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 È reato il «nickname» con i dati di un altro

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
admin Inserito il - 02/05/2013 : 11:02:49
È reato il «nickname» con i dati di un altro

di Patrizia Maciocchi

Chi inserisce in una chat un nickname con i dati identificativi di un terzo rischia la condanna per sostituzione di persona. La Corte di cassazione (sentenza 18826) usa la mano pesante nei confronti della ricorrente, che paga a caro prezzo il desiderio di vendetta nei confronti della sua ex datrice di lavoro.

L'astio l'aveva indotta a creare, in una chat di incontri erotici, un "nicknames" con le iniziali della parte offesa, corredando il tutto con il numero telefonico della signora. Informazioni subito capitalizzate dagli utenti del web, che hanno bersagliato la vittima con richieste di incontri, insulti a carattere sessuale e foto erotiche.

Inevitabile la condanna, dal primo grado di giudizio fino alla Cassazione, che respinge le proteste della ricorrente che negava l'ipotesi di reato, perché non si era spacciata per un'altra persona. La Suprema corte sottolinea la necessità di dare un'interpretazione estensiva del reato (articolo 494 del Codice penale) imposta dai rivoluzionari cambiamenti dovuti all'evoluzione tecnologica, pena l'impunità delle aggressioni on line. In passato (sentenza 12479/2011) la Suprema corte aveva chiarito che la sostituzione di persona scattava con la creazione di un account di posta elettronica, con il quale ci si "appropriava" delle generalità di un terzo, inducendo in errore gli internauti e danneggiando la persona a cui si rubava l'identità.

Un precedente nel quale l'imputata vedeva un'ancora di salvezza, dal momento che non aveva creato un account, assumendo l'identità della sua ex datrice, ma si era "limitata" a inserire nella chat a luci rosse un "nickname" composto dalla iniziali della donna e il suo numero di cellulare.
Particolarità che la Cassazione fa rientrare sempre nel raggio d'azione dell'articolo 494, spiegandone la ragione. La tutela giuridica della disposizione riguarda non solo la fede pubblica, ma anche la protezione dell'identità di terzi, messa a rischio non esclusivamente da possibili usurpazioni, «ma anche dalla falsa attribuzione di contrassegni personali».

Tra i contrassegni rientrano i nicknames che, pur attribuendo un'identità virtuale valida solo sul web, non sono privi di una dimensione concreta, perché attraverso questi le comunicazioni in rete producono conseguenze reali nella sfera giuridica della persona a cui il "soprannome" è assegnato. Nel caso esaminato il nickname era riconducibile a un soggetto ben preciso, assumendo per questo lo stesso valore di uno pseudonimo. Un nome di fantasia «la cui attribuzione a sè o ad altri, integra il reato di sostituzione di persona».

da ilsole24ore.com





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