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 Il mistero dell'uomo: la morte 1
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Inserito il - 10/02/2012 : 11:31:49  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Il mistero dell'uomo: la morte 1

di Autore sconosciuto

- La morte -

L'Anima, quando attraverso la personalità, ha fatto il suo esperimento nella
vita terrena ed ha acquisito esperienze e non ha più interesse a permanere nella
forma fisica, rivolge la sua attenzione verso il mondo interiore, cambiando
l'orientamento del flusso della sua energia. Allora il filo della vita e della
coscienza viene ritirato e si verifica il fenomeno che chiamiamo morte. La morte
può essere anche un atto di Volontà Spirituale o una risposta al Karma di
Gruppo, come pure può avvenire per la fine di un ciclo di esistenze. Qui
rientrano quei casi che chiamiamo morte prematura o avvenuta a pochi anni dalla
nascita.

Il Maestro Tibetano D.K. spiega che la morte appare senza scopo, e ciò perchè
non conosciamo gli sviluppi passati e quando il proposito, per il quale la vita
terrena fu iniziata, è stato pienamente raggiunto. In conseguenza una volta che
riguardiamo la vita con un vero senso di prospettiva, vedendola come un periodo
di crescita e di esperienze in un piano più vasto, noi comprenderemo più
facilmente il fenomeno della morte e la sua funzione liberatrice. La morte e la
vita nel loro alternarsi producono l'attività base della creazione. Il problema
della morte e della relativa paura è fondato sull'amore della vita, in quanto
sotto la Legge Divina nulla si distrugge, ma tutto si trasforma e dura
universalmente in eterno. La morte è il ritirarsi dell'essenza individuale
dietro il velo dell'invisibile, è il risultato di un esatto ritmo regolato
dall'Anima.

Nell'accettazione della morte può esserci la nostra vera sottomissione all'Anima
che governa la vita. Ogni uomo deve morire quando l'Anima lo richiede. Questo è
un costruttivo proposito il cui risultato è quello della distruzione delle
vecchie forme per far posto ad altre, in tal caso il potere di attrazione
dell'Anima controbilancia il potere di attrazione della materia. Comunque la
morte è un fatto positivo che riguarda la coscienza, in quanto la vita continua
nella coscienza, cioè il passaggio in altra dimensione. Avviene così che noi
siamo consapevoli un momento sul piano fisico, e un momento dopo su un altro
piano ove ci ritiriamo; piano che i cristiani chiamano paradiso, purgatorio o
inferno. Questi sono stati di coscienza in cui continuiamo a vivere.

Il ciclo della vita ha tre stadi: afflusso, ritenzione ed emissione. Per quanto
riguarda il ritiro del corpo vi sono tre processi: restituzione, eliminazione,
integrazione. Avviene prima il ritiro dell'Anima, l'abbandono del corpo fisico
ed eterico, poi l'eliminazione del corpo astrale e di quello mentale; segue
l'integrazione quando l'Anima, libera sul proprio livello, diventa nuovamente
cosciente di sè, come Angelo della Presenza, essendo ritornata nel mondo delle
Anime. In queste fasi l'unità mentale, con gli atomi permanenti fisico e
astrale, avviluppata nel velo di vita buddica, diventa quiescente nel corpo
causale.

Sdoppiamento fluidico osservato.

Una visione suggestiva relativa al distacco dei corpi sottili da quello fisico
al momento della morte è stata descritta dal dott. Riblet Hout, medico americano
che per 12 ore assistette sua zia morente, in una relazione di cui qui
riportiamo uno stralcio (Rivista Light 1935): "La morente aveva 73 anni, era in
possesso delle sue facoltà mentali e, benchè sofferente, conversò a lungo. Dopo
circa un'ora che ero al suo capezzale, divenni consapevole, in modo più
intuitivo che pratico, che si prospettava un brusco e gravissimo mutamento nelle
condizioni dell'inferma, che presto sarebbe entrata in agonia. Il polso che
un'ora prima appariva regolare e ritmico, era divenuto filiforme e irregolare:
la respirazione corta e affannosa.

Contemplavo con occhio professionale l'avvicendarsi delle varie contrazioni
muscolari nella laboriosa agonia, dato che la morente era già passata in coma,
allorchè divenni all'improvviso consapevole che in quell'ambiente si andava
estrinsecando qualche cosa d'altro non percepibile all'occhio normale. Guardando
per caso in alto, scorsi qualcosa d'inesplicabile che pareva concretizzarsi a
circa due piedi al di sopra del letto e consisteva in una vaga sostanza, simile
a nebbia, che pareva condensarsi in quel punto. Aveva l'aspetto di una nubecola
fumosa ed immobile sospesa in aria, la quale, a misura che il tempo passava,
andava diventando sempre più opaca, assumendo una forma oblunga. Quindi con mio
crescente stupore, rilevai che andava assumendo certe linee, certe curve, certe
forme ben definite che le conferivano una simmetria caratteristica e suggestiva:
quella nubecola andava assumendlo forme umanoidi.

Sedetti in silenzio per parecchie ore contemplando l'emozionante spettacolo e
quando quella trasformazione divenne sufficientemente evoluta nel corpo e nel
sembiante, riconobbi in quella forma il corpo fisico e le sembianze di mia zia!
Era quello il corpo spirituale di lei, sospeso in aria in posizione orizzontale,
a due piedi dal corpo fisico. Aveva un'espressione serena, riposata, tranquilla,
in aperto contrasto col corpo fisico, agitato da moti riflessi e contrazioni
penose. Riscontrai che il polso della morente, per quanto apparisse sempre più
debole e intermittente, rimaneva ancora abbastanza vivace per prolungare di
qualche ora la vita dell'agonizzante, la quale aveva cessato di emettere gemiti,
assumendo un'espressione di calma relativa.

Vigilavo con immenso interesse le modalità con cui continuava a svilupparsi il
corpo spirituale, che ora appariva avvolto in drappeggiamenti in una sorta di
tessuto che ne modellava esattamente la forma. Scorgevo chiaramente le sembianze
di quel volto che erano quelle di mia zia ravvivate da una espressione di vigore
giovanile e di serena tranquillità, in aperto contrasto con le impronte della
vecchiaia e l'espressione sofferente del sembiante fisico. Gli occhi erano
chiusi, quasi che fosse immersa in un placido sonno riparatore, mentre una
misteriosa luminosità emanava da quel corpo spirituale sovrastante al corpo
fisico.

Mentre contemplavo tale manifestazione con raddoppiato interesse misto a
reverenza e stupore, mi capitò di rilevare per la prima volta che una sorta di
cordone fluidico, dal colore perlaceo, scaturiva dal corpo della morente e
andava a congiungersi al capo della forma spirituale. Compresi che quel cordone
fluidico doveva funzionare da tubo conduttore per la trasfusione, dal corpo
fisico a quello spirituale, degli elementi costituenti dell'uomo. Ciò mi ricordò
il biblico cordone d'argento di cui parlano le Sacre Scritture, e per la prima
volta conobbi il vero significato di tale espressione: il biblico cordone
d'argento era quello che congiungeva il corpo fisico a quello spirituale in
formazione, così come il cordone ombelicale congiunge il corpo della madre a
quello del bimbo in gestazione.

