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 Il bambino che sta in noi

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
admin Inserito il - 13/09/2019 : 10:48:01
Il bambino che sta in noi

di Louise L. Hay

da

IL POTERE E' IN TE -
AMORE, GIOIA, SERENITA'.
SCOPRILI DENTRO DI TE PER VIVERE
IN PERFETTA ARMONIA
- ARMENIA EDITORE


AMARE IL BAMBINO CHE STA IN NOI

Se non riesci a trovare un contatto con gli altri, è perché
non sai avvicinarti al bambino che sta in te, che è spaventato
e sofferente. Sii pronto ad aiutarlo.

Uno dei problemi principali da valutare inizialmente è
quello del bambino che sta in noi, dimenticato troppo a lungo.

Nelle persone di tutte le età c'è infatti un bambino che ha
bisogno di amore e di accettazione: nelle donne, anche nelle
più autosufficienti, c'è una bambina, tenera e bisognosa di
affetto; negli uomini, persino nei più virili, c'è un bambino che
chiede altrettanto.

E' sempre presente, a qualsiasi età, sia nella coscienza che
nella mente. Da bambini, quando qualcosa andava male,
tendevamo a credere che ci fosse qualcosa di sbagliato in noi;
i bambini credono infatti che, per ottenere l'amore dei genitori
o degli altri membri familiari ed evitare così punizioni e castighi,
debbano fare bene ogni cosa. Pertanto, quando volevamo
qualcosa, senza tuttavia ottenerla, pensavamo di non essere
sufficientemente bravi, di avere difetti. Crescendo, finiamo
con il rifiutare parte di noi stessi.

In questa fase della nostra vita - sì, proprio adesso - dobbiamo
cercare di recuperare la nostra interezza, accettando
ogni lato di noi stessi, anche quello stupido, quello divertente,
quello spaventato, quello pazzo.

Ritengo che il distacco dal "bambino interiore" avvenga
verso i cinque anni: a questa età decidiamo che c'è qualcosa
che non va in noi e, di conseguenza, preferiamo interrompere
i contatti.

In ognuno di noi c'è anche un genitore che non smette mai
di rimproverare il bambino: se ascoltiamo il nostro dialogo
interiore, riusciamo facilmente a captare le critiche per gli
sbagli commessi, o per il fatto che non siamo all'altezza.

In tal modo diamo inizio a una vera e propria guerra
interiore, criticandoci, esattamente come facevano i nostri
genitori quando eravamo piccoli: "Sei stupido. Sei incapace.
Non sai fare bene le cose. Di nuovo nei pasticci!" Questo
atteggiamento diventa un'abitudine e, una volta adulti,
dimentichiamo il bambino che sta in noi e lo rimproveriamo
riproducendo lo schema all'infinito.

John Bradshaw, autore di numerosi libri dedicati alla cura
del "bambino interiore", disse una volta che l'adulto porta in
sé nastri registrati con i messaggi dei genitori della durata di
25.000 ore: quanti di essi suggeriscono che siamo persone
meravigliose? Quanti affermano che siamo amati, brillanti e
intelligenti? O che possiamo fare tutto quello che vogliamo, o
diventare importanti? In verità, quanti di essi continuano a
ripetere: "No, no, no!"?

Non c'è dunque da meravigliarsi se ci diciamo costantemente
no; o, parlando della nostra vita, utilizziamo il condizionale:
non facciamo altro che rispondere ai vecchi nastri, trascurando
la realtà del nostro essere, la verità della nostra esistenza.

Eppure, essi possono essere cancellati e registrati
nuovamente.

Ogniqualvolta affermiamo di essere spaventati, è in realtà
il bambino che sta in noi ad esserlo: l'adulto è tranquillo,
distaccato da lui. Adulto e bambino dovrebbero, viceversa,
instaurare un rapporto, comunicarsi ogni cosa: può sembrare
sciocco, ma funziona. E' bene far capire al bambino che,
qualsiasi cosa accada, l'adulto non scapperà, né rifiuterà: sarà
sempre pronto in caso di necessità.

