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 SIDDHARTA

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
admin Inserito il - 06/07/2009 : 14:45:47
SIDDHARTA

di Heman Hesse

(...)

"Rifletteva Siddharta nel suo lento cammino. Stabilì che non era più un
giovinetto, ma era diventato un uomo. Stabilì che una cosa l'aveva
abbandonato, così come il serpente viene abbandonato dalla sua vecchia
pelle, che una cosa non era più presente in lui, che l'aveva
accompagnato durante tutta la sua giovinezza, e gli era appartenuta: il
desiderio di avere maestri e di conoscere dottrine. L'ultimo maestro
che gli era apparso sulla strada, il sommo e sapientissimo maestro, il
più santo di tutti, il Buddha, anche questo egli l'aveva abbandonato,
aveva dovuto separarsi da lui, non aveva potuto accogliere la sua
dottrina.

Sempre più lento andava il pensieroso e si chiedeva frattanto:
<<Ma che è dunque ciò che avevi voluto apprendere dalle dottrine
e dai maestri, e che essi, pur avendoti rivelato tante cose, non sono
riusciti a insegnarti?>>. Ed egli trovò: <<L'Io era ciò di
cui volevo apprendere il sneso e l'essenza. L'Io era, ciò di cui volevo
liberarmi, ciò che volevo superare. Ma non potevo superarlo, potevo
solo ingannarlo, potevo soltanto fuggire o nascondermi davanti a lui.
In verità, nessuna cosa al mondo ha tanto occupato i miei pensieri come
questo mio Io, questo enigma ch'io vivo, d'essere uno, distinto e
separato da tutti gli altri, d'essere Siddharta! E su nessuna cosa al
mondo so tanto poco quanto su di me, Siddharta!>>

Colpito da questo pensiero s'arrestò improvvisamente nel suo lento
cammino meditativo, e tosto da questo pensiero ne balzò fuori un altro,
che suonava: <<Che io non sappia nulla di me, che Siddharta mi
sia rimasto così estraneo e sconosciuto, questo dipende da una causa
fondamentale, una sola: io avevo paura di me, prendevo la fuga davanti
a me stesso! L' Atman cercavo, Brahma cercavo, e volevo smembrare e
scortecciare il mio Io, per trovare nella sua sconosciuta profondità il
nocciolo di tutte le corteccie, l'Atman, la vita, il divino,
l'assoluto. Ma proprio io, intanto, andavo perduto a me stesso>>.

Siddharta schiuse gli occhi e si guardò intorno, un sorriso gli
illuminò il volto, e un profondo sentimento, come di risveglio da
lunghi sogni, lo percorse fino alla punta dei piedi. E appena si rimise
in cammino, correva in fretta, come un uomo che sa quel che ha da fare.

<<Oh!>> pensava respirando profondamente <<ora
Siddharta non me lo voglio lasciare scappare! Basta! Basta cominciare
il mio pensiero e la mia vita con l'Atman e col dolore del mondo!
Basta! Uccidermi e smembrarmi, per scoprire il segreto dietro le
rovine! Non sarà più il Yoga-Veda a istruirmi, né l'Atharva-Veda, né
gli asceti, né alcuna dottrina. Dal mio stesso Io voglio andare a
scuola, voglio conoscermi, voglio svelare quel mistero che ha nome
Siddharta.>>

Si guardò attorno come se vedesse per la prima volta il mondo. Bello
era il mondo, variopinto misterioso era il mondo! Qui era azzurro, là
giallo, più oltre verde, il cielo pareva fluire lentamente come i
fiumi, immobili stavano il bosco e la montagna, tutto bello, tutto
enigmatico e magico, e in mezzo v'era lui, Siddharta, il risvegliato,
sulla strada che conduce a se stesso. Tutto ciò, tutto questo giallo e
azzurro, fiume e bosco penetrava per la prima volta attraverso la vista
in Siddharta, non era più l'incantesimo di Mara, non era più il velo di
Maya, non era più insensata e accidentale molteplicità del mondo delle
apparenze, spregevole agli occhi del Brahmino, che, tutto dedito ai
suoi profondi pensieri, scarta la molteplicità e solo dell'unità va in
cerca. L'azzurro era azzurro, il fiume era fiume, e anche se
nell'azzurro e nel fiume vivevano nascosti come in Siddharta l'uno e il
divino, tale era appunto la natura e il senso del divino, d'esser qui
giallo, là azzurro, là cielo, là bvosco e qui Siddharta. Il senso e
l'essenza delle cose erano in qualche cosa oltre e dietro loro, ma
anche nelle cose stesse, in tutto.

<<Come sono stato sordo e ottuso!>> pensava, e camminava
intanto rapidamente. <<Qand'uno legge uno scritto di cui vuol
conoscere il senso, non ne disprezza i segni e le lettere, né li chiama
illusione, accidente e corteccia senza valore, bensì li decifra, li
studia e li ama, lettera per lettera. Io invece, io che volevo leggere
il libro del mondo e il libro del mio proprio Io, ho disprezzato i
segni e le lettere, a favore di un significato congetturato in
precedenza, ho chiamato illusione il mondo delle apparenze, ho chiamato
il mio occhio e la mia lingua fenomeni accidentali e senza valore. No,
tutto questo è finito, ora son desto, mi sono risvegliato alla realtà e
oggi nasco per la prima volta."

(...)







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