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 Il viaggio di Carlos Castaneda

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
admin Inserito il - 26/10/2010 : 10:58:31
Il viaggio di Carlos Castaneda

autore sconosciuto

Carlos Castaneda è un antropologo peruviano scomparso di recente che negli anni 60, interessato allo studio dell'uso delle piante medicinali fra gli indios del Messico, si recò in questo paese e lì conobbe un indio yaqui del Messico settentrionale, don Juan Matus. Questi esercitava un'arte ancestrale, nota ai nostri giorni come stregoneria, che si ritiene sia una forma primitiva di scienza medica e psicologica, ma che di fatto è una tradizione di praticanti estremamente autodisciplinati e di pratiche estremamente raffinate.

Mentre i primi due libri scritti da Castaneda descrivano prevalentemente le sue esperienze "diverse" con l'uso delle cosiddette "piante di potere", cioè la Datura inoxia, nota anche come l'erba del diavolo, la Lophophora williamsii nota come peyote, e un fungo allucinogeno del genere Psilocybe, nel terzo volume si trascende quel tipo di esperienza, dalla quale Castaneda decide risolutamente di distaccarsi, e l'autore descrive minuziosamente il suo lungo e affascinante tirocinio di apprendista stregone.

Infatti Castaneda, che all'inizio pensava di utilizzare Juan Matus come informatore della matrice culturale della stregoneria, continuando a lungo a considerarsi solo un antropologo, alla fine, sotto l'influenza della potente personalità dell'indio, si sentì irrimediabilmente costretto a diventarne un adepto. Il suo lavoro di antropologo si trasformò in quello di un autobiografo, in quanto, dal momento in cui sentì operare in se' questo cambiamento come risultato dell'adozione di un insieme concatenato di idee e di pratiche aliene, si sentì anche spinto a riferire tutto quanto gli stava accadendo. In altre parole il sistema di credenze che voleva studiare lo fagocitò. Da quel momento divenne allievo di don Juan e di un altro indio mazateco del Messico centrale, don Genaro Flores, che lo iniziarono ai loro segreti.

I libri di Castaneda non contengono conoscenza, ne parlano, ma non lo sono in se stessi. Per raggiungere la conoscenza bisogna mettere in pratica ciò che essi suggeriscono. La "stregoneria" qui descritta non è ciò che noi crediamo nel contesto del nostro mondo quotidiano, cioè l'uso sull'uomo di poteri che travalicano l'umano, o l'evocazione degli spiriti con incantesimi, amuleti o rituali che creino effetti soprannaturali.

Per don Juan la stregoneria era l'atto di incarnare alcune speciali premesse teoriche e pratiche sulla natura, e il ruolo della percezione nel plasmare l'universo intorno a noi. Si avvicina per un certo verso allo sciamanesimo, anche se ha una caratteristica unica e inconfondibile.

In "Viaggio a Ixtland", Castaneda riferisce le lezioni, i presagi, gli esercizi per il corpo e per la mente, le ardue prove, le semplici e tuttavia misteriose dimostrazioni, le straordinarie visioni ed esperienze con cui i suoi maestri lo prepararono al compito di percepire le cose come sono, invece di descriverle con le parole, le convenzioni e gli standard dei luoghi comuni e del linguaggio stereotipato. Questo è il primo presupposto della stregoneria. Per don Juan Matus il mondo non è fatto di oggetti, ma è fatto di campi di energia che egli chiama "le emanazioni dell'aquila". Tali emanazioni sono raggruppate in grandi grappoli o fasce(48) nelle quali formano mondi indipendenti tra loro. All'interno di una di queste bande c'è una fascia particolare, la banda dell'uomo, che determina gli stretti limiti delle percezioni conosciute come la coscienza normale, il "tonal", il lato destro. Le emanazioni che si trovano al di là della banda dell'umanità costituiscono l'ignoto propriamente detto e non vengono mai allineate dalla gente comune. Sono chiamate il "nagual", la realtà separata, il lato sinistro. Il fattore che determina quali emanazioni saranno selezionate o allineate è chiamato "punto di unione" , che è una proprietà della consapevolezza di selezionare le emanazioni atte a produrre la percezione simultanea di tutti gli elementi che costituiscono il mondo oggetto della percezione. Il tipo di allineamento, quindi di percezioni, è dato dalla "posizione del punto di unione".

Per uno stregone il mondo della vita quotidiana non è quindi reale come lo crediamo, ma è solo una descrizione che ci è stata inculcata fin dal momento della nostra nascita. Infatti chiunque venga in contatto con un bambino è un maestro che gli descrive incessantemente il mondo, fino al momento in cui il bambino è capace di percepire il mondo come gli è stato descritto. Da quel momento il bambino è un membro del mondo, e conosce la descrizione del mondo, descrizione che si convalida quando, conformandosi a quella descrizione, diventa capace di trarre tutte le appropriate interpretazioni percettive. Da quel momento, la realtà della sua vita consiste in un interminabile flusso di interpretazioni percettive.

