi… parleremo, poi, di cosa siano e dell'importanza di questi “inquinanti”, che si annidano nella nostra mente…. Ne parleremo ed apprenderemo ad eliminarli eda trasformarli….) "E così ebbi una conoscenza diretta, conforme a ciò che realmente è, che: ‘Questa è la sofferenza; questa è l’origine della sofferenza; questa è la cessazione della sofferenza; questo è il sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza. (…qui, Buddha dà una prima indicazione delle Quattro Nobili Verità. Ne parleremo nel prossimo dialogo…. ) "E così ebbi una conoscenza diretta, conforme a ciò che realmente è, che: "Questi sono gli inquinanti" (ripeto, ne parleremo)"; questa è l’origine degli inquinanti; questa è la cessazione degli inquinanti; questo è il cammino per la cessazione degli inquinanti’.
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(E sapeste, miei cari amici e care amiche, come vi tengono stretti nei loro denti questi “inquinanti”, che sono, praticamente, un sottilissimo cancro, origine delle sofferenze dell'uomo!)
"Così conoscendo e così vedendo, allora la mia mente fu liberata dall’inquinante del piacere sensuale, dall’inquinante del divenire e dall’inquinante dell’ignoranza. In questa condizione di libertà, sorse la conoscenza: ‘Esiste la libertà"; ed ebbi la diretta conoscenza che: ‘La nascita si è esaurita, la vita religiosa è stata realizzata, ciò che doveva essere fatto è stato fatto, non c’è più l’essere (il divenire, il reincarnarsi, il prendere una nuova esistenza ). Questa fu la Terza Conoscenza, che raggiunsi, nelle ultime ore della notte. L’ignoranza fu dissipata e sorse la conoscenza; l’oscurità fu dissipata e sorse la luce, e in questo modo dimoravo, vigile, energico e risoluto. E la sensazione di piacere che era sorta in tal modo, persistette, senza prendere il controllo della mente".
"E così, o bhikkhu"….(attenzione, amici miei, ascoltate cosa dice adesso!..) "...ho visto un antico sentiero, un antico cammino, già percorso dai perfettamente Risvegliati del passato. E quale è, o bhikkhu, questo antico sentiero, quest’antico cammino, già percorso dai perfettamente Risvegliati del passato? E’ semplicemente il Nobile Ottuplice Sentiero, che consiste in retta visione, retto pensiero, retta parola, retta azione, retta sussistenza, retto sforzo, retta consapevolezza, retta concentrazione. Questo è l’antico sentiero, l’antico cammino, già percorso dai perfettamente Risvegliati del passato; e, seguendo questo sentiero, sono giunto a conoscere l’invecchiamento e la morte, sono giunto a conoscere l’origine dell’invecchiamento e della morte, sono giunto a conoscere la cessazione dell’invecchiamento e della morte, sono giunto a conoscere la strada che conduce alla cessazione dell’invecchiamento e della morte. Seguendo questo cammino sono giunto a conoscere la nascita, il divenire, l’attaccamento, il desiderio, le sensazioni, il contatto, le sei facoltà sensoriali, la mente e corpo, la coscienza. Sono giunto a conoscere le attività intenzionali, e anche il percorso che conduce alla cessazione delle attività intenzionali. Avendo ciò compreso (attraverso l’esperienza personale), ho insegnato ai monaci, alle monache, ai praticanti laici, così che questa vita spirituale diventi piena, prospera e diffusa, conosciuta a molti, e annunciata da creature celesti ed umane" E continua Buddha, (ripeto, forse, sfugge a qualcuno – e non lo si dimentichi - che stiamo leggendo esattamente il canone buddista; cioè, le parole ricordate dai suoi primi discepoli e racchiuse nelle scritture buddiste):
"E così, o bhikkhu," continua Siddharta, "essendo io stesso soggetto alla nascita, all’invecchiamento, alla malattia, alla morte, alla sofferenza e alla corruzione, avendo visto il pericolo in ciò che è soggetto a questi fenomeni, cercando il non nato…. (… ecco, ascoltate questo termine: il - non nato…il non sé - è veramente la chiave di volta di tutto l'insegnamento di Buddha… Noi, nei dialoghi, cercheremo di dare un significato ai termini, cercheremo nel nostro microcosmo di seguire la strada che ha illuminato Buddha e che egli ci ha profuso a piene mani…) "...cercando il non nato, il non soggetto all’invecchiamento, il non soggetto alla malattia, il senza morte, il senza sofferenza, la suprema liberazione dalla schiavitù, il Nibbana; ho realizzato il non nato, il non soggetto all’invecchiamento, il non soggetto alla malattia, il senza morte, il senza sofferenza, la suprema liberazione dalla schiavitù, il Nibbana. La conoscenza e la visione sorsero in me" (E io auguro che, alla fine dei dialoghi, abbiate afferrato e teniate in mano il capo della corda che porti anche voi a questa suprema finale realizzazione!....) "La conoscenza e la visione", dice Buddha, "sorsero in me, la mia liberazione è definitiva, questa è la mia ultima nascita, non sarò soggetto ad alcuna rinascita"
Pochi conoscono questo ultimo dettaglio storico, che sto per esporvi.
