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 Iperspazio e fenomeni temporali 2

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
admin Inserito il - 05/12/2018 : 10:22:08
Iperspazio e fenomeni temporali 2

di Michele Nardelli

seconda parte

...

Viaggi nel tempo: illusione o realtà?

Quando si parla di viaggi nel tempo, bisogna anzitutto distinguere tra viaggi nel futuro e viaggi nel passato. I primi sono sicuramente possibili, difatti, spiega il fisico Kip Thorne: “le leggi della relatività dicono che lo scorrere del tempo dipende da dove ci si trova e da come ci si muove nell’universo”. Einstein, infatti, dimostrò che tempo e spazio non sono entità ben distinte e assolute, ma una sorta di proiezioni di un “tessuto” a quattro dimensioni. Osservatori diversi vedono, in genere, proiezioni diverse della stessa realtà, anche se questi effetti si manifestano solo ad altissime velocità o in presenza di intensi campi gravitazionali. Spiega Thorne: “se viaggiassimo a velocità prossime a quella della luce o se ci avvicinassimo al bordo di un buco nero, il nostro orologio andrebbe molto più lentamente di quello dei nostri amici e parenti rimasti sulla Terra. Potremmo tornare dopo un’ora e constatare che sulla Terra sono trascorsi un milione di anni”. Negli acceleratori di particelle tale fenomeno si verifica normalmente. Difatti, particelle come gli elettroni, sono veloci quasi quanto la luce ed il loro tempo scorre fino ad un milione di volte più lentamente del nostro. Secondo la relatività, anche i viaggi nel passato sarebbero possibili: la gravità può “distorcere” lo spazio-tempo al punto da cambiare la direzione del tempo fino ad invertirla. Il problema che nasce non è dovuto al fatto che il tempo si “curvi”, ma dai paradossi che potrebbero nascere: se tornassimo nel passato, per esempio, potremmo involontariamente (o volontariamente) uccidere un nostro antenato e rendere quindi impossibile la nostra stessa esistenza. Secondo molti scienziati, però, tali paradossi si possono risolvere. Il fisico David Deutsch dell’Università di Cambridge, sostiene che la storia possa “ramificarsi” e creare universi “paralleli” al nostro (che è come dire “percorsi” alternativi). Cosa succede se io viaggio nel passato attraverso una sorta di “macchina del tempo” e uccido mio nonno? La meccanica quantistica risolve il “paradosso del nonno” ipotizzando l’esistenza degli universi paralleli (e quindi delle storie alternative).

Io così non uccido mio nonno nel mio universo di origine, ma in un “altro”. In tal modo non blocco la mia nascita: impedisco solo al mio “doppio” di nascere nell’altro universo. Questo tipo di paradosso è detto di incoerenza. C’è poi un altro tipo di paradosso da analizzare, ed è quello che viene definito di conoscenza. In quest’altro caso il viaggiatore nel tempo porta con sè nel passato la Divina Commedia e la regala a Dante prima che lui l’abbia scritta. Anche tale “paradosso di conoscenza” può venire evitato: idee, opere d’arte, invenzioni e scoperte possono essere “esportate” liberamente in altri universi, perchè in uno di essi hanno comunque avuto origine. Per risolvere, quindi, questi tipi di paradossi, gli scienziati sono ricorsi alla fisica quantistica, secondo la quale qualsiasi particella esiste contemporaneamente in tutti gli stati possibili fin quando non viene osservata. Si può allora pensare che ad ogni stato corrisponda realmente un diverso universo. Esisterebbe dunque un numero sterminato (forse infinito) di universi paralleli, determinati da tutte le possibili combinazioni di stati e di particelle. Ne consegue che quando si apre un passaggio temporale, si crea un ponte fra due universi: il crononauta non va nel passato del proprio universo (dove a quell’epoca non esisteva), ma nel passato di un universo parallelo. Egli è allora libero di modificarne la storia (compiendo anche nonnicidi), perchè nessuna delle sue azioni avrà conseguenze sul suo universo di origine e quindi su di lui. Peccato che le leggi della meccanica quantistica impediscano anche di ritornarci, nel proprio universo (ritornando cioè al proprio tempo, quindi viaggiando nel futuro, il crononauta giungerà in uno degli infiniti futuri possibili). C’è però un altro modo, ritenuto da molti più plausibile, di risolvere i paradossi: ammettere l’esistenza di “anelli temporali”, in cui il passato avviene solo perchè avviene il futuro e le vicende si susseguono ciclicamente secondo un destino immutabile. Per chiarire questo concetto, John D. Barrow docente dell’Università di Cambridge, fa un esempio: “Immaginate di viaggiare indietro nel tempo e di prepararvi a sparare a voi stessi in braccio a vostra madre. Sparate, ma una vecchia lesione alla spalla, dovuta al fatto che quando eravate bambini vostra madre vi ha lasciato cadere, vi fa sbagliare mira. Il colpo è però sufficiente a spaventare vostra madre che lascia cadere il bambino, il quale si fa male ad una spalla”. A questo punto andiamo ad approfondire la fisica dei viaggi nel tempo, sia dal punto di vista della meccanica quantistica, sia dal punto di vista classico (relatività generale).