La premessa di base della stregoneria e la affermazione che don Juan faceva di continuo al suo riluttante novizio, era che egli gli stava insegnando a "vedere" in quanto opposto al semplice guardare, e che "fermare il mondo" era il primo passo per poter arrivare a "vedere". "Fermare il mondo" è l'insieme di certi stati di consapevolezza in cui la realtà della vita quotidiana è alterata perché il flusso di interpretazione, che d'ordinario scorre ininterrottamente, è stato fermato da una serie di circostanze estranee a quel flusso. "Vedere" si può definire rispondere alle sollecitazioni percettive di un mondo esterno alla descrizione che abbiamo imparato a chiamare realtà.

"Viaggio a Ixtlan" è dedicata proprio alla costruzione della capacità percettiva del mondo diversa dalla descrizione, che don Juan fece al suo apprendista, all'inizio del loro sodalizio, attraverso tecniche descritte con precisione nei primi 17 capitoli del libro.

Per don Juan il mondo non è costituito da oggetti, così come li vediamo, ma da campi d'energia.

Anche noi uomini siamo campi di energia o "uova luminose", ma pochi solo arrivano a comprendere e a vedere questo perché, quantunque ogni persona possieda dell'energia, nella vita della gente comune questa è già completamente utilizzata nelle azioni abituali, determinate per ognuno dal proprio passato.

Questo è già evidente nella difficoltà che incontriamo quando vogliamo dare un cambiamento alla nostra vita; tanto meno abbiamo energia disponibile per abbordare l'ignoto.

Quindi, l'inizio del cammino della conoscenza, che è anche la strada del guerriero, è quello del giusto e adeguato uso dell'energia.

Tutto quanto un essere vivente fa e tutto quanto gli accade, è determinato dal suo livello di energia disponibile, o potere personale.

La porta di cui dispone ogni essere umano per ottenere energia "libera" o potere personale, è il risparmio dell'energia che normalmente impiega nelle azioni della sua vita quotidiana.

"Viaggio a Ixtlan" è proprio dedicato all'insegnamento dei metodi basilari per l'incremento di energia che ci permettono di entrare nel mondo del guerriero, destrutturando l'ego individuale del guerriero e quindi della sua visione ordinaria del mondo: questi metodi sono chiamati "i non fare dell'io personale".

Uno dei primi e basilari insegnamenti è quello della "cancellazione della storia personale", atto che ci libera dall'ostacolo dei pensieri altrui. Si può iniziare solo desiderando di abbandonarla, quindi con un atto di volontà, poi si può procedere armoniosamente a tagliarla via.

"Non capisci?" chiese don Juan a Castaneda. "Tu devi rinnovare la tua storia personale raccontando ai genitori, ai parenti e agli amici tutto ciò che fai. "Il tuo problema è che devi spiegare tutto a tutti, in modo coatto, e al tempo stesso vuoi conservare la tua freschezza e la novità di ciò che fai. Perciò, non potendo conservare il tuo entusiasmo dopo aver spiegato tutto quello che hai fatto, mentisci per poter tirare avanti e diventi inaffidabile".

D'altra parte, se tu non avessi storia personale, non ci sarebbe bisogno di spiegazioni; nessuno sarebbe in collera o deluso per i tuoi atti. E soprattutto nessuno ti inchioderebbe con i suoi pensieri".

"A poco a poco devi creare attorno a te una nebbia; devi cancellare tutto ciò che ti circonda finché non si possa dare più nulla per scontato, finché più nulla è certo o reale. Ora il tuo problema è che sei troppo reale. I tuoi sforzi sono troppo reali; i tuoi umori sono troppo reali. Non dar tanto per scontate le cose. Devi incominciare a cancellare te stesso". Per riuscirci, spiega don Juan, "Non rivelare tutto quello che fai veramente".

"Abbandona tutti quelli che ti conoscono bene, perché una volta che ti conoscono tu sei una cosa data per scontata e da quel momento in avanti non sarai più capace di rompere i legami dei loro pensieri".

"Crea intorno a te una nebbia e d'ora in avanti devi semplicemente mostrare alla gente solo ciò che ti importa mostrare, ma senza mai dire esattamente come l'hai fatto".

A questo punto Castaneda chiese se cancellare la storia personale non fosse un modo per accrescere il senso di insicurezza.

"Quando nulla è certo- risponde don Juan- rimaniamo sul chi vive, perennemente attivi. E' più eccitante non sapere dietro a quale cespuglio si nasconde il coniglio piuttosto che comportarci come se sapessimo tutto".

La perdita della presunzione o dell'importanza personale è un altro atto di partenza per non perdere energia.

"Finché penserai di essere la cosa più importante del mondo non potrai apprezzare veramente il mondo intorno a te. Sei come un cavallo coi paraocchi, tutto quello che vedi è te stesso distinto da tutto il resto".

"Sei molto violento, ti prendi troppo sul serio".

"Sei così maledettamente importante che ti senti in diritto di irritarti di tutto".