Buddha ha 35 anni ormai, 36 quasi; ha raggiunto l'illuminazione; è stato un lavoro laborioso, il suo…e noi ne abbiamo, in questo primo dialogo, varato l'impostazione storica, la figura, i risultati; abbiamo, tuttavia, parlato del titolo e non del libro che è contenuto nel titolo … di quello che ha raggiunto Buddha…dovevamo farlo… …E' molto bello questo prossimodettaglio…. …La gente ripete che il Buddista non crede in Dio; in effetti, c'è una via di mezzo, ne parleremo avanti… però, vi ricordo che quando Buddha ha realizzato l’ultima verità, che era tanto sottile, anche se inebriante, fuori dalle abitudini dell'uomo…l’unica verità…Egli rimane perplesso. …E dice: "Ma, chi ci crederà a queste cose?"
…Perdonate, amici miei, io stesso ho fatto e faccio uno sforzo su di me, perchè so molto bene, che, durante i dialoghi, verranno dette alcune cose quasi incredibili, di primo acchito. Francamente, mi rifugio nel Buddha, nel dire queste cose…ma, non le affermo io… esse sembreranno abbastanza ostiche a comprendersi, e ben conosco alcuni punti difficoltosi dei prossimi dialoghi…però, essendo il nostro argomento l'unica chiave di volta della libertà universale, io debbo andare avanti, malgrado tutto.. Ed allora, sentite cosa dice Buddha, in proposito a quanto sto affermando, appena raggiunto l'illuminazione: "E così mi venne il pensiero, o bhikkhu…Questo Dhamma (Verità, Legge Universale) che ho trovato è profondo, difficile da vedere, difficile da capire, pacifico, prezioso, oltre la logica, sottile, comprensibile solo al saggio. Ma, le persone cercano il desiderio, amano il desiderio, sono deliziate dal desiderio… dunque, per le persone che cercano il desiderio, amano il desiderio, sono deliziate dal desiderio, questi principi, come il rapporto di causa e effetto, la causalità condizionata.. (…molto bello! Io mi sento entusiasta nel sentire questi concetti, "causalità condizionata" - perchè li ho vissuti a fondo, li vivo a fondo. Vorrei che voi stessi percepiste quello che mi hanno dato e lo provaste…!)….ebbene, tutto ciò sono cose difficili da comprendere. " - dice Buddha dopo avere raggiunto la visione ultima. "E in verità sono anche difficili da comprendere aspetti come il quietarsi di tutte le formazioni, il lasciar andare ogni attaccamento, l’esaurirsi del desiderio, l’equanimità, la cessazione, il Nibbana" (o Nirvana). E se io mi ponessi ad insegnare il Dharma e che gli altri non mi comprendessero, ciò sarebbe per me un’inutile fatica e un’afflizione. E così, mentre stavo riflettendo, la mia mente - dice Buddha - propendeva verso l’idea di lasciar perdere, di non insegnare il Dhamma."
