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 Perche' parlare di Dio
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Inserito il - 14/07/2016 : 10:39:52  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Perche' parlare di Dio

Le Chiavi Mistiche dello Yoga

di Guido Da Todi


Capitolo 59:

Indubbiamente, esistono dei concetti che rappresentano una sorta di modello
archetipo universale.

Sono molto rari, e possiedono una forza dirompente nei loro contenuti più
essenziali, capaci di proiettare l’individuo che li ospita nel suo mondo
soggettivo, al di là della propria sfera d’essere abituale.

Si tratta di frasi simboliche, di un uso del linguaggio che riesce a
trascendere sé stesso, grazie a quanto ne causò l’espressione formale.

In India, il potere del suono e dei suoi contenuti sintetici, è gestito in
quell’antica arte, detta dei mantras.


Tutto ciò che contiene, tuttavia, una leva che trasformi letteralmente la
persona, e la proietti in una lunghezza d’onda evolutiva di gran lunga più
intensa di ogni suo passato, appartiene ai modelli archetipi di cui
parliamo.

La grandezza si lega, allora, alla semplicità.

Ad esempio, uno di questi concetti è contenuto nelle seguente affermazione:
“Perchè parlare sempre <di> Dio? Iniziamo, invece, a parlare <con> Dio”
Vi rendete conto di cosa vogliano dire queste parole?

Intanto, rappresentano un diretto collaudo delle nostre motivazioni guida
esistenziali.

A che ci riferiamo, nella nostra tensione evolutiva quotidiana? Possiamo
chiamare l’apice della nostra ricerca:<Dio>? Oppure, cosa?

Preferiamo adoperare un metro di analisi che adoperi delle esegesi di
natura diversa?

Seguiamo una ricerca di identificazione con l’universale, il cui esito sia
del tutto privo di una definizione formale qualunque – visto che intendiamo
trascendere ogni tipo di restrizione che ci allontani dall’idea di assoluto?

Crediamo che, alla fine del viaggio, si incontrerà un nulla-pieno
intraducibile? Oppure, che la divinità, diluita in ogni cosa, e di cui ogni
cosa è un aspetto, avrà, invece, una piena capacità di riscontro con la
nostra essenza?

Ecco, qui, il lettore è del tutto libero di seguire il proprio talento
individuale.

E, da questo punto, chi scrive esprime, allora, la sperimentazione diretta
che gli è pertinente. Ma, eccoci, quindi, cadere in un altro di quei
concetti archetipi, di cui si parla.
La percezione di Dio, intesa come una indicibile brezza reale, che provoca
un brivido di costante rigenerazione soffusa in tutti i suoi aspetti
manifesti, inizia a martellare la coscienza di colui che ha superato
qualunque resistenza a proibirsene il contatto, e a dialogare con ogni
sorta di filtro che egli vede frapporsi fra sè e l’Anima delle cose

Viene garantito da qualunque alto insegnamento metafisico che giunge un
punto, lungo il sentiero evolutivo, durante il quale si frattura, si sfalda
l’ultima pellicola che l’ego pone tra sè ed il resto delle cose.

Ricordate la magnifica descrizione indù, ove si paragona l’essere umano ad
un pesce, che naviga nell’oceano? E si dice che, proprio come quello non si
accorge di stare pienamente immerso nell’acqua - da cui la sua intera vita
dipende - così l’individuo non si rende conto che Dio lo avvolge in ogni
più intima e celata fibra, dall’origine dei tempi?

Ebbene, quando la <pellicola> di cui parliamo si mostra lacerata in più
punti, ecco scivolare all’interno di essa - in un amalgama nel quale, come
l’assoluto non mostra alcun limite, così anche l’essenza individuale
diviene del tutto inafferrabile nella sua interezza – ecco scivolare in
essa,

dicevamo, un <Liquor Vitae> che si impadronisce dell’unità, trasportandola,
sempre più velocemente, in quella dimensione nota a tutte le anime liberate.

Dio ha avvolto le Sue sacre spire flessuose attorno all’uomo che ha voluto
fissare fermamente lo sguardo stellare del Cobra Cosmico.

Come trasmettere questa esperienza?

Intanto, l’uomo si trova scomposto in parti soggettive sconnesse, senza più
alcun valore coerente ed unitario; e questi frammenti affondano – con
immensa delizia – nel corpo mistico dell’Uno.

La sensazione è talmente reale, acuta e costante da provocare il cosiddetto
<samadhi lucido>
quotidiano.

