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 Manicomi criminali e ospedali psichiatrici
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Inserito il - 03/08/2010 : 10:50:48  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
In Italia esistono ancora i manicomi criminali ribattezzati ospedali psichiatrici

02 agosto 2010

Da quando c’è la legge Basaglia si chiamano ospedali psichiatrici giudiziari ma sono sempre gli stessi manicomi criminali di una volta.

Sono sei, ci sono rinchiusi in 1500 e il 40% di loro non ci dovrebbe stare ma, finita la pena, gli viene prorogato il soggiorno. All’infinito. Spesso senza un processo. Le famiglie non ci sono o li rifiutano e i territori non li accolgono. Così vivono in nove in una cella, lenzuola luride come i bagni, l’acqua tenuta in fresco nella tazza del cesso, legati se sgarrano, con lo psichiatra a disposizione per meno di un’ora al mese.

Almeno tre strutture (Barcellona Pozzo di Gotto, Aversa e Montelupo Fiorentino) andrebbero chiuse subito. Dice il senatore Pd Ignazio Marino: «È la logica del codice Rocco, ereditato dai tempi del fascismo». E ora che gli eredi di Rocco stanno al governo stanno per mettere mano alla 180 che aveva abolito i manicomi.

Forse è anche per arginare quest’attacco che la commissione d’inchiesta del Senato sul servizio sanitario nazionale, di cui Marino è presidente, ha voluto presentare ieri alla stampa, prima che all’Aula, i dati di una serie di ispezioni a sorpresa, svolte tra giugno e luglio, tra gli Opg. È così uno schifo che perfino il capogruppo in commissione del Pdl (il partito che vuole riaprire i manicomi) era sinceramente sconcertato. Ha trovato perfino i camici degli addetti ai lavori dello stesso grigiume delle lenzuola. La cella dell’unica trans rinchiusa non si apre nemmeno per l’ora d’aria.

Ecco il taccuino di viaggio della delegazione di senatori e carabinieri dei Nas:

a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) 329 degenti stipati in celle costruite nel ’14. Non ci sono psicologi e psichiatri né qualsiasi attività educativa. Ovunque sporcizia, muffe, intonaci scrostati, porte rotte, vetri incrinati, ruggine, pavimenti rotti, esalazioni di urina. Un paziente era nudo e legato al letto con le garze. Aveva un ematoma sulla testa ma il diario clinico non faceva menzione del trattamento.

Ad Aversa (Caserta), costruita nel 1898, si vive in 320 in celle da sei tutte in condizioni «disumane». Gli infermieri si cambiano nella tromba delle scale ma due padiglioni ristrutturati restano inutilizzati. I farmaci stupefacenti somministrati sono registrati una volta l’anno.

I Nas hanno preso nota e hanno denunciato tutto alla procure ma sono le stesse procure che condannano molti pazienti a una sorta di «ergastolo bianco».

Ecco Secondigliano, dove l’Opg è dentro il carcere: il 40% dei rinchiusi è in deroga. Qui sta da 25 anni un paziente che doveva scontare due anni. Un altro da tre anni attende il trasferimento in comunità. Ustioni e occhi neri mai annotati nei diari clinici. Oppure piedi e mani che vanno inesorabilmente in cancrena.

A Montelupo Fiorentino sono in 170 in uno stabile degradatissimo. A Reggio Emilia stanno in 274 dove ne dovrebbero stare 132. In un piano tre docce dovrebbero lavare 58 pazienti. Uno di loro era legato da cinque giorni per motivi disciplinari in una stanza dove non c’è nemmeno un campanello d’allarme. Ci sono spazi vuoti ma la gente sta in tre in 9 metri quadri. Un po’ meglio solo a Castiglione delle Stiviere dove anche il personale è sembrato più motivato.

Anche nelle carceri “normali” ci sono internati - e sono 1800, secondo fonti del partito radicale - che, scontata la pena, restano dentro per una presunta pericolosità sociale.

In attesa di modifiche al codice penale e di superare il sistema degli ospedali giudiziari, la commissione attende nel giro di pochi giorni le liste di pazienti dimissibili (il 40%) da ciascun Opg ed entro agosto «spera» di trovare soluzioni con le Asl competenti. «Gli Opg sono una delle “zone del silenzio” - spiega Alberto, attivo a Pisa nel collettivo antipsichiatrico dedicato ad Antonin Artaud - e mostrano l’uso politico della psichiatria. Si spinge sempre di più il consumo di farmaci, torna in voga l’elettrochoc, magari per curare la depressione post parto. Ed è in agguato una legge per portare il trattamento sanitario obbligatorio da 7 giorni a un mese».

Autore: Checchino Antonini / Fonte: Liberazione

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