Ecco, questo dettaglio lo voglio dire perchè va detto! Buddha quando ha assistito all’esplosione della verità ed ha scoperto il sentiero unico (attenzione ‘unico’, inteso come “più diretto”), complesso ed articolato, il sentiero che offre la libertà, rimane perplesso e decide : "No, no… io rimango a meditare e non lo descrivo all'uomo, perchè non mi crederanno…Pochi mi crederanno." A questo punto, Egli si mette a meditare. Si dice che lui fece una meditazione camminata attorno all'albero di bodhi, sprofondò in se stesso, per molte ore e decise di non dare il Sentiero della Luce all’uomo. Ma, ecco che Brahma Prajapati (cioè, “l’aspetto di Dio, che ha rivelato la conoscenza dello yoga al mondo,”) gli si avvicina e lo prega. Gli dice: “Dona all’uomo, la Verità!...La venuto di un Buddha è un' occasione unica per l'umanità,! Fa, quindi, che questa umanità conosca il Dhamma. Dalla all'uomo, questa verità…perché, vedi, esistono delle persone che hanno soltanto appena appena le palpebre coperte di sabbia. Non essere duro!... E’ vero, è difficile, è difficile, è un sentiero sottile come il filo di un rasoio…però, molte persone, molte anime, molti uomini e molte donne hanno soltanto le palpebre ricoperte di sabbia…. Basterà poco a che queste palpebre possano venirepulite, ed essi proveranno la gioia e la libertà dalle rinascite. Insegna, insegna la strada del Dhamma! Indica il Cammino; insegna quello che tu hai trovato…perché il Buddha viene una sola volta, in ogni ciclo di dolore. Fu qui che Buddha decise e disse: "Si! Io darò il Dhamma all'uomo!" E venne incontro all'uomo. Quello che è importante rivelare, noi adesso lo deleghiamo al prossimo dialogo. Vorrei soltanto aggiungere che lui non sapeva a chi dare questo prezioso, questo grande e completo pacchetto di libertà! La tessera mancante al mosaico delle nostre conoscenze ontologiche (…mi rivolgo a voi, che avete studiato, come me,le cose metafisiche della vita). E allorapensò:
"Vado da quei due grandi insegnanti, che mi hanno insegnato il primo Yoga” Ma, essi erano morti; non c'erano più. Allora decise " Andrò ad insegnare ai miei cinque amici yoghi… (che,tra le altre cose, quando egli si era allontanato, uscendo dai dolorosi e comuni digiuni ed aveva mangiato, lo guardarono con un certo senso di disprezzo, chiamandolo fallito…. perchè pensavano che avesse tradito, diciamo così, il loro sistema di ricerca della verità.) ….andrò da loro!"
Tra questi cinque yoghi ce n’era uno che si chiamava Kondanna, e, quando Buddha, al così detto "Parco delle Gazzelle", dette la prima spinta alla ruota del Dhamma erano presenti dei Deva, degli Angeli bellissimi, che assistevano, e gli stessi Angeli non capirono quello che ascoltarono dall’Illuminato…. erano contenti, erano felici; ma, non compresero. Solo uno, solo uno intese, tra i suoi cinque amici, i quali, pur avendolo chiamato traditore, appena lo videro venire, rimasero ammutoliti….. perchè egli emanava una radiazione… (…quando si stava recando da essi, Buddha incontrò un vecchio santo, il quale gli chiese: “Ma, tu chi sei?"- vedendolo così radioso. Perchè aveva realizzato la verità, la libertà! "Ma tu chi sei? Un Angelo? Un Deva? Un Dio?" lui rispose "No! non sono nessuno di questi!Sono un risvegliato".
E allorchè Egli iniziò a raccontare, ad esporre la teoria, le sue nuove conoscenze… non solo le nobili verità e l'ottuplice sentiero, ma come raggiungere il nirvana (ciò che noi cercheremo di fare nei prossimi dialoghi) un solo uomo comprese. Ed era Kondanna, che disse:
“Ho capito! TUTTO CIO’ CHE NASCE, MUORE!”
Ecco, questa può sembrare una frase nichilista! Ebbene, io vi assicuro che è una frase di totale gioia, di totale libertà! Deleghiamo quindi, miei cari amici e fratelli, ai prossimi dialoghi, la prosecuzione del nostro cammino nel terreno di Buddha e, nell’attesa, come al solito, io mi rifugio nei tre gioielli: -
Nel Buddha, nel Dharma, e nel Sangha!
(Guido Da Todi)
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