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 Rimedi vegetali e erbe medicinali: cosa succederà?
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Inserito il - 13/01/2011 : 13:11:33  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Rimedi vegetali e erbe medicinali: cosa succederà da aprile 2011

10 gennaio 2011

In questo articolo tratteremo, su richiesta di una nostra lettrice, di rimedi vegetali e erbe medicinali.

Sul web e su Facebook, da qualche settimana, è scoppiata una diatriba fra due fronti opposti: coloro che sostengono che da aprile 2011 non si potranno più acquistare, perché illegali, prodotti con piante ed erbe medicamentose, e coloro i quali sostengono che in Italia nulla cambierà.

Per prima cosa occorre far chiarezza su cosa accadrà tra pochi mesi: entrerà in vigore la direttiva 2004/24/CE “Herbal Medicinal Drug” approvata nel lontano 2004. La Direttiva istituisce la nuova categoria di “medicinale vegetale tradizionale” ossia un medicinale che contenga uno o più sostanze vegetali o preparati vegetali che, riassumendo, abbia le seguenti caratteristiche: un utilizzo tradizionale di almeno 15 anni in uno dei 27 Paesi dell’Unione Europea oppure di 30 anni in Stati non appartenenti all’Unione, una destinazione d’uso terapeutica e la non-nocività nella posologia indicata. Tutti i prodotti terapeutici di origine vegetale che rispettino tali requisiti per esser commercializzati devono esser registrati con una procedura semplificata rispetto ai normali farmaci chimici entro il 1° aprile 2011.

In Italia non accadrà alcuna rivoluzione da tale data. Il motivo lo spiega un comunicato della Federazione Erboristi italiani e lo conferma il prof. Marco Biagi della SIFIT (Società Italiana di Fitoterapia): “Nel nostro Paese il 99% dei prodotti vegetali sono commercializzati senza fini terapeutici ma solo come integratori alimentari e quindi anche la normativa di riferimento è quella sugli integratori”.

Chi vorrà dunque acquistare delle gocce di valeriana, o delle capsule di iperico potrà tranquillamente recarsi in erboristeria anche dopo il primo Aprile dell’anno prossimo.

“Il prodotto però dovrà esser obbligatoriamente commercializzato ed etichettato come integratore, non rivendicando una funzione terapeutica o curativa” afferma la dottoressa Rita Pecorari, consigliere della Sifit ed esperta in legislazione, “Potranno anche coesistere prodotti a base delle stesse piante alcuni commercializzati come integratori e altri registrati come medicinale vegetale tradizionale, la discriminante sarà sopratutto nel dosaggio”. Anche il dott. Biagi conferma: “I prodotti erboristici con il fine di ripristinare i corretti valori fisiologici, per mantenersi in salute o prevenire malattie (classificati integratori), non hanno un’attività terapeutica anche se molto spesso sono utilizzati piante e preparati che a dosaggi diversi o per indicazioni diverse, esplicano tale attività. Tracciare il confine sottile tra l’attività salutistica e farmacologica è molto difficile e comunque la qualità deve essere garantita anche da quei prodotti commercializzati come integratori perchè anche l’effetto salutistico dipende dalla qualità delle materie prime, dal processo di estrazione e lavorazione e dalla riproducibilità del prodotto. Inoltre un integratore o un prodotto erboristico non sono sicuri solo perché naturali e non sono alternativi. Non sono alternativi perché agiscono secondo gli stessi meccanismi d’azione e secondo gli stessi processi fisiologici e non sono innocui come non lo è nessuna sostanza, neanche il cibo: dipende dalla quantità”.

La ratio della Direttiva è l’armonizzazione delle normative in materia che possa assicurare la libertà di scambio nell’UE, che non verrebbe pienamente garantita se dovessero continuare ad esistere trattamenti normativi così disparati.

Chiediamo quindi alla dottoressa Pecorari se non sia contraddittorio che uno stesso rimedio vegetale in alcuni Paesi europei sia registrato come medicinale tradizionale e in Italia sia venduto come integratore e se non creerebbe maggiori disparità fra i vari Stati UE: “ L'Europa ha una lunga tradizione erboristica e quindi molte differenze sono già presenti e radicate fra questi Paesi” afferma la dottoressa Pecorari; “ad esempio l’echinacea, in Germania, è già un farmaco mentre in Italia si può tranquillamente acquistare in erboristeria. Inoltre non sono moltissime le registrazioni, sino ad ora, effettuate, e si concentrano soprattutto in Inghilterra e ancor meno in Germania”.

