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Inserito il - 22/11/2012 : 10:19:46  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Ritrova il piacere di lavorare!

di Francesca Carbotti

(Nutre la mente soltanto ciò che la rallegra - Agostino, Confessioni)

°°°°

Vorrei partire con una domanda: “Quanti di voi sono realmente
appassionati del proprio lavoro?”; “Quanti tra voi scelgono e svolgono
il lavoro dei loro sogni?”.
Penso di poter immaginare con facilità e senza stupore la risposta a
questi interrogativi.

Pian piano, quasi senza che ce ne accorgiamo, ci abituiamo a non
aspettarci dal lavoro che un ritorno economico, come se non fosse
altro che un mezzo per la nostra sopravvivenza all’interno di
un’inderogabile condanna.

Fortunatamente per alcuni la gioia del fare esiste davvero e gliela si
legge negli occhi.
Ci sono persone che amano il loro lavoro, che si alzano ogni mattina
con una piacevole sensazione di benessere al pensiero della giornata
lavorativa che li attende.

Persone che in ambito professionale trovano soddisfatto oltre che il
bisogno di sopravvivenza anche il bisogno di essere se stesse
(svolgere il proprio lavoro in modo personale, con creatività e
autonomia), di crescere (svolgere un lavoro che consenta di esplorare,
sperimentare, imparare cose nuove, svolgere attività diverse nel
tempo), di appartenere (svolgere un lavoro che permetta di cooperare
amichevolmente e pacificamente, di sentirsi a casa, protetti e
accettati, di identificarsi con il gruppo e scambiarsi riconoscimenti
possibilmente positivi).

Tanto più il lavoro consente di soddisfare i nostri bisogni tanto più
ne trarremo piacere.

La scelta del lavoro ha certamente una forte relazione con il profilo
della propria personalità. Una persona, se ha possibilità di scelta,
dovrebbe cercare un lavoro che valorizzi le proprie qualità.

Alla base del piacere di lavorare c’è, in gran misura, la possibilità
di utilizzare le competenze (insieme di conoscenze, esperienza e
capacità) che possediamo in un’attività che ci consenta di
esercitarle.

Quali sono gli interventi organizzativi che possono soddisfare i
nostri bisogni professionali?

In pratica cosa dovrebbe fare l’Azienda?
Dare senso e significato al lavoro
Spiegare che cosa ci si aspetta dalle persone, che attività devono
svolgere e perché, che senso ha e per chi il loro lavoro. Quanto è
importante il loro ruolo per la realizzazione degli obiettivi.
Informare periodicamente sull’esito del contributo di ognuno.

-Coinvolgere

Far partecipare le persone, in modo variabile e secondo le diverse
competenze, alle decisioni che riguardano il loro lavoro. Si devono
consultare sempre i collaboratori sulle decisioni che riguardano non
solo le loro attività, ma qualsiasi evento relativo all’unità di
lavoro.

- Favorire il lavoro in un gruppo accogliente

E’ importante integrare le persone, farle collaborare. Favorire la
stima reciproca e l’accettazione dei limiti e delle difficoltà di
ognuno. Scoraggiare la competitività interna, le invidie e i
personalismi. Fare riunioni in cui valorizzare il contributo del
singolo oltre a quello del gruppo. Stimolare la reciproca fiducia, la
collaborazione, la stima e la generosità. Le persone si devono sentire
unite dagli stessi obiettivi.

- Consentire la scelta delle attività da svolgere

Vecchio principio “l’uomo giusto al posto giusto”. Siamo spesso di
fronte a un livello di adattamento che mortifica i talenti. Molti
elementi anche di natura socioeconomica influenzano questo fattore: i
giovani ad esempio in frangenti di crisi occupazionale finiscono per
fare un’attività diversa da quella per cui si sono preparati. Si
devono arrangiare a fare quello che capita e poi troppo spesso vi
restano “appiccicati” senza avere più la possibilità di tornare a fare
quello che piaceva loro. Questo è uno degli sprechi di risorse più
clamoroso e dispendioso nella nostra società. Un dispendio enorme di
competenze inutilizzate.
Identificare le attività e dare responsabilità
Spiegare cosa si vuole sia in termini di compiti che di modalità con
cui gli stessi devono essere svolti. Affidare attività complete: la
parcellizzazione impedisce di dare senso a quello che si sta attuando.
Responsabilizzare sul risultato a livello individuale o di gruppo.

- Favorire la manifestazione delle abilità

Bisogna favorire il successo, il sentirsi bravi, il senso di unicità
che tutti desideriamo.
Chi si sente motivato dal sentirsi in ogni momento sostituibile?