Osservando con attenzione quel cordone, riscontrai che fuorusciva dalla
protuberanza occipitale alla base del cranio. Potetti anche discernere che quel
cordone si inseriva nel cranio a ventaglio, suddividendosi in numerosi filamenti
indipendenti. A breve distanza dal cranio, tali filamenti divenivano un solo
cordone, il cui diametro era di circa un pollice. Appariva traslucente ed
emanava una lucidità perlacea. Quel cordone pareva animato da un'attivissima
energia vibratoria ed io ero in grado di rilevare altresì l'esistenza di lente
pulsazioni ritmiche della sostanza perlacea, con direzione che dal corpo fisico
giungeva al doppio spirituale. Quando tali pulsazioni si sprigionavano alla base
del cranio, emanavano nel tragitto una luminosità che diveniva luce all'altra
estremità del percorso. E ad ogni pulsazione che arrivava alla meta, il corpo
spirituale diveniva visibilmente più vibrante di vita e più denso, mentre per
converso, il corpo fisico diveniva in misura corrispondente sempre meno vitale.

All'alba del nuovo giorno sul volto della morente erano apparsi i segni
precursori della imminente estinzione della vita. Quindi la mia attenzione si
concentrò a contemplare il corpo spirituale che in quel momento era veramente
meraviglioso. I drappeggiamenti del tessuto spirituale lo avvolgevano
morbidamente, mentre le sembianze distintissime esprimevano un atteggiamento di
sereno riposo. Ma il grande contrasto che impressionava era quello esistente tra
i due corpi appartenenti alla medesima individualità, contrasto che non
consisteva unicamente nella differenza esistente tra vita e morte, bensì nella
circostanza che il corpo fisico era contrassegnato dalle impronte della tarda
vecchiaia mentre quello spirituale era animato dal vigore e dalla freschezza
giovanile. Mentre il primo aveva cessato ogni moto riflesso e cominciava ad
irrigidirsi in una immobilità preludente la morte, l'altro appariva vibrante di
vitalità rigogliosa.

Nel contempo erano cessate le pulsazioni ritmiche del cordone fluidico che
appariva afflosciato e poco luminoso... Non tardai a riscontrare che i filamenti
del cordone cominciavano a rompersi l'un dopo l'altro, ritraendosi attorcigliati
e scomparendo, così come avverrebbe di un filamento molto elastico e molto teso
che improvvisamente venisse reciso... Finalmente l'ultimo filamento si strappò e
scomparve: lo spirito neonato era libero! Allora il corpo spirituale, il quale
si era allungato in posizione supina sovrastante il corpo fisico, si raddrizzò,
discese al lato del proprio cadavere, sostò qualche tempo in quel punto ed aprì
gli occhi. Fece poi un largo cenno di saluto, che pareva rivolto a tutti i suoi
cari e al mondo che abbandonava, quindi si elevò e sparì".

Il fenomeno osservato dal Dott. Riblet Hout, che certamente era veggente, ci
conferma quanto la letteratura occulta riporta e che cioè quando l'Anima ritira
la sua energia che fluisce attraverso i due capi del filo d'argento (sutratma)
che alimentano l'uno il cuore, fornendogli forza vitale, l'altro la ghiandola
pineale formando la coscienza, tutto il complesso vitalismo umano si arresta: è
la morte fisica. Rescisso il cordone fluidico (il filo delle Parche che il
medico vedeva color perlaceo), l'involucro dei corpi sottili abbandona il corpo
fisico ormai divenuto cadavere; il doppio eterico che riproduce le sembianze del
corpo fisico, vivificato ancora da una forza residua, si muove e assume le
posizioni e i gesti di un vivente, ma dopo breve tempo comincia a dissolversi
restituendo le sue energie al piano eterico; l'Anima nel suo corpo causale
(mente superiore), inviluppata e drappeggiata dai suoi corpi mentale e astrale,
invisibile e immateriale, si equilibria al livello che le è proprio per la
sintesi dei valori e dinamismo che racchiude, per ritornare verso il regno dello
Spirito.

Morte accidentale.

Nei casi di morte improvvisa in seguito ad incidenti, uccisione, [Il, Aio o
fatti di guerra, il corpo fisico viene bruscamente abbandona e l'essere umano si
trova, in preda al terrore, proiettato nell'al di là, avvolto dal doppio
eterico, che è la controfigura del fisico, e che solo nei casi di morte naturale
si stacca subito dal corpo fisico e poi si Re poco tempo dopo, restituendo la
sostanza eterica al serbatoio cosmico eterico che muoiono di morte violenta non
si rendono conto di essere morti e continuano a vivere temporaneamente in modo
diverso dagli altri trapassati, in quanto, conservando essi il corpo eterico,
non possono entrare in kama-Ioka. In tale stato resteranno finchè non sarà
finito il periodo di tempo per il quale il loro corpo fisico era stato
costruito, cioè fin quando non sarà scoccata l'ora in cui doveva avvenire la
loro morte naturale. Situazione penosa poichè il mondo astrale resta loro chiuso
a causa dell'involucro eterico e nello stesso tempo vi è l'impossibilità di
comunicare col mondo fisico, non avendo essi gli organi sensori del piano
fisico. In tale stato questi esseri vagano incerti ancora legati alla terra,
spesso desiderosi di compiere atti di vendetta o di definire questioni che sulla
terra avevano lasciato in sospeso, ignorando che sono morti. Può essere loro di
beneficio l'incontro nell'al di là con Esseri astrali o con aiutatori che li
convincano della loro avvenuta morte, affinchè possano sentirsi distaccati dal
mondo materiale. Questo è di molta utilità specialmente per i combattenti che
cadono nell'adempimento del dovere verso la Patria.

La vita dopo la morte

Subito dopo il decesso per morte naturale, la coscienza lascia l'involucro
fisico e l'Ego resta al centro del corpo astrale, allora ha una chiarezza di
consapevolezza e di percezione, vede le esperienze della vita passata svolgersi
come in una scena filmata: vede i maggiori fattori che condizionarono la passata
esistenza e che determineranno la prossima incarnazione. Poi tutti gli
avvenimenti vengono dimenticati, fatta eccezione per i tre semi del futuro, che
produrranno le forze per la prossima forma fisica. Il l° seme determina la
natura dell'ambiente ove si rinascerà; il 2° determina la natura del corpo
eterico; il 3° seme è il fondamento del veicolo astrale e porterà l'essere di
nuovo in relazione con le persone che amò in vita e con le quali ebbe stretti
contatti. Tutto questo in accordo col proprio karma. L'uomo nell'aldilà resta
esattamente lo stesso individuo di prima, con i medesimi pensieri, sentimenti,
timori e speranze e continua a vivere nel corpo astrale e in quello mentale.
Egli si è spogliato soltanto del suo vestito di carne, che gli permetteva, per
mezzo dei cinque sensi, di essere in contatto col mondo terreno. Per chi in vita
provò soltanto godimenti sensuali, il trapasso è un fatto doloroso perchè il
desiderio continua ancora ad eccitarlo senza che vi sia la possibilità di
appagamento. In tale condizione si rimane finchè il corpo astrale non si
disintegra, lasciando l'Anima rivestita del corpo mentale nel mondo mentale
inferiore.

