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 Parla il Nobel Kandel, il segreto della memoria

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
admin Inserito il - 14/10/2009 : 11:20:51
Parla il Nobel Kandel, che ha svelato il segreto della memoria

di Andrea Casadio*

Lo aspettava - e lo meritava - da tempo, ed ora il suo sogno si è realizzato: oggi il neuroscienziato americano Eric Kandel ha vinto il Nobel per la Medicina, insieme ai colleghi Paul Greengard e Arvid Carlsson. "Il premio - come ci ha spiegato Kandel, che abbiamo raggiunto telefonicamente nella sua casa newyorkese, in riva al fiume Hudson - mi è stato attribuito grazie alle mie ricerche sulla plasticità sinaptica. In altri termini, i miei studi hanno contribuito a chiarire i meccanismi cellulari, molecolari e genetici della memoria."Ma cos'è la plasticità sinaptica? "Beh, i neuroni - le cellule nervose - sono legati tra loro da speciali connessioni dette sinapsi, attraverso le quali essi si scambiano i segnali. Queste sinapsi non sono immodificabili: i neuroni, in determinate condizioni, hanno la capacità di modificarle. La plasticità sinaptica è per l'appunto la capacità che i neuroni hanno di modificare le proprie sinapsi."

Capire come si immagazzinano i ricordi. Riprendendo una teoria che il grande fisiologo spagnolo Santiago Ramon y Cajal aveva formulato all'inizio del secolo, Kandel ipotizzò che la plasticità sinaptica potesse cosituire il substrato per la formazione della memoria all'interno del nostro cervello. Comprendere come vengono immagazzinati i ricordi equivale a porsi questa domanda: visto che il
sistema nervoso è composto da neuroni connessi tra loro da sinapsi, cosa succede ai neuroni e alle sinapsi quando un ricordo viene immagazzinato? La storia è semplice: quando apprendiamo e memorizziamo qualcosa, il nostro cervello in qualche modo cambia. Mandiamo a memoria una nuova poesia che prima non conoscevamo, impariamo a guidare la macchina, cosa che non sapevamo fare prima, e queste tracce di memoria devono venire impresse da qualche parte all'interno del nostro cervello. E le possibilità sono scarse: si modificano i neuroni, si modificano le sinapsi, oppure si
modificano entrambi. Kandel ipotizzò che la memoria fosse il risultato di sottili modificazioni fisiche a livello della sinapsi. Nell'uomo tali modificazioni sono forse disperse tra i miliardi e miliardi di sinapsi che compongono il nostro cervello. Il vero problema per i ricercatori era nel fatto che le modificazioni delle sinapsi che probabilmente sono alla base della memoria potrebbero essere troppo esigue e diffuse per essere osservate e studiate nell'uomo.

L'Aplysia californica. Qui la grande intuizione di Kandel: "Per ricercare le basi fisiche della memoria, io decisi di studiare il ¿cervello¿ di un animale semplice come l'Aplysia". Una soluzione geniale, la chiave dei successi scientifici di Kandel. Egli scommise che in fondo l'uomo doveva avere una certa somiglianza con l'Aplysia californica, un placido gasteropode, una sorta di lumaca marina che abita le scogliere rocciose di Catalina Island, il paradiso californiano dei surfisti. Intanto, i neuroni di questo gasteropode sono simili ai nostri (in realtà i neuroni dell'Aplysia sono solo più grossi); poi, i segnali elettrici che le sue cellule nervose si scambiano tra loro sono assolutamente identici a quelli che i raffinati neuroni del nostro cervello utilizzano per comunicare tra loro.

Perché proprio l'Aplysia? in sostanza, per comprendere come funzioni la memoria due sono le questioni fondamentali da risolvere: bisogna capire innanzitutto come e quindi dove vengano immagazzinati i ricordi. Quanto alla risposta alla domanda dove vengono archiviati i ricordi, beh, la risposta è relativamente facile nel caso dell'Aplysia, che possiede un
piccolo sistema nervoso composto di soli 20mila neuroni suddivisi in gangli; molto più difficile comprendere dove vengano archiviati i ricordi nello sterminato cervello dell'uomo, che di neuroni ne possiede 11 miliardi.

