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KETAMINA, "NEAR-DEATH EXPERIENCES" E STATI NON ORDINARI DI COSCIENZA
OSSERVAZIONI MEDICO-ANTROPOLOGICHE SUL FENOMENO DELL'ESPERIENZA DISSOCIATIVA
di Ornella Corazza
fonte: www.unicri.it
Ketamina
Definizione
La ketamina è generalmente conosciuta come una sostanza anestetica dissociativa che, se assunta in dosi subanestetiche (o meglio inferiori a quelle utilizzate per un’anestesia completa) diventa una sostanza psichedelica molto potente. Il suo principale utilizzo rimane tuttavia legato alla medicina veterinaria, come anestetico per piccoli animali. Si distingue in particolare per la sua breve durata d’azione (circa 40-60 minuti). Essa produce un effetto pressoché immediato.
Generalizzazioni sul profilo chimico-farmacologico
La ketamina, da un punto di vista strutturale, è il 2-(2-clorofenil)-2-(metilammino) cicloesanone. Essa fa parte di un insieme di sostanze chiamate “anestetici dissociativi”. Gli anestetici dissociativi più conosciuti sono:
• Ketamina; • PCP (fenciclidina); • DMX (destrometorfano).
La ketamina è un analogo sintetico del PCP. Entrambi agiscono bloccando anche il recettore aminoacidico eccitatorio N-metil-D-aspartato (NMDA), importante per la sua influenza sul pensiero, sulla memoria, sulla visione, sulla percezione del dolore e di altre sensazioni. Il suo processo di produzione è abbastanza complesso. I precursori e i numerosi solventi e reagenti necessari per la sintesi sono difficili da ottenere. Per tale ragione si presume che l’offerta di ketamina destinata ad usi “non medici”, provenga soprattutto dalla diversione della sostanza dal mercato legale. La ketamina si presenta come un anestetico “sicuro”. Il dosaggio letale è estremamente elevato e nessun caso di morte conseguente è mai stato registrato. I problemi derivanti dalla sostanza sembrano essere maggiormente legati alle situazioni d’abuso che derivanti dalla stessa. Alcuni ricercatori hanno ipotizzato la manifestazione di una perdita della memoria a breve termine (conseguente ad un uso cronico), ma il problema sembra risolversi nel tempo. Rimane comunque una questione aperta il danno derivante dal miscuglio della ketamina con l’MDMA, eroina, crack o con le diverse sostanze da taglio. Alcuni psichiatri considerano la ketamina una delle migliori modalità per riprodurre molti sintomi osservati nella schizofrenia (Jansen 1997).
Il PCP è conosciuto anche come “polvere d’angelo” (o angel dust). Era molto diffuso negli USA, durante gli anni ‘60. É rimasto marginalmente usato nel nostro Paese. A differenza di quest’ultimo, la ketamina è considerata un anestetico “gentile”, in quanto stimola le funzioni circolatorie e respiratorie, anziché diminuirle. Per tale ragione è attualmente utilizzata come anestetico per bambini. Il DMX è un analogo sintetico della morfina e usato in medicina come sedativo per la tosse. In Inghilterra è stato riscontrato come sostanza contaminante le pastiglie di MDMA, la cui combinazione potrebbe risultare estremamente tossica.
Generalizzazioni sul profilo storico
La ketamina è stata sintetizzata in Michigan (USA) nel 1962 dal farmacista americano Calvin Stevens e brevettata nel 1963, per essere poi somministrata negli esseri umani a partire dal 1964. Come del resto per altre sostanze attive, è stata impiegata nel corso della guerra in Vietnam per alleviare le sofferenze dei soldati feriti. Durante gli anni ‘70 si è diffuso negli USA un’autosomministrazione non clinica della sostanza. La maggior parte di ketamina veniva allora prodotta dalla casa farmaceutica Parke-Davis/Warner-Lambert (ora parte della farmaceutica Pfizer). Negli anni ‘80 è stata utilizzata con esito positivo in terapia psicolitica per il trattamento dell’alcoolismo (primariamente) e di altre dipendenze. Da oltre quindici anni, la ketamina viene utilizzata nelle sessioni di KTP (Ketamine Psychedelic Therapy) ad opera di un gruppo di specialisti, costituita in prevalenza da psichiatri e anestesisti, e guidata dal Dr. Evgeny Krupitsky, in San Pietroburgo. La KTP ha aiutato i pazienti nella maturazione di un atteggiamento emotivo non verbale/inconscio nei confronti dello psicoterapeuta, dei rapporti sociali e con i familiari, nonché nelle loro attitudini verso l’alcool. Nessun caso di prolungata psicosi o flashbacks è mai stato registrato (Krupitsky 1997). Attualmente è anche oggetto di sperimentazione alla Yale University (Krystal et al., 1994, 1998) e usata per il trattamento dell’anoressia alla Univeristy of Cambridge (Mills et al., 1998). Lo stato legale della ketamina sicuramente aiuta questo processo di ricerca sperimentale. Negli ultimi anni è stata osservata la sua diffusione anche in Europa.
