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V I S U A L I Z Z A D I S C U S S I O N E
admin
Inserito il - 02/02/2011 : 11:38:52 Rivolte e rivoluzioni infiammano il mondo
in occidente... ci renderemo conto che "siamo tutti tunisini"?
01 febbraio 2011
Nel presente stanno scoppiando ribellioni quasi ogni dove (come già considerato nelle note dei transiti astrologici) e i sistemi di comunicazione di massa, primi fra tutti i “social networks” svolgono in questo fenomeno un ruolo fondamentale, rispetto al passato. Nel seguito una sintesi (seppur lunga) di un articolo recentissimo pubblicato su Global Research, Canada: un centro di informazione e ricerca anti-globalizzazione, ricco di firme autorevoli di ricercatori e studiosi. Avendolo trovato interessante, lo pubblico, senza con questo sposare appieno le considerazioni dell'autore. In ultimo, consideriamo che dietro colorate “rivolte” del tempo presente, raramente risultano esserci solo l'azione e l'interesse di popoli e persone sconfitte e soggiogate... Cristina Bassi
Per la prima volta nella storia dell’uomo quasi tutta l’umanità é politicamente attiva, politicamente conscia e politicamente interattiva… L’attivismo politico mondiale che ne risulta sta generando un aumento nella ricerca della dignità personale, del rispetto culturale e dell’opportunità economica in un mondo dolorosamente segnato dalle memorie del secolare dominio coloniale di stranieri o di imperi.
(…)I principali poteri mondiali, nuovi e vecchi, stanno affrontando anche una nuova realtà: mentre loro potere militare è più che mai grande e letale, la loro capacità di imporre il controllo sulle masse del mondo, politicamente risvegliate è al minimo storico.
“Per dirlo senza mezzi termini: anni fa era più semplice controllare un milione di persone rispetto ad ucciderne fisicamente un milione; oggi, è infinitamente più facile uccidere un milione di persone invece di controllarne un milione”. Zbigniew Brzezinski , Ex Consulente della Sicurezza Nazionale US, Co-Fondatore della Commissione Trilaterale, Membro del Consiglio di Amministrazione del Centro per gli Studi Strategici e Internazionali.
Un’insurrezione in Tunisia ha portato nel Paese al rovesciamento della dittatura del Presidente Ben Ali, che durava da ben 23 anni. Un nuovo governo “di transizione” è stato formato, ma le proteste sono continuate chiedendo un governo totalmente nuovo senza le reliquie del precedente tiranno.
Un’insurrezione in Tunisia ha portato nel Paese al rovesciamento della dittatura del Presidente Ben Ali, che durava da ben 23 anni. Un nuovo governo “di transizione” è stato formato, ma le proteste sono continuate chiedendo un governo totalmente nuovo senza le reliquie del precedente tiranno.
Le proteste in Algeria sono continuate per settimane, mentre la rabbia continua ad aumentare contro un aumento dei prezzi dei beni alimentari, contro la corruzione e lo stato di oppressione.
Le proteste in Giordania hanno obbligato il Re a far intervenire i militari per circondare le città con mezzi blindati e a organizzare posti di blocco.
Decine di migliaia di persone che protestano hanno marciato sul Cairo chiedendo di porre fine alla dittatura trentennale del dittatore Hosni Mubarak.
Migliaia di attivisti, leader dell’opposizione e studenti si sono radunati nella capitale dello Yemen contro la corruzione della dittatura del Presidente Saleh, al potere sin dal 1978. Saleh ha tentato, con l’aiuto dell’esercito USA, di schiacciare un movimento di ribelli nel nord e un enorme movimento secessionista del sud, chiamato il “Movimento del Sud”.
Le proteste in Bolivia contro gli aumenti dei prezzi degli alimenti hanno obbligato il governo populista di Evo Morales a rivedere i piani di tagliare i sussidi.
In Cile sono scoppiate proteste di dimostranti che si sono mossi contro l’aumento dei prezzi del petrolio.
Dimostrazioni contro il governo sono scoppiate in Albania, portando alla morte di parecchi manifestanti.
