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Inserito il - 09/10/2009 : 12:31:47  Mostra Profilo  Rispondi Quotando
Farsi spazio per l’altro

(di Fabio Gabrielli)

(Giovanni Ruysbroek, il grande mistico del XIV secolo, rimarca a
tutto tondo come il dono di sé diventi davvero compassione autentica e
attenzione del cuore ai concreti vissuti dell’altro)

«Il suo slancio di misericordia si volge anche alle necessità
temporali del suo prossimo ed alle numerose sofferenze che sopporta.
Lo vede, infatti, sopportare la fame, la sete, il freddo, la nudità,
la malattia, la povertà, il disprezzo, i mille pesi imposti ai poveri,
la tristezza causata dalla perdita dei parenti, degli amici, dei beni
terreni, dell’onore, della tranquillità, tutto il peso, infine, che
schiaccia la natura umana, oltre misura […]. C’é di che muovere a
compassione un cuore buono e spingerlo a benevolenza verso tutti […].
Questa compassione ed amore, esteso a tutti, vince e scaccia il terzo
peccato capitale che è l’odio e l’invidia; poiché la compassione é una
ferita del cuore che fa amare indistintamente tutti gli uomini e che
non può guarire fintanto che vedrà qualche sofferenza…» (Giovanni
Ruysbroek L’ornamento delle nozze spirituali).

In sintesi, dalla lettura di questo stralcio de L’ornamento delle
nozze spirituali, possiamo ricavare quanto segue:

- La persona è tale solo nella prospettiva del dono, dell’impegno
verso il volto che ha di fronte, insomma in un contesto io-tu, ovvero
nella dimensione della relazione e della mutua comprensione, che nasce
sempre dall’individuazione, dal riconoscimento dell’altro, la cui
intimità costituisce le colonne d’Ercole di quel mistero originario di
cui è portatore;

- la comprensione del tu genera responsabilità, cioè il portarsi sulle
spalle i vissuti, le esperienze dell’altro, integrandoli con i nostri,
relazionandoli dialetticamente con la nostra biografia e difendendoli
da ogni minaccia esterna che voglia aggredirne la sacralità. Da questo
consegue che se io mi rendo responsabile nei confronti dell’altro,
anche l’altro sarà automaticamente investito dalla responsabilità di
comprendermi;

- il riconoscimento dell’altro è possibile solo se le grammatiche
esistenziali della passività si impongono su quelle dell’attività
esasperata.
In altri termini, siamo autenticamente accoglienti solo quando
facciamo dono di noi stessi, ci facciamo spazio per gli altri,
diventiamo anticipatori di fiducia.
Infatti, solo sostituendo al nostro io onnipotente, ipertrofico,
tutto attività, produttività, egoismo efficientistico, un io docile,
passivo, accogliente, capace di abbandonarsi al tu dialogante
riconoscendogli in anticipo fiducia, sacralità, consistenza etica,
dignità esistenziale, è possibile instaurare il regno della mutua
comprensione e del radicato riconoscimento.

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