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 Perche' lasciamo i nostri dati su Facebook?

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
admin Inserito il - 12/04/2018 : 10:08:17
Perche' lasciamo i nostri dati su Facebook?

09 aprile 2018

Foto della nostra vita e di quella dei nostri figli, film preferiti, opinioni personali su qualunque tema: perché quando siamo online non custiodiamo i nostri dati personali gelosamente quanto le chiavi di casa? Forse perché Facebook riesce a sfruttare efficacemente tutti e sette i tipi di gratificazione che è possibile ottenere su Internet

di Krystal D'Costa/Scientific American

Sulla scia dello scandalo Cambridge Analytica, molti utenti di Facebook stanno mettendo in dubbio la sicurezza dei propri dati lasciati sul sito. Queste preoccupazioni sono valide ma non dovrebbero essere nuove: quasi tutte le principali società che si occupano di vendite online negli ultimi anni hanno subito una violazione dei dati.

Con una base attiva di oltre due miliardi di utenti, Facebook potrebbe conservare uno dei più grandi serbatoi di dati personali, ma fa categoria a sé perché gli utenti offrono molto più delle 16 cifre di una carta di credito: condividono l’essenza delle loro identità, ovvero foto, “like” e opinioni, mostrano chi sono i loro amici, familiari e colleghi, e altro ancora. E quando sono combinati, questi elementi costituiscono un prezioso profilo di un individuo.

Concediamo queste informazioni a Facebook da oltre un decennio. Perché ci siamo arresi così volentieri, quando conserviamo così gelosamente password, numeri delle carte di credito e indirizzi e-mail?

Un sondaggio condotto dal Pew Research Center rivela che la maggior parte degli americani online (circa il 75 per cento) capisce i requisiti per una password sicura e sa che non deve effettuare transazioni sensibili su WIFI pubblici; ma a parte questo, l’alfabetizzazione sulla sicurezza online crolla notevolmente.

Per esempio, solo il 54 per cento circa degli intervistati può identificare un attacco di phishing (il che suggerisce che metà degli adulti online clicca su link sospetti); solo il 39 per cento comprende che la navigazione privata non è privata per il proprio provider; e solo il 10 per cento sa identificare un esempio di autenticazione multifattoriale.

Ciò che sorprende di questi dati è che, mentre l'istruzione è un fattore predittivo di alfabetizzazione della sicurezza online, l'età lo è meno. Gli utenti di età pari o superiore a 65 anni, a quanto pare, ne sanno quanto gli utenti nella fascia di età tra i 18 e i 29 anni; anche se è diffuso il pregiudizio che l’alfabetizzazione online in generale sia appannaggio degli utenti più giovani, il sondaggio Pew suggerisce che nel complesso esiste uno standard condiviso di ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo.

La nostra complicata relazione con Facebook è connaturata a questa confusa comprensione della sicurezza online e di come funziona il web. Nel 2004, quando fu fondato Facebook, dapprima l'accesso era limitato agli studenti di Harvard, poi fu aperto ad altri college, poi ulteriormente esteso agli studenti delle scuole superiori e infine al pubblico generale. Fin dall'inizio, il requisito per aderire al sito era la trasparenza: per iscriversi alla piattaforma, era necessario un indirizzo email valido - agli inizi, questo voleva dire registrato presso il college che si frequentava - e bisognava rivelare il proprio nome. La connessione con gli altri era subordinata alla rivelazione di un aspetto fondamentale di sé, che contrastava con le aspettative online di un'esperienza mediata da un alias in grado di garantire un certo anonimato.

Con l'allargamento graduale della cerchia d’inclusione, Facebook ha normalizzato la condivisione di aspetti della vera identità di una persona. Condividere il nome in una comunità sociale chiusa come un campus universitario è facile ma, via via che le persone si spostano e la loro rete offline cresce, la scelta commerciale di aprire Facebook a tutti con la scusa di aumentare e mantenere la connettività e la rilevanza per gli utenti ha portato gli utenti a condividere il proprio nome – e altri aspetti di sé – con un pubblico sempre più vasto di persone e servizi.

Naturalmente, il nome di per sé non racconta l'intera storia della persona che sta dietro lo schermo, motivo per cui è stato importante per Facebook introdurre nuove funzionalità: il News Feed ha dato un'idea delle attività, degli aggiornamenti di stato, delle modifiche al profilo, dei compleanni, degli articoli condivisi e delle foto dei propri amici; i tag hanno permesso di collegare i nomi alle persone e ampliato il potenziale di collegamento con gli altri; il pulsante “Mi piace” ha semplificato la comunicazione di opinioni e feedback; e l'integrazione con le app di gioco e di localizzazione ha ulteriormente condiviso informazioni su interessi e movimenti.

Tutti questi piccoli scorci sulla persona sono stati rivelati così gradualmente che gli utenti hanno fatto ben poca attenzione a ciò che stavano concedendo. Queste funzionalità erano pensate per attirare gli utenti in base alla familiarità e al fascino della partecipazione. E questa partecipazione ha perpetuato un circolo in cui si fornisce sempre qualcosa in più di noi stessi online: siamo più propensi a compiere un'azione se vediamo che viene compiuta da altri che sono come noi (o come vorremmo essere).

Questa conferma psicologica delle nostre azioni convalida il nostro senso di appartenenza. La convalida invoca un senso di soddisfazione che attinge alle aree di ricompensa del nostro cervello, rendendoci più propensi a tornare e ripetere le stesse azioni.

Tutti i social media offrono un ciclo di feedback basato sulla gratificazione.

Ci sono sette tipi di gratificazione legati a Internet, e Facebook riesce a sfruttarli tutti attraverso varie funzionalità ed estensioni:

Gratificazione - Esperienza su Facebook
-------------- - ----------------------

Comunità virtuale - Uno sbocco per connettersi con amici di amici (di amici) per aumentare le connessioni

Ricerca di informazioni - Scoprire le notizie più importanti, così come eventi locali ed eventi più importanti tramite il feed di notizie e le funzionalità di ricerca degli eventi

Esperienza estetica - Sperimentare nuove funzionalità interattive con l'integrazione di app e servizi

Compenso in denaro - Vendere e comprare servizi

Svago - Integrazione di app di gioco (Ricordate FarmVille?)

Status personale - Avere una misura del proprio successo sociale rispetto ai pari

Mantenimento delle relazioni - Sviluppare e mantenere relazioni sociali


Molti si collegano a Facebook ogni giorno, alcuni ogni ora, altri ancora sono costantemente connessi. La nostra relazione abituale con Facebook è nata dalla sua capacità di attingere a queste aree di soddisfazione. Garantendo una ricompensa costante per la nostra partecipazione, Facebook è diventato un meccanismo di soddisfazione quotidiana delle nostre piccole richieste di attenzione. È un'esperienza che crediamo sia centrata sull'individuo, e conserviamo quel senso di autenticità donando pezzi di noi stessi.

Con la campagna #deletefacebook su Twitter, gli utenti stanno cercando di capire se possono interrompere completamente i legami con la piattaforma, come dimostrano i numerosi articoli che istruiscono gli utenti su come limitare e gestire i loro dati e come scaricarne una copia.

Mentre ci sono articoli che spiegano come eliminare il tuo account, ce sono anche numerosi altri che spiegano perché potrebbe non avere importanza: mentre puoi sfuggire all'app, non puoi sfuggire completamente alla sua portata grazie al prolifico pulsante “Mi piace”. Anche se non sei un utente attivo di Facebook, la tua stessa esistenza sul web viene tracciata e i dati vengono memorizzati da qualche parte.

Eppure, ci sono molti utenti che potrebbero non voler mollare. Le basi che hanno gettato sulla piattaforma contribuiscono in modo significativo alla comprensione che hanno di se stessi. E altri che lasciano potrebbero ritrovarsi a perpetuare un circolo simile su una nuova piattaforma. Facebook ha plasmato e continua a plasmare tanta parte della nostra esperienza online e della comprensione che abbiamo di questa esperienza che il divorzio potrebbe essere un processo più complesso di quello che intuiamo al momento. Potremmo non riconoscere Internet quando smetterà di riconoscerci.

(L'originale di questo articolo è stato pubblicato su "Scientific American" il 28 marzo 2018. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)
https://blogs.scientificamerican.com/anthropology-in-practice/why-did-we-give-our-data-to-facebook-in-the-first-place/







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