(…) Il dominio globale da parte dei maggiori poteri Occidentali, principalmente degli Stati Uniti, negli ultimi 65 anni, e più largamente per secoli, sta giungendo ad un punto di svolta. Le persone nel mondo sono agitate, piene di risentimento e rabbia. Il cambiamento sembra nell’aria. Come le citazioni sopra di Brzezinski indicano, questo sviluppo nella scena mondiale è la minaccia più radicale e potenzialmente più pericolosa per le strutture del potere mondiale e dell’impero. Non è una minaccia solo per le nazioni nelle quali le proteste insorgono o una ricerca di cambiamento, ma forse a un livello maggiore, è una minaccia per i poteri imperiali dell’Occidente, per le istituzioni internazionali, le società multinazionali e le banche che sostengono, armano e supportano e traggono profitto da questi regimi oppressivi che ci sono nel mondo.
(…) Zbigniew Brzezinski è uno degli architetti a capo della politica Estera Americana e si può dire uno degli intellettuali pionieri del sistema della globalizzazione. Quindi, i suoi avvertimenti riguardo a un “Risveglio Politico Mondiale” si riferiscono direttamente alla sua natura come a una minaccia alla gerarchia globale dominante. Come tale, dobbiamo considerare il “Risveglio” come una grande speranza per l’umanità.
(…) La Scintilla Tunisina
Una comunicazione diplomatica del luglio 2009 dall’Ambasciata Americana in Tunisia riportava che “molti Tunisini sono frustrati dalla mancanza di libertà politica e arrabbiati per la corruzione della Famiglia Reale, per l’alta disoccupazione e le diseguaglianze regionali. L’estremismo rappresenta una continua minaccia e che per la stabilità di un regime a lungo termine stanno aumentando”.
Venerdì 14 gennaio 2011, è terminata la dittatura del presidente Ben Ali durata 23 anni e sostenuta dagli Stati Uniti. Parecchie settimane prima, il popolo tunisino si era sollevato in una protesta contro l’aumento dei prezzi degli alimenti fomentata da un’immensa e crescente insoddisfazione per la repressione politica….
(…) Con il crescere delle proteste scoppiate con la morte del ragazzo 26enne che si è dato fuoco il 17 dicembre, il governo della Tunisia rispose prendendo serie misure contro i manifestanti. Le stime variano, ma circa 100 persone furono uccise negli scontri. Metà dei 10 milioni di tunisini sono sotto l’età di 25 anni, il che significa che non hanno mai conosciuto una vita in Tunisia al di fuori del vivere sotto questa dittatura. Dall’indipendenza dall’Impero francese nel 1956, la Tunisia ha avuto solo due leader: Habib Bourguiba and Ben Ali. Il popolo Tunisino si é sollevato contro molte grandi cose: una dittatura oppressiva che ha utilizzato ampie informazioni e censure su internet, ha aumentato i prezzi degli alimentari e l’inflazione, una famiglia reale corrotta, mancanza di lavoro per una gioventù che ha studiato e un’esperienza e un senso generale di sfruttamento, sottomissione e non rispetto della dignità umana.
Dopo la deposizione di Ben Ali, il primo ministro Mohamed Ghannouchi ha assunto il potere presidenziale e ha dichiarato un “governo di transizione”. Per ora, questo ha portato ad ancora più proteste chiedendo le sue dimissioni e le dimissioni dell’intero governo.
(…) I media e Internet hanno giocato un grande ruolo nel mobilitare le persone di tutta la Tunisia per la rivolta, ma alla fine è stato il risultato di proteste dirette e azioni, che hanno portato alle dimissioni di Ben Ali.
I blog e i forum quali Twitter, WikiLeaks, Facebook, Youtube hanno fatto la loro parte. Essi riflettono la capacità di “trasformare collettivamente l’ambiente dell’informazione araba e di distruggere la capacità di regimi totalitari di controllare il flusso delle informazioni, delle immagini, delle idee e delle opinioni”.
(…) Dobbiamo anche tenere a mente che questi mezzi di comunicazione sociale non solo sono diventati una fonte importante di mobilitazione dell’attivismo e dell’informazione a livello della massa popolare, ma sono diventati anche un mezzo effettivo per i governi e varie strutture di potere per cercare di manipolare il flusso dell’informazione. Questo fu evidente in Iran con le proteste del 2009, dove i media divennero un’importante strada attraverso cui le nazioni occidentali furono capaci di portare avanti la loro strategia di sostegno alla cosiddetta “Rivoluzione Verde” nel destabilizzare il governo iraniano. Così, i media hanno presentato una nuova forma di potere, né nera né bianca, la quale può essere usata sia per portare avanti il processo del “Risveglio” o il controllo della sua direzione.
