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 Hot zone del cervello: dove nascono i sogni

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
admin Inserito il - 22/01/2019 : 10:19:56
Hot zone del cervello: dove nascono i sogni

Le ricerche e i progressi scientifici nell’ambito del sonno sono sempre affascinanti. Per molte persone, sognare rappresenta un importante strumento per scoprire se stessi. Uno studio condotto da un team di neuroscienziati provenienti da Stati Uniti, Italia e Svizzera ha scoperto la cosiddetta hot zone.

La hot zone è un’area del cervello la cui attività sembra indicare il momento in cui si producono i sogni e che potrebbe aiutarci anche a svelarne il contenuto. Si è scoperto, inoltre, che non sogniamo solo nella fase R.E.M. Scoperte molto interessanti per quanto riguarda l’inconscio.

La ricerca

Il team di studiosi ha monitorato l’attività elettrica del cervello di 32 persone in una clinica del sonno per un periodo che variava da 5 a 10 notti. I partecipanti venivano svegliati spesso per riferire le loro esperienze riguardo ad eventuali sogni fatti mentre dormivano. I ricercatori volevano sapere se ricordavano parte del sogno, il sogno completo o se non ricordavano nulla.

La differenza rispetto ai precedenti studi è che in questo caso l’attività cerebrale è stata monitorata con un casco che conteneva 256 cavi e consentiva di avere una visione più completa rispetto a quelle solitamente ottenute nelle cliniche del sonno.

I risultati

L’équipe ha scoperto che durante l’esperienza onirica una parte del cervello tende ad attivarsi in maniera significativa. Questa “zona calda” è localizzata nella regione parieto-occipitale della corteccia cerebrale. Sembrerebbe essere il correlato neurale dei sogni.

Quando quest’area viene stimolata durante la veglia, si ha la sensazione di “essere in un mondo parallelo o in un sogno”. Si tratta senz’altro di una scoperta affascinante che sembrerebbe suggerire che la coscienza si trova in una zona posteriore e non nei lobi frontale e parietale come si pensava.

Quando i soggetti sognavano, un’area della parte posteriore del cervello tendeva a essere molto attiva, come se fosse un po’ più “sveglia”, ha dichiarato la ricercatrice Francesca Siclari dell’Ospedale Universitario di Losanna, Svizzera.

Hot zone: le opinioni

Ci sono opinioni discordanti in merito alla possibilità che questa tecnica di studio possa svelare il contenuto dei sogni. Il professore di Psichiatria della Harvard Medical School, il Dottor Stickgold, non crede che il risultato della ricerca sia questo.

Ritiene che i sogni ricordati e i sogni dimenticati abbiano un’attività elettrica diversa. Condivide, però, l’idea che questa ricerca possa portare a svelare uno dei più grandi misteri dell’essere umano: la natura e l’origine della coscienza.

L’idea che durante il sonno le varie aree del cervello agiscono in maniera diversa è condivisa da circa un decennio da diversi ricercatori. Il sospetto c’era, ma mancavano prove empiriche sufficienti.

Il potenziale di questa ricerca risiede nell’ipotesi che determinate aree cerebrali siano responsabili di particolari attività mentre il corpo e il cervello si trovano in uno stato di sonno profondo.
Dr. Danny Eckert del NeuRA (Neuroscience Research Australia)

Studi futuri sulla hot zone

In futuro si contempla l’idea di stimolare la hot zone di pazienti che si trovano in stato di coma, con crisi epilettiche o sotto anestesia totale.

I ricercatori concordano sul fatto che in futuro le ricerche daranno accesso ad altri stati della coscienza umana, oltre a permettere di capire quali aree cerebrali sono coinvolte. Forse si arriverà a scoprire anche l’area esatta in cui si trova la coscienza e il modo in cui vi entriamo in connessione. Dipenderà da chi e da come lo interpreterà. Si tratta certamento di un argomento appassionante che ogni giorno apre il cammino a nuove scoperte.

Le aree cerebrali coinvolte in questa ricerca sembrano offrire un’integrazione multisensoriale che ben si adatta a sostenere la simulazione virtuale di un mondo che caratterizza i sogni.
Dr. Lampros Perogamvros, dell’Università del Wisconsin-Madison, coautore dello studio.

anonimo







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