Esistono tre dimensioni dello spazio attraverso cui ognuno può muoversi liberamente. Il tempo è semplicemente una quarta dimensione, identica alle altre in ogni sua caratteristica, tranne il fatto che la nostra coscienza è obbligata a percorrerla ad un’andatura regolare. Se fosse possibile piegare le quattro dimensioni dello spazio e del tempo, per esempio scambiando la lunghezza con la durata, allora sarebbe possibile percorrere le vie della storia con la stessa facilità con cui si viaggia in macchina. Per funzionare in modo coerente con quanto appena detto, una macchina del tempo dovrebbe ruotare in una nuova configurazione della struttura spaziotemporale. Di conseguenza, chi assiste alla partenza della macchina, la vedrebbe ruotare vertiginosamente prima che essa scompaia nella storia, mentre il viaggiatore proverebbe un senso di vertigine indotto dalla forza centrifuga e dalla forza di Coriolis, nonchè l’impressione di essere catapultato fuori dalla macchina. Nel viaggiatore, la sensazione di ruotare verrebbe contraddetta dall’illusione di essere seduto immobile nel posto di guida intanto che il tempo scorre all’esterno della macchina, perchè si tratta di una rotazione all’esterno del tempo e dello spazio stessi.
La velocità della luce nel vuoto è estremamente elevata, di circa 300.000 km/sec, però si tartta di un numero finito, quindi di una costante. Michelson e Morley dimostrarono che si tratta di una velocità “isotropica”, che presenta cioè le stesse proprietà fisiche in tutte le direzioni. La luce nel viaggiare attraverso lo spazio, non si comporta come un oggetto materiale, come per esempio un treno. La velocità della luce, misurata da un sistema di riferimento, sia che quest’ultimo la raggiunga, sia che la incontri, è esattamente la stessa. Si deve quindi considerare la velocità della luce come una quantità fissa, e le dimensioni come quantità variabili. L’universo si organizza in maniera tale da rendere costanti le nostre misurazioni della velocità della luce. Tutto ciò può essere espresso geometricamente come una torsione delle dimensioni. Trovandoci in una struttura a quattro dimensioni e immaginando di poterla ruotare in modo che la lunghezza venga a trovarsi al posto dell’ampiezza, e quest’ultima al posto dell’altezza, ma, soprattutto, la durata viene a trovarsi al posto di una dimensione spaziale, otterremo il principio su cui si basa il funzionamento della macchina del tempo. Essa torce intorno a sè lo spazio ed il tempo, trasformando quest’ultimo in una dimensione spaziale, in modo tale che ci si può recare nel passato o nel futuro con la stessa facilità con cui si viaggia in automobile.

E’ possibile concepire le diverse versioni di storia come “corridoi” (universi) paralleli, ciascuno dei quali esiste indipendentemente dagli altri. Una macchina del tempo consentirebbe di percorrerli avanti e indietro. Osservando da un punto qualsiasi all’interno di un corridoio, si può vedere un “flusso storico” completo e coerente, senza essere consapevoli dell’esistenza di altri corridoi. E i corridoi non possono influenzarsi a vicenda; in alcuni di essi, però, le condizioni possono cambiare: persino le leggi fisiche possono essere diverse. Il funzionamento della macchina, abbiamo detto, dipende da una torsione dello spazio e del tempo, che trasforma il viaggio temporale in un viaggio spaziale. Immaginiamo un universo in cui la torsione spaziotemporale sia molto accentuata, un universo in cui la rotazione fa parte della struttura stessa di esso. La rotazione sarebbe intrinseca ad ogni punto dello spazio e del tempo. Un sasso scagliato da qualunque punto seguirebbe una traiettoria a spirale: l’inerzia (la resistenza di un corpo a cambiare il suo stato di moto o di quiete) agirebbe come un compasso, ruotando intorno al punto di lancio. Secondo alcuni scienziati, il nostro stesso universo potrebbe essere sottoposto ad una tale rotazione, ma ad una velocità estremamente lenta: 100.000 milioni di anni per compiere una singola rotazione. Il principio dell’ “universo rotante”, venne avanzato per la prima volta dal matematico Kurt Godel. In un universo rotante, è possibile muoversi nello spazio, ma viaggiando nel passato o nel futuro. Anche il nostro universo ruota, però tanto lentamente che un viaggio simile sarebbe di 100.000 milioni di anni luce, e richiederebbe quasi un milione di milioni di anni. Se ci immaginiamo invece un universo molto più denso del nostro, così denso in qualsiasi punto quanto il nucleo di un atomo di materia, un tale universo per una rotazione completa impiegherebbe poche frazioni di secondo. L’ipotesi sarebbe che per poche frazioni di secondo la macchina del tempo si dovrebbe spostare rapidamente avanti e indietro fra il nostro universo ed un altro universo ultradenso, sfruttando ad ogni passaggio la torsione assiale della realtà per viaggiare lungo una serie di “pieghe” (curvature spaziotemporali) nel passato o nel futuro. Il crononauta si muoverebbe quindi “a spirale” attraverso il tempo. In un viaggio nel passato il crononauta proverrà da un futuro, tra un’infinità di varianti possibili. Sarebbe infatti razionalmente possibile che la macchina del tempo cambi il corso della storia, e generi nuove e diverse serie di eventi. Il principio stesso del suo funzionamento potrebbe cioè fondarsi sulla sua capacità di “estendersi” in un’altra “storia parallela” (in un corso della storia di un universo parallelo). Secondo il concetto della “molteplicità”, non è possibile garantire alcunchè a proposito del passato, non è possibile cambiare la storia (di un universo): è però possibile generare nuove versioni.

