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 La Gentilezza

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
admin Inserito il - 08/05/2018 : 09:39:55
La Gentilezza

di Guido Da Todi


Molti di noi – ne sono profondamente convinto – seguono la scoscesa vita spirituale con una fedeltà senza pari.

Giocano il loro ruolo di padri e madri, di mariti e mogli, di figli, di studenti; e, dentro, un geroglifico insistente, infiammato li affascina e attrae, nei suoi significati, sovente inespressi in modo integrale alla loro consapevolezza esteriore...
Sovente, per varie, ovvie ragioni, la vostra strada è difficile.

Conciliare gli interessi sociali, personali, che vi sono propri, e le vostre innumerevoli attività; armonizzarvi con chi vi sta vicino; ed accordare, pure, il desiderio di <perfezione> che, a volte, si alza nel vostro orizzonte interiore, con la <fiammella> che continua ad ardere, non è, di solito, facile.

Ma, forse, il difetto di noi – donne ed uomini di questo secolo, e di questa razza planetaria – continua ad essere un desiderio, estremamente premuto, verso il perfezionismo accentuato, verso una vita che, in fin dei conti, vorremmo rendere diversa dalla semplicità integrale, che possiede la levigatezza e la forma cosmica del semplice uovo: simbolo efficace e completo dell’esistenza perfetta.

Continuiamo a credere che la divinità esiga – lungo il sentiero – delle atroci forme di sacrificio personale, dei salti evolutivi rapidi ed improvvisi, ed esprima delle torturanti esigenze, per decidersi, infine, a rendere terso quel nostro famoso e <famigerato> ego, sì da fargli percepire le Radici di cui è parte; e, di conseguenza, darci la gioia ultima della fusione con l’universale.

È stancante, allora, lo stress che ne risulta. E diviene responsabile di un obiettivo ritardo ed impaccio lungo la nostra quotidianità di jiva in evoluzione.

Parliamo, allora, della <gentilezza>.

Questo atteggiamento umano, questa forma di naturale approccio verso le persone e le cose, può essere paragonato – senza alcun stridore simbolico – all’olio che siamo abituati ad aggiungere nel motore della nostra auto, nella sua periodica manutenzione. E lo vedremo.
Privo di olio, il motore entra – presto – nell’usura dei suoi componenti; e, alla fine, si rovina in modo irrimediabile, e viene posto da parte.

Mettendo a fuoco la carenza di gentilezza generale di un individuo, riusciremo ad isolare, nella nostra mente, l’importanza vitale – e non esagero! – di tale abitudine soggettiva, capace di costituire una potente chiave, nei rapporti umani di ognuno di noi: la chiave che rende felice il nostro impatto con il cosmico.

La gentilezza è una delle tante e poliedriche forme di quell’amore verso cui ci spingono le Sacre Scritture di ogni tempo, e le esortazioni di ogni Guida dell’umanità.

Solo che non ci si pensa, a causa della presunta ovvietà del concetto.

Se comprendiamo che la gentilezza, sinceramente espressa e sentita nell’animo, non ha nulla di diverso dalla tanto decantata manifestazione di tenerezza verso il prossimo, ci renderemo conto del come sia – poi, e in definitiva – molto facile e gradevole la strada dell’evoluzione.

Questo sentimento è la manifestazione di fusione democratica più sociale che esista. È una via a doppio senso. È rivolta ad ogni aspetto della rete sociale che ci coinvolge. Si dirige – con eguale diritto e dovere – all’umile sconosciuto, ed al grande affetto personale e quotidiano - che vive sotto il nostro medesimo tetto.

E rigenera qualunque tipo di rapporto, che si fosse infeltrito e consunto.

Un uomo ed una donna, naturalmente e spontaneamente gentili, attraggono l’intera umanità che contattano, per tutto il tempo della loro esistenza in questa terra.

La gentilezza non fa due pesi e due misure. Non si rivolge solo agli estranei.

Se spontanea, nel proprio cuore, si esprime anche verso la propria moglie e verso il proprio marito; di mattino, appena levati; di giorno; e di sera, prima di addormentarsi.

E, in effetti – fateci caso – è solo grazie ad essa che molti matrimoni si perpetuano, costantemente rinnovati; o, anche, sono capaci di rigenerarsi.

Il Sentiero è fatto – come ci insegna il nobile Taoismo – di piccole scaglie dorate.

Spesso, ho notato che dei fratelli e delle sorelle più avanzati, lungo la strada evolutiva, adoperano un modo autorevolmente brusco e lapidario per esporre i loro commenti e i loro consigli a neofiti, ovviamente meno pratici di cose spirituali.

Essi probabilmente pensano che il loro debba essere un <codice tradizionale>, di chi faccia parte dell’Enigma Primordiale.

In tal caso prevalgono una serie di complessi di un particolare subconscio raffinato: quello dello spiritualista. Nei quali, per il momento, non vorremmo mettere il naso.

Una cosa è certa. Nessuno di noi – di fronte alla Natura Assoluta che serviamo quotidianamente – può presumere di pontificare, nel variegato modo a cui facciamo riferimento.

E, comunque, che l’istruttore, non gentile nei suoi interventi, dà più valore a quanto dice, che all’animo di chi ha di fronte.

Questo, è un altro esempio di necessità alla gentilezza; questo, non è amore.

La gentilezza con tutti, e con se stessi, porta, in tempi brevi, all’armonia soggiacente alle cose.
Chi è gentile, è amico di Dio. E Dio – annidato in ogni suo delicato rapporto con gli altri – non manca di rispondere indicibilmente all’appello.

Avete mai notato come siete attratti da una persona di indole gentile?

Vi sentite rispettati, amati, considerati. E ciò vi basta, per stabilire un nesso di natura superiore con quell’uomo e quella donna.

In definitiva, ciò vuole la natura universale. Che <i suoi frammenti> si saldino tra di loro.

Un atto di gentilezza, una volta espresso, lascia un incantevole alone elettromagnetico attorno a sè, che costituisce una fiorente benedizione occulta per coloro che ne sono il soggetto e l’oggetto.

Una qualunque manifestazione non gentile, sdrucisce qualcosa nella vita interiore di chi la esprime – e di chi non sa difendersi da essa; e ci vorrà qualche tempo per recuperare l’equilibrio interiore, necessario a tutti per attingere alla creatività personale ed all’armonia innata della vita.

Ora, noi ci lasceremo.

E ognuno di noi tornerà nel gioco abituale dei suoi rapporti umani.

Quante persone incontreremo?

Proviamola, questa chiave! Essa non contiene, nella propria natura, nulla di smielato, o di artefatto.

La gentilezza nasconde l’originale rapporto tra Dio e gli individui, e tra gli individui, con loro stessi.

Una persona che non conoscesse nulla dei Grandi Misteri Elesiaci, ma che – comunque – vivesse un costante, tenero e sincero rapporto con i suoi simili, raggiungerebbe – senza alcun dubbio – la meta riservata ