Studiare i veri fenomeni anomali di luce è come tentare di sentire il miagolio di un gatto in mezzo a una folla vociante di 1000 persone. Eppure, proprio il miagolio di quel gatto, come dimostra il percorso narrativo del libro, potrebbe portare a una radicale rivoluzione in fisica. Infatti è proprio di reali anomalie luminose che si parla nel libro "Sfere Luminose" di cui proponiamo il seguente estratto
Sono innumerevoli le cause che possono indurci a scambiare “lucciole per lanterne”. La natura in cui siamo immersi è tanto bella quanto subdola. Non si contano i giochi di luce che, grazie all'armonioso connubio tra atmosfera e fenomeni ottici, si vengono a creare nel nostro intorno. In queste circostanze l'unico modo corretto di procedere è dare massima energia alle nostre capacità di ragionamento e non dare mai ascolto alla nostra naturale tendenza a suggestionarci oppure a negare per partito preso. Semmai, una volta scoperta la causa di certe apparizioni, possiamo provare liberamente stupore per i trucchi che la natura è a volte in grado di mettere in piedi, perché non dobbiamo mai dimenticarci che non è necessario andare per forza a cercare cose ultraterrene per provare meraviglia per il mondo in cui viviamo.
Il nostro mondo, il nostro universo, è già meraviglioso di suo e non c'è necessità di andare a cercare cose che lo trascendono. Però non conosciamo tutto delle leggi fisiche che governano l'universo, perché ogni tanto assistiamo a fenomeni che veramente appaiono come inspiegabili razionalmente anche all'occhio più attento del più accanito degli scettici (intendesi quelli sani). Un fenomeno anomalo - e nella fattispecie un fenomeno luminoso anomalo - può essere definito come tale solamente dopo che tutte le spiegazioni alternative più prosaiche possono essere prima passate al vaglio e poi escluse. Se, come di fatto succede, fenomeni del genere accadono ogni tanto e noi ce ne stupiamo, questo significa che nel nostro bagaglio conoscitivo di fisi- ca manca qualcosa, forse qualcosa di maledettamente importante. Infatti sono proprio le anomalie a insegnarci che c'è qualche falla in quel sistema apparentemente ben consolidato che è la nostra scienza. Prima o poi esse emergono, a volte anche in maniera prorompente. E allora dobbiamo rimboccarci le maniche e tentare di capire di cosa si tratta.
Questo non significa affatto che dobbiamo abbandonare il metodo scientifico. Al contrario! Semmai dobbiamo potenziarlo al massimo grado, perché sono proprio le procedure che portano a effettuare una misura e un calcolo matematico a dare forza a qualunque effetto che si manifesta nella nostra realtà, anche quando questo debba avvenire in base a leggi fisiche che prima non conoscevamo e ci erano sfuggite. Infatti le anomalie sono fenomeni che ancora non comprendiamo bene ma che si presentano come manifestazioni fisiche - in particolare manifestazioni energetiche - che noi possiamo passare al vaglio utilizzando il ben esperimentato metodo galileiano. È l'unico metodo che conosciamo che ci permette prima di stabilire con chiarezza cosa è il “rumore” e poi cosa è il “segnale”, e in seguito di concentrare tutta la nostra attenzione solamente sul segnale.
Nel caso dei fenomeni anomali, il problema principale è rappresentato dal fatto che essi non sono ripetibili a volontà, ma capitano il più delle volte quando meno ce l'aspettiamo. Allora cosa possiamo fare in questi casi? Non ci resta che analizzare statisticamente le testimonianze quando vogliamo studiare le costanti di uno stesso tipo di fenomeno, e, se ci riusciamo o siamo fortunati, tentare di approcciare analiticamente i singoli fenomeni misurandoli con strumentazione scientifica adeguata. Come vedremo in seguito, la procedura della misura è possibile solo laddove certi fenomeni di luce presentino una loro ricorrenza spaziale e/o temporale: in tal caso, ad esempio, possiamo grossolanamente considerare certe zone del mondo come “aree-laboratorio”, dove seppur con difficoltà, possiamo tentare di misurare e di osservare certi fenomeni a distanza allo stesso modo in cui studiamo stelle e galassie con un telescopio.
Le tecniche sono esattamente le stesse: l'unica differenza è che questi fenomeni non avvengono a centinaia di anni luce da noi ma a distanze dell'ordine dei chilometri o addirittura dei metri. Considerando che la radiazione luminosa ricevuta (così come quella di tutte le altre onde elettromagnetiche) aumenta all'aumentare della potenza luminosa intrinseca del fenomeno in oggetto e al diminuire della sua distanza (in ragione dell'inverso del quadrato della distanza), comprendiamo immediatamente che qualora siamo tanto fortunati da misurare il fenomeno per tempi sufficientemente lunghi, allora riusciamo ad acquisire di esso una grande quantità di fotoni. Ciò significa che possiamo ottenere dati di qualità veramente elevata, e certamente migliori di quelli che otterremmo di una lontanissima galassia che per forza di cose emette pochi fotoni.
Questo il vantaggio, ma c'è anche un grosso svantaggio rappresentato dai seguenti due fattori fondamentali: a) questi fenomeni di luce appaiono quando meno ce l'aspettiamo, mentre con le galassie sappiamo sempre dove si trovano e se sono di debole luminosità possiamo osservarle con i nostri telescopi e sensori utilizzando tempi di posa (tecnicamente: “tempi di integrazione”) sufficientemente lunghi da permetterci di ottenere un risultato decente; b) mentre le galassie possiamo inseguirle con il moto orario del telescopio in maniera tale che esse ci appaiono costantemente come ferme (altrimenti si sposterebbero in cielo per via della rotazione della Terra), questi fenomeni ci appaiono il più delle volte in movimento erratico nel cielo o in prossimità del terreno e questo rende le misure ottiche dirette del fenomeno estremamente difficili da effettuare (anche se possiamo lo stesso acquisire le misure del campo elettromagnetico prodotto dal fenomeno di luce oppure inseguire il fenomeno con un radar).