La meccanica quantistica è la teoria che ci consente di comprendere la molteplicità della storia, l’interpretazione della moltiplicità degli universi. Con l’avvento di tale disciplina è stato scoperto che non si può mai stabilire “esattamente” dove sia una particella, nè dove sia diretta. Esiste un limite invalicabile alle misurazioni, stabilito da quello che viene definito “principio di indeterminazione”. Per quanto riguarda il mondo, dobbiamo dimenticarci di qualunque natura precisa, di qualunque determinatezza: dobbiamo pensare in termini di probabilità, cioè la possibilità di trovare un oggetto fisico nel luogo tale, alla velocità tale, e così via. Analizziamo adesso un tipico “paradosso temporale”. Ho 30 anni e invento la macchina del tempo, ritorno nel passato munito di un’arma e ammazzo me stesso da giovane a 17 anni. Questo sarebbe un classico, semplicissimo, paradosso causale. Se morissi a 17 anni, non costruirei la macchina del tempo, non diventerei trentenne, età in cui ho inventato la macchina, quindi non potrei tornare nel passato a compiere l’omicidio. Ma se l’omicidio non fosse commesso, potrei costruire la macchina e tornare nel passato a uccidere me stesso più giovane, e allora non costruirei la macchina e l’omicidio non potrebbe essere commesso… Sarebbe, da come è facile notare, un circolo vizioso interminabile; ma se il principio della molteplicità dei mondi è corretto, allora non esiste nessun paradosso. La storia si dirama in due corsi: in uno io sopravvivo, nell’altro muoio. Io, cioè, come viaggiatore temporale, sono semplicemente passato dall’uno all’altro corso di storia (da un universo all’altro). L’esistenza reale di altri universi, implica un significato che travalica la nostra breve esistenza. Le verità matematiche hanno un’esistenza indipendente dalle menti in cui trovano ricetto: tali verità sono “schegge” del pensiero di qualche “Mente Superiore”. Le nostre vite qui sulla Terra, hanno soltanto un significato dubbio, dunque il loro vero significato deve risiedere fuori di questo mondo. Il concetto secondo cui tutto al mondo ha un significato ultimo è l’analogo esatto del principio secondo cui tutto ha una causa, un principio su cui si basa tutta la scienza. Ne consegue che da qualche parte, oltre la nostra storia, esiste il “mondo assoluto” in cui tutto il significato si risolve. Il viaggio temporale, per sua stessa natura, provoca perturbazioni nella storia e dunque la generazione o la scoperta di altri universi oltre il nostro. Il compito di un viaggiatore temporale potrebbe quindi essere quello di cercare il “mondo assoluto” fino a trovarlo o a “crearlo”. Se si potesse disporre di una macchina del tempo, o “veicolo di dislocamento cronotico”, sarebbe forse possibile tornare all’alba della creazione e, potendo la storia essere cambiata, cambiare tutto dalle origini, che è come dire, scegliere tra le infinite varianti il migliore universo possibile, quindi l’universo con la migliore storia possibile.

Una cronomacchina (macchina del tempo) provoca “biforcazioni” più ampie, che generano nuove “storie”, alcune delle quali sarebbero impossibili senza l’intervento della macchina stessa. Consideriamo una persona fisica, ad esempio me stesso. Se in un dato momento “aggiungo” una copia di me stesso, che può essere “assente” perchè ho viaggiato nel passato o nel futuro, e poi “sottraggo” ogni copia “doppiamente presente” perchè uno di noi ha viaggiato nel passato, scopro che la somma totale rimane costante: esiste in realtà un solo individuo, a prescindere dal numero di volte in cui viaggia avanti e indietro nel tempo. Quindi esiste una sorta di conservazione della materia, anche se, in qualunque momento di qualunque storia, può sembrare che le leggi della conservazione siano violate, a causa dell’improvvisa compresenza, o assenza, di due di noi. Il paradosso, cioè, esiste soltanto se si considera una storia singola, scompare, invece, se si pensa in termini di molteplicità. A livello macroscopico è possibile l’esistenza di storie multiple e divergenti, presupposta l’esistenza di una cronomacchina. E’ possibile immaginare situazioni in cui la molteplicità della storia è nulla, singola o plurale. E’ nulla, se la storia è impossibile, cioè non è coerente con sè stessa; è singola, nella situazione in cui un singolo corso di eventi ha origine da un singolo punto nel tempo, e si svolge coerente e immutabile. Ora, più una cronomacchina viaggia nel passato, più le molteplicità generali tendono all’infinito, più aumenta la “divergenza” fra le nuove copie del corso della storia: da ogni evento si formano molte storie, forse un numero infinito di storie possibili (concetto della molteplicità della storia plurale). Dal punto di vista tecnico presumiamo che gli operatori quantici siano “lineari”. Tuttavia potrebbe esistere un modo per porre in comunicazione le “storie”, se, a qualche livello fondamentale, esse rimanessero “intrecciate”, se, quindi, negli operatori quantici esistesse una quantità di “non linearità” tanto piccola da essere quasi non individuabile. Le non linearità si manifestano a livello infinitesimale, come nel caso dell’interazione non lineare tra la rotazione dell’atomo ed il suo campo magnetico. Immaginiamo di eseguire la misurazione della rotazione di un atomo: l’universo si divide in due, naturalmente, a seconda dell’esito dell’esperimento, dopo il quale si permette all’atomo di attraversare il proprio campo non lineare. Questo è l’operatore quantico anomalo. Ebbene, è possibile organizzare le condizioni in maniera tale che l’azione compiuta in una storia dipenda da una decisione presa nella seconda storia. L’universo contiene un meccanismo atomico dinamico, in cui le configurazioni delle connessioni e degli atomi mutano in permanenza, gli atomi cioè sono connessi gli uni agli altri da quella che schematicamente potrebbe essere rappresentata come una “rete di fili di luce”.