Quando incontrerete una simile persona, vi accorgerete che nei suoi occhi
arde l’amore immenso per tutti; ma, noterete, pure che, in qualche maniera,
una qualità comune la lega al mondo: un’illimitata, intensa, gioia silente.
Una gioia che non è, di sicuro, paragonabile a qualunque altra beatitudine
<nutrizionale> che impera nei tre piani di esistenza.

Una delle sue caratteristiche è un intimo desiderio di non <costruire
forme, di qualunque tipo>; nè, tantomeno, di opporle una all’altra.

Forme concettuali, forme che vadano a nutrire processi mentali, forme che,
addirittura, vogliano definire e contenere l’Anima Universale - che gli
sussurra costantemente, attimo dopo attimo, il suo ipnotico verbo
rigenerante.

Quando l’uomo e la donna ancora seguono il sentiero dell’articolazione e
del vibrante suono ossuto, espresso dal serpente a sonagli del pensiero
analogico e concreto, essi si imprigionano nelle sbarre ritorte del
definito e del compiuto.

Quest’uomo e questa donna continueranno a confrontarsi con il resto del
mondo e con i propri simili, porgendo loro le proprie braccia avvolte dalle
catene della dialettica pura e tagliente; catene, sovente, luccicanti e
dorate. Ma, catene.

L’unico ponte su cui avverrà il raffronto tra gli esseri intellettuali –
pur ricchi delle grandi abilità polemiche e di tintinnanti metafisiche
competenti – sarà proprio questa fredda massa di catene.

L’uomo continuerà ad aver paura dell’uomo; a vedere le lotte tribali di un
suo lontano passato, trasformate in sottili ed ostili sofismi di
contrapposizione evolutiva…

E l’uomo di Dio?

L’uomo di Dio continua nel suo incredibile viaggio. Egli ha
stabilito, infine, un dialogo stupefacente; verso cui si è
spasmodicamente teso per vite, richiedendolo con disperazione, nel proprio
intimo.

Ed il miracolo, ora, è avvenuto!

E, strano a dirsi, quando egli iniziò a trascurare ogni suono mentale,
fatto di acuti e di contrappunti, di contrasti e di alleanze con il suo
simile e con le idee, e con ogni tipo di struttura logica e definitiva,
ecco che venne la percezione immensa ed oceanica della Presenza immanente.

Egli si era abbandonato al Ritmo originale delle cose.

Guardate un pò, quest’uomo, mentre, in pieno 2000, guida la sua auto, nel
traffico delle nostre città. Una leggera, distesa espressione di serenità
<assente>gli ammorbidisce il volto.

Nel suo cuore batte una Presenza che sfugge a molti. Egli si trova immerso
nell’oceano dell’Uno vivente. Le sue radici attecchiscono alla Presenza
Universale, con cui sta provando l’intimità cosmica che ogni uomo di Dio ha
visto nascere, per tradizione, ed infinitamente crescere in lui.

Ecco, quest’uomo resisterà ad ogni esame rarefatto dei valenti analisti
dello Spirito. Li renderà perplessi, poiché essi non proveranno, in sua
presenza, la stanchezza di quel solito gioco <del passaggio di catene>, a
cui sono abituati.

L’uomo di Dio ha la forza di trasmettere Dio agli altri. Egli agisce con il
silenzio. E, anche quando parla, è il silenzio che scorre nel suo dialogo –
spesso, sostenuto per il compromesso della vita giornaliera.

“ Lo yoghi la cui mente è assorta in Me conosce senza dubbio la felicità
suprema. Grazie alla sua identità con Brahman, egli è liberato; la sua
mente è serena, le sue passioni placate, ed egli è libero dal peccato
(Bhagavad Gita – verso 27 –capitolo 6)”.

“Il vero yoghi vede Me in tutti gli esseri e tutti gli esseri in Me. In
verità, l’anima realizzata Mi vede ovunque (Bhagavad Gita – vero 29 –
capitolo 6°)”.

“L’essere che Mi vede ovunque e vede tutto in Me non è mai separato da Me,
come Io non sono mai separato da lui (Bhagavad Gita – verso 30 – capitolo
6°)”.

Perchè, allora, continuiamo a parlare <di Dio>, e non <con Dio>.

Se le nostre motivazioni sono oneste e forti, Dio sta pur là, presente, nei
riferimenti che facciamo a Lui, durante i nostri mille argomenti di gruppo.
Non siete d’accordo? Ed, allora, non è semplicemente più logico saltare a
piè pari ogni steccato dialettico, e correre ad immergerci nella Sua
costante ed immediata presenza?

Ricordate il pesce e l’acqua che lo circonda?

