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 Corso di introduzione alla gravidanza 8f

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
admin Inserito il - 20/11/2013 : 11:04:06
Corso di introduzione alla gravidanza 8f

di Bianca

(parte ottava e fine)


IL PARTO CESAREO

Nella vita di ogni donna, il parto è un momento molto delicato che va visto come la fine di
un percorso ricco di mutamenti fisici e psichici. Infatti, durante la gravidanza inizia un’interazione
fra la gestante e il bambino che sta crescendo dentro di lei.

Nei primi momenti dopo la nascita, sarà molto importante per la donna poter vedere e
toccare il suo bambino, per dare inizio con questo primo contatto alla base affettiva della futura
relazione.

A volte possono però intervenire situazioni tali da rendere necessario ricorrere alla chirurgia
che negli ultimi decenni ha perfezionato tecniche veramente capaci di far fronte anche alle più
complicate situazioni.

Il parto cesareo rappresenta l’operazione chirurgica che permette di estrarre il bambino per
via addominale, non potendo avvenire per via naturale. Quando esiste l’urgenza al rapido
espletamento del parto o quando è controindicata la via vaginale, l’esecuzione del parto cesareo è
necessaria e giustificata. E’ comunque una modalità di parto che non sempre può essere decisa in
anticipo. Infatti, vi si ricorre a travaglio iniziato se ci si accorge che il bambino non è in grado di
affrontare le varie fasi del travaglio e del parto in quanto si notano alterazioni del tracciato
cardiotocografico.

In caso di taglio cesareo, si possono scegliere due tipi di anestesia: quella totale o quella
epidurale. L’anestesia epidurale si effettua iniettando un analgesico nella parte bassa della spina
dorsale. Questa rende insensibile l’addome dall’ombelico in giù, rendendo possibile il contatto
precoce madre/bambino, in quanto, restando sveglia, la mamma potrà assistere alla nascita di suo
figlio, come avviene nel parto spontaneo. In questo caso la mamma potrà attaccare al seno il suo
piccino sin dal primo momento.

Durante l’intervento sarà posto un telo sterile tra lei e il campo operatorio, affinché non
possa assistere alle procedure chirurgiche. Anche se si evita lo stato di incoscienza, la donna perde
totalmente la sensibilità della zona genitale, creando così un periodo estremamente delicato da
attraversare.

Si ricorre all’anestesia totale nei casi urgenti come in presenza di grave sofferenza fetale.
Qualunque sia il tipo di anestesia usata, proprio in conseguenza dell’anestesia stessa, nel bambino si
potrà notare un aumento della sindrome da stress respiratorio e da depressione neonatale.
Il continuo aumento di donne sottoposte al taglio cesareo ha fatto nascere l’esigenza di
sviluppare alcune riflessioni sulle implicazioni emotive che un tale evento può comportare. La
maggior parte delle donne afferma di non aver mai preso in considerazione durante il periodo della
gestazione l’ipotesi del taglio cesareo, sicure che a una buona gravidanza sarebbe seguito un parto
naturale privo di complicazioni.

In alcuni casi, il fatto di non aver partecipato all’evento pare abbia creato difficoltà nel
riconoscimento del bambino come proprio figlio.

Alcune donne, al primo incontro col bambino, esprimono dubbi riguardo a particolari che
fanno parte della fisicità del neonato: la forma del corpo, le dimensioni paiono spropositate rispetto
alla capacità contenitiva del proprio ventre.

Questo tipo di parto assume connotazioni di passività, andando ad accrescere il senso di
inadeguatezza di molte neomamme.

In certi casi, le donne che hanno vissuto in precedenza un parto naturale definiscono la
sofferenza del travaglio e del parto stesso come costruttiva e finalizzata a dare un significato al
dolore, in contrapposizione a un vissuto di inutilità relativo al dolore post operatorio. Tutte
affermano che con un parto naturale si soffre molto prima, ma dopo si sta subito meglio e si ha più
tempo per accudire il bambino.

L’invalidità temporanea che impedisce loro di assecondare questa preoccupazione primaria
fa della ripresa della forma fisica l’obiettivo più importante da raggiungere. La convivenza con
compagne di stanza che hanno partorito naturalmente induce a confrontare continuamente le proprie
difficoltà di accudimento del bambino con la disinvoltura delle altre. Ciò acutizza la percezione di
sé come madri temporaneamente inadeguate. Questo le induce a sollecitare una continuità di
rapporto con il bambino, continuità che consenta un recupero rapido e compensativo di quanto è
andato perso in sala operatoria.

L’allattamento acquista un valore fondamentale nel tentativo di entrare in relazione col
neonato. Inoltre si instaura un vero e proprio conflitto tra le esigenze del neonato e quelle della
guarigione delle ferite chirurgiche, conflitto che viene vissuto con difficoltà. La necessità di
riemergere da uno stato temporaneo invalidante denota il bisogno del ricupero di un qualcosa che è
andato perduto o che non è mai stato vissuto. In questi casi, molte donne avvertono una forte
esigenza di essere coccolate e nutrite di tenerezze come i loro bambini.