Nell’universo intero, ogni atomo, ogni piccolo aggregato gassoso, è pervaso di struttura e di significato. Nulla è casuale nell’orientamento degli atomi, nella direzione della loro rotazione, nelle loro interconnessioni. E’ come se tutto l’universo fosse una sorta di biblioteca in cui è immagazzinata la saggezza ed in cui ogni minima particella di materia è stata esaminata, sfruttata e catalogata. L’immane struttura della materia è pervasa di “coscienza”; la “mente” permea il tessuto stesso dell’universo, il “pensiero” e la “consapevolezza” ne fanno parte integrante. Nell’universo la mente opera al livello dell’infinito. L’universo è infinito nel tempo e nello spazio, e la mente, anch’essa infinita nel tempo (eterna), oltre a controllare tutta la materia e tutte le forze, immagazzina un’infinità di informazioni. La mente è quindi onnisciente, onnipotente e onnipresente. Nella molteplicità esistono tutti gli universi possibili, l’uno adiacente all’altro, in un catalogo infinito di possibilità: ogni universo possibile, con tutto il suo “carico” di mente, di amore e di speranza, esiste da qualche parte nella molteplicità. La mente può sfidare il “finito”, può raggiungere e superare il confine del tempo (eternità), può insediarsi in tutti gli universi della molteplicità (infiniti).

La meccanica quantistica potrebbe imporre la presenza di quelle che si definiscono “linee di tempo chiuse” (closed timelike curve o CTC). Benchè rare a grande scala, queste strutture potrebbero essere abbondanti a livello submicroscopico, dove predominano gli effetti quantistici. Lo spazio-tempo pur apparendo uniforme a grandi scale, avrebbe una struttura submicroscopica “spugnosa” contenente molti cunicoli e CTC che condurrebbero a circa 10^-42 secondi nel passato. E’ possibile che le particelle subatomiche compiano continuamente “viaggi nel tempo”. Più importante è il fatto che la meccanica quantistica può risolvere i paradossi del viaggio nel tempo. Nel parlare di meccanica quantistica ci si riferisce a quell’interpretazione che viene definita “a molti universi”, proposta nel 1957 da Hugh Everett III. Secondo Everett, se qualcosa può fisicamente accadere, allora accade (in qualche universo). La realtà fisica consiste in una “collezione” di universi, alla quale talvolta si dà il nome di “multiverso”. Rimanendo in tema di particelle elementari, il decadimento di un neutrone, ad esempio, può avvenire in ogni momento, anche se certi istanti sono più probabili di altri. Secondo l’interpretazione a “molti universi”, per ogni istante in cui il neutrone potrebbe decadere, esiste un universo in cui decade in quell’istante.

Se lo spazio-tempo classico contiene CTC, allora, secondo la meccanica quantistica, gli universi del multiverso devono essere collegati in maniera peculiare. Si ha cioè un unico spazio-tempo convoluto costituito da molti universi connessi. Questo collegamento costringe me trentenne a trasferirmi in un universo che è identico a quello da me lasciato fino al momento del mio arrivo, ma diviene a questo punto differente a causa della mia presenza. Allora io posso impedire o no la mia nascita? Dipende da quale universo si considera. In quello che lascio, ossia quello in cui sono nato, il matrimonio fra i miei nonni è avvenuto, perchè mio nonno non ha ricevuto nessuna visita da me. Nell’altro universo, quello in cui io arrivo nel passato, mio nonno non sposa la stessa donna (o non si sposa affatto) quindi io non posso nascere. Perciò il fatto che io viaggio nel tempo non pone vincoli alle mie azioni. Secondo la meccanica quantistica, una limitazione non sarebbe possibile dal momento che, anche in presenza di linee di tempo chiuse, il principio di autonomia è sempre rispettato. Approfondiamo a questo punto il viaggio nel tempo dal punto di vista della fisica classica. Le equazioni di campo della relatività generale prevedono che corpi massicci come una stella o un buco nero distorcano lo spazio-tempo e curvino le linee universali. In questo modo ha origine la gravità: la linea universale della Terra compie una spirale intorno a quella del Sole, la quale a sua volta spiraleggia intorno a quella del centro della Galassia. Supponiamo che lo spazio-tempo diventi così distorto che alcune linee universali formino cappi chiusi, pur continuando a rimanere linee di tempo per tutta la loro lunghezza. Localmente esse rispetterebbero tutte le familiari proprietà dello spazio e del tempo, ma sarebbero dei veri e propri “corridoi” verso il passato. Se cercassi di seguire esattamente una linea di tempo chiusa (CTC) per tutta la sua lunghezza, andrei ad urtare contro me stesso nel passato e a causa di quest’urto verrei estromesso dal mio stesso passato; seguendo invece solo una parte di una CTC tornerei nel passato e potrei partecipare agli eventi che vi si svolgono: potrei stringere la mano ad una versione più giovane di me stesso o, addirittura, se il cappio fosse abbastanza grande, far visita ai miei antenati. Il matematico Kurt Godel trovò una soluzione delle equazioni di Einstein che incorpora le CTC; in questa soluzione l’intero universo deve però ruotare su sè stesso. John A.Wheeler ha proposto una sorta di scorciatoia nello spazio-tempo, un cosiddetto “cunicolo” (wormhole), e Kip S.Thorne ed altri, hanno mostrato come si potrebbero spostare le estremità di un cunicolo per formare una CTC. Secondo alcuni calcoli eseguiti da Richard Gott, una “stringa cosmica” (un altro costrutto teorico che potrebbe o no esistere in natura) che passasse rapidamente accanto ad un’altra stringa genererebbe CTC. Non è da escludere che tali linee di tempo chiuse diventino accessibili ad una civiltà del futuro, che potrebbe allora tentare di creare ed esaminare i paradossi con il viaggio nel tempo. E’ interessante a questo punto, esaminare più da vicino i paradossi in questione per vedere quali principi il viaggio nel tempo potrebbe eventualmente violare secondo la fisica classica. In base alla fisica classica, non vi è dubbio che al mio arrivo nel passato io debba compiere le azioni che la storia documenta come compiute da me.