Se, ad esempio, da piccoli siamo stati morsicati, o spaventati
da un cane, il "bambino interiore" conserva tali stati d'animo
anche quando siamo adulti: vedendo per strada, un cagnolino,
egli ha una reazione di panico totale. "Un cane!" esclama
"mi farà del male"! E questa è un'opportunità stupenda per il
genitore che sta in noi: egli può infatti confortare il bambino
assicurandolo che è ormai cresciuto e che impedirà al cane
di fargli del male.

- Guarire le ferite del passato -

Ritengo che operare con il "bambino interiore" sia la tecnica
più efficace per guarire le ferite del passato; non sempre
infatti siamo a contatto con i sentimenti del bambino, atterrito
e abbandonato, che sta in noi. Se abbiamo trascorso un'infanzia
difficile, dominata dalla paura e dai conflitti, da adulti
continuiamo ad abbatterci, spaventando il "bambino interiore",
esattamente come i nostri genitori facevano con noi. Egli,
tuttavia, non ha dove rifugiarsi ed è un nostro dovere superare i
limiti dei genitori e instaurare un dialogo con il bambino, che ha
bisogno delle nostre amorevoli cure.

Proviamo anche in questo istante da dirgli che gli vogliamo
bene veramente, che desideriamo prenderci cura di lui: forse
finora lo abbiamo detto solo al genitore ed è, pertanto, bene
iniziare a dirlo anche al bambino. Immaginiamo di prenderlo
per mano e di andare via, trascorrendo insieme un po' di
giorni in gioia e tranquillità.

E' necessario comunicare con questa parte di noi stessi.
Quali sono i messaggi che vogliamo sentire? Sediamoci in
silenzio, chiudiamo gli occhi e parliamo al bambino: se non lo
abbiamo fatto per 62 anni, può essere necessario un po' di
tempo prima che egli risponda. L'importante è insistere:

"Voglio parlarti. Voglio vederti. Voglio amarti". Alla fine, i
nostri sforzi verranno premiati: il bambino si farà vedere,
percepire, o udire.

Le prime frasi da rivolgergli sono senz'altro di scusa: scusiamoci
per non avergli parlato, o per averlo rimproverato a lungo.

Diciamogli, quindi, che vorremmo recuperare il tempo perduto,
chiedendogli come potremmo renderlo felice, appurando
che cosa lo spaventa e che cosa potremmo fare per evitare
tutto ciò.

E' importante adoperare parole ed espressioni semplici:

"Che cosa posso fare per renderti felice? Che cosa ti piacerebbe
oggi?" Possiamo, ad esempio, dirgli che vorremmo fare un po' di
jogging e invitarlo con noi; se risponde che preferisce andare
al mare, vuol dire che il dialogo è iniziato. In questa fase è
bene essere coerenti; se, anche per pochi istanti al giorno,
riusciamo a entrare in contatto con il bambino, la nostra vita
migliorerà considerevolmente.

- Comunicare con il bambino interiore -

Per coloro che hanno già iniziato il dialogo con il "bambino
interiore" può essere utile leggere libri sull'argomento e
frequentare seminari e conferenze appositi; in appendice ho
riportato alcuni testi interessanti da consultare.

Self-Parenting (Genitori di noi stessi) di John Pollard III è un
ottimo libro che illustra numerosi esercizi e attività da svolgere
con il "bambino interiore": chiunque sia intenzionato a operare
seriamente, dovrebbe leggerlo. Come già sottolineato,
abbiamo molti mezzi a nostra disposizione: non siamo soli, né
indifesi; se abbiamo bisogno, non dobbiamo far altro che
chiedere aiuto.

Può essere utile a tal fine recuperare una fotografia di
quando eravamo piccoli. Proviamo a guardarla: che cosa
vediamo? Un bambinello dall'aria infelice? O, uno felice e gioioso?

Indipendentemente da ciò, dobbiamo cercare di comunicare con
lui; se è spaventato, chiediamogliene il perché, cercando di
confortarlo. Se possibile, cerchiamo di recuperare anche più
di una foto dell'infanzia e di parlare ad ogni bambino che vi è
raffigurato.