A seconda delle cause che hanno portato all’intervento, anche il travaglio assume una
connotazione diversa, Nel caso in cui sorgano complicanze di vario genere, ma che comunque non
costituiscano di per sé un pericolo imminente, nella narrazione del travaglio è molto presente la
propria sofferenza fisica e l’insofferenza emotiva. Ma nel momento in cui l’incolumità del bambino
è minacciata, la sofferenza e l’incolumità della donna stessa sono messe in secondo piano.
L’incolumità del nascituro viene ripetutamente sottolineata come preoccupazione primaria e
contemporaneamente utilizzata nel processo di accettazione e comprensione dell’intervento
chirurgico. In certi casi, il cesareo è considerato il male minore rispetto ad alternative ben più
rischiose, come il forcipe o la ventosa.

Dalla comunicazione dell’intervento del cesareo all’intervento effettivo trascorrono diverse
settimane che permettono alle donne interessate di immaginare che cosa sarebbe potuto accadere.
Tuttavia, il ricovero, che avviene con qualche giorno di anticipo, ha su di loro un effetto
tranquillizzante. Anche l’ambientamento nel luogo e la conoscenza del personale contribuiscono a
far vivere l’evento con un buon livello di accettazione e tranquillità apparente.

Nel caso di anestesia epidurale, l’assistere coscientemente al taglio induce a vedere i
movimenti dei medici; udire le loro comunicazioni procedurali, sentire nominare gli strumenti
chirurgici aumenta notevolmente l’ansia della paziente e rende interminabile l’intervento. Inoltre,la
perdita progressiva della mobilità degli arti inferiori che questo tipo di anestesia comporta, evoca
fantasie angosciose sullo stato di invalidità che si spingono oltre l’atto operatorio. Il residuo di
sensibilità tattile, invece, consente di percepire parzialmente il contatto prodotto dall’azione
chirurgica. Questo viene considerato fastidioso nella maggior parte dei casi, ma può offrire la
possibilità di percepire il momento dell’estrazione-nascita. Comunque il tipo di anestesia
condiziona notevolmente i tempi e le modalità del primo incontro col bambino.

L’anestesia totale posticipa questo momento di alcune ore. Il risveglio è connotato da uno
stato di confusione accompagnato dalla percezione crescente del dolore. La prima preoccupazione
materna è sapere se il bambino stia bene, ma il desiderio di vederlo immediatamente, anche se
espresso verbalmente, passa in secondo piano a causa degli impedimenti della fase post-operatoria.
Infatti, alcune mamme chiedono espressamente di non incontrare il neonato fino al giorno
successivo, perché dichiarano di non essere nella condizione adatta per accoglierlo.
L’anestesia epidurale permette alla madre di assistere all’evento e di vedere il bambino al
momento della nascita. Questa condizione non è però vissuta come ci si aspetterebbe. Tutte le
donne, infatti, lamentano che l’incontro dura solo pochi istanti in condizioni proibitive per qualsiasi
tipo di contatto.

La brevità dell’incontro delude le aspettative delle pazienti sulla possibilità di poter vivere,
grazie all’epidurale, alcuni momenti specifici del parto naturale, come l’allattamento al seno e il
contatto corporeo.

Le diverse modalità di ricupero dai due tipi di anestesia non determinano però differenze
rilevanti in merito al riconoscimento del neonato e alla prima relazione con lo stesso. E’ stato
inaspettatamente rilevato che anche le pazienti in epidurale abbiano mostrato incredulità e difficoltà
di riconoscimento del bambino come proprio.

Tutte le donne intervistate considerano il primo vero incontro nel primo contatto fisico con il
bambino. E’ come se il peso, il calore emanato dal suo corpo e il contatto epidermico costituissero
la comunicazione sensoriale privilegiata sulla quale può formarsi la relazione primaria.
Dalle affermazioni delle donne emerge, dunque, che questo intervento viene vissuto come
privazione di un’esperienza fondamentale, come negazione di aspettative importanti e come
ostacolo all’acquisizione del ruolo materno.

Il vuoto incolmabile di un’esperienza mancata, di un’aspettativa delusa o di una fantasia non
materializzata è lo spazio nel quale un disagio emotivo importante può rimanere assopito, oppure
crescere in seno alla relazione primaria fra la madre e il suo bambino.

Va detto, comunque, che ben venga il parto cesareo solo nei casi in cui è in pericolo
l’incolumità della donna o del bambino.

Testo tratto dalla Tesi di Laurea in Psicologia Clinica, sostenuta da Simona Franceschin di Torino.

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L’ALLATTAMENTO

L’allattamento materno è una funzione che esalta in maniera completa i valori femminili. Le
conseguenze che ne derivano arricchiscono non soltanto mamma e bambino in prima persona, ma al
tempo stesso tutta la società.

L’allattamento al seno offre una meravigliosa opportunità affinché madre e figlio imparino a
conoscersi sin dalle prime ore dopo la nascita.

La produzione del latte materno e l’allattamento rappresentano il proseguimento naturale
della gravidanza e del parto. Infatti la lattazione rappresenta un momento salutare nella sequenza
della riproduzione, sequenza che comprende gravidanza, nascita e allattamento.

Le madri che allattano trovano in tale funzione un intimo appagamento.

Il latte materno è l’alimento più naturale e più sicuro per il bambino e l’allattamento è per
molte madri il completamento della loro natura di donna.

La gravidanza, la nascita del bambino e l’allattamento caratterizzano una fase particolare
della vita di una donna, una fase che porta con sé una serie di straordinarie emozioni.

Nel primo periodo della vita, il latte materno rappresenta per il neonato un alimento
insostituibile. Esso presenta, infatti, caratteristiche specifiche che si differenziano non solo da
specie a specie, ma anche da bambino a bambino.

Il latte delle donne che hanno partorito un bambino pre-termine, per esempio, ha un
contenuto proteico maggiore rispetto a quello di donne il cui parto è avvenuto a termine. Inoltre, è
stato dimostrato che i neonati non disturbati nel rapporto con la madre dall’uso del succhiotto e
dall’aggiunta di acqua o di altri alimenti, riescono a far produrre dalla mamma quella quantità di
latte che di volta in volta è loro necessaria. La letteratura medica e psicologica contemporanea è in
pieno accordo sulla superiorità dell’allattamento al seno rispetto a ogni altra forma di alimentazione
del neonato e del bambino nelle prime fasi evolutive.

A mano a mano che si approfondiscono le ricerche sulla composizione del latte materno, ci
si rende conto di quanto perfetto sia tale alimento. Diviene quinti sempre più illusorio pensare che
altri prodotti possano sostituirlo. Infatti, il latte di donna è adatto per il cucciolo umano, mentre il
latte vaccino è adatto per le esigenze del vitello. Il contenuto di proteine si differenzia
notevolmente.

La qualità nutritiva superiore non è l’unico vantaggio; attaccare il neonato al seno dopo
pochi minuti dalla nascita aiuta a prevenire il pericolo di emorragia, stimola la montata lattea e fa
della madre un’amorevole nutrice. Inoltre la suzione praticata dal neonato stimola la contrazione
dell’utero e riduce il flusso sanguigno. Ciò provoca il rapido ritorno dell’utero a dimensione e forma
normali.

Quando la bocca succhia avidamente il latte dal capezzolo, il bambino pratica un esercizio
che gli servirà per sviluppare adeguatamente la mandibola e la struttura facciale, il che influirà sulla
capacità di sorridere e, in seguito, sull’abilità di parlare chiaramente, evitando al tempo stesso
problemi ortodonziali.

Inoltre, l’allattamento al seno predispone all’acquisizione di un peso normale, garanzia
questa contro la futura tendenza all’obesità.

Grazie agli ultimi progressi scientifici e medici, è stato confermato che l’allattamento al
seno offre al bambino importanti vantaggi. Infatti, il latte materno è l’unica fonte di elementi
importanti che aiutano a proteggere il sistema immunologico del neonato durante il suo sviluppo.
Infatti, col latte materno vengono trasmessi al bambino gli anticorpi specifici per l’ambiente in cui il
bambino vive.

Un altro dei grandi vantaggi che il bambino riceve dal latte materno, proprio grazie agli
anticorpi, è la protezione contro le allergie.

Crescere è un compito impegnativo per il bambino e il latte ne è il mezzo ideale. Poiché è
l’unico alimento adatto al neonato durante il periodo più delicato della sua crescita, il latte deve
possedere due requisiti: essere un alimento completo e contenere tutte le sostanze necessarie nelle
proporzioni ideali. Nessun latte artificiale potrebbe rispondere a tali requisiti.

Il latte materno, idoneo all’apparato digerente del bambino in fase di evoluzione, contiene:
proteine, grasso, calcio, fosforo, potassio, ferro, rame, zinco e vitamine D, E, C e K, tutto nelle
proporzioni utili alla graduale crescita del bambino. La madre deve, quindi, aver cura di alimentarsi
nella maniera giusta, adatta al suo compito di nutrice.

Al giorno d’oggi molte donne allattano con relativa facilità, e perché questo avvenga,
l’allattamento deve essere precoce, a richiesta e non misto. Inoltre, il taglio del cordone ombelicale
non deve essere praticato troppo presto, altrimenti il bambino, essendo in acidosi, ha meno forza di
suzione, è debole e non riesce a succhiare. Se, invece, il taglio del cordone non è avvenuto troppo
presto, la placenta ha la capacità di correggere l’acidosi iniziale. Ciò significa che la placenta non ha
esaurito la sua funzione, ma che continua a inviare le sostanze che correggono l’acidità del
bambino. In questo modo diventa più facile l’immediata suzione del colostro materno, importante
per il bambino affinché, nelle ore successive alla nascita, non perda quella forza di succhiare, forza
che stenterebbe poi a ritrovare.

Per una buona riuscita dell’allattamento al seno, l’unica regola da adottare è che non devono
esistere regole rigide. Il fattore che determina la frequenza e la durata della poppata è la fame del
neonato, il quale possiede notevoli capacità di autoregolazione.

L’allattamento fa bene al bambino, ma anche alla mamma. Infatti, diminuisce l’osteoporosi,
il rischio di tumore alle ovaie, aiuta a perdere l’eccesso di peso accumulato in gravidanza e
consolida quel rapporto col piccino che era iniziato già sin dai primi momenti della gravidanza, e
forse, in certi casi fortunati, ancor prima del concepimento. Soprattutto, fa bene a lui. Nel bambino
allattato al seno, le infezioni respiratorie sono tre volte meno frequenti rispetto ai piccoli nutriti con
il biberon; sono meno frequenti anche le infezioni gastrointestinali, le allergie e persino il pericolo
di morte in culla. Non va trascurato nemmeno il notevole risparmio mensile, che si aggira attorno a
una somma non indifferente.

Nell’allattamento fatto con amore, il latte, caricandosi di emozioni, trasmette al bambino
quelle straordinarie particelle eteriche che fanno dell’alimentazione una funzione energetica
completa. Infatti, il latte alimenta il corpo del bambino, ma anche la sua psiche, facendo così
nascere in lui il bisogno di relazionarsi con la mamma.

Dal punto di vista psicologico, il contatto fisico mamma-bambino porta a rinforzare
l’unione fra i due, il che consente alla madre di soddisfare il proprio bisogno di amare e di prestare
attenzione al suo piccino, venendo al tempo stesso incontro al suo bisogno di contatto con la sua
mamma.

Il neonato ha solo tre esigenze: il calore delle braccia della mamma, il latte del suo seno e la
sicurezza che la mamma è presente, esigenze che l’allattamento materno soddisfa in pieno.
Libro consigliato:

“Primo cibo, primo amore” – Franca Maffei – Editore Franco Angeli/Le Comete

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IL PUERPERIO

Sebbene la gravidanza e il parto non siano da considerarsi malattie, tuttavia essi assorbono
una grande quantità di energie fisiche e psichiche della donna. Il periodo immediatamente
successivo al parto detto appunto ‘puerperio’ deve servire a darle la necessaria tranquillità per una
completa ripresa.

Ora è invalso l’uso di far alzare la puerpera poche ore dopo il parto. Tale sistema si è
rivelato valido, e anche la secrezione lattea non ne risulta compromessa. Questo non significa però
che la madre debba essere privata della possibilità di dormire e di riposare, soprattutto dopo le
poppate.

Il movimento, una ginnastica adatta e i massaggi favoriscono l’involuzione dell’utero e il
rassodamento della muscolatura addominale. E’ dimostrato che anche l’allattamento contribuisce al
processo involutivo dell’utero.

Durante il puerperio, dopo il parto, là dove era inserita la placenta, rimane una lesione che si
deve rimarginare. Le forze di autoguarigione della donna, se sono coadiuvate da cure appropriate e
da una adeguata alimentazione, raggiungono pienamente lo scopo, tuttavia è necessaria la massima
igiene e l’assistenza ostetrica.

Il puerperio è un periodo in cui basta un raffreddore, una banale influenza, una bronchite o
un’infiammazione alla gola per minacciare la salute della donna;

La puerpera dovrà misurare la temperatura due volte al giorno: mattino e pomeriggio.
Questa non deve superare i 37,5°. Se dovesse andare oltre, bisognerà consultare il medico.
Fortunatamente, la febbre puerperale è divenuta molto rara.

Il puerperio è per la donna una fase molto particolare della sua vita. Generalmente, dopo il
parto, subentra un periodo di spossatezza che genera una leggera depressione chiamata ‘post
partum’ , durante la quale la donna è molto soggetta al pianto. Trovandosi a dover affrontare tante
situazioni insolite per le quali teme di non essere all’altezza, la donna si lascia andare a un periodo
malinconico, che però dura un tempo limitato. In questo periodo, saranno le persone che la
circondano a doverle dare appoggio e un amorevole sostegno.

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LA DEPRESSIONE

Per troppo tempo non si è preso in considerazione lo stato di depressione che colpisce la
donna dopo la nascita del suo bambino, stato che può manifestarsi in varie forme:

- crisi puerperale
- depressione dopo parto
- psicosi puerperale.

La ‘crisi puerperale’ forma leggera che può iniziare il terzo giorno dopo il parto e durare
fino a circa due settimane. Durante questo periodo la donna si sente triste, spossata e facile al
pianto. Questi sono sintomi che durano poco e sono dovuti al cambiamento ormonale ed
emozionale causato dal recente parto.

La ‘depressione dopo parto’ colpisce molte donne ed è una malattia spesso non
riconosciuta, sottovalutata, trascurata, inattesa e sovente ignorata dai membri della famiglia e
persino dagli operatori stessi.

Tale depressione può iniziare subito dopo il parto, ma la maggioranza delle donne comincia
a manifestare questi sintomi dalla sesta settimana dal parto in poi.

Molte donne esitano a esprimere il loro malessere o lo fanno dopo diverso tempo, anche se
si sentono strane, ma senza sapere che cosa fare e con chi parlarne.

Ancora oggi, donne che vivono tali sintomi non vengono prese in considerazione e si
sentono imbarazzate e terribilmente in colpa: dovrebbero sentirsi felici ma non lo sono affatto.
Molto raramente queste donne raccontano alla loro ostetrica, al ginecologo o al pediatra in quale
stato di malessere si trovano.

Quando il parto si è svolto nel migliore dei modi, quando c’è felicità per l’evento e quando
madre e bambino stanno bene, la comparsa di uno stato di depressione appare fuori luogo.
Generalmente, quando si manifestano strane sensazioni, pensieri tristi e forti emozioni, chi assiste
definisce questo stato semplicemente ‘stress’.

Così scrive una donna dopo aver felicemente superato il disagevole stato:

”Dopo la nascita del mio bambino ho capito che in me c’era qualcosa che non andava. Mi
sentivo distaccata da tutto e avevo strani e bizzarri pensieri e sintomi fisici, come: freddo, tremore,
insensibilità, sintomi che, stando sola a casa, aumentavano. Piangevo spesso, specialmente quando
qualcuno mi parlava. Non avevo appetito e non riuscivo a dormire. Soffrivo di attacchi di panico,
ero terrorizzata dallo stato di ansia, mi sentivo fuori controllo e temevo di impazzire.”

A volte, la depressione non si manifesta chiaramente, camuffandosi da altro. Le donne
dichiarano di sentirsi stanche, irritate, tristi e piagnucolose. Fanno qualunque cosa con fatica, con
poca energia e sono prive di motivazione. Non si sentono in grado di rispondere ai nuovi bisogni.
Un sintomo comunissimo è l’ansia. Sono particolarmente ansiose verso il bambino, la sua salute e il
suo comportamento. Si sentono confuse, perché non provano alcun sentimento di affetto per il
piccino.

A volte provano persino rabbia, continuando a dibattersi nel circolo vizioso dell’autocolpevolizzazione.
Hanno bisogno di essere rassicurate per far sì che i pensieri non si traducano in
azioni. I pensieri possono essere di voler gettare il bambino dalla finestra o di scaraventarlo sul
letto…. Anche se non lo fanno, lo pensavano; comunque è importante che possano parlare con
qualcuno e anche sapere che molte altre donne hanno pensato e provato le stesse cose. Hanno incubi
e allucinazioni. Dicono spesso: “mi sembra di impazzire”.

Quando le donne sono molto angosciate e senza aiuto, possono verificarsi casi di
maltrattamento del bambino, non intenzionali ma come reazione della loro incapacità di risolvere o
di migliorare la situazione.

Parlando con i partners, molti confessano di essere impauriti e confusi; sono esauriti e si
sentono impotenti, non sanno che cosa fare e non si sentono in grado di risolvere o di migliorare la
situazione. Non sono abituati a vedere la loro compagna così imbarazzata. A volte sono terrorizzati
che quello stato di depressione possa durare per sempre. Anche gli uomini hanno bisogno di aiuto e
di riuscire a capire quali sono le cause dei sintomi della compagna e di sapere che con un adeguato
appoggio psicologico la situazione può risolversi.

La nascita di un bambino porta enormi cambiamenti che possono essere vissuti come una
perdita, cambiamenti nell’identità personale, nei ruoli e nel fisico, cambiamenti nello stile di vita e
nello sviluppo. Questi cambiamenti non vengono presi in considerazione e nemmeno comunicati,
perché, durante questo periodo, le aspettative generali sono di felicità, di gioia e di ammirazione per
il bambino, mentre il vero vissuto può essere molto diverso e molto conflittuale.

Se una donna esprimesse le difficoltà che sta vivendo, verrebbe considerata una ‘cattiva
madre’, per cui ogni parola espressa a questo riguardo genererebbe soltanto ulteriori problemi.
Le donne in preda a depressione hanno bisogno di:

- essere ascoltate e di potersi esprimere liberamente;
- rendersi conto di che cosa sta succedendo;
- non sentirsi sole, per poter condividere le stesse sensazioni comuni a molte altre donne;
- della possibilità di chiedere aiuto;
- non perdere la stima di sé se alcune aspettative non si sono realizzate, soprattutto durante il
parto.

Già questo può aiutare moltissimo, e i cambiamenti si possono notare chiaramente da un
incontro all’altro anche a distanza di una sola settimana.

Poi c’è la “psicosi puerperale”. In questo caso si tratta di una grave malattia psicopatica,
rarissima. Infatti, colpisce 1 o 2 donne su 1000. Il trattamento deve essere immediato a livello
psicofarmacologico, con ospedalizzazione e controllo 24 ore su 24.

Anche per il padre il cambiamento avvenuto nella vita in seguito alla presenza di un
bambino può essere vissuto come la perdita della libertà, del tempo a propria disposizione,
dell’attività e del riposo. Per il padre, l’arrivo di un bambino può far affiorare conflitti e problemi
irrisolti legati al passato, alla relazione con la famiglia di origine, al ruolo genitoriale. E’ solo
potendone parlare, potendo far emergere il ‘fantasma’ che si può far innescare il processo creativo
di avere un figlio.

Per la coppia c’è la perdita della loro intima e indisturbata relazione. I ritmi cambiano, così
come cambiano le abitudini di sonno, sessuali, delle uscite, della gestione della casa, dello stile di
vita, degli amici….. Cambiano i ruoli portando cambiamenti, conflitti e risentimenti.
Le aspettative e i valori per la crescita di un bambino possono essere molto diversi
all’interno della coppia, portando ulteriore stress.

Quindi, i corsi di preparazione al parto hanno un ruolo essenziale in quanto possono far
emergere e discutere questi aspetti. In Inghilterra è stato fatto uno studio interessante: a un gruppo
di donne sono state trasmesse ampie informazioni su tutti i cambiamenti della vita quando nasce un
bambino, le possibili difficoltà, le sensazioni e su come trovare soluzioni pratiche. Un altro gruppo
di donne è stato lasciato senza le informazioni di cui sopra. Nel primo gruppo si è registrata una
notevole minoranza di casi si depressione. Quindi, è lecito pensare che i corsi di preparazione alla
maternità abbiano una grande importanza in quanto svolgono un ruolo educativo e preventivo.
I corsi sono importanti anche per individuare problemi emergenti già in gravidanza; infatti,
il 30% delle donne soggette a depressione soffrono già durante la gestazione.

Quindi: sarà bene osservare i sintomi fisici a partire dal 5° mese e capire se la donna nutre
sensazioni negative nei confronti del bambino, se lo considera un parassita o altro.
Un ulteriore fattore di aiuto è ovviamente la qualità dell’interazione e dell’intesa nell’ambito
della coppia e il desiderio di avere un figlio, desiderio maturato da entrambi ancor prima del
concepimento.