La fisica classica, in assenza di CTC, diviene deterministica: ciò che accade ad un dato istante è totalmente determinato da ciò che accade ad ogni istante precedente (o successivo). Pertanto tutto ciò che io faccio è una conseguenza inevitabile di ciò che è accaduto ancora prima che venissi concepito. Il nocciolo del paradosso del nonno sta nella violazione di un principio fondamentale che sta alla base sia della scienza sia della logica di tutti i giorni: quello che si chiama “principio di autonomia”. Secondo questo principio, è possibile creare nelle nostre immediate vicinanze qualsiasi configurazione di materia permessa localmente dalle leggi fisiche, senza fare riferimento a ciò che può accadere nel resto dell’universo. In presenza di CTC la fisica classica si comporta diversamente da quella quantistica, a causa di quello che Friedman ed altri chiamano “principio di autoconsistenza o di coerenza intrinseca”. In base ad esso, possono manifestarsi localmente solo le configurazioni di materia che sono globalmente autoconsistenti. Secondo la fisica classica la storia è una sola e quindi, per quanto io possa sforzarmi di fare diversamente, il principio di autoconsistenza mi impone di recitare la mia parte nello svolgimento degli eventi. Ritorniamo per un attimo al paradosso del nonno. Immaginiamo che ho usato la macchina del tempo per far visita a mio nonno, proprio nell’anno e nel momento in cui era tutto intento a corteggiare la futura moglie (mia nonna). Io, accennando a segreti di famiglia che mio nonno non aveva ancora riferito a nessuno, l’ho convinto della mia identità, cioè di essere suo nipote e di provenire dal futuro. Naturalmente mio nonno è rimasto a dir poco sbalordito, ma il peggio deve ancora accadere. Quando mio nonno, recandosi a cena con la sua ragazza, ha esordito: “ho appena incontrato mio nipote!”, la donna si è trovata nel dilemma fra il temere per la sanità mentale di mio nonno e il risentirsi profondamente per la temeraria impertinenza (l’aver cioè raccontato una sciocchezza così assurda). Il risultato è stato, quindi, che la serata è miseramente naufragata, i miei nonni non si sono mai sposati e non hanno quindi mai avuto il bambino che sarebbe divenuto mio padre.

Secondo la fisica classica posso far visita a mio nonno, e quando egli racconta alla mia futura nonna ciò che gli è accaduto (il fatto di aver incontrato il nipote proveniente dal futuro col tramite di una macchina che permette di viaggiare nel tempo), lei si preoccupa per il suo stato di salute. Commosso, mio nonno le propone di sposarlo e lei accetta. Non solo tutto ciò potrebbe accadere: secondo la fisica classica “deve” accadere. In tal modo, invece di alterare il passato, io ne divento parte attiva. Secondo la fisica classica, “qualcosa” deve impedirmi di modificare ciò che è già accaduto. Non che si debba necessariamente trattare di un evento mirabolante: è sufficiente un banale contrattempo. Il principio di consistenza impone che quello di autonomia venga meno. Il radicarsi di convinzioni preconcette che siano prive di evidenze sperimentali o del supporto logico di una teoria, può inibire in modo sensibile lo sviluppo della conoscenza. Una di queste convinzioni è che i viaggi nel passato siano impossibili perchè permettono di creare situazioni causalmente inconsistenti. L’esempio più diffuso è quello già discusso di un esploratore che si porti nel suo passato fino ad incontrare uno dei propri nonni ancora nella sua infanzia o adolescenza e quindi lo uccida o comunque agisca in modo da impedire a sè stesso di divenire. Sebbene ovvia e difficilmente confutabile, la contraddizione che emerge da questo argomento è il frutto di una indebita proiezione della nostra esperienza e dell’intuizione comune in una realtà fisica diversa e ancora sconosciuta quale è quella in cui sono possibili viaggi nel passato. Può accadere infatti che, in presenza di condizioni così estreme, l’esploratore sia nell’impossibilità di compiere azioni che creino paradossi insolubili come quelli che si ottengono troncando la sequenza causale degli eventi. Un risultato in questa direzione, che emerge non come mera congettura, ma come implicazione di un’analisi matematica rigorosa, è stato ottenuto da Igor Novikov e dai suoi collaboratori. Essi hanno dimostrato che in una dinamica classica, in cui siano state contemplate traiettorie spazio-temporali chiuse, il ben noto principio di azione estrema, che descrive il comportamento naturale di oggetti fisici, è anche il principio di autoconsistenza, nel senso che esso assicura come possibili “soltanto” quelle traiettorie che, pur violando la cronologia (cioè permettono viaggi nel passato), non violano la causalità se non in modo “marginale”, cioè senza indurre contraddizioni. Tali traiettorie sono dette “autoconsistenti”. Non è ancora chiaro come l’autoconsistenza di un sistema locale sia imposta dalla struttura globale dello spazio-tempo, cioè come quest’ultima condizioni il comportamento dell’ipotetico osservatore dell’esempio discusso in precedenza. E’ possibile tuttavia supporre che ciò avvenga in modo non dissimile da come le leggi fondamentali della natura ci impediscano di essere diversi da come siamo.