Allo stesso scopo, è anche utile parlare di fronte allo specchio:
se, da bambini, avevamo un soprannome, usiamolo. Teniamo
sempre a portata di mano un pacchetto di fazzoletti di
carta e sediamoci: stando in piedi, infatti, alla prima difficoltà,
fuggiremmo a gambe levate.

Un altro esercizio efficace è comunicare mediante la
scrittura: anche in questo modo è possibile far riaffiorare
numerose informazioni. A tal fine è bene utilizzare penne o
pennarelli colorati: usandone uno con la mano destra (se
siamo destrimani), o con la sinistra (se siamo mancini)
scriviamo una domanda; prendendone un altro con l'altra
mano lasciamo che il bambino risponda. E' affascinante:
quando scriviamo la domanda, l'adulto pensa di sapere la
risposta; ma, appena presa l'altra penna e iniziato a scrivere
la risposta, si accorge che è completamente diversa e inaspettata.

E' anche possibile disegnare: molti di noi hanno probabilmente
amato farlo da piccoli finché, un giorno, ci è stato detto di
non imbrattarci, né di pasticciare. Riprendiamo dunque a
disegnare, usando la mano che normalmente non usiamo:
cerchiamo di rappresentare un fatto appena accaduto e di
capire quali sensazioni suscita in noi. Poniamo una domanda al
bambino lasciandolo disegnare con la stessa mano e osservando
ciò che rappresenta.

Coloro che frequentano gruppi di assistenza, possono fare
tali esercizi insieme: lasciando dapprima disegnare il proprio
bambino interiore e, quindi, commentando le figure tracciate.

Le informazioni così ottenute possono essere di estrema utilità.

Impariamo a giocare con il bambino interiore, a fare ciò
che gli piace. Quando eravamo piccoli, che cosa ci piaceva?
Troppo spesso i nostri genitori ci impedivano di divertirci non
capendo, in qualità di adulti, tale necessità. Cerchiamo dunque
di giocare e di divertirci facendo anche le cose più sciocche
come saltare sui mucchi di foglie secche, o correre sotto il
getto di un tubo per annaffiare il giardino. Cerchiamo anche
di osservare i bambini mentre giocano: in tal modo infatti ci
verrà spontaneo ricordare i giochi dell'infanzia.

Se desideriamo divertirci di più nella vita, dobbiamo entrare
in contatto con il "bambino interiore" e con quell'atmosfera
spontanea e gioiosa che abbiamo momentaneamente perduto:
funzionerà sicuramente!

Da bambini eravamo i benvenuti? I nostri genitori erano
contenti del fatto che eravamo nati? Desideravano forse un
figlio del sesso opposto? Hanno festeggiato la nostra nascita?
Qualsiasi siano le risposte a tali domande, diamo ora il
benvenuto al nostro bambino, festeggiamolo parlandogli con
affetto, esattamente come si fa con un neonato.

Che cosa desideravamo che i nostri genitori ci dicessero
quando eravamo piccoli? Che cosa, che non hanno mai detto,
volevamo dicessero?

Ebbene, diciamo al "bambino interiore" proprio quello
che i nostri genitori non ci hanno mai detto, ogni giorno,
di fronte allo specchio, e vediamo che cosa succede.

Se i nostri genitori erano alcolisti, o violenti, proviamo a meditare
e a immaginarli come persone sobrie e pacate; diamo al
bambino quello che desidera, quello di cui è stato privato
troppo a lungo. Iniziamo a visualizzare il tipo di vita che
vorremmo avesse: quando, infatti, si sentirà felice e sicuro,
proverà fiducia nei nostri confronti. Domandiamoci che cosa
dobbiamo fare affinché si fidi di noi? e avremo risposte
sorprendenti.

Se i nostri genitori non erano persone amabili, né
comunicative, cerchiamo, attraverso un'immagine, una
fotografia, di creare il ritratto di quelli che riteniamo essere
un padre e una madre amabili e mettiamola vicino
alla nostra foto di quando eravamo bambini. Se necessario,
riscriviamo la storia della nostra infanzia.