Grazie a questo approccio riduzionistico, Kandel è stato in grado di dimostare che un semplice riflesso dell'Aplysia - il riflesso di retrazione della branchia e del sifone - può venire modificato in due modi: per abitudine o sensibilizzazione. "L'aplysia ¿ spiega il neoNobel - respira attraverso un organo respiratorio, la branchia, che termina in un piccolo sifone carnoso dorsale. Se qualcuno vi soffia su un occhio, automaticamente voi socchiudete la palbebra. Alla fine
però, se lo scherzetto continua voi vi abituerete a quello stimolo fastidioso (a meno che il getto d'aria non sia doloroso) e la palpebra non la socchiuderete più. Allo stesso modo, se un getto d'acqua viene soffiato sul sifone dell'aplysia, l'animale ritira energicamente sia il sifone che la branchia. Se però continuiamo a farlo, l'animale ritirerà il sifone sempre meno, si abituerà.

Abitudine e sensibilità. Ma l'abitudine non è la sola forma di apprendimento osservabile. Il riflesso di retrazione del sifone e della branchia può anche esser sensibilizzato". Per provocare la sensibilizzazione del riflesso, Kandel ed i suoi colleghi applicavano una breve scossa elettrica alla cute della testa dell'Aplysia: in seguito, anche uno stimolo tattile lieve applicato alla cute del sifone provocava un energica e immediata retrazione del sifone medesimo e della branchia. "Io ho provato ¿ continua Kandel - che queste due modificazioni comportamentali sono provocate dalla modificazione
plastica della sinapsi la quale collega il neurone sensoriale che registra la stimolazione tattile del sifone al neurone motore che comanda la retrazione della branchia. Quindi, coi miei colleghi ho provato che una memoria aveva sede in una sinapsi."

Non solo: Kandel fu anche in grado di dimostrare che tale memoria esisteva in due forme: una forma transitoria, o a breve termine, ed una duratura, o a lungo termine. "Se continuavamo a stimolare con scosse elettriche la testa dell'animale, la sensibilazzione durava per tutta la vita dell'animale: per fare ciò era necessario che all'interno del neurone sensoriale si attivasse un gene, detto CREB, il quale poi attivava la sintesi di proteine che modificavano in maniera altrettanto duratura la sinapsi: in pratica il segnale era potenziato, così la retrazione della branchia aumentava e restava così potenziata a lungo". Altri scienziati hanno poi provato che questo stesso gene CREB, che si potrebbe definire il gene della memoria, è coinvolto nella formazione della memoria in vari animali, dal moscerino al topo e all'uomo.

Da Freud alle neuroscienze. Nato a Vienna nel 1920, da una famiglia ebraica, Eric Kandel si trasferì ben presto con i suoi famigliari negli USA; qui si è laureato in medicina e si è specializzato poi in psichiatria. Ma le teorie del suo concittadino Freud gli parevano inadeguate a comprendere il normale funzionamento della mente: "ero convinto che anche certe attività mentali superiori come la memoria potessero avere una base organica, fisica". E così la scienza che Kandel contribuì a fondare, le neuroscienze, stanno erodendo a poco a poco il terreno della psicanalisi.

"Beh, ora sono contentissimo, è una cosa magnifica - confessa Kandel, rompendo per l¿occasione il tradizionale silenzio che richiede la festa ebraica dello Yom Kippur - E questo è avvenuto grazie anche all'opera di tanti italiani che hanno lavorato nei miei laboratori, da Pier Giorgio Montarolo, a Mirella Ghirardi e a te. Ma la gioia dura solo 24 ore. Poi si ritorna in laboratorio." E così tra pochi giorni l'energico ed elegante Kandel, agghindato con l'immancabile papillon, riceverà il Nobel dalle mani del re di Svezia.

*Andrea Casadio è medico, specializzato in fisiologia degli organi di senso. Ha lavorato nel laboratorio di Eric Kandel dal 1995 al 1999.

http://www.kwsalute.kataweb.it/Notizia/0,1044,774,00.html






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