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admin
Inserito il - 13/09/2010 : 11:57:05 Il piercing alla lingua mette a rischio gli incisivi e anche il cuore
13 settembre 2010
Sarà anche alla moda, ma il piercing alla lingua non è di certo salutare. Da anni i medici mettono in guardia dai rischi: reazioni allergiche ai metalli, frequenti sanguinamenti, infiammazioni alle gengive e ascessi. Per non parlare delle infezioni, la cui diffusione nel corpo, facilitata dalla forte presenza di vasi sanguigni nella lingua, può essere rapidissima.
Infezioni che possono essere anche serie: epatite B e C, ma anche endocardite, un’infezione della parete interna del cuore che, se non adeguatamente trattata, può essere fatale. E la lista delle conseguenze del piercing alla lingua non è ancora finita: i denti sono tra le vittime più frequenti, tanto che si stima che quasi la metà di quanti portano questa tipologia di piercing dopo quattro anni ha almeno un dente scheggiato.
SPAZIO ANOMALO - Inoltre, dal Journal of Clinical Orthodontics arriva ora la segnalazione di un altro pericolo: il diastema, uno spazio anomalo tra i denti. La rivista ha riportato il caso di una ragazza ventiseienne che, a 7 anni dall’applicazione del piercing, ha dovuto ricorrere a cure specialistiche per correggere (a caro prezzo!) un ampio diastema che si era formato tra i denti incisivi anteriori. Il danno è stato causato dalla pessima abitudine della ragazza di spingere il piercing tra i due denti. Un vezzo per nulla raro secondo la prima firmataria dello studio, Sawsan Tabbaa, della University at Buffalo School of Dental Medicine (Usa) che, riportando i dati di una precedente ricerca condotta dallo stesso istituto su liceali americani, ha riferito che almeno i tre quarti di essi ha l’abitudine di giocare con il piercing alla lingua. Le conseguenze, allora, sono inevitabili: «È un principio basilare dell’ortodonzia che esercitando una forza, nel lungo periodo, si spostano i denti» ha spiegato Tabbaa.
Nel caso del piercing alla lingua la situazione è inoltre aggravata dal fatto che «il piercing non viene mai rimosso, dal momento che la lingua è molto vascolarizzata e quindi toglierlo può comportare la chiusura del foro - ha illustrato Tabbaa -. Perciò non c’è da stupirsi che la costante pressione dell’oggetto metallico contro i denti - tutti i giorni e senza sosta - li possa spostare e allontanare l’uno dall’altro». Intanto, la pratica diventa sempre più comune. Già una decina di anni fa, uno studio condotto da due università americane su circa 450 studenti (tra i 16 e i 25 anni) e pubblicato sui Mayo Clinic Proceedings ne stimava la diffusione al 4 per cento nella popolazione maschile di quell’età e al 16 in quella femminile.
IN ITALIA - Non esistono invece dati sulla diffusione in Italia del piercing alla lingua. Tuttavia, rivela Luca Cegolon, primo firmatario di uno studio condotto su studenti di sei scuole superiori del Veneto e pubblicato lo scorso aprile sulla rivista Family Medicine, «anche se non ricompreso in quella ricerca, in quell’occasione abbiamo raccolto questo dato e in futuro potremmo rielabolarlo per uno studio descrittivo». In attesa di queste informazioni, esistono però i numeri sull’estensione dell’intero fenomeno piercing nel nostro Paese. Secondo quanto emerso da quella ricerca - la prima su questo argomento in Italia - «si attesta intorno al 20 per cento nella popolazione che abbiamo interpellato. Ma, cosa forse più importante - ha precisato il ricercatore del dipartimento di Medicina ambientale e sanità pubblica dell'Università di Padova - è che la giovane età della popolazione oggetto dello studio consente di prevedere il trend di sviluppo del fenomeno nell’immediato futuro». E pensare fin d’ora a come affrontarlo: la lingua non è infatti l’unica sede dove il piercing può arrecare danni alla salute. Un’ampia indagine realizzata in Gran Bretagna su oltre 10 mila persone con più di 16 anni e pubblicata sul British Medical Journal ha messo in luce come nella fascia di età più giovane (16-24 anni) circa un terzo del campione avesse avuto a che fare con complicanze connesse al piercing che, spesso, avevano richiesto la sua rimozione. Nell’1 per cento dei casi, invece, è stato addirittura necessario ricorrere alle cure ospedaliere.