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LA MARSUPIOTERAPIA

La marsupioterapia va diffondendosi sempre più ed è già entrata nella prassi normale in
numerosi Paesi del mondo.

Il metodo ‘madre-canguro’ di assistenza al bambino che nasce pre-termine è l’efficace
proposta adottata dal 1979 da due studiosi dell’Istituto Materno-Infantile di Bogotà (Colombia).
Proposta che si è consolidata e diffusa come esperienza di alto valore scientifico a livello
internazionale, in quanto si pone al servizio della qualità della vita dando valore alla relazione
madre-bambino come elemento fondamentale per il superamento delle difficoltà dello sviluppo.
I principi di base su cui poggia il metodo della marsupioterapia sono tre: l’amore, il calore
della mamma, e l’ allattamento al seno, che prendono il posto dei guanti, dei camici e delle sonde di
molti reparti di neonatologia.

Il calore della mamma che permette la sopravvivenza del bambino che non possiede ancora
sufficienti organi di adattamento alla temperatura ambiente, viene generato e trasmesso dal corpo
materno. Il bambino viene fasciato al seno della madre, a contatto pelle contro pelle e in posizione
verticale per evitare il riflusso e la broncoaspirazione. Naturalmente, non si tratta soltanto della
trasmissione del calore, ma anche di un passaggio di fluidi che sono mancati al bambino in seguito
all’anticipata interruzione della gestazione.

Sotto l’abbigliamento materno e tenendo libero solo il viso, il bambino rimane in questa
posizione per tutto il tempo necessario al completamento del suo sviluppo. In questa fase, la madre
potrà separarsi da lui affidandolo per brevi periodi ad altri (al padre, alla nonna o al fratellino…)
affinché assicurino la medesima forma di trasmissione del calore.

Per alimentare la relazione madre-bambino e per lo sviluppo del neonato, l’amore è
indispensabile; in questo modo la relazione fra i due non solo non viene interrotta, ma, al contrario,
vengono rinforzati gli elementi di comunicazione e di riconoscimento reciproco, che sono alla base
di un sano sviluppo della personalità del bambino.

E’ così che il bambino può instaurare un contatto con l’ambiente circostante, di cui
continuano a giungergli stimolazioni uditive, olfattive, tattili e in parte visive. Le carezze, la voce, il
cullamento e lo stesso battito cardiaco della madre sono importanti fattori di stimolazione della
respirazione del bambino, soggetto a ricorrenti apnee.

L’allattamento materno è fondamentale non solo per l’alimentazione del bambino, ma anche
e soprattutto per la sua azione immunologia che lo protegge da infezioni. La presenza nel latte
materno di calcio, lipidi, zuccheri, ecc. sembra adattarsi gradualmente alle necessità del bambino in
quello specifico momento, come se ci fosse un meccanismo di costante feed-back fra i due
organismi. Al tempo stesso, si sviluppa e si rafforza la relazione madre-bambino.

E’ importante che il bambino si alimenti con la frequenza che desidera, anche in relazione
alle sue difficoltà di suzione dovute all’immaturità del suo apparato muscolare boccale.
Quando il bambino pre-termine nasce, in base alle sue condizioni rimane nell’unità di cure
intensive, oppure viene trasferito al reparto per poi essere affidato alla madre. La madre viene
coinvolta sin dall’inizio nella cura del bambino. Qualsiasi siano le condizioni del figlio, questo le
viene dato da allattare e da accarezzare anche quando è ricoverato nell’unità di cure intensive. Non
appena le condizioni lo consentono, il bambino viene dimesso e affidato alla madre
indipendentemente dal peso raggiunto, per iniziare la ‘marsupioterapia’.

Naturalmente, una volta dimesso, il bambino sarà controllato ambulatoriamente con una
frequenza che varia nel tempo.

Data la positività dei risultati e la semplicità dell’applicazione, nonché il basso costo, il
programma di ‘Marsupioterapia’ è stato ormai adottato in tutte le cliniche di maternità.
Portare il bambino addosso

Dopo essere stato un metodo riservato alle popolazioni indigene, ora si è scoperta l’utilità e
il vantaggio di portare il bambino addosso, sulla pancia, sulla schiena o sul fianco, sin dai primi
giorni di vita fino a un anno e oltre. Si tengono così i piccini al caldo e al sicuro, consentendo alla
mamma di avere le mani libere per lavorare, cucinare e…… accarezzare.

Nei punti di vendita delle fasce prodotte a tale scopo si tengono anche brevi corsi per
impadronirsi del loro uso.

I vantaggi sono: soprattutto un maggiore contatto fisico che - assicurano gli esperti - rende i
bambini più tranquilli e consente di accorgersi immediatamente del loro umore e delle loro
necessità.

Portare i bambini addosso à una tecnica così antica che risulta difficile stabilirne le origini.
Immagini di neonati ‘legati’ alla madre si ritrovano nell’antica Grecia, nell’antico Giappone e nei
dipinti atzechi. Ma non è solo una questione storica: neonati fasciati e portati addosso a un adulto
dormono di più e meglio degli altri e provano una sensazione di sicurezza che si trasmette anche ai
genitori.

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IL MASSAGGIO DEL BAMBINO

Subito dopo la nascita, il bambino dovrebbe essere adagiato sul ventre della mamma. Questo
primo importantissimo contatto ‘pelle contro pelle’ trova nel silenzio tutta la sua capacità di
comunicare. Le mani della mamma, abituate al linguaggio tattile, sanno trovare il giusto ritmo per
calmare, rassicurare ed esprimere amore.