Ketamina in contesti “non medici”
Presentare la ketamina come una sostanza a mero impiego medico o veterinario si rivela alquanto riduttivo. Nonostante gran parte delle pubblicazioni scientifiche siano protese a delineare questa sorta di parallelismo, la ketamina è attualmente oggetto di una diversione a contesti d’uso “non medico” (parlare di un “uso ricreazionale”, come spesso avviene, si potrebbe rivelare improprio viste le proprietà anestetizzanti della sostanza), che generalmente vengono associati ai rave parties e alle discoteche. I termini popolari usati per indicare la ketamina in molti Paesi d’Europa e negli USA sono:
• K; • Special K; • Kit Kat; • Purple; • Vitamin K; • Psychedelic heroin; • L.A. Coke.
Inizialmente nota come una sostanza adulterante le pastiglie di “ecstasy” o venduta direttamente come tale (anche se usata in forma pura da pochi), essa è ora commercializzata pura in polvere bianca o mescolata con altre sostanze da taglio quali eroina, speed, crack o cocaina. In Inghilterra, la combinazione con quest’ultima è nota come cK. In considerazione ai suoi effetti rilassanti è spesso utilizzata per eliminare gli effetti residui (o di down) dell’MDMA e di altre sostanze eccitanti, che possono risultare più spiacevoli. La ketamina viene generalmente inalata per via nasale. Il liquido contenuto in fiale viene riscaldato, il principio attivo precipita e la polvere risultante viene “sniffata”. La stessa soluzione acquosa può essere assunta per via orale o iniettata. Esperienze più intense quali le NDEs, avvengono generalmente in seguito ad iniezione intramuscolo (75-100mg - circa il 10-20% di una dose anestetica completa). La rapida diffusione “non medica” della ketamina sembra essere destinata a ricoprire un ruolo sempre più importante all’interno di queste tipologie ambientali, come conseguenza di almeno tre fondamentali ragioni: • breve durata; • basso costo; • peculiarità dei suoi effetti.
Effetti della ketamina
Dissociazione
La ketamina è un anestetico dissociativo. Il termine “dissociativo” si riferisce ad una classe di sostanze che rendono possibile l’effettuazione dell’intervento chirurgico, producendo un effetto di “rimozione dal corpo” del paziente (Jansen 2001). L’effetto di questa sostanza è difficilmente spiegabile. Si tratta di una questione scientificamente definita di “ineffabilità”, ossia dell’incapacità di articolare in parole eventi interiori molto profondi, come ad esempio gli stati mistici.
Fenomenologia della ketamina rispetto ad altre sostanze
Da un punto di vista fenomenologico, la ketamina va distinta per i suoi effetti dagli altri psichedelici, che invece agiscono sul sistema serotoninergico, per una questione che potremmo considerare di “direzione”. Essa, un po’ come il sognare, si caratterizza per il fatto che è percettualmente rivolta verso una “realtà interiore” e si differenzia da sostanze come l’LSD, la mescalina e la psilocibina, in quanto rivolte alla percezione di una “realtà esteriore”. Non si può dire lo stesso per l’ibogaina, la quale agisce bloccando il recettore NMDA come la ketamina.
Dualismo cartesiano
L’effetto dissociativo indotto dalla ketamina è stato spesso definito dalla stampa giornalistica, e non solo, come risultante da una dissociazione tra mente e corpo. Una tale definizione si basa su una mera costruzione artificiale, meglio conosciuta come “dualismo cartesiano”, che vede mente e corpo come due distinte forme di coscienza. Questo dualismo cognitivo ha portato a significative conseguenze nella storia della nostra società occidentale, permettendo di sviluppare una concezione meccanicistica del corpo umano e delle sue funzioni, secondo le quali non esiste interazione, o almeno significativa interazione tra corpo e mente, destinate quindi a rimanere due distinte forme di coscienza (Leder 1990; Turner 1992). Di conseguenza, in ambito medico è ancora frequente l’idea che un qualcosa non esista perché “è solo nella mente”. Questo culto d’astrazione, puramente occidentale, ha portato a considerare la medicalizzazione come prodotta da razionalizzazione e ha lasciato una scarsa considerazione nei confronti dei risultati dimostrati da “altri” sistemi medici (Turner 1995).