Mentre l’America ha pubblicamente denunciato l’Iran perché bloccava i media ( o tentava di farlo) nell’estate del 2009, durante le prime settimane delle proteste in Tunisia (che sono state largamente ignorate dai media occidentali), l’America e l’Occidente hanno taciuto su questa censura.
(…) Il presidente della Francia, Sarkozy, ha persino dovuto ammettere che “egli stesso ha sottostimato la rabbia del Popolo tunisino e del movimento di protesta che ha deposto il presidente Zine al-Abidine Ben Ali”. Durante le prime settimane delle proteste in Tunisia, parecchi ufficiali del governo francese stavano pubblicamente sostenendo la Dittatura, con il ministro degli Esteri Francese che diceva che la Francia avrebbe prestato la “conoscenza” della sua polizia per aiutare Ben Ali a mantenere l’ordine.
Giorni prima della deposizione di Ben Ali, Hillary Clinton rilasciò un’intervista nella quale spiegò come l’America era preoccupata “riguardo all’agitazione e instabilità” e che “non ci stiamo schierando ma stiamo dicendo che speriamo che ci possa essere una risoluzione pacifica. E spero che il Governo Tunisino possa arrivare a ciò”. (…) La sua preoccupazione, di certo, non deriva da considerazioni umanitarie ma piuttosto da considerazioni imperiali inerenti: è semplicemente più difficile controllare una regione del mondo che sfocia in attivismo, insurrezioni e nella rivoluzione.
La scintilla accende una Fiamma La Tunisia ha dato la possibilità ai popoli del mondo arabo per chiedere giustizia, democrazia, responsabilità, stabilità economica e libertà. Proprio come le proteste in Tunisia erano in piena attività, l’Algeria stava sperimentando proteste di massa, che si sollevavano quale risultato dell’aumento dei prezzi degli alimenti a livello internazionale, ma anche in reazione a molte delle preoccupazioni di manifestanti Tunisini, come la responsabilità democratica, la corruzione e la libertà. Un ex-diplomatico Algerino disse ad Al-Jazeera a inizio di Gennaio che, “È una rivolta e probabilmente una rivoluzione, di persone oppresse che hanno aspettato, per 50 anni, una casa, un impiego e una vita adeguata e decente in un paese molto ricco”.
A metà gennaio, proteste simili sono sorte in Giordania, molti sono scesi nelle strade per protestare contro l’aumento dei prezzi degli alimenti e per la disoccupazione, cantando slogan antigovernativi. Il Re di Giordania, Abdullah II ha dovuto “mettere in piedi una forza speciale nel suo palazzo che includeva militari e servizi segreti per tentare di prevenire la sommossa dall’espandersi”, e ha fatto circondare le città principali con carri armati, con barriere e posti di blocco.
Nello Yemen, la nazione più povera nel mondo arabo, coinvolta in una guerra sponsorizzata dagli Stati Uniti contro il suo stesso popolo, governato da un dittatore che è al potere dal 1978, migliaia di persone hanno protestato contro il governo chiedendo al dittatore Ali Abdullah Saleh di dimettersi. Nella capitale di Sanaa, migliaia di studenti, attivisti e gruppi di opposizione hanno inneggiato slogan quali “Vattene, Vattene Ali. Raggiungi il tuo amico Ben Ali”.
(…) Il 21 gennaio, dieci milioni di manifestanti sono scesi nelle strade in Albania, mobilitando l’opposizione socialista, finendo in scontri violenti tra polizia e manifestanti, portando alla morte di tre dimostranti. Le proteste sono state sporadiche in Albania dalle elezioni ampiamente contestate del 2009, ma hanno raggiunto nuovi livelli ispirandosi alla Tunisia.
(…) Al summit sull’economia araba che è seguito subito dopo le dimissioni di Ben Ali in Tunisia, per la prima volta assente all’incontro, l’insurrezione della Tunisia si aggirava pesantemente nell’aria. Il leader della lega araba Amr Moussa ha detto nelle sue note di apertura al summit, “La rivoluzione in Tunisia non è lontana da noi” e “i cittadini arabi sono entrati in uno stato di rabbia e frustrazione che non ha precedenti” e ha sottolineato che “l’anima araba è rotta dalla povertà, dalla disoccupazione e da una recessione generale”. Il significato di questa “minaccia” non può essere compresa dai leader Arabi”. Su circa 352 milioni di arabi, 190 milioni sono sotto i 24 anni, con quasi tre quarti di loro disoccupati. Spesso, “l’educazione che questi ragazzi ricevono non gli fa bene perché poi non ci sono lavori da fare per quello che hanno imparato”.