Il bambino non dovrebbe essere toccato da mani estranee; i genitori dovrebbero essere i
primi a farlo, in quanto sono gli unici capaci di ‘capire’ il bambino che, appena nato, ha bisogno di
loro per non sentirsi solo e abbandonato. Da questi primi momenti in poi il contatto si farà sempre
più profondo e consapevole e il linguaggio non verbale unirà la triade per molti mesi.
In India, e non solo, il massaggio neonatale è una tradizione antichissima che viene praticata
giornalmente da tutte le madri ai loro piccoli, fino ai due anni circa.

Un bagno e un massaggio quotidiani aiutano i bambini a crescere più sani e forti,
consentendo persino ai bimbi nati pre-termine o sotto peso di progredire più velocemente rispetto ad
altri non massaggiati. Il massaggio aiuta il bambino anche a mangiare e a dormire meglio e ad
alleviare le coliche tipiche dei primi mesi di vita.

Inoltre il contatto rafforza il legame fra genitori e bimbo, consentendo di sviluppare una
relazione basata su un linguaggio comprensibile al piccino, linguaggio che conforta, rassicura e
nutre il suo corpo e la sua anima.

Quando cominciare ? Nessun massaggio propriamente detto va fatto prima che il bambino
abbia compiuto un mese . Nei primi tempi si tratta di ‘toccare’, di sfiorare il piccolo, piuttosto che
praticargli un vero massaggio. E’ sufficiente che le vostre mani seguano il percorso del corpo e che
il corpo si senta in contatto con le mani della mamma. All’inizio le mani dovranno essere leggere,
meglio ancora: carezzevoli. Poi, poco alla volta, lascerete emergere l’energia, senza però metterci
forza.

Attraverso di voi passa un’energia, ed è quella che vi guida, ma a condizione che siate
presenti e amorevolmente coinvolte. In quel momento, siete, in un certo senso, uno strumento. Più
sarete rilassate, meglio passerà al bambino tale energia.

Quanto deve durare il massaggio ? Fino che il bambino ha pochi giorni, si tratta solamente
di carezze, di sfioramenti, che devono durare soltanto pochi minuti.

Di giorno in giorno, la durata si allungherà , la tecnica diventerà più precisa e voi diverrete
sempre più esperte. E quando il bambino avrà circa un mese, la seduta avrà raggiunto la durata dai
venti ai trenta minuti.

Il massaggio va fatto molto lentamente, e sarà in seguito a questa lentezza che vi renderete
conto di essere diventate veramente esperte.

Il trattamento dovrà continuare almeno per i primi quattro mesi. Quando il bambino riuscirà
a girarsi e a distendere profondamente il dorso e la colonna vertebrale, potrete anche smettere. In
realtà, per il benessere del bambino, nulla vi vieta di proseguire.

Ad ogni modo, il massaggio al bambino praticato da mamma o papà assicura la completezza
fisico-emotiva necessaria per una crescita armoniosa, nonché un saldo legame, i cui benefici effetti
si manifesteranno anche nelle successive fasi di crescita del bambino.

Per conoscere meglio le tecniche del massaggio, sarà opportuno che vi rivolgiate a una
persona esperta.

“………Toccare: è da lì che, molto semplicemente, tutto è cominciato.………Nel bambino
piccolo, la pelle viene prima di ogni altra cosa. E’ il primo dei cinque sensi. E’ la pelle che
sa……Ah, sì, questa pelle, bisogna prendersene cura, nutrirla con Amore, non con le creme. Essere
cullati, accarezzati, essere tenuti in braccio o massaggiati, sono tutti nutrimenti per il bambino
piccolo, indispensabili come le vitamine, i sali minerali e le proteine, se non di più. Se viene privato
di tutto ciò e dell’odore, del calore e della voce della mamma, voce che conosce bene, il bambino,
anche se gonfio di latte, si lascerà morire di fame.” (Tratto dal libro ‘Shantala’– L’arte del
massaggio indiano per far crescere i bambini felici – Frédérick Leboyer – Editore Bompiani)

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LO SVEZZAMENTO

L’introduzione dell’alimentazione solida rappresenta l’inizio di una nuova epoca di
interazione bambino/madre/ambiente, e induce l’avvio di un progetto di educazione alimentare
che avrà corso e ripercussioni anche molto più avanti negli anni. Non è un periodo sempre facile,
ma nemmeno necessariamente drammatico come potrebbe essere lo svezzamento inteso come
interruzione rapida e più o meno drastica dell’allattamento al seno.

Anche la letteratura internazionale va sempre più nella direzione di eliminare il termine
“svezzamento” e ciò che evoca. In effetti, ci si è resi conto che sia la biologia che la psicologia
hanno tempi lunghi ed è meglio lasciare tranquillamente durare a lungo il periodo dell’allattamento
- sempre che ciò sia possibile - quale integrazione alle pappe. Proponendo con calma e
gradualmente i nuovi cibi e mantenendo contemporaneamente l’offerta del latte materno, il
bambino avrà modo di abituarsi senza bruschi passaggi a nuovi cibi e alla loro digestione. Da parte
dei genitori ci vorrà un po’ di pazienza e di sensibilità per regolare gradualmente la proposta
alimentare.

