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 Agcom, indagine sul peer to peer
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Inserito il - 18/02/2010 : 11:50:25  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Agcom, indagine sul peer to peer

L'indagine conoscitiva condotta dall'autorità mostra l'inutilità delle misure repressive e la necessità di un impianto normativo. E rimette al suo posto la Siae.

da ZEUS News - www.zeusnews.com - 17-02-2010

L'ultimo, ponderoso (sono 65 pagine) rapporto pubblicato da Agcom - dal titolo "Il diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica" - dipinge il quadro attuale sulla situazione relativa alla diffusione in rete delle opere coperte da copyright, svelando alcuni dati che forse non tutti conoscono.

Per esempio, secondo uno studio sul traffico Internet globale presentato negli Stati Uniti lo scorso ottobre, negli ultimi due anni il traffico peer to peer ha segnato un calo, passando dal 40% al 19% del traffico occupato, mentre è aumentato il video trasmesso in streaming.

La distribuzione legale di contenuti - si legge nel rapporto - sta rapidamente virando verso la Rete, dove sta facendo segnare un aumento dei ricavi: nel 2007 la crescita, per quanto riguarda la cinematografia, è stata del 100%.

Agcom ricorda che il peer to peer non rappresenta automaticamente un danno per l'economia tradizionale; diversi studi mostrano invece che il file sharing può portare addirittura a un incremento delle vendite, specialmente quando si tratta di Cd musicali.

Piuttosto, il calo delle vendite viene attribuito nel rapporto alla "congiuntura economica sfavorevole, alla crescita di altre forme concorrenziali (videogame e Dvd), a possibili boicottaggi delle case discografiche".

L'autorità procede poi nell'analizzare i mezzi messi in campo nelle varie nazioni per tentare di fermare il fenomeno della condivisione online, scoprendo in sostanza che o si tratta di sistemi facilmente aggirabili (come il blocco di determinate porte) o in contrasto con i principi di tutela della privacy e della net neutrality, ribaditi anche a livello europeo (come il filtraggio dei contenuti).

Addirittura Agcom arriva a ipotizzare che la deep packet inspection, se applicata su vasta scala, "contrasterebbe con i principi stessi di libertà democratica".

In ogni caso, l'analisi dei mezzi attuati in Francia, Regno Unito e Stati Uniti ha portato a concludere che l'efficacia degli sforzi in questo campo è pressoché nulla: la repressione non ha portato ad arginare il fenomeno, che invece si è acquietato da sé nel momento in cui sono sorti sistemi legali di distribuzione dei contenuti online (come iTunes).

Per quanto riguarda le leggi che regolano la repressione della pirateria - argomento estremamente attuale, con il Decreto Romani in discussione - Agcom ritiene necessario un dibattito "con tutti gli attori della filiera per ripensare in modo unitario a un impianto normativo più attuale che riformi la legge 633 del 1941".

Agcom boccia le ipotesi finora avanzate da più parti (come la tassa denominata "equo compenso") in quanto "in contrasto con il diritto esclusivo di messa a disposizione del pubblico dell'opera che compete al solo autore".

Una proposta più sensata sarebbe quella delle "licenze collettive estese", un sistema su base volontaria in base al quale gli enti di gestione collaborano con chi detiene i diritti per l'attribuzione delle licenze agli operatori che poi distribuiscono i contenuti.

Interessante, infine, è la nota con cui l'Agcom riporta gli accordi in essere con la Siae, in base ai quali " Autorità e SIAE risultano porsi su di un piano, apparentemente paritetico, che in realtà non trova riscontro".

Compito principale della Siae è infatti l'"intermediazione nell'utilizzazione economica delle opere protette da copyright", mentre la "protezione delle stesse da eventuali violazioni" è "un aspetto solo marginale della sua azione". Il che è come dire alla Siae di non impicciarsi di affari che non le competono.


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