Ci fu anche un articolo di un giornale intellettuale israeliano Ha’aretz, che sosteneva che “Israele potrebbe essere sul punto di una rivoluzione”. Nella spiegazione, l’autore scrive che: “Le organizzazioni della società civile israeliana hanno accumulato considerevole potere negli anni; non solo le cosiddette organizzazioni di sinistra, ma anche quelle che hanno a che fare con le tematiche della povertà, i diritti dei lavoratori, la violenza contro le donne e i bambini. Tutte sono state create per riempire il vuoto lasciato dallo stato, che da parte sua era troppo felice di continuare ad allontanarsi dai problemi di cui qualcun altro si stava occupando. La negligenza è così grande che il terzo settore di Israele – le NGO (organizzazioni non governative, ndt), le associazioni di beneficenza e le organizzazioni di volontariato – è tra i più grandi al mondo. In quanto tale, ha un po’ di potere.
(…) La situazione nei territori occupati si fa sempre più tesa con la recente fuga di notizie di “Documenti Palestinesi” che consiste in due decenni di accordi secreti tra Israele e la Palestina, e rivela la debole posizione di negoziazione dell’Autorità Palestinese. I documenti riguardano ampiamente le principali concessioni che l’Autorità Palestinese voleva intraprendere “sulle tematiche del diritto al rientro di rifugiati Palestinesi, concessioni territoriali e il riconoscimento di Israele”.
Tra le varie notizie, i negoziatori palestinesi in secreto acconsentirono a concedere quasi tutta Gerusalemme Est a Israele. Inoltre, il Presidente Palestinese Mahmoud Abbas (favorito da Israele e dall’America su Hamas), fu personalmente informato da un ufficiale di alto grado israeliano la notte prima dell’operazione Cast Lead, il dicembre 2008 e il gennaio 2009 dell’assalto di Israele su Gaza, che portò alla morte di più di 1000 Palestinesi: per quanto viene riferito,“gli ufficiali israeliani e palestinesi discussero l’assassinio di obiettivi Hamas e attivisti della Jihad Islamica a Gaza”.
(…) La sommossa si sta anche diffondendo in Egitto, terreno di gioco personale degli Stati Uniti dove il dittatore armato e sostenuto, Hosni Mubarak, è al potere dal 1981. L’Egitto è il principale alleato degli U.S. nel Nord Africa ed è stato per secoli uno dei più importanti gioielli imperiali per gli Ottomani, poi gli Inglesi e più tardi per gli Americani. Con una popolazione di 80 milioni, il 60% dei quali sotto ai 30 anni, che corrispondono al 90% dei disoccupati in Egitto, ci sono in questo paese le condizioni mature per una ripetizione di quanto avvenuto in Tunisia.
Il 25 gennaio, 2011, l’Egitto ha sperimentato “il suo giorno della collera” nel quale decine di migliaia di manifestanti sono scesi nelle strade per protestare contro l’aumento dei prezzi degli alimentari, la corruzione e l’oppressione di vivere sotto una dittatura da oltre 30 anni. Le dimostrazioni furono organizzate attraverso l’uso dei media sociali quali Twitter e Facebook. Quando le proteste emersero, il governo chiuse l’accesso a questi mezzi di comunicazione, così come fece il governo tunisino nei primi giorni delle proteste che portarono al collasso della dittatura.
(…) In Egitto “una coalizione ad hoc di studenti, giovani disoccupati, operai di industrie, intellettuali, fan di calcio e donne, collegati da media quali Twitter e Facebook, diedero inizio a una serie di dimostrazioni muovendosi velocemente e rapidamente in una mezza dozzina o più di città egiziane.” La polizia ha risposto con la violenza e tre manifestanti furono uccisi.
(…) L’Egitto, deve essere ricordato, è il secondo contenitore più grande dell’esercito Americano nel mondo (seguito da Israele) e pertanto la polizia di stato e l’apparato militare sono molto più all’avanguardia e sicuri rispetto alla Tunisia.