Viaggi nel tempo: possibilità, implicazioni e paradossi

Uno dei temi più fecondi della fantascienza, probabilmente il più affascinante, è quello dei viaggi nel tempo, con le relative implicazioni. Con una “cronomacchina” sarebbe possibile trasferirsi istantaneamente nel futuro più lontano, oppure recarsi nel passato, magari con l’intento di modificare e riscrivere a proprio piacimento la storia del mondo, o anche semplicemente la propria storia. Secondo una teoria fisica il tempo è “quantizzato”, ed è quindi rappresentabile più che come un “flusso”, come una serie di punti. Noi non possiamo percepire la natura discreta del tempo perchè i punti, come i fotogrammi di un film, scorrono rapidamente. Per sfruttare tale tesi un eventuale “crononauta”, potrebbe escogitare un sistema per rallentare il flusso temporale di un tale numero di ordini di grandezza, che i singoli punti di tempo e i singoli spazi divengano “palpabili”. Riguardo ai viaggi nel tempo tramite i “wormholes” (letteralmente, “tane di verme” o “cunicoli” che pare esistano al centro dei buchi neri rotanti e che sono dei veri e propri tunnel spaziotemporali), nell’aprile 2000 la rivista britannica “News Scientist” diffuse la notizia secondo cui un fisico russo S. Ktasnokov, avrebbe individuato, a livello teorico, un nuovo tipo di cunicoli compatibili con lel leggi della fisica, stabili e senza limiti di dimensione. E a proposito di “stabilità” che è il problema fondamentale riguardo l’utilizzo dei cunicoli (difatti, secondo la fisica relativistica, un tunnel temporale subirebbe una repentina e catastrofica dispersione di energia provocata dalla radiazione che retroagisce su sè stessa attraverso il tunnel), secondo un ricercatore di Pechino, Li-Xing Li, sarebbe possibile evitare la retroazione collocando uno “specchio” sferico nelle vicinanze del tunnel.

Analizziamo adesso un esempio di paradosso del rapporto di causa-effetto (tipo paradosso del nonno). Sul nodo della “causalità” si sono costruite migliaia di storie. Fra le più celebri c’è un brevissimo racconto di Fredric Brown, “Esperimento”, in cui si narra cosa accade quando un certo professor Johnson mostra a due sue colleghi come funziona il suo modello sperimentale di macchina del tempo. Il marchingegno è simile, nell’aspetto, ad una comune “bilancia pesa-lettere, con in più due quadranti da orologio fissati sotto il piattello”. Il professore invia, come prima dimostrazione, un piccolo cubo di metallo cinque minuti nel futuro. Lo posa sul piattello, regola uno dei due orologi sul tempo prefissato ed il cubo sparisce. Cinque minuti esatti più tardi, il cubo riappare sul quadrante. L’imprevisto, però, si verifica quando Johnson vuole inviare il cubo cinque minuti nel passato. Ma vediamo come viene descritto l’esperimento dall’autore del racconto:” – Mancano sei minuti alle tre, spiegò Johnson, alle tre in punto, posando il cubo sul piattello, azionerò il meccanismo. Di conseguenza, alle tre meno cinque il cubo dovrà sparire dalla mia mano e comparire sul piattello: cinque minuti prima di avercelo messo! Ma, chiese uno dei colleghi, se scompare, come potrete poi mettercelo? Alle tre, risponde il professore, quando avvicinerò la mano, il cubo sparirà dal piattello e apparirà nella mia mano per essere ridepositato sul piattello”. L’esperimento si avvia, come previsto, e alle tre in punto il cubo scompare dal piattello materializzandosi nella mano di Johnson, affinchè questi ve lo riponga. Ma qui giunti, uno dei colleghi muove l’obiezione-chiave: e se Johnson non mettesse più il cubo sul piattello? “Non si avrebbe, in questo caso, una specie di paradosso causa-effetto?” “- Idea molto interessante…, disse il professore, non ci avevo pensato! Ma proveremo subito. Dunque ecco: sono le tre, e io non… Non ci fu nessuna specie di paradosso, il cubo rimase. Ma il resto dell’intero Universo, professori e tutto, sparì”. In tale esempio il manifestarsi di una tale sorta di “paradosso causa-effetto”, avrebbe conseguenze deleterie, nientemeno che la scomparsa del nostro Universo. Andiamo ad analizzare un’altra fenomenologia possibile legata ai viaggi nel tempo: le “modifiche dal passato”. E’ evidente che chi fosse in grado di spostarsi lungo l’asse del tempo per modificare a proprio piacere certi eventi chiave, avrebbe un potere quasi divino. A rifletterci, non è da escludere che in futuro non si costruisca realmente una cronomacchina, se è vero, a quanto sembra, che il viaggio nel tempo non è impossibile almeno da un punto di vista teorico. Addirittura è possibile ipotizzare che i crononauti esistono e magari hanno visitato e continuano a visitare il nostro tempo senza lasciare tracce. Tracce cancellate proprio con manipolazioni del nostro contesto.

Nel noto romanzo “Rumore di tuono” di Ray Bradbury, grazie ad una agenzia di cronoviaggi, cinque uomini partono verso l’epoca dei dinosauri. Essi lasciano un mondo politicamente e socialmente instabile; è stato appena eletto il presidente Keith, prevalso di stretta misura su Deutscher, un candidato di ispirazione fortemente autoritaria. I crononauti giungono nelle foreste del Giurassico; qui dovranno muoversi con estrema circospezione e camminare solo sul “sentiero”, un largo nastro metallico che si snoda sollevato a sei piedi da terra. Ma Eckels, il protagonista, spaventato dalla irruzione di un Tirannosauro, fugge per alcuni metri scendendo dal “sentiero”, calpestando erba e fango. Poco dopo, comunque, i cinque rientrano nel “presente”. Eckels ha un soprassalto rileggendo un cartello appeso nei locali dell’agenzia. Comprende che qualcosa è cambiato, che il presente in cui è giunto non è lo stesso che si è lasciato alle spalle nel momento in cui è partito per il cronoviaggio. Difatti, rovistando pazzamente nel fango rappreso ai suoi stivali ne trae un grumo di terriccio tremando. Semisepolta nel fango, nera e scintillante di colori verde e dorato, c’era una farfalla, bellissima e morta. La farfalla è il segnale di ciò che Eckels poco prima aveva solo sospettato. Preso da un dubbio chiede chi ha vinto le elezioni presidenziali il giorno prima. E qui lo stupore e insieme il terrore: il candidato Deutscher e non Keith era l’attuale presidente, un uomo di fegato, autoritario e con polso fermo. Con un “effetto valanga”, una variazione minima, l’uccisione involontaria di una farfalla, si è “amplificata” nel corso di sessanta milioni di anni fino a coinvolgere l’intero assetto sociopolitico del futuro.

Secondo un’altra versione di questa ipotesi, al rientro nel “presente”, nella mente dei partecipanti al viaggio temporale e di tutti coloro che comunque ne sono al corrente, svanisce in breve tempo ogni memoria di quegli eventi e di quanto ad essi collegato. Si avrebbe cioè, una insolita azione di auto-aggiornamento della storia, per cancellare nel nostro Universo una contraddizione non sostenibile. Secondo un’altra ipotesi molto suggestiva, sarebbe possibile persino “rimontare il film della Storia”. Lo stupendo romanzo “La fine dell’Eternità” di Isaac Asimov, presenta una infinita serie di escursioni temporali con vistose manomissioni della realtà senza provocare, sostanzialmente, alcun paradosso. Com’è possibile ciò? Occorre aprire una parentesi e soffermarsi su un concetto ricorrente nella storia della nostra cultura, secondo il quale passato, presente e futuro esisterebbero “contemporaneamente”, il che ha strette analogie con l’antica idea di “eternità”. Il “nostro” tempo è simile più ad una pellicola cinematografica, dove tutti i singoli avvenimenti (i fotogrammi) sono logicamente ordinati e compresenti, anche se di ciò potrebbe avere cognizione completa solo chi riuscisse a portarsene all’esterno. (Questo è forse ciò che accade a quelle persone dotate di poteri di precognizione, che riescono a proiettare il loro “corpo astrale” in una dimensione “superiore”, quella dimensione in cui non esistono barriere spaziotemporali). Nel romanzo su citato Asimov immagina una organizzazione creata dagli uomini (l’Eternità nel titolo) in pratica onnipotente, situata al di fuori dell’ordinario dipanarsi del tempo, benchè gli uomini che la compongono (gli Eterni) vivessero biologicamente una normale esistenza. Il vantaggio era che, stando nella Eternità, si poteva osservare dal di fuori l’intero spaziotempo, o continuum quadridimensionale, quasi fosse un film: dagli inizi della Storia al più lontano futuro. Asimov descrive il procedimento basilare con cui gli Eterni modificavano la Storia: essi dovevano conseguire il “Massimo Risultato Ottenibile” (MRO) intervenendo mediante un “Mutamento Minimo Necessario” (MMN). Insomma, alterare un dettaglio-chiave apparentemente insignificante dei fatti quotidiani doveva condurre negli anni, per uno studiato processo di concatenazioni, alle conseguenze auspicate. Il “Mutamento Minimo Necessario”, secondo Asimov, obbedirebbe anche a quell’universale “principio di economia” che è uno dei cardini della stessa Natura. Ma come può “la fine dell’Eternità” descrivere colossali manomissioni temporali del mondo senza provocare paradossi? La risposta è evidente: gli Eterni sono al di fuori della nostra realtà, e “tagliano e incollano” (similmente a quello che possiamo fare con il nostro computer) a loro piacimento i fotogrammi di quello sterminato film che è la Storia. A questo punto, gli eventi che accadono sulla Terra vengono a perdere ogni nesso di causa/effetto: sono tutti emanazioni del potere degli Eterni, la cui unica preoccupazione è conservare una sequenza logica dei “fotogrammi”. Sotto questo aspetto, il romanzo di Asimov, è un modo elegante e radicale per eludere i paradossi.