I principi che abbiamo appreso da piccoli sono ancora
impressi nella nostra mente: se i nostri genitori erano rigidi e se,
di conseguenza, siamo duri con noi stessi e tendiamo a
costruirci muri protettivi attorno, il "bambino interiore" ha lo
stesso atteggiamento. Se continuiamo a criticarci per ogni
errore commesso, il bambino sarà sempre terrorizzato all'idea
di svegliarsi il mattino e si ripeterà con angoscia: "E oggi per
che cosa mi rimprovererà?"

Quello che i genitori ci hanno fatto nel passato è stato dettato
dalla loro coscienza; oggi siamo noi i genitori e agiamo secondo
la nostra coscienza: se rifiutiamo di prenderci cura del
"bambino interiore "significa che siamo imprigionati in un
risentimento ipocrita. Per che cosa, dunque, non ci siamo
impersonati? Di che cosa dobbiamo liberarci? Qualunque sia
il problema, dobbiamo risolverlo.

Se ora non trattiamo con affetto e cura il bambino che sta
in noi, non è colpa dei nostri genitori: essi hanno fatto quello
che, all'epoca, ritenevano fosse giusto. Oggi però sappiamo
quello che possiamo fare per prenderci cura del nostro
bambino.

Coloro che hanno un cane, o un gatto, sanno quello che
significa tornare a casa e trovarlo dietro alla porta d'ingresso,
pronto ad accoglierli: non importa quello che indossiamo, se
siamo vecchi e pieni di rughe, ricchi o poveri. Per il nostro cane,
o il nostro gatto, conta solo il fatto che siamo lì; ci ama,
incondizionatamente. Facciamo lo stesso nei nostri confronti,
provando emozione per il fatto di essere vivi e presenti. Il
nostro io interiore è l'unica persona con cui viviamo l'intera vita:
se non siamo disposti ad amare il bambino che sta in noi, sarà
difficile che gli altri possano volerci bene. Dobbiamo
accettarci incondizionatamente e sinceramente così come siamo.

Per far sentire il bambino al sicuro, è spesso utile meditare.

Io sono la figlia di un incesto: per questa ragione ho creato
un'immagine meravigliosa per la bambina che sta in me.

Prima di tutto, ha una fata come madrina, che ricorda Billie
Burke ne 'Il mago di Oz' e che le piace moltissimo; so che, quando
non sta con me, è con la sua fata madrina ed è al sicuro. Vive
in una mansarda custodita da un portiere e da due cani enormi
che impediscono a qualsiasi persona di farle del male. Quando
riesco a farla sentire completamente al sicuro, io, come adulto,
posso aiutarla a liberarsi delle sue esperienze dolorose.

Una volta andai fuori di me e piansi per due ore di seguito:
ricordo di aver percepito, in quell'occasione, che la mia
bambina si sentì improvvisamente ferita e indifesa. Dovetti
pertanto spiegarle che ciò non era giusto, né sbagliato e che stava
solo reagendo a un evento: feci il più rapidamente possibile alcune
affermazioni positive e iniziai a meditare sul fatto che
esisteva un'Energia potentissima che mi avrebbe soccorsa e
sostenuta. Agendo in tal modo, la bambina cominciò a non
sentirsi più spaventata e sola.

Personalmente, credo anche nel potere degli orsacchiotti
di peluche: essi sono stati i primi amici dell'infanzia, i primi
confidenti a cui raccontare segreti, paure e preoccupazioni
senza timore di venire traditi. Erano sempre presenti e pronti
ad aiutarci. Ripeschiamo il nostro orsacchiotto dall'armadio e
diamolo al bambino che sta in noi, a mo' di conforto.

Sarebbe stupendo se, negli ospedali, i malati potessero
avere a disposizione degli orsacchiotti di peluche: la notte,
quando i loro "bambini interiori" si sentono soli e spaventati,
avrebbero vicino un fedele compagno.






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