Vi troverete anche voi in quell’acuta esperienza d’amore sacro, nella
quale, forse, l’unica nota dissonante sarà il vostro desiderio di vederla
replicata in tutti gli esseri; ma, nel contempo, di non possedere il potere
di descriverla nel minimo modo soddisfacente.

Il sobbollire ardente che la roccia fusa ed incandescente vive, in un
ruggito senza posa, nel fondo del vulcano è la più pallida e fugace
descrizione di quell’Amore senza pari che l’Uno porta ad ogni sua
emanazione.

E, questa, è la verità, al di fuori di ogni metafora e simbolismo. “Perchè
parlare di Dio, e non con Dio?”

- LA PAURA: ULTIMO <GUARDIANO DELLA SOGLIA> -

Dal più grande al più piccolo, dal bimbo all’adulto, dal quasi <realizzato>
allo spiritualista medio, la paura ne ritma, nelle sue multiformi
sinuosità, ogni espressione esistenziale.

Non è giunto il momento di parlarne, tra di noi?

E, però, prima, tratteggiamo un po’ la fisionomia di questo tentacolo
urticante che abbiamo appena evidenziato. Riempiamo la <scheda> informativa
che ne delinea, sufficientemente e genericamente, le caratteristiche.

Per farlo, bisogna partire da molto lontano. Addirittura – visto che tutti
noi rappresentiamo un nutrito campione di persone <che sanno> - dal
riconoscimento della reincarnazione, quale metodo espressivo, assorbitore e
conservatore per eccellenza di ogni esperienza umana.

Sarebbe fuori luogo, oggi, intendere come paura, essenziale e semplice, gli
stati di paralisi generale, di terrore e di annichilimento che accompagnano
delle esperienze, in verità, molto rare, nella quotidianità di ogni
individuo.

No, la paura - genere <horror> - non costituisce l’argomento dell’articolo.

Di questo tipo di sensazioni specifiche la media umanità può averne
sperimentate, sì e no, una decina, in tutta la sua esistenza (e, forse,
esageriamo nella statistica..)

Una media umanità che non faccia, evidentemente, parte di quella frangia
sociale, che vive e si manifesta nel mondo violento della delinquenza
e del crimine; e dove le grandi sensazioni elementari e istintuali
costituiscono la prima e nutrita leva a qualunque sua motivazione d’essere.

Noi parliamo di qualcosa che è molto più concreto e pertinente alla realtà
vissuta, giorno per giorno, da ogni uomo e donna, di medio-alta cultura e
spiritualità.

Esistono due aspetti di quanto è stato chiamato <l’ultimo Guardiano della
Soglia>: lo statico e il dinamico.

Esaminiamoli.

Ognuno di noi nasce con delle spore radicali, che costituiscono il <dna>
delle sue emozioni, del suo pensiero e della sua fisicità. Si tratta di
tendenze, istinti, atteggiamenti ereditati dalle – così ampiamente citate,
ovunque – sue vite passate.

Certi <assensi> ad avanzare in alcune direzioni, piuttosto che in altre;
certi <blocchi> a gestire un determinato tipo di esperienze, piuttosto che
altre rivelano delle dinamiche precise, o dei nodi prestabiliti, che fanno
parte della nostra genetica.

Insomma, ogni individuo si ritrova con le sue belle paure e
con le sue doti creative, già confezionate e impaccate, ad
uso e consumo degli itinerari che seguirà nella presente
reincarnazione.

La moderna psicologia potrà assurgere a vette ora incomprensibili quando
accetterà l’assunto che gran parte dei complessi e delle qualità dell’uomo
e della donna risiedono in un loro lontano passato.

Si tratta proprio di quelle tendenze e di quelle funzioni – spesso torbide
– dell’inconscio, che, in tutta evidenza, divergono dall’educazione
ambientale e di nascita di chi le possiede; e che, proprio per tale
contrasto, indicano le loro radici in un passato remoto, quando il singolo
viveva immerso nei più diretti istinti ed egoismi evolutivi.

Una <base piatta>, quindi, di strutture emozionali e mentali, oltre che
fisiche, posseduta già da tutti noi; e che dovremo riconoscere quale
principale radice <statica> delle nostre paure.

Viene ritenuto che gran parte delle stratificazioni emozionali successive e
della creazione di nuovi timori umani nasca e si sviluppi da questo
<impianto> di base, di antica preconfigurazione.

Era, quindi, necessario che – in una monografia sulla paura – si toccassero
le sue origini più vere e sostanziali, prima di proseguire nello sviluppo
ulteriore dell’argomento.

I timori <dinamici>.

Sono semplicemente il sobbollire di quelli antichi, nello scontro che essi
hanno, in tutte le loro svariate situazioni esistenziali.

