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 Mappa per evitare tracollo dei sistemi complessi

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
admin Inserito il - 15/04/2013 : 10:49:44
Una mappa per evitare il tracollo dei sistemi complessi

11 aprile 2013

Ricercatori del MIT hanno definito un nuovo indice che permette di valutare la distanza di un ecosistema, di un mercato finanziario o di qualsiasi altro sistema complesso sottoposto a stress, dal punto di non ritorno, oltre il quale il collasso è inevitabile. Mentre finora si è cercato di scoprire questo punto guardando all'evoluzione temporale del sistema, il nuovo metodo si concentra sulla distribuzione spaziale dei punti di crisi
(red)

lescienze.it

Siamo vicini al tracollo finale? Presto, guardiamo la mappa! In futuro potrebbe suonare così il grido di allarme di fronte a una situazione di crisi. Un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology ha infatti definito un nuovo indice per valutare quando un sistema complesso – sia esso un ecosistema, un mercato finanziario, un fluido viscoso o perfino il nostro sistema cardiocircolatorio - sta per subire un drammatico cambiamento. Il nuovo metodo di valutazione delle situazioni critiche è descritto in un articolo pubblicato su “Nature” a firma Lei Dai, Kirill S. Korolev e Jeff Gore.

I sistemi complessi sono caratterizzati dal rischio di bruschi passaggi da uno stato di relativa stabilità a un altro molto diverso, per esempio quando un'improvvisa e letale fioritura di alghe trasforma un lago ricco di vita in uno stagno morto. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, è difficile identificare in anticipo la soglia oltrepassata la quale la situazione precipita. Riuscire a definire la distanza del sistema da quella soglia – la cosiddetta resilienza del sistema - è quindi importante per prevenire o quanto meno attutire gli effetti negativi dell'imminente passaggio.

Finora l'unica misura usata per valutare questa resilienza era il cosiddetto tempo di recupero, ossia il tempo di cui ha bisogno un sistema disturbato – per esempio un bosco devastato da un incendio doloso o un braccio di mare intensamente battuto da navi da pesca – per tornare nella situazione di partenza. Questa tecnica soffre però di un notevole inconveniente: disporre di una dettagliata e puntuale fotografia dell'evoluzione temporale del sistema è molto raro.

Molto più facile è invece avere un quadro esatto della distribuzione spaziale, geografica, di queste risorse. Proprio partendo da questa considerazione Lei Dai e colleghi si sono chiesti se fosse possibile definire un indice di resilienza basato non tanto su elementi temporali quanto su elementi di tipo spaziale. Hanno così elaborato un modello di cui hanno verificato l'efficacia sperimentandolo su un sistema complesso classico: l'andamento demografico di una popolazione in funzione della distrubuzione spaziale delle risorse.

I ricercatori hanno scelto popolazioni di lieviti (Saccharomyces cerevisae) in coltura, che hanno dapprima portato in una situazione di stabilità, per poi introdurre un fattore di disturbo, rappresentato da aree in cui le sostanze nutritiveerano fornite in diverse diluizioni, in modo tale da osservare le variazioni di densità della popolazione e il loro riflesso sulla stabilità demografica complessiva dei lieviti.

Lei Dai e colleghi hanno così definito un indicatore, chiamato "lunghezza di recupero", che permette di stabilire la distanza dal punto di collasso totale del sistema – nel caso degli esperimenti, il tracollo dell'intera popolazione di lieviti – sulla base delle distanze fra i punti in cui emergono situazioni di crisi locali, ossia, nel caso degli esperimenti, delle distanze fra i punti della coltura di lieviti in cui si osservava una significativa rarefazione delle popolazioni di Saccharomyces cerevisae.

http://dx.doi.org/10.1038/nature12071






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