Effetto dissociativo o “stato d’emersione”
L’effetto dissociativo riportato dai pazienti è spesso conosciuto in ambito medico come “stato d’emersione” o “d’ingresso in un’altra realtà” e definito in termini di dimensione transpersonale di coscienza, dissoluzione estatica dell’Io, Near-Death Experience (NDE) o Out-of-Body Experience (OBE). Probabilmente per tale ragione, la ketamina è stata definita da vari autori come sostanza “enteogena” (dal greco entheos) o di rivelazione divina. Nell’intento di prevenire questi “stati d’emersione” durante l’intervento chirurgico, vengono spesso utilizzati diazepam e altri sedativi.
NDEs (near-death experiences)
Le NDEs (o esperienze vicine alla morte) sono stati non ordinari di coscienza, la cui manifestazione sorprendentemente riflette un presunto stato di morte. Essi rivelano un ampio interesse da parte di varie discipline come medicina, neuroscienza, neurologia, psichiatria, psicologia, antropologia e religione. Nonostante siano state date varie descrizioni di questo fenomeno, dovute proprio alla sua interdisciplinarità, si può osservare, in base a quanto descritto da persone “quasi morte”, che le principali caratteristiche delle NDEs sono (Moody 1975):
• ineffabilità; • convinzione in merito alla veridicità dell’evento e di essere morti; • stato di calma e tranquillità (anche se non sono mancati casi di paura che sono rimasti spiacevoli); • emersione di eventi passati, spesso rivisti come una sorta di “revisione di vita” (o life-review); • OBE (out-of-body experience). Percezione di separazione dal corpo, che spesso comprende una vista oggettiva dello stesso; • ingresso in un’altra “realtà”, caratterizzato da rapidi movimenti attraverso tunnels, comunemente conosciuto come “effetto tunnel”; • incontri con esseri di luce, parenti e amici defunti, archetipi ed entità mistiche.
Coloro che non sono confidenti con l’argomento possono concludere che il tutto abbia poco a che vedere con l’uso e l’abuso della ketamina e di quelle che sono impropriamente definite “nuove droghe”. Potrebbe essere un errore. Un numero sempre più crescente di scienziati e non afferma che certe sostanze psicoattive non portano alla creazione di uno stato alterato di coscienza, ma rappresentano la via d’accesso più immediata ad altri stati di coscienza, che per loro natura sono possibili e “naturali” come lo è il nostro stato ordinario di coscienza. D’accordo con tale affermazione, lo psichiatra Karl L.R. Jansen, autore di vari lavori sulla ketamina, nonché del recente libro Ketamine: Dreams and Realities, afferma che tutti gli effetti delle NDEs, sopra riportati, possono essere prodotti dall’uso di ketamina, se somministrata nella giusta quantità, e all’interno di un appropriato set (la predisposizione e le aspettative personali all’atto d’assunzione della sostanza) e setting (il contesto nel quale la stessa viene assunta). È stato anche affermato che in certi casi, la NDE si manifesti come spiacevole e con il desiderio di non essere ripetuta. Tuttavia molti sperimentatori hanno definito le proprie esperienze in ketamina come illuminanti e hanno voluto provare l’esperienza più volte. Nelle società occidentali il pensiero della morte sembra essere spesso evitato o comunque essere poco considerato (Danforth 1982). In merito, recenti ricerche riportano come una maggior considerazione della morte e di stati quali le NDEs possano produrre un importante effetto d’espansione della propria coscienza, rivelandosi come un’alternativa ad una visione biografico-personale della propria esistenza, che trascende spazio, tempo e le limitazioni derivanti da un dualismo cartesiano (Jansen 2001).