La tendenza dell’uomo e della donna <energetici> è di conservare a lungo ,
in sè, le radiazioni che risultano dalle loro costanti esperienze, nel
mondo tridimensionale.

Esse nascono – lo abbiamo visto – con una matrice motivazionale antica; e,
a questa, mano a mano, aggiungono il peso dei risultati di ogni loro
esperienza reincarnativa.

Ogni impatto che avranno con le decine di frammentari contesti espressivi,
in cui porteranno la loro esperienza di anima, ingraviderà questa matrice
di nuova forza potenziale.

Un buon <amico psicologo> potrebbe indicarvi – in questo esatto momento –
quelle zone d’ombra paralizzanti, che soggiacciono al vostro <campo
energetico> personale, e mostrarvene il peso e l’importanza prioritaria che
hanno, a riguardo della vostra serenità e del vostro equilibrio.

La paura <statica>, in effetti, addizionandosi alla paura <dinamica>
accresce sproporzionatamente i valori delle nostre reazioni singole, di
fronte ad ogni esperienza, sì da mostrare un potere che, in ultima analisi,
risiede soltanto nella nostra volontà subconscia e patogena.

Potremmo, quindi, fare due flashback - o due foto distinte - delle paure,
nell’individuo. Una, mentre si trova, tranquillo, al di fuori di ogni
situazione aggredente. In tal caso – ed a seconda delle caratteristiche
soggettive di ognuno – egli vive l’esperienza dell’<isola stagna>; quasi
serena.

Però, proviamo a sollecitargli un ricordo, una sensazione precisa, ed ecco
che, dal serbatoio in equilibrio instabile del suo subconscio, si
estroflettono, immediatamente, i suoi timori, e le sue angosce latenti.

Ciò che risulta prioritario, nel far leva ad ogni nostro intimo buon senso,
è la consolidata realizzazione che, in effetti, questa idra invisibile,
dalle mille teste sinuose – questa sommatoria di

ogni nostra precedente paura, stratificata nell’inconscio profondo –
ipotizza i suoi valori su di un nulla di fatto; su esperienze passate, e
che ora non esistono più!

Vi fu chi affermò – con un mirabile senso delle proporzioni:” Solamente il
99 per cento di ogni nostro timore istintivo ha dimostrato, alla fine, di
possedere una sua valida ragion d’essere…Solamente il 99 per cento delle
cose immaginarie temute, in effetti e per esperienza consolidata, si
avvera…”

Come uscire da queste <sabbie mobili> soggettive, e celate nel nostro
profondo subconscio; da questa morsa invisibile; a volte, sicuramente
nemica della serenità piena di ognuno di noi, ed a volte solo infastidente?

Sarebbe, a dir poco, leggero e senza alcun senso volere dare un decalogo
rapido e secco, in proposito.

Noi crediamo che aver evidenziato il fenomeno delle due paure – la statica
e la dinamica – ed il peso che esse hanno sulla nostra vita,
sovrapponendosi comunque e sempre una all’altra, possa risultare essenziale
per molti lettori.

Vogliamo solo dar cenno ad un fattore positivo delle nostre capacità
subconsce. Un fattore che potrebbe mostrarsi, alla lunga, rivelatore di
grandi liberazioni soggettive.

Non esiste un solo pensiero – fugace, o prolungato negli anni –la cui
sopravvivenza non dipenda strettamente dall’uomo che lo abbia creato, e che
lo stia mantenendo in vita.

All’interno del nostro ampio campo energetico, è possibile – all’occhio
investigatore spirituale - scoprire e portare alla luce un grande numero di
sue <strette magnetiche>. Esse sono il nodo di volontà inconscia e
personale che noi tutti creiamo, nell’originare qualunque manifestazione,
concetto, espressione e pensiero nostri.

Non solo siamo i soli responsabili delle nostre paure, ma addirittura –
senza rendercene conto – le amiamo, stentiamo a liberarcene, e le
manteniamo costantemente in vita, reggendole <per il bavero>, nel
nostro subconscio.

Se solo percepissimo l’esatto punto del nostro mondo energetico in cui -
giorno dopo giorno, notte dopo notte – la nostra volontà istintiva e
inconsapevole crea la morsa che sorregge quella data paura, per la sua
intera durata, e la allentassimo, all’improvviso, ebbene, all’improvviso
codesta angoscia cesserebbe di esistere, e di riflettersi sui nostri stati
d’animo e sull’intera nostra esistenza.

Questa è una realtà di fatto. Siamo noi, e solo noi, i creatori di ogni
nostro incubo e di ogni nostra felicità.


(Guido Da Todi)



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