Il bambino esplora le caratteristiche specifiche dei nuovi alimenti con labbra, denti, olfatto,
palato (sapore, consistenza, odore, calore), conosce con gli occhi (forma e colore) e con il tatto;
ogni cibo colpisce e suscita una conoscenza che si fissa nella memoria.

E’ importante dar tempo a queste esperienze per non limitare e mortificare la vivacità
sensoriale del bambino in questo particolare momento. Il cibo rimane pregno di significati e di
simboli, ma al tempo stesso va caratterizzandosi soprattutto come risposta al bisogno puntuale e
sempre più differenziato di sfamarsi.

Se l’introduzione degli alimenti solidi nella dieta è graduale e soprattutto non in conflitto
con l’allattamento al seno, nel senso che non lo soppianta provocandone automaticamente la
scomparsa, il bambino vivrà molto più tranquillamente questa nuova fase. Anche il suo organismo
si abituerà a ricevere le sostanze nutritive solide, mentre il latte materno diventerà sempre più
complementare. Studi in merito affermano che il latte della madre cambia anche quando è
affiancato dalla nuova alimentazione, proseguendo quell’adeguamento alle esigenze del bambino
già posto in atto sin dal principio.

Non ci sono regole fisse per stabilire quando smettere di allattare. L’ideale sarebbe che
la richiesta di latte materno venisse meno spontaneamente e, di conseguenza, a tempi diversi da
un bambino all’altro, a seconda della diversità delle esigenze; la casistica va tranquillamente dagli
otto mesi al secondo anno di vita e oltre. Pare che solo allora il bambino non abbia più bisogno delle
sostanze che va cercando nel latte di sua madre, utili – si ipotizza – per completare la maturazione
di qualche parte o funzione del suo organismo. Soprattutto per la maturazione del sistema nervoso
centrale.

Il bambino che non abbia vissuto bene e completamente il periodo dell’allattamento –
perché troppo precocemente svezzato o per aver recepito l’eventuale disagio di una madre non
positivamente coinvolta nel ruolo di nutrice – è probabile che egli affronti con minore sicurezza
questo passaggio.

E’ evidente che il bambino, crescendo, dimostri di essere pronto per nuove esperienze. E’
inevitabile procedere per tentativi, poiché ogni bambino possiede una propria individualità nonché
un bagaglio di esigenze che vanno capite e rispettate. E’ bene dar fiducia al bambino e lasciare che
assaggi, conosca e si esprima. E’ necessario, quindi, prestare attenzione ai suoi rifiuti e alle sue
preferenze.

Al giorno d’oggi molte donne allattano con relativa facilità, e perché questo avvenga,
l’allattamento deve essere precoce, non misto e a richiesta. Inoltre il taglio del cordone ombelicale
non deve essere praticato troppo presto, altrimenti il bambino, essendo in acidosi, ha meno forza di
suzione, è debole e non riesce a succhiare. Se invece il taglio del cordone non è avvenuto troppo
presto, la placenta ha la capacità di correggere l’acidosi iniziale. Ciò significa che la placenta non ha
esaurito la sua funzione, ma che continua a inviare le sostanze che correggono l’acidità del
bambino. In questo modo diventa più facile l’immediata suzione del colostro materno, importante
per il bambino affinché, nelle ore successive alla nascita, non perda quella forza di succhiare, forza
che stenterebbe poi a ritrovare. (Lorenzo Braibanti)

Ora si è venuti alla conclusione che l’allattamento materno cessa quando lo decide il
bambino stesso. Ci sono bambini che a 8 mesi non vogliono più attaccarsi alla mammella, altri
invece che continuano molto più a lungo. Il bambino è il pediatra di se stesso e conosce bene la
propria fisiologia. La conosce per istinto. Ora si sa che, se il bambino prolunga la richiesta di latte
materno, è perché ne ha ancora bisogno. E ne ha bisogno per assumere alcune sostanze che
completano lo sviluppo delle guaine nervose di fosfolipidi dell’ipotalamo. Si pensa, quindi, che se il
bambino continua a richiedere il latte materno anche dopo l’anno di età, lo faccia proprio per
raggiungere una precisa maturazione del suo sistema nervoso centrale. (Lorenzo Braibanti)

Da quanto sopra si vede con quanta precisione Madre Natura ha stabilito ogni cosa per il
bene delle nuove creature che vengono al modo. L’allattamento fa bene al bambino, ma anche alla
donna. Infatti, diminuisce l’osteoporosi, il rischio di tumore alle ovaie, aiuta a perdere l’eccesso di
peso accumulato in gravidanza e consolida quel rapporto col piccino che era iniziato già sin dai
primi momenti della gravidanza, e forse, in certi casi fortunati, ancor prima del concepimento.

Soprattutto, fa bene a lui. Nel bambino allattato al seno, le infezioni respiratorie sono tre volte meno
frequenti rispetto ai piccoli nutriti con il biberon; sono meno frequenti anche le infezioni
gastrointestinali, le allergie e persino il pericolo della morte in culla. Non va trascurato nemmeno il
notevole risparmio mensile, che si aggira attorno a una somma non indifferente.

Comunque, una succhiatina serale, prima di dormire, non dovrebbe creare un grosso
problema per la mamma, mentre è enormemente benefica per il bambino.

Non avete mai visto una donna che allatta il suo piccino ? E’ uno spettacolo che fa una gran
tenerezza. Non è possibile non commuoversi !





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