I problemi connessi con i cronoviaggi sono tali, che l’astrofisico inglese S. Hawking nel 1992 propose una sorta di “crono-protezione”, detta “teoria del censore cosmico”, secondo la quale l’Universo troverebbe sempre il modo di evitare “naturalmente” che si verifichino eventi “paradossali”. Riguardo ancora ai paradossi, ha scritto il fisico Paul Davies: “le leggi dell’Universo devono descrivere una realtà coerente. Il paradosso viene aggirato se gli anelli causali sono coerenti. In questo caso, le azioni del viaggiatore nel tempo sarebbero già incorporate nell’intreccio deterministico che lega passato e presente. Il viaggiatore che schiaccia un insetto e modifica l’evoluzione, lo fa in modo tale da produrre esattamente le circostanze biologiche del mondo da cui proviene. Questo sembrerebbe porre forti restrizioni al libero arbitrio, ma non sembra esservi nulla di discutibile da un punto di vista logico, riguardo alla possibilità di “anelli causali” che uniscano in maniera coerente passato e futuro”. Il racconto di Paul Levinson, “Niente fuori posto”, esemplifica una situazione alternativa e più diplomatica al “censore” di Hawking. Jeff Harris è un uomo del 2084. Viene spedito nel 1985, pochi mesi prima della nota catastrofe del Challenger, il quale esplose circa un minuto dopo il lancio dal Kennedy Space Center, uccidendo sette astronauti. La missione di Harris è prevenire il disastro: questo salverebbe alcune vite umane ed eviterebbe la lunga battuta di arresto che subirono i progetti spaziali conseguentemente all’evento. Senonchè tutto sembra andargli storto: invece di approdare nel 1985 si materializza nel 1963, il giorno prima che uccidano John Fitzgerald Kennedy a Dallas. Bloccato in un tempo che non è il suo, Jeff decide che almeno cercherà di agire per salvare il presidente. Tuttavia qualcuno attenta alla sua vita, per cui non può recarsi a Dallas. La narrazione prosegue con una lunga serie di eventi, tutti in contrasto con le iniziative di Jeff per modificare gli avvenimenti. Sembra che qualcosa all’interno della storia resiste ad ogni tentativo di cambiamento: in pratica, non esistono sequenze temporali “intatte”, specie nel caso di eventi che coinvolgono numerosa gente, come può accadere nei delitti di risonanza storica. I tentativi di modificarli o falliscono del tutto o cambiano gli avvenimenti solo in parte o, addirittura, possono creare le stesse cause scatenanti.

Tutte queste ipotesi che abbiamo analizzato riguardo ai viaggi nel tempo non sono altro che “diverse” soluzioni ad un’unica equazione che è appunto quella che lega il cronoviaggio alla legge di causa/effetto prima menzionata. Di sicuro è che se un giorno l’uomo riuscirà in un futuro più o meno remoto a realizzare questo sogno ambizioso, dovrà certamente prestare la massima attenzione nel momento in cui proverà a modificare il corso della storia. In questo sono più propenso a credere ad una soluzione del tipo quella descritta da Asimov nel suo racconto “La fine dell’Eternità” e che cioè siano possibili sono “mutamenti minimi” ma che, a differenza di quanto scritto dall’autore, non si conosce fino a che punto possano modificare il corso naturale della Storia. Inoltre, sia che la risposta al cronoviaggio sia deterministica (e quindi soggetta alle leggi della fisica classica), sia che sia quantistica (e quindi soggetta al principio di indeterminazione di Heisenberg ed alle altre leggi della meccanica quantistica), sembrerebbe la macchina del tempo l’oggetto dell’onnipotenza. Mi spiego meglio: ammettiamo l’ipotesi quantistica dei molti mondi. Se la macchina del tempo non esistesse le storie dell’Universo (e l’Universo stesso) non si “diramerebbero” consentendo le diverse soluzioni ad un determinato evento. E’ la macchina del tempo stessa a creare le condizioni per cui ciò diviene possibile. Viaggiare nel tempo sembrerebbe quindi possibile, complesso ma anche altamente rischioso per via delle innumerevoli incognite che il viaggio stesso preserva. Secondo il mio punto di vista, il futuro è in un certo modo già stabilito, con questo si spiegherebbe il motivo per cui alcune persone dotate di un’accentuata sensibilità riescono a percepire, o meglio, “visualizzare” eventi che debbono ancora accadere (fenomeni di precognizione, come quelli che hanno avuto alcune persone che dichiarano di aver “visto” in anticipo, anche di giorni, affondare il transatlantico Titanic). Ma anche il passato non si può modificare e l’esempio più originale ci è dato dal film “The Time Machine” di Simon Wells. In tale storia, il crononauta, in seguito ad un tragico incidente accadutogli insieme alla fidanzata, e precisamente una rapina, in cui essa muore, si catapulta nel passato qualche minuto prima dell’evento che dovrà accadere, ma, con sua grande meraviglia e rabbia allo stesso tempo, riesce ad evitare quel tipo di evento (la rapina) ma non la morte della fidanzata che, a quanto ci è dato di capire, è qualcosa che deve accadere “necessariamente”, che praticamente è destinato nella storia di questo Universo (nel film, infatti, essa muore per una seconda volta, investita da una carrozza). Ora, se il passato non si può modificare, tantomeno è possibile cambiare il futuro. Ecco perchè i mistici, come Padre Pio, potevano guarire solo chi era destinato ad esserlo, ma non chi non lo era. Infatti in alcuni casi i mistici hanno anticipato la morte a persone ancora in vita (lo stesso Padre Pio, ad esempio, la predisse ad un giovane carabiniere).

Quindi, passato, presente e futuro di ogni cosa, di ogni essere vivente, dalla più piccola particella, al più grande insieme di galassie, all’Universo medesimo, sono già “stabiliti” nell’attimo in cui l’Universo ha avuto origine.

Michele Nardelli






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