(…) Secondo alcune stime, un numero pari a 50.000 manifestanti si sono mossi al Cairo, Alessandria, Suez e altre città egiziane. I manifestanti si sono scontrati con la solita brutalità…(…) Tardi, la notte delle proteste, si sono diffuse voci e resoconti non confermati che la moglie di Mubarak, Suzanne Mubarak, pareva fosse volata a Londra, come pure il figlio e il presunto successore…
Nel 2007, fu rilasciata un’intervista dal Ministro della Difesa Britannico, che prendeva in considerazione le tendenze globali nel mondo nei prossimi 30 anni. Nel valutare “l’ineguaglianza Mondiale” il reportage sosteneva che nei prossimi 30 anni:
“L’abisso tra il ricco e il povero probabilmente aumenterà e la povertà assoluta rimarrà una sfida globale….Le disparità nella ricchezza e nei vantaggi diventeranno pertanto molto ovvie, con relative rimostranze e risentimenti, persino tra il crescente numero di persone, che avranno più probabilità di essere materialmente più prosperose dei loro genitori o nonni. L’assoluta povertà e le relative condizioni sfavorevoli, alimenteranno percezioni di ingiustizia tra coloro le cui aspettative non si avvereranno, aumentando la tensione e l’instabilità, sia all’interno che tra le società, sfociando in espressioni di violenza quali disordini, criminalità, terrorismo e insurrezioni.
Questo potrebbe anche portare alla risurrezione non solo di teorie anti-capitaliste, probabilmente legate a religioni, a movimenti anarchici o nichilisti, ma anche al populismo e a un ritorno del Marxismo”.
Inoltre, il reportage, metteva in guardia sui pericoli a cui vanno incontro i poteri istituzionali”, che derivassero da una rivoluzione, che emergesse da classi medie scontente:
“Le classi medie potrebbero diventare una classe rivoluzionaria, rivestendo il ruolo che Marx attribuiva al proletariato. La globalizzazione dei mercati del lavoro e la riduzione dei proventi nei livelli di benessere nazionale (welfare) e della occupazione, potrebbero diminuire l’attaccamento delle persone a particolari stati. Il crescente divario tra costoro e un piccolo numero di individui super ricchi e altamente visibili, potrebbe alimentare la disillusione sulla meritocrazia, mentre le sottoclassi urbane, in crescita, è probabile rappresenteranno una minaccia all’ordine sociale e alla stabilità, mentre il fardello del debito pubblico acquisito e il fallimento del servizio pensionistico, comincia a venire intaccato. Di fronte a queste duplici sfide, le classi medie (la borghesia) mondiali potrebbero unirsi, usando l’accesso alla conoscenza, risorse e capacità per dar forma a processi transnazionali nell’interesse delle loro stessa classe.
(…) l’economia non sta “recuperando”, piuttosto è in una Depressione. Una volta che i nostri governi Occidentali continueranno il loro cammino fatto di chiusure nei confronti della facciata democratica e continueranno a smantellare diritti e libertà, aumentando la sorveglianza e il “controllo” e sostenendo politiche estere militaristiche e di mercanti della guerra in giro per il mondo (la maggior parte nel tentativo di soffocare o schiacciare il risveglio globale che sta avvenendo in tutto il mondo), noi qui in Occidente ci renderemo conto che “Siamo tutti Tunisini”.
Nel 1967, Martin Luther King, Jr., disse in un suo famoso discorso “Al di là del Vietnam”:
“Sono convinto che se ci mettessimo dal lato giusto della rivoluzione mondiale, noi come nazione dobbiamo sottoporci a una rivoluzione radicale di valori. Dobbiamo iniziare a passare rapidamente da una società “orientata alle cose” a una società “orientata alle persone”. Quando le macchine e i computer, i motivi di profitto e i diritti della proprietà sono considerati più importanti delle persone, i tre giganti gemelli del razzismo, materialismo e militarismo non potranno essere conquistati”.
By Andrew Gavin Marshall: un ricercatore socio del centro di ricerca sulla Globalizzazione (Global Research, Canada) ed anche co-autore con Michel Chossudovsky del recente libro "The Global Economic Crisis: The Great Depression of the XXI Century”. Sta attualmente lavorando a un nuovo libro sul “Governo Mondiale”.