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 Meditare fa bene al cuore e alle arterie
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Inserito il - 18/06/2014 : 11:22:24  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Meditare fa bene al cuore e alle arterie

di Roberta Villa

(Un quarto d’ora e chi soffre di malattia delle coronarie può quasi
dimezzare il rischio di infarto)

***

MILANO - Dedicare ogni giorno un po’ di tempo all’introspezione vale
tanto quanto prendere una medicina. «Tanto per fare un confronto» ha
detto Robert Schneider, della Maharishi University of Management di
Fairfield, in Iowa alle Scientific Sessions dell’American Heart
Association di Orlando, «le statine, riducendo i tassi di colesterolo,
abbassano il rischio di attacchi cardiaci e ictus del 30-40 per cento
e i farmaci antipertensivi lo fanno calare del 25-30 per cento. Mala
meditazione trascendentale, nel nostro studio, ha quasi dimezzato la
probabilità di andare incontro a uno di questi gravi eventi».

LO STUDIO - Finché si parlava di controllo del dolore, depressione,
qualità di vita e così via era facile credere ai vantaggi della
meditazione trascendentale, ma nello studio in questione è difficile
invocare l’effetto placebo: i numeri parlano di vita o di morte.
Schneider e i suoi colleghi hanno reclutato più di 200 malati
afroamericani che avevano un ridotto afflusso di sangue al cuore
documentato con una coronarografia. Tutti hanno ricevuto le cure
mediche che di solito si danno in questi casi e sono stati sottoposti
a un programma di educazione a stili di vita più salutari, ma alla
metà dei partecipanti è stato insegnato anche a effettuare ogni giorno
da 15 a 20 minuti di meditazione trascendentale. La pratica, inventata
da un guru indiano di nome Maharishi Mahesh Yogi, si è diffusa in
Occidente soprattutto dopo essere stata adottata con entusiasmo dai
Beatles negli anni sessanta; richiede di concentrarsi sulla
ripetizione di un mantra, il più noto dei quali, tra i non iniziati, è
il famoso Om, secondo la religione induista il suono primordiale che
ha dato origine alla creazione, manifestazione stessa di questo suono.

I RISULTATI- Era già stato dimostrato che questa pratica riduce la
pressione arteriosa e lo stress in persone giovani e sane, ma
Schneider, insieme con Theodore Kotchen, endocrinologo del Medical
College of Wisconsin di Milwaukee, ne ha verificato gli effetti
benefici in individui ad alto rischio di malattie di cuore e vasi e su
ciò che poi alla fine conta di più, non tanto i valori della
pressione, quanto il rischio di incappare in eventi che mettono a
rischio la vita. «Nei cinque anni di durata dello studio» dice
l’esperto di medicina preventiva, «chi si atteneva al suo quarto d’ora
quotidiano di meditazione ha avuto il 47 per cento in meno di attacchi
cardiaci, ictus e morte rispetto agli altri». L’effetto, anche qui, è
stato comunque mediato principalmente dall’azione sulla massima,
ridotta in media di 5 millimetri di mercurio.

IL COMMENTO - «La progressione lenta e subdola della malattia
ostruttiva delle coronarie e i fenomeni che scatenano l’infarto
cardiaco sono talmente complessi che è riduttivo pensare di risolvere
il problema solo con i farmaci o con interventi che dilatano le
coronarie là dove sono maggiormente ristrette» commenta Marco Bobbio,
primario di cardiologia presso l’Ospedale Santa Croce e Carle di
Cuneo. «Ben vengano quindi ricerche nella quali si verifica se
intervenire su altri aspetti della vita può ridurre il rischio».
Purtroppo non sono ancora stati pubblicati tutti i dettagli della
ricerca: «Dal testo finora reso pubblico non si può capire quante
persone abbiano davvero avuto la costanza di seguire il programma di
meditazione trascendentale, quanti eventi siano stati prevenuti, quale
sia stata l’interferenza dei farmaci» prosegue il cardiologo
piemontese: «per esempio sarebbe interessante sapere se i pazienti che
si sottoponevano a questa pratica assumevano con più o meno scrupolo
degli altri le terapie prescritte». Sarebbe interessante anche capire
se lo yoga, il training autogeno, la preghiera o anche solo
gratificanti attività ricreative possano ridurre le probabilità di
infarto e se ciò vale per tutti o solo per chi è già colpito da una
malattia delle coronarie. «Questi dati comunque ci permettono di
sperare che una vita più lunga e migliore non debba passare solo
attraverso l’assunzione di medicine e la dilatazione delle arterie con
l’angioplastica» conclude Bobbio.

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