- Stimolare l’autonomia

Si deprime una persona se le viene proposta un’attività ritenuta troppo facile.
Variare le capacità richieste
La noia e l’abitudine sono nemiche della passione.

- Delegare

Questa è una delle azioni percepite come più motivanti dai
collaboratori, quando ovviamente non è uno scaricabarile. “Si delega
un’attività, non la responsabilità”, che resta ben salda nelle mani
del superiore, questo vuol dire che se il delegato ha successo è
merito suo, se fallisce il demerito è del superiore che ha delegato
male o alla persona sbagliata.

- Dare riconoscimenti

Attenzione riservata ai comportamenti delle persone. I criteri di
valutazione dovrebbero essere condivisi, i parametri di misura
dovrebbero essere equi, il valutatore dovrebbe essere riconosciuto e
stimato dal valutato; questo poi dovrebbe avere la possibilità di
conoscere durante l’anno l’opinione del capo su di lui e di poterla
discutere se non è d’accordo.
Cosa dovrebbe invece fare l’individuo per raggiungere il successo ed
essere felice sul lavoro?

- Sognare che lavoro fare

Una delle prioritarie condizioni per lavorare con piacere sta nel
poter scegliere un’attività consona alle proprie capacita e ai propri
interessi, come sopradetto.
Come si potrà mai amare il lavoro se esso non è congeniale alle
proprie caratteristiche?
E come ci si potrà appassionare? La vita è lunga e piena di treni che
passano, l’importante è non scoraggiarsi e non smarrire la fiducia in
sé, la sensazione di poter dominare gli eventi non pensando che questi
dipendano dal caso, dagli altri o dalla fortuna. Il segreto sta nel
saper sognare, nell’aver accesso al proprio mondo interiore.

- Progettare la messa in opera

Si tratta di verificare il sogno, confrontandosi con le concrete
possibilità che la realtà offre, ma ricordandosi sempre che il senso
di realtà deve venire dopo il senso del piacere.

E’ il momento della verifica della fattibilità. In questa fase ci
potrà anche essere la rinuncia a “quel progetto”, ci si potrà
accorgere che è tardi, che si è fuori tempo o fuori luogo. In questo
caso sarà importantissimo mantenere una buona autostima e trovare
altre fonti di soddisfazione. Non farcela non sarà un fallimento, ma
più semplicemente la scoperta che nella nostra vita, per le condizioni
in cui siamo venuti al mondo, per la famiglia in cui siamo cresciuti,
per come è andata la nostra storia e avendoci fortemente provato….
non si poteva fare di meglio. Bisogna ricordare che il permesso di
riuscire implica il permesso di sbagliare e il permesso di riprovare e
nel caso di ridurre le proprie aspettative.

Così pure si deve accettare che non sempre tutte le persone sono messe
nelle condizioni per ottenere il meglio dalla vita. Per molti quello
che sempre si è chiamato “un buon lavoro” era il massimo che potevano
ottenere. Qualità utili in questo momento sono:

- la capacità di analizzare le possibilità che il mondo ci offre;
- la capacità di valutare le nostre reali abilità tecniche;
- la capacità di svilupparle, se è il caso e se è ancora possibile.

- Riuscire in ogni caso: scomporre il progetto in piccole tappe

Il segreto sta nel creare continue gioie da successo di tappa. Ogni
tratto dovrà essere una gratificazione che ci da nuova linfa, nuova
benzina, nuova energia per passare alla tappa successiva. Non sarà più
la grande delusione se non ce la faremo, avremo comunque fatto
qualcosa di piacevole, di interessante, di vincente. Dobbiamo prendere
le cose un po’ alla volta, vivere il presente, prendere il piacere che
ci può dare passo per passo; ogni azione deve concludere e raggiungere
un piccolo risultato. Dobbiamo darci il permesso di provare piacere
nel fare e darci riconoscimenti, anche a prescindere dal risultato
finale.

- Gioire dei risultati raggiunti

Quando il risultato è stato raggiunto, solo pochi se lo sanno godere.
Qui si tratta di festeggiare, di sostare e guardare indietro e
considerare quanto abbiamo fatto.
Martin Seligman nel suo libro “La costruzione della felicità” scrive:
“il ben-essere consiste nel trarre felicità dall’uso delle nostre
potenzialità”.
Ecco cos’è la felicità: essere felici di noi stessi, per ciò che
siamo, per il nostro contributo, per il nostro fare, visto e
riconosciuto.
La felicità è piacersi per il valore che ci riconoscono e soprattutto
che ci riconosciamo.

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