E' a causa dell'importanza personale che viviamo sempre esauriti, perché è da lì che sfugge la nostra energia. A causa dell'importanza personale crediamo sempre che i nostri problemi siano i più gravi o le nostre opinioni siano le sole corrette: siamo il centro dell'universo. L'importanza personale è il tono e lo scettro del dittatore personale di ognuno di noi: l'ego.

In realtà tutte le emozioni inutili e le abitudini debilitanti che portano a una diminuzione della nostra energia, come il rancore, la gloria, l'invidia, l'autocommiserazione, la depressione, eccetera, sono possibili solo a causa del fatto che ci sentiamo importanti.

E' per questo che la lotta contro l'importanza personale è forse la più difficile tra quelle che un guerriero deve affrontare. E superarla è una delle vittorie più portentose.

Quali sono i metodi per riuscirci? Sono diversi, tra questi la ricapitolazione, il "non fare", il parlare con alberi e piante, l'usare la morte come consigliere.

Don Juan suggerisce a Castaneda che per smettere di prendersi troppo sul serio dovrebbe parlare a voce alta con le piante, cosa che all'apprendista sembra ridicola.

"Avanti, parla alla pianticella" . "Dille che non ti senti più importante". "parla fino a perdere tutto il tuo senso di importanza. Parla finché ti riuscirà di farlo in presenza di altri".

Si può parlare con qualche piantina a portata di mano di ciò che ci sta accadendo, chiederle che per favore ci aiuti, perchè l'importanza personale è realmente un fardello molto pesante. Parlare agli alberi è una cosa molto simile, benché, data l'enorme empatia degli alberi verso gli esseri umani, conversare con loro può aprire possibilità ancora maggiori. Abbracciare un albero e raccontargli i nostri problemi- sempre ad alta voce- ci può fare scoprire un vero amico, che ci capisce e ci risponde, oltre a metterci in uno stato di pace. Possiamo contraccambiare l'aiuto con un gesto di amicizia, portandogli un pò d'acqua, qualche concime naturale, o semplicemente regalandogli una canzone. L'albero ne sarà molto felice.

La morte è la nostra eterna compagna.

"E' sempre alla nostra sinistra, a un passo di distanza". "Ti osserverà sempre fino al giorno in cui ti toccherà".

"Come ci si può sentire tanto importanti quando sappiamo che la morte ci dà la caccia?". "La cosa da fare quando sei impaziente è voltarti a sinistra e chiedere consiglio alla tua morte. Ti sbarazzi di un'enorme quantità di meschinità se la tua morte ti fa un gesto, o se ne cogli una breve visione, o se soltanto hai la sensazione che la tua compagna è lì che ti sorveglia".

"La morte è il solo saggio consigliere che abbiamo. Ogni volta che senti, come a te capita sempre, che tutto va male e che stai per essere annientato, voltati verso la tua morte e chiedile se è vero. La tua morte ti dirà che hai torto; che nulla conta veramente al di fuori del suo tocco. La tua morte ti dirà: "Non ti ho ancora toccato".

Questa tecnica è particolarmente utile nei momenti in cui l'importanza personale, in qualcuna delle sue varianti, si sta impossessando di noi. Quando ci stiamo compatendo, quando sentiamo che stiamo perdendo qualcosa di grande valore, quando sentiamo che ci offendono, quando proviamo rancore o desiderio di vendetta, quando ci stiamo aggrappando a qualcosa che in realtà abbiamo già perso, quando siamo meschini e ci neghiamo all'amore, quando abbiamo paura o non abbiamo il coraggio di agire come in fondo vorremmo. In momenti come questi, bisogna prendersi un istante per guardare gli occhi bui della morte e chiederle che ci consigli. Abbiamo bisogno del controllo necessario per esaminare i fatti alla luce della nostra morte che aspetta, considerando la situazione come se fosse il nostro ultimo atto prima di morire. Fino a che la morte elimina la meschinità e la paura. Finché la morte mette ogni cosa al suo posto, nella giusta prospettiva. Solo allora potremo vedere che, paragonate alla morte, anche le situazioni più tremende del mondo quotidiano, in realtà sono insignificanti. Siamo vivi, e la morte ci aspetta. Questa è l'unica cosa che davvero importa. Il resto sono sciocchezze. "Usa la tua morte. Concentra la tua attenzione sul legame tra te e la tua morte, senza rimorso, tristezza o inquietudine. Metti a fuoco la tua attenzione sul fatto che non hai tempo e lascia che i tuoi atti scorrano in conseguenza. Lascia che ciascuno dei tuoi atti sia la tua ultima battaglia sulla terra. Solo a queste condizioni i tuoi atti avranno il loro legittimo potere". La sola cosa che conta è l'azione, agire invece di parlare.

"Quando un uomo decide di fare una determinata cosa, deve andare fino in fondo, ma deve prendersi la responsabilità di quello che fa. Qualunque cosa faccia, deve prima sapere perché lo fa e poi deve andare avanti con le sue azioni senza dubbi o rimorsi",

"In un mondo in cui la morte è il cacciatore, amico mio, non c'è tempo per rimpianti o dubbi. C'è solo tempo per le decisioni".







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