La durata di permanenza nell'astrale dipende per ciascuno dalla qualità e
quantità di azioni più o meno cattive, da emozioni, passioni, desideri
accumulati durante la vita terrena che hanno prodotto un intreccio di sostanza
astrale che ora avviluppa il corpo mentale e l'Anima, proprio come il baco, con
la sua bava. In tale condizione l'anima non può ricevere attraverso il corpo
astrale le vibrazioni di luce del suo piano poichè il corpo astrale ha una
vibrazione diversa, essendo più denso del mentale.

La permanenza nel mondo mentale inferiore dura finchè non si sono esaurite tutte
le forze generate dai pensieri durante la vita, quindi si passa nel mondo
mentale superiore o mondo celeste, in cui l'Anirna trasmuta in facoltà
intellettuali e morali le esperienze di natura elevate fatte in vita. Per mezzo
di queste facoltà l'essere può attingere nel mondo celeste, nella misura della
potenza di quei pensieri e di quelle elevate aspirazioni, poichè nel mondo
celeste esiste l'infinita pienezza della mente divina con la sua illuminata
dovizia, ma può attingere soltanto in proporzione di quanto si è reso capace di
ricevere. Perciò un individuo non può trarre vantaggio se non nella misura in
cui si è preparato a profittarne, poichè i pensieri e le aspirazioni seguono
soltanto certi indirizzi ed egli non può d'un tratto crearne nuovi. In cielo
germoglia tutto ciò che seminiamo quaggiù e quindi si possono continuare solo le
attività iniziate sulla terra, ma nessuna nuova attività può essere cominciata
in cielo.

Vi sono molte direzioni che il pensiero superiore può seguire, alcune personali,
altre impersonali. Tra queste ultime si trovano quelle riguardanti l'arte, la
musica, la filosofia, la scienza, la religione. Chi si interessa di queste trova
godimento ed un apprendimento limitato però, dal potere di percezione
conseguito. Per il devoto, l'oggetto della sua devozione è più vicino e le
esperienze sono di carattere trascendentale. Quando anche il corpo mentale
superiore è esaurito, resta l'anima pura, libera, con gli atomi permanenti dei
vari corpi che conservano il succo concentrato di tutte le esperienze fatte da
ciascun corpo a cui furono associati all'atto della nascita in un essere umano.
Allora l'Anima ritorna nel suo mondo per essere convogliata nella corrente della
rinascita e venire nuovamente in manifestazione in luogo ed ambiente più adatti
alla sua evoluzione. Soltanto dopo tante e tante esperienze fatte in moltissime
incarnazioni, l'intera evoluzione si compie e l'Ego rientra, ormai pienamente
individualizzato, nella Grande Fiamma da dove un giorno partì come scintilla
pura senza esperienza di individualità.

E' interessante sapere che la vita che permea le cellule dei corpi astrale e
mentale ha una forte tendenza a seguire la corrente del suo sviluppo che va
verso il basso, cioè sull'arco discendente dell'evoluzione, cosicchè il
progresso, per essa, vuol dire discendere in forme sempre più dense di materia
ed imparare ad esprimersi attraverso di esse. Per l'uomo, invece, lo sviluppo
evolutivo è sull'arco ascendente, cioè il passaggio dalla materia allo spirito.
Tutto questo avviene perchè la vita che anima le molecole astrali desidera, per
la propria evoluzione, ricevere vibrazioni di specie sempre più grossolana e
pertanto, esercita sulla coscienza dell'uomo una certa pressione sotto forma di
brama, di desiderio intenso. Tale tendenza spinge le particelle più grossolane e
più dense verso la periferia, a formare una specie di guscio, e dispone le altre
particelle in strati concentrici, afficnhè il corpo astrale possa diventare
tanto resistente da conservare la sua forza il più a lungo possibile: ciò
ostacola l'anima e il corpo mentale a ricevere vibrazioni dai loro relativi
piani, restando prigionieri nella capsula astrale.

Le vibrazioni che possono penetrare nell'involucro sono soltanto quelle
percepibili dalla materia periferica dell'involucro o capsula astrale. Chi si
trova in tali condizioni, dopo la morte, può incontrare soltanto gli abitanti
astrali di basse vibrazioni e quindi i meno desiderabili. Per ovviare a questo,
l'uomo che abbia la forza volitiva del suo corpo mentale, non permetterà alla
materia astrale di organizzarsi a strati, all'atto della morte, ma soltanto di
restare diluita in miscuglio in modo da poter, come una grata, offrire la
possibilità all'anima e al corpo mentale di venire in contatto con tutto il
mondo astrale e mentale, con gli altri esseri di tutti i sottopiani ed anche con
i vivi, mentre dormono e sono proiettati nel mondo astrale. Inoltre, chi è
riuscito a sottrarsi al riordino del corpo astrale ha la possibilità di
viaggiare in tutto il mondo astrale, per ampliare le sue conoscenze e formulare
propositi per la rinascita.

Considerazioni sulla morte.

In generale si guarda alla morte con atteggiamento di desolazione, spesso
tragico. Per l'uomo ordinario la morte è una catastrofe finale, il vuoto
assoluto poichè implica la fine di ogni rapporto umano, la cessazione di ogni
attività fisica, lo strappo di ogni legame di amore e di affetto, il passaggio
nell'ignoto pieno di terrore. Gli uomini però dimenticano che ogni notte durante
il sonno essi muoiono per il piano fisico e sono viventi e attivi
temporaneamente su altri piani, ed al mattino non ricordano perchè non sanno
riportare nella coscienza fisica il ricordo di quel passaggio. Essi non sono
capaci di scorgere la somiglianza fra il sonno e la morte. La morte è un più
lungo sonno, un intervallo fra due periodi di vita fisica. L'uomo che ha
oltrepassato la Soglia del Mondo Eterico, è andato via dalla Terra per un lungo
periodo di tempo, mentre quando dorme va via per poche ore. Una importante
diversità esiste fra morte e sonno: nel sonno il filo dell'Anima rimane intatto
e costituisce il canale di rientro nel corpo fisico, mentre con la morte quel
filo viene spezzato. Si tratta del sutratma, detto anche filo delle Parche. A
recidere questo filo è la volontà dell'Anima.

Per gli aspiranti alla vita dello spirito e per i discepoli sul sentiero la
morte è un passaggio immediato da una sfera di servizio e di espressione che
essi già conoscono in quanto nelle ore di sonno essi erano addestrati ad agire
nel campo del servizio dell'apprendimento. Per gli uomini altamente evoluti si
verifica spesso un senso di previsione riguardo al momento della morte, questo
deriva dal contatto che essi hanno con l'Anima, e della consapevolezza dei suoi
voleri. Quando si tratta di Iniziati, questi al momento del trapasso, conoscendo
le leggi di astrazione, si ritirano in piena consapevolezza dal corpo fisico,
continuando a funzionare nel mondo astrale. Essi sanno di essere gli stessi di
prima, sebbene privi di mezzi di contatto col piano fisico, cioè privi dei sensi
fisici. Rimangono coscienti degli stati di sentimento e di pensiero di coloro
che amano, per quanto non possono venire in contatto materiale. Però possono
comunicare telepaticamente per mezzo della mente.

Giova ricordare che sui piani astrale e mentale lo scambio di comunicazioni si
può stabilire più intimo e più sensibile di prima, poiché non più ostacolato dal
corpo fisico; tuttavia a tale scambio si oppongono l'agitazione violenta, il
dolore e il pianto di coloro che sono rimasti sulla terra orfani o vedovi.
L'uomo ordinario, subito dopo morto, si trova disorientato di fronte a
condizioni, per lui nuove, che il mondo eterico offre. Questa è la ragione per
cui si consiglia di non piangere i morti, di non comportarsi irrazionalmente
innanzi alla morte di una persona cara, per non amareggiarla ancor di più mentre
si trova in tale disorientamento. Per chi provò in vita solamente godimenti
sensuali, il trapasso è un fatto doloroso, perchè il desiderio continua ad
eccitarlo senza che vi sia possibilità di appagamento. In tale condizione si
rimane finché il corpo astrale non si disintegra, lasciando l'anima rivestita
del solo corpo mentale.

La permanenza nel piano astrale dipende per ciascuno dalla quantità di sostanza
emotiva accumulata e intessuta per effetto di passioni, desideri, delitti,
durante la vita terrena. Attraverso l'involucro astrale, l'Anima non può
ricevere liberamente le vibrazioni di luce che le pervengono dal piano mentale,
poichè questo ha una vibrazione più sottile, però una volta liberata
dall'astrale, essa resta libera nel mondo mentale inferiore ove dimorerà finchè
non saranno esaurite tutte le forze generate dal pensiero durante la vita
terrena, quindi passerà nel mentale superiore o mondo celeste, in cui trasmuterà
in facoltà intellettuali e morali le esperienze di natura elevata fatte sulla
terra: per mezzo di queste facoltà, l'essere può attingere al mondo celeste
nella misura di potenzialità di quei pensieri e di quelle elevate aspirazioni,
poiché nel mondo celeste esiste l'infinita pienezza della Mente Divina con la
sua illimitata dovizia. Però può attingere solo in proporzione di quanto uno si
è reso capace di ricevere. Un individuo, perciò, non trarrà vantaggio se non
nella misura in cui si è preparato a profittarne poichè i pensieri e le
aspirazioni seguono soltanto certi indirizzi, ed egli non può d'un tratto
crearne di nuovi.

In cielo germoglia tutto quello che seminiamo quaggiù e quindi là si possono
soltanto continuare le attività iniziate sulla terra, ma nessun altra attività
può essere cominciata in Cielo. Vi sono molte direzioni che il pensiero
superiore può seguire: alcune personali, altre impersonali. Tra queste ultime si
trovano quelle riguardanti l'arte, la musica, la filosofia, la scienza. Chi si
interessa ad una di queste branche trova godimento ed una istruzione limitata
però dal potere di percezione conseguito. Per il devoto l'oggetto della sua
devozione è più vicino e le esperienze sono di carattere trascendentale.

Quando anche la sostanza di cui è formato il corpo mentale concreto è esaurita,
resta l'Anima libera con gli atomi permanenti che racchiudono i risultati di
tutte le esperienze fatte da ciascun corpo a cui furono associati all'atto della
nascita dell'uomo. L'Anima, così libera, attende il momento giusto per rientrare
nella corrente della rinascita e riprendere la lezione al punto in cui l'aveva
lasciata nella vita precedente. Soltanto dopo tante incarnazioni l'evoluzione si
compie. Al riguardo il Maestro Tibetano in "Trattato sul Fuoco Cosmico" dice che
normalmente l'uomo comune compie, la sua evoluzione attraverso 777 incarnazioni
e, al termine, passa la Porta dell'Iniziazione ed entra in un breve e sintetico
periodo finale, in cui egli porta il frutto delle esperienze fatte, trasmutando
la conoscenza in saggezza e consegue la liberazione da tutte le forme inferiori
che cercano di imprigionarlo. L'uomo, se vuole, può abbreviare di molto questo
lungo periodo, percorrendo un Sentiero Segreto chiamato Via Illuminata. Su
questo sentiero si avanza con sforzo cosciente per tappe che sono chiamate
"Iniziazioni". Il cammino ha inizio quando l'uomo si focalizza sul piano mentale
e comincia a svolgere la sua funzione esoterica di ricevere e riconoscere le
idee e di creare coscientemente nuove forme pensiero rivestendole di sostanza
mentale. Quando si raggiunge la 3a Iniziazione non si torna più in incarnazione
sulla terra, salvo che per missione, o volontariamente per servire la Gerarchia
e l'Umanità.

L'arte di morire.

A tutti gli esoteristi incombe un dovere, essere preparati ad affrontare il
grande passo finale sapendo che non è l'Anima che muore ma il nostro corpo
fisico. Al riguardo riporto alcuni versi della Bagavad Gita:

"Mai lo Spirito nacque, mai cesserà di esistere. Mai vi fu tempo in cui egli non
fosse. Fine e principio sono sogni. Non nato, eterno, immutabile lo Spirito
resta. La morte non l'ha neppure sfiorato, sebbene morta appaia la sua dimora"
(canto 11, 20). Convincendoci che l'Io non muore, il corso della nostra vita
terrena rimane modificato, poiché ci toglie l'incertezza e la paura del
trapasso, e ci assicura che la vita continua nella conoscienza, per cui il
paradiso è dentro di noi che lo costruiamo giorno per giorno. Dobbiamo imparare
a mantenerci accentrati nella testa mediante la visualizzazione e la
meditazione, imparare anche a concentrare le energie vitali al di sopra del
diaframma, nel centro del Cuore, con l'intento di annullare il potere di
attrazione da parte del plesso solare che è il centro dell'emotività. Prima di
disporsi al sonno ritirare la coscienza nella testa.

Educare la Volontà del corpo mentale ad intervenire all'atto del trapasso per
impedire alla materia astrale di organizzarsi a strati più densi verso la
periferia che imprigionano l'Anima, ma di restare diluito in miscuglio con
particelle di sostanza mentale in modo da mantenere spiragli aperti per poter
comunicare con tutti i mondi e ricevere le relative vibrazioni. Per quanto
riguarda chi assiste un morente, si consiglia il Silenzio assoluto affinchè
l'Anima possa fare la debita preparazione per la sua dipartita dal piano fisico.
Possono essere usati alcuni Mantram o pensieri di amore che facilitano il
trapasso. Il Cristo diede un esempio del loro uso, quando esclamò: "Padre, nelle
Tue Mani rimetto il mio Spirito". Un altro esempio lo abbiamo nelle parole: "O
Signore, lascia che ora il Tuo Servo se ne vada in pace".


La legge del Karma

La Dottrina spirituale ci presenta l'universo come una espressione di energia.
L'elettrone è energia che cambia continuamente trasformandosi in luce, calore,
elettricità. Anche l'uomo è un centro di energia che egli assorbe e trasforma in
movimenti e attività del suo corpo. Questa energia è benefica quando è
utilizzata per un'azione benefica cui diamo il nome di bene; quando è adoperata
a fare danno ad altri diamo a quest'uso il nome di male. L'uomo durante la sua
vita, perciò, trasforma l'energia universale in bene e male. In questo processo
vi sono delle relazioni fra cause ed effetti che sono regolate tutte da una
legge che, peraltro, regola tutta l'attività cosmica e va sotto il nome di
Karma.

La parola Karma, dal termine sancrito Kry, significa creare, fare, agire, nel
senso di indicare l'effetto che segue alle azioni da noi compiute, allo stesso
modo come le azioni seguono ai pensieri da noi formulati. Azioni ed effetti sono
strettamente uniti, si tratta di due parti di uno stesso fatto, una visibile,
l'altra invisibile. Disse il Budda che il voler separare l'azione dai risultati
è come voler separare il suono del tamburo dal tamburo stesso. L'azione è
preceduta da qualche cosa di inevitabile, la causa, il movente, ed è seguita da
un fatto visibile, la conseguenza.

Le leggi fatte dall'uomo impongono di fare e non fare e comminano una sanzione
per l'inadempiente, la legge del Karma invece è una legge di natura e agisce
differentemente, formando concatenazioni logiche conseguenti. Al riguardo
l'esempio più comune è quello del ragazzo che persiste di voler toccare una
stufa accesa. Si scotterà la mano ciò è la conseguenza di una legge naturale che
il ragazzo non conosce, non una punizione. La legge del Karma adatta l'effetto
alla causa sul piano fisico, mentale e spirituale dell'individuo. Secondo questa
legge il male è una infrazione alle leggi dell'armonia che governano l'universo.
Il violatore di questa legge deve sopportare le conseguenze. Vi è un potere
misterioso in questa legge che conduce, per vie inavvertite, dalla colpa al
castigo anche se questo debba verificarsi in una vita successiva. Infatti
ciascuno di noi oggi è quello che è a causa delle esperienze vissute nel passato
i cui effetti sono impressi nella struttura del carattere. Esperienze che,
quantunque non ricordate dalla memoria, non sono andate perdute per noi perchè
esse vanno a far parte del materiale di cui la nostra mente è composta e che
esistono sotto forma di caratteristiche, sentimenti, inclinazioni piacevoli o
spiacevoli, attrazioni repulsioni ecc.

L'anima, passando da una vita ad un'altra, apprende nuove lezioni, raccoglie
nuove esperienze e impara a riconoscere la pena che deriva dalle azioni non
rette e la felicità che accompagna le azioni buone e corrette. Gli insegnamenti
orientali considerano la vita una potente unità e il Karma come la grande legge
che opera e si manifesta attraverso queste unità e ciò perchè nell'universo
tutto è ritmo, simmetria, reciprocità, armonia. Quando il Buddismo insegna che
il Karma è quel nucleo morale di ciascuno che solo sopravvive alla morte e
continua nella rincarnazione, ciò significa semplicemente che nulla rimane dopo
ciascuna personalità salvo le cause prodotte da essa, le quali non possono venir
eliminate dall'universo, finchè non vengono bilanciate dai loro effetti
legittimi e spazzate via da essi. Quelle cause, non compensate da effetti
adeguati durante la vita della persona che le ha prodotte, seguiranno l'Ego
reincarnato e lo raggiungeranno anche nelle vite successive, finchè non sarà
ristabilita una completa armonia tra effetti e cause.

Gli eventi sono tutti collegati fra loro e congiunti in una serie ininterrotta
di cause. Quando da una città all'altra viene trasmesso un telegramma, quando il
tram ci porta da un punto ad un altro, noi sappiamo che una certa energia ha
prodotto l'effetto. Sappiamo poco dell'elettricità che genera tale effetto, ma
sappiamo che agisce in accordo con altre leggi. Il movimento della nave che
naviga a vela è causato dal vento, il vento è generato dalla differenza di
temperatura fra due luoghi, la temperatura dal sole ecc. e qui ci fermiamo
perchè non conosciamo l'antecedente di questa. La catena delle cause e dei
susseguenti effetti è in realtà senza fine. Ogni fatto nell'universo, e quindi
anche la vita umana, è inseparabilmente connesso con questa infinita serie che
si estende nel passato e nel futuro. La scienza e la religione non sanno
spiegarci il perchè di certi oscuri destini che sembrano senza speranza in
esseri puri e innocenti, destini di condanna che sembrano accusare l'incoscienza
della creazione e l'ingiustizia della Divinità. Non ci sanno dire il perchè di
tante disparità e manchevolezze fisiche e morali, disparità di mezzi materiali e
spirituali. Non ci sanno spiegare il perchè del dolore umano. Gli uomini dicono:
"E' il destino"; ma essi non conoscono le lontane radici, nè sanno quale
vibrazione sospinta da una infinita catena di onde sia il nostro presente.

Per le nostre attività noi facciamo uso di energie e sostanze della vita divina
che fluisce costantemente in noi. Quando di queste energie, ne facciamo uso
contrario alla legge divina, noi creiamo l'imperfezione, la disarmonia nel piano
delle forze invisibili che alimentano e regolano la vita una. Queste discordanti
attività dell'uomo si vanno ad imprimere nella sostanza universale che le
restituisce alla fonte, cioè all'uomo stesso per mezzo dei 4 elementi: aria,
acqua, terra, fuoco. Questa corrente di ritorno o di restituzione non manifesta
subito i suoi effetti, in quanto si accumula nell'atmosfera sia intorno al corpo
fisico delle persone, che intorno alla terra e al momento opportuno produce un
vortice purificatore che, agendo col suo elemento di fuoco sulle carni
dell'uomo, produce dolore. Mentre quando agisce nell'atmosfera produce
cataclismi, terremoti, alluvioni, guerre, quindi dolore collettivo che
ristabilisce l'ordine cosmico turbato.

Queste attività di reazione sono il metodo che la natura segue per purificarsi,
disfacendosi della contaminazione di pensieri e sentimenti di odio, vendetta,
collera di cui ribolle il genere umano. A chi adopera costruttivamente la
sostanza e l'energia divina, queste gli verranno rese sotto forma di gioia, di
pace, di ricchezza, di benessere, di felicità. I pensieri, i desideri, le azioni
rappresentano le attività umane che formano le cause motrici degli effetti che
occupano il campo della evoluzione; quindi la formazione del pensiero, del
desiderio e dell'azione fanno capo a tre leggi sussidiarie del Karma di cui
diamo qualche cenno:

1° Il pensiero è il potere che costruisce il carattere: come noi pensiamo tali
siamo. Questo trova conferma nell'autorità della tradizione e nelle antiche
Scritture in cui è detto: L'uomo è creato dal pensiero, l'uomo diventa ciò che
pensa". Nella Bagavad Gita è detto: "L'uomo è costruito dalla sua fede; quale è
la sua fede, così egli è pure". Il potere del pensiero è il potere della
creazione. Dio fece i mondi col suo divino pensiero, noi costruiamo i nostri
piccoli mondi col pensiero umano. Se gli uomini sapessero adoperare il potere
del pensiero, la loro evoluzione sarebbe rapida. Chi emette un buon pensiero
riceve una corrente di ritorno buona, mentre chi genera un cattivo pensiero non
ha questo godimento interiore. Perciò il nostro presente è frutto del passato. I
pensieri sono come i semi che cercano di germogliare e svilupparsi in bocciuoli,
in fiori e frutti. Le azioni di questa vita possono rappresentare soltanto il
parziale sviluppo del seme-pensiero che pertanto mantiene la possibilità di
interessare anche vite future; ciò rappresenta una dilazione del Karma, come il
fido bancario dilazionato in tante rate. L'uomo non dovrebbe attaccarsi ai
frutti dell'azione; gli Yogi esprimono questo concetto con l'allegoria dei semi
cotti al forno, dimostrando che con la cottura i semi perdono la proprietà di
germogliare, mentre possono servire soltanto per la nutrizione.

2° La forza che chiamiamo desiderio o volontà attrae insieme noi l'oggetto
desiderato, perciò ci costringe a muoverci lungo il luogo ove esso si trova e la
nostra brama può essere soddisfatta. Il desiderio è l'unico potere motore
nell'universo. Lo troviamo presente nelle composizioni chimiche, nella calamita
che attira il ferro dolce, nelle foze di coesione e di repulsione. Questo
desiderio, quando è guidato dall'interno, da esperienze accumulate e ponderate
dalla ragione, lo chiamiamo volontà. Ogni cosa che noi desideriamo possedere
viene dallo stesso desiderio attratta verso di noi. Questo fatto non possiamo
vederlo nel limite di una sola vita, ma è in una vasta successione di vite che
la forza del desiderio conduce l'uomo dove esso può venire a contatto con
l'oggetto dei suoi desideri. Il desiderio crea in tal modo per noi le occasioni
nella vita. Il monito che ci viene dall'insegnamento occulto è: "siate cauti nel
vostro desiderio". L'uomo avanza sospinto dal desiderio e nel momento in cui
afferra l'oggetto agognato, questo si infrange e ne segue delusione e dolore.
Nulla è più dannoso per il progresso che il perdere la facoltà di desiderare che
sia fatta la volontà di Dio.

3° Le nostre azioni verso gli altri, recando a questi felicità o dolore, hanno
per effetto corrispondente di procacciare a noi felicità o dolore. Così noi
raccogliamo quello che abbiamo seminato e ciò non come una punizione o premio
dei nostri errori o delle nostre benemerenze, ma come un risultato della nostra
attività, come effetto che segue la sua causa, e poichè la nostra natura e le
circostanze che ci riguardano sono determinate da noi stessi, non dobbiamo
rimproverare o lodare che noi stessi che forgiamo il nostro destino piacevole o
spiacevole a seconda delle cause che abbiamo messo in moto e perciò noi siamo
puniti o ricompensati non per le nostre azioni, ma dalle nostre stesse azioni.
Nel corso della nostra vita l'effetto di ogni causa derivante dal pensiero, dal
desiderio e dall'azione non sempre è immeditato nel tempo e nello spazio, ma
spesso è ritardato o diluito da cause contradditorie e così intorno a noi
vengono ad accumularsi cause che formano delle entità autonome e che tendono
continuamente a vincolarci, per poi produrre effetti benefici o malefici al
presentarsi del momento opportuno in questa o in sucessive esistenze. E' come
una matassa aggrovigliata che non sempre può essere subito dipanata.

Nel maggior numero delle umane vicende convergono molte correnti del passato a
sospingerci in diverse direzioni e ad esse si frammischiano pensieri, desideri e
azioni del presente. Avviene quindi spesso che forza, pensiero e desiderio del
momento siano appunto sufficienti per equilibrare il peso opposto della
bilancia. Ora noi viviamo sotto l'influenza di un duplice ammasso di karma, uno
allo stato latente, che aspetta l'occasione per esaurirsi e l'altro che produce
già i suoi effetti. Ad ogni istante possiamo introdurre nuovi fattori
nell'equazione della vita, modificando le risultanze di tutte le forze da noi
messe in moto. Questo complesso di forze imponderabili e ultrasensorie, fra loro
connesse in funzione di equilibrio, formano il campo dell'etica; se per essere
troppo impalpabili e sottili sfuggono alla giustizia umana, un altro piano di
equilibrio più sensibile, costituito dalla giustizia divina nel nostro destino,
invece le pesa, le registra e ce ne impone la risultanza in forma di gioia e di
dolore.


Il karma e il dolore

Il dolore assorbe le reazioni liberamente da noi eccitate nel passato ed opera
la progressiva armonizzazione e attuazione della legge, opera cioè la nostra
purificazione.Così l'attività della legge del Karma diventa un processo
equilibratore automatico che governa tutte le forze e serve a spiegarci tante
condizioni apparentemente ingiuste come il rapporto di dipendenza o di
supremazia, gli aiuti spontanei, il senso arcano, la devozione incondizionata e
il rispetto verso alcune persone, la povertà, la ricchezza, ecc. Per il fatto
che noi siamo membri di una famiglia, di una nazione, dell'umanità, si formano
dei rapporti reciproci per cui le vie dei nostri destini spesso corrono
parallele; in un dato momento convergono, si intersecano, indi divergono per poi
incontrarsi di nuovo dopo millenni, nel groviglio del concatenamento delle
azioni che si susseguono nel tempo e nello spazio, in connessione al
funzionamento dell'universo.

Ogni nostra vita terrena contiene le prove necessarie proporzionate e adatte per
il ristabilimento dell'equilibrio carmico e per ascendere dalla materia allo
spirito. (Prove dilazionate in più esistenze ecc.). Così ad esempio se un uomo
nuoce in modo grave ad una donna sarà certo di rincarnarsi in forma femminile e
di passare per una esperienza adeguata affinchè si renda conto, sulla propria
pelle, delle sofferenze inflitte ad altri; e viceversa se una donna nuoce ad un
uomo. E qui vi riporto le parole di Alcione: "Capricci e amori di tutti i generi
ebbi ai miei cenni, nessuna cosa pura potè salvarsi da me. Profanai ogni
castità, schernendo le creature umane umilmente fedeli. Esaurite tutte le
soddisfazioni mi rincarnai in una donna. Mai soddisfatta dalla monotonia di un
solo amante ebbi molti adoratori e languendo nell'amore trascorsi la vita, patii
le sofferenze della maternità, il dolore di perdere un bambino e la vecchiaia,
l'abbandono e l'indifferenza degli antichi amanti". Altro esempio: un egoista o
avaro, o un uomo crudele che cercò soltanto per sè stesso ed arrecò danni ad
altri, nascerà in condizioni tali che per mezzo della sofferenza imparerà a
conoscere l'unità della vita, la fratellanza umana.

Chi con qualche buona azione cambia il corso della vita di un altro, dovrà
sicuramente incontrarsi ancora con quell'individuo in una vita futura, affinchè
colui che egli ha beneficato possa avere l'opportunità di ricambiare il
beneficio ricevuto. Nel continuo alterno riaffacciarsi dell'uomo sulla terra, la
legge di causa ed effetto interviene e ne condiziona la nascita come una potenza
equilibratrice. Questa legge permette all'uomo di guardare nell'abisso del
proprio destino onde possa meglio operare. L'uomo ha perciò la libera scelta
degli atti e delle vie, libera è l'impostazione delle cause, ma non è
altrettanto libera la scelta della serie delle reazioni e degli effetti che sono
invece imposti irrevocabilmente dalle leggi di casualità, ne deriva che l'uomo e
il proprio giudice, il legislatore, l'arbitro della propria vita, il
distributore della propria ricompensa e del proprio castigo; è ad un tempo
stesso proiezione e schermo.

Il Karma, quale grande legge di giustizia, è amministrato da Intelligenze
invisibili, chiamati Reggenti del Karma che non puniscono, ma coordinano
soltanto le forze del passato dell'individuo affinchè tali forze, nel nuovo loro
raggruppamento quando l'uomo rinasce, lo aiutino a fare un passo avanti verso la
sua perfezione per raggiungere la meta o destino finale. I Reggenti del Karma
scelgono anche i fattori necessari e distribuiscono karma con compassione e
saggezza; scelgono tra i fattori forniti dai genitori del nascituro quelli che
saranno più utili all'Anima per la lezione che deve imparare e il lavoro che
deve fare in quel corpo assegnatogli dal Karma. Per esempio, per un'anima
costruiscono un corpo atto alla manifestazione del genio, per un'altra, un corpo
inerte come pietra, ma non sta ai Reggenti di rendere l'uomo buono o malvagio,
felice o infelice, loro unico compito è quello di guidarlo a fare un passo
avanti nell'evoluzione.

I Reggenti seguono anche i vari tipi di Karma cui i vari individui possono
essere mutualmente legati. I vincoli più comuni sono quelli dell'amore e
dell'odio, vi sono inoltre vincoli di casta e di razza nonchè vincoli di lavoro
o di servizio. Per esempio, un individuo nato in una nazione è aiutato o
ostacolato dal Karma speciale che quella nazione si è creata nei secoli. I
seguaci di Giulio Cesare, di Napoleone, ecc. saranno attirati da legami karmici
verso il loro capo, nelle successive incarnazioni di questi per continuare il
lavoro di collaborazione e realizzare il loro sogno della vita. Il Karma
presenta tanti aspetti occulti che sembrano astrusi, ma una cosa è però certa:
che nessuno soffre senza averlo meritato. Se la legge esige sofferenza, nulla
potremo fare per impedirne il funzionamento. Noi però potremo essere i
messaggeri scelti a portare soccorso karmicamente dovuto ad uno che ha finito di
pagare il suo debito di dolore. Noi siamo soliti guardare soltanto agli effetti
del male, dovremmo risalire invece ad esaminare le cause che creano il Karma,
per estirparle.

Patanjali ci indica nel sutra 12 del 20 libro i 5 ostacoli che l'uomo deve
eliminare per affrancarsi dal Karma e conseguire la liberazione dalla: l.
Ignoranza; 2. Senso della personalità; 3. Desiderio; 4. Odio; 5. Attaccamento.
Quando l'ignoranza viene sostituita dalla Saggezza, l'odio causato dal senso di
separatività è sostituito dall'amore che rivela l'unità sotttostante a tutte le
forme, il Karma non viene più prodotto e l'uomo marcia verso la luce.Invece
l'uomo suole identificarsi generalmente con ciò che e materiale e dimentica la
sua natura divina. Se anche non possiamo eliminare il karma, cerchiamo almeno di
conoscere le sue leggi e agiamo ragionevolmente per crearci un destino
migliore,e un avvenire più nobile. Ricordiamoci che come il pensiero è un potere
creatore e costruisce il carattere, così il carattere è il fattore principale
della nostra felicità. Un carattere nobile, fortemente volitivo, fa prevedere un
grande destino. Noi possiamo prepararlo quale lo desideriamo, poiché la scelta è
nelle nostre mani.

La rincarnazione

La concezione del ritorno ciclico sulla Terra, chiamata comunemente
rincarnazione, completa il principio della immortalità e lo trascende, dandoci
un concetto più esatto del processo che non Puo svolgersi in una sola vita
terrena. Presso antichi popoli vi era la credenza della trasmigrazione delle
anime; ce ne danno notizia Platone, Pindaro, Pitagora il quale ne fece un dogma
della sua Scuola. Alcuni autori, studiosi di esoterismo, sono d'accordo nel
riconoscere che nei Rig-Veda, antichissime scritture sacre Indù si rilevano
pochi passi che parlano della trasmigrazione delle anime, mentre se ne trovano
molti che trattano dell'immortalità dell'Anima.

"Se l'uomo ha fatto delle opere che conducono al mondo del Sole, l'Anima si
avvicina al mondo del Sole; se ha fatto opere che portano al Creatore, va nel
mondo del Creatore. Così l'Anima va nel mondo cui appartengono le sue opere. A
che serve dunque, avere quaggiù desideri e cercarvi piaceri sensuali? Liberatevi
dai vostri desideri! Abbandonandovi senza pudore ad ogni voluttà voi non fate
che intessere, morendo, nuovi legami con altri corpi e con altri individui. Non
c'è fonte di pace e di salvezza che nella conoscenza del Creatore".

La dottrina della Rincarnazione la troviamo in tutte le Religioni sia
nell'aspetto esoterico che exoterico:

Indù - Come l'Anima, rivestita di questo corpo materiale, sperimenta gli stadi
dell'infanzia, delle giovinezza, della virilità e della vecchiaia, così, quando
sarà tempo, passerà ad un altro corpo, ed in altre incarnazioni rivivrà, si
muoverà e rappresenterà la sua parte... Come uno si disfa dei suoi vecchi abiti,
sostituendoli con dei nuovi più belli , così anche l'abitante del corpo, dopo
aver abbandonato la sua vecchia casa mortale, va ad abitare in altra nuova e
pronta per riceverlo. (Bagavad Gita 11, 22).