I detrattori della famigerata Direttiva, adducendo anche pressioni dalle lobbies farmaceutiche, prevedono che l’applicazione andrà a discapito della varietà di erbe medicinali in commercio, in quanto non tutte le aziende di produzione erboristica, spesso microrealtà, potranno permettersi i costi di registrazione e quindi la produzione passerebbe direttamente nelle mani delle case farmaceutiche. Molti tipi di erbe medicinali, però, potrebbero non esser così economicamente proficue per queste grandi industrie, da continuarne la produzione e queste specialità andrebbero irrimediabilmente perdute.

La dottoressa Pecorari però rassicura: “Le piante registrate come medicinale vegetale tradizionale non saranno molte dato che per la registrazione dovranno rispettare pedissequamente le monografie prodotte dall’EMEA, l’Agenzia Europea per i medicinali. L’azienda produttrice del farmaco dovrà rispettare i principi e i dosaggi con cui è stato registrato, si tratterà di prodotti monoplanta dato che non saranno possibili personalizzazioni creando mix e composti. I medicinali vegetali tradizionali diverranno una sorta di generici. Quindi non trovo che molte aziende saranno interessate a procedere alla registrazione, presumo continueranno a produrre integratori, per i quali è libera anche la personalizzazione”.

Inoltre a vantaggio di una maggior chiarezza in materia, sottolinea il dott. Marco Biagi, “la Società Italiana di Fitoterapia oltre alla ricerca ha come scopo principale quello della corretta informazione rivolta a tutti gli utilizzatori, partecipa e risponde ai più importanti blog di discussione e apre all’utenza il proprio sito internet www.sifit.org. Di pari passo poi procede la formazione perché in uno scenario così complesso il medico, il farmacista e i professionisti che operano con i prodotti vegetali sono i responsabili del corretto utilizzo dei prodotti e devono essere aggiornati e conoscere le novità scientifiche”.

Occorre però fare chiarezza su un ultimo punto ovvero cosa si intenda per Fitoterapia. Lo spiega il dott.Marco Biagi, ricercatore SIFIT: “Le sostanze naturali derivate dal mondo vegetale rappresentano una percentuale molto alta delle molecole attive farmacologicamente oggi sul mercato, circa il 25%: in molti casi la sostanza naturale è stata utilizzata nella forma in cui si trova in natura, come la morfina, in altri casi invece la natura ha donato alla ricerca un modello da cui partire per ottimizzare un farmaco, esempio classico l’acido acetilsalicilico.

L’utilizzo e lo studio delle sostanze naturali isolate fa da sempre parte della medicina e della farmacologia classica mentre accanto a questa procede lo sviluppo della fitoterapia.

La fitoterapia studia le piante medicinali e le sue preparazioni e utilizza prodotti che non contengono una sola sostanza ma un fitocomplesso. Perchè studiare le piante medicinali e non le sostanze isolate? Un’alternativa naturale o meno “farmaceutica”? Assolutamente no, anzi, la fitoterapia insiste laddove la farmacologia classica ha delle lacune e sfrutta alcune caratteristiche intrinseche della sinergia tra più principi attivi.

L’aglio ad esempio contiene alcuni principi attivi solforati che se isolati non sono stabili mentre lo sono negli estratti e nelle preparazioni che contengono il fitocomplesso dell’aglio.

Per fare un altro esempio comune prendiamo la camomilla che contiene sostanze ad attività antinfiammatoria accanto a sostanze come il bisabololo che contribuisce all’azione gastroprotettiva.

Un terzo e importantissimo esempio poi riguarda gli estratti dotati di attività antibiotica; gli antibiotici classici hanno sempre di più il problema dell’inefficacia perché i ceppi microbici sviluppano resistenza. La resistenza ad un fitocomplesso non è stata invece mai mostrata perché il batterio non riesce a innescare strategie multiple contro i vari agenti antibiotici di un fitocomplesso”.

Autrice: Elena Pravato
Fonte: ghigliottina.it



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