SSC (shamanic states of consciousness)
Pochi sono a conoscenza del fatto che la NDE rappresenta uno stato di coscienza molto simile a quello descritto come risultante da pratiche sciamaniche (SSC) e spesso definito in termini di Trance o Stati d’Estasi, (Lewis 1971; Rouget 1985). In un tale contesto, l’accesso a stati non ordinari di coscienza rappresenta un “atto di dissociazione” strettamente controllato, che può risultare effettivo in un contesto di vita quotidiano, portando cura e guarigione all’interno della collettività. Questa sorta di “cosciente” dissociazione, oltre ad essere una spontanea manifestazione, può derivare da varie tecniche scoperte ed elaborate nel corso della storia dell’uomo (nonostante l’ipotesi che lo stato originario di coscienza sia stato uno stato mistico di coscienza), che variano dalla deprivazione sensoriale e dalle pratiche meditative, sino a quelle utilizzate per indurre trance e possessione. La via d’accesso più immediata è invece rappresentata in diverse culture dall’uso di agenti psicotropi, derivati comunemente dal mondo vegetale. Secondo l’antropologo Luis Eduardo Luna (Luna 2000), autore di varie ricerche empiriche tra le popolazioni sciamaniche Mestizo dell’Amazzonia superiore, questi ultimi possono essere meglio definiti come “medicine” o “piante insegnanti”. Si tratta di termini con significati molto diversi rispetto a quelli di “droghe” usati nella nostra società occidentale, il cui uso ricreazionale e profano sicuramente non aiuta a definire. Le società sciamaniche non solo considerano questi stati come tra le più elevate forme di coscienza, ma preservano da millenni una profonda devozione per animali, piante e per la nostra Terra, nelle diversità delle sue manifestazioni.
Conclusioni e riflessioni
Nell’intento di offrire una presentazione chiara e lineare del suo discorso, i risultati di questo studio portano in evidenza la necessità di maturare un maggior sforzo d’integrazione nell’approccio interdisciplinare agli stati non ordinari di coscienza (SNC), indotti in particolare dall’assunzione di sostanze attive. Un simile profilarsi dovrebbe presentarsi come inconfutabile quadro introduttivo per una ricerca scientifica sperimentale e rinnovata che, superando le limitazioni derivate da conoscenze e metodologie d’indagine rigidamente distinte per campo di competenza, possa considerare anche altri aspetti, come quelli di comparazione culturale, finora sorprendentemente trascurati. Ma non solo. Siamo tutti testimoni della rapida ed inarrestata diffusione dell’MDMA e nel contempo della ketamina. A distanza di cinque anni dalla prima ricerca conoscitiva sulle sostanze d’abuso nel Paese, che mi ha reso partecipe in collaborazione con il Prof. Fabrizio Schifano, risulta sempre più evidente come si proceda ad analizzare quantitativamente un’esperienza meritevole anche di un approfondimento qualitativo. Conosciamo la tipologia del consumatore, la prevalenza dell’uso delle sostanze, i prezzi delle stesse e anche la voglia di cioccolato. Ma ben poco è stato detto sul contenuto dell’esperienza stessa. Un po’come l’educazione sessuale di venti anni fa, l’educazione sulle droghe concede scarsa attenzione a sensazioni ed emozioni, nonché alla normalizzazione dell’uso di queste sostanze. Il fenomeno, nel suo insieme, rappresenta un chiaro indice di smarrimento derivato da una concezione meccanicistica del corpo umano e delle sue funzioni, che vede la mente ed il corpo, il pensiero e l’azione come due distinte forme di coscienza, due forme di vita che noi viviamo. Questo dualismo cognitivo porta a trascendere quelli che sono i limiti naturali del nostro corpo, e a credere che la nostra realtà ordinaria sia l’unica scientificamente corretta. Esso origina una preclusione in merito all’esistenza di altre forme di coscienza, diverse dalla nostra forma di pensiero (ordinario), come nel caso delle NDEs, che sono invece ampiamente riconosciute in altre culture. Ma la vita del corpo è la vita delle sensazioni e delle emozioni. Il corpo sente vera fame, vero sonno, vero calore, vero amore e vera freddezza. Un insieme di percezioni che sono solo riconosciute da una mente immateriale. Nessuno è veramente contento, nessuno è veramente soddisfatto, nessuno è veramente in pace. La vita dei sentimenti contraffatti è la vita dei sentimenti mentali. Credo sinceramente sia tempo di operare una connessione tra mente e corpo, uomo e natura; in breve, di risvegliare quello che è stato recentemente definito come “sesto senso”: il senso del corpo. Noi non solo abbiamo, ma siamo il nostro corpo.
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