Ebraica - Dicono che tutte le Anime sono incorruttibili, ma che quelle degli
uomini buoni sono soltanto trasferite in altri corpi e che le anime degli uomini
malvagi sono soggette a castigo eonico. (De Bello Judaico, II, 8).

Buddista - Se la tua mente è completamente libera, tu non entrerai di nuovo
nella nascita e nella decadenza. (Dhammapada, VII, 8).

Cristiana - "Ma io vi dico che Elia è già venuto ed essi non lo hanno
riconosciuto. Anzi hanno fatto a Lui tutto ciò che hanno voluto"; allora i
discepoli intesero che Egli aveva loro parlato di Giovanni Battista. (S. Matteo,
XVI, 13, 14).

Islamica - Dio genera gli esseri e li rimanda indietro molte volte fino a che
ritornano a Lui. (Corano, 11, 28).

Per la religione Cristiana è da considerare anche il significato della risposta
data da Gesù a Nicodemo che gli chiedeva se il cieco nato aveva peccato lui o i
suoi genitori. Questa domanda implica che la credenza nella rincarnazione
esisteva già ai tempi della predicazione. Fu il 2° concilio di Costantinopoli
del 553 che riprese le decisioni del Sinodo del 531 e vietò la credenza nella
rinascita. Secondo la concezione cristiana, dopo la morte l'anima entrerebbe in
uno dei tre stadi: inferno, purgatorio, paradiso, per essere punita o
ricompensata in relazione alla sua condotta tenuta in vita.

In contrasto con questa concezione fideistica, la Dottrina Occulta afferma
invece che ognuno crea il proprio inferno, purgatorio o paradiso, crea cioè la
propria coscienza che, dopo la morte, porta l'anima al livello che le consente
il suo ideale peso specifico, da dove poi avanzerà mediante un intimo lavorio di
autorimorso e perfezionamento spirituale. D'altra parte, questi stadi
dell'inferno e del purgatorio non potrebbero essere eterni, perchè una causa
finita e momentanea non può produrre effetti infiniti. L'elevatezza della
coscienza, di ogni singolo indica un piano ed una meta raggiunta per arrivare
alla perfezione che non potrebbe realizzarsi in un'unica esistenza, anche se
lunga e fruttuosa. Perciò vediamo nella pluralità delle vite terrene di un'anima
la condizione necessaria per la sua educazione e per i suoi progressi.

Il principio divino, che risiede in ogni individuo, si rincarna molte volte (in
razze, nazioni, professioni e condizioni sociali e sesso diversi) prendendo
dimora in corpi che permettono di prendere coscienza di sè stesso e di
giustificare anche che l'individuo è stato creato ad immagine e somiglianza di
Dio, cioè formato di un'anima eterna che usa per evolversi corpi distruttibili.
Con i suoi sforzi, con le sue lotte e sofferenze, l'anima si riscatta dallo
stato di imperfezione, di inferiorità e di involuzione e gradatamente si innalza
prima sulla terra, poi attraverso le innumerevoli dimore del Cielo. Nascere,
morire e rinascere costituiscono il ciclo della costruzione delle nostre
coscienze attraverso il tempo e lo spazio; la rinascita è il mezzo con cui la
Grande Legge porge a noi l'occasione di poter correggere gli errori commessi
nelle esistenze precedenti e ristabilire così l'equilibrio nelle condizioni che
avevano turbato, riprendendo la lezione al punto in cui l'avevano lasciata nella
precedente vita.

In ogni esistenza raccogliamo il frutto delle precedenti e seminiamo per le
prossime. Morte e rinascita non sono che due punti di fasi successive del nostro
continuo rinnovamento, in quanto da un'esistenza ad un'altra ciascuno porta
nella sua più alta coscienza il succo distillato delle proprie virtù, delle
conoscenze ed esperienze fatte, nonchè il bagaglio delle proprie colpe. Ciascuna
incarnazione è come un anello di una catena, come un periodo determinato (dal
punto di vista dell'anima) in cui esperimento, esperienza, espressione, sono le
note fondamentali in ogni incarnazione. Ad ogni successivo ritorno sulla terra
si riprende l'esperimento, si approfondisce l'esperienza e si collega più
intimamente l'espressione alla divinità latente in via di sviluppo. Il periodo
di tempo che intercorre fra la morte e la rinascita dura finchè l'essere in tale
stato non abbia completamente esaurito il groviglio di materia astrale o mentale
che ha accumulato nella vita sulla terra. Cessato l'alimento di queste forze, la
vita nel mondo eterico cessa e l'essere è convogliato nella corrente della
rinascita che lo porta sulla terra, nelle condizioni di ambiente adatte al grado
di sviluppo e di evoluzione dell'Ego.

La presenza nel mondo astrale è relativamente breve, mentre nel mondo mentale va
da 100 a 800 anni e anche fino a 1000. Un bambino può anche rincarnarsi subito.
Nei periodi di vita celeste le esperienze fatte durante la vita terrena si
trasformano in facoltà e la loro memoria, impressa negli atomi permanenti, va ad
arricchire il tesoro spirituale dell'Ego. La rinascita si svolge secondo la
legge di evoluzione ed è intimamente connessa alla legge del Karma, e da questa
condizionata; ciò spiega la diversità di circostanze e di orientamenti verso la
vita come il fenomeno dei fanciulli genio e di quelli prodigio che sanno
esprimere con lampi di intuizione le sorprendenti produzioni scientifiche della
loro innata intelligenza.

Ecco alcuni esempi nel campo musicale: Haedel a 10 anni compose dei motivi
giudicati degni di essere cantati nella Chiesa. Mozart a 4 anni era già capace
di eseguire una suonata, a 11 anni scrisse due pezzi di opera: la Finta
Semplice, Bastiano e Bastiana. Beethowen a 10 anni fu pianista avendo superato
tutte le difficoltà della tecnica e dell'espressione melodica. Paganini a 9 anni
aveva già la maestria del violino.

Nella pittura: Giotto, Michelangelo; quest'ultimo a 8 anni aveva raggiunto la
tecnica perfetta del suo Maestro il Ghirlandaio. Rembrandt disegnava a
meraviglia, per istinto naturale, prima ancora che sapesse leggere. Marcello
Lavillard a 12 anni espose al Salone il suo primo quadro; tanta la sua tecnica e
l'ispirazione erano perfette.

Nella Scienza: Leonardo da Vinci a precorso i tempi con invenzioni e soluzioni
intuitive in svariati campi di applicazione, Pascal a 13 anni aveva ritrovato da
solo le 32 proposizioni di Euclide e pubblicato un trattato sulle sezioni
coniche. Newton scoprì la legge di gravità e il calcolo infinitesimale. Infine
nella letteratura troviamo Victor Hugo, Giacomo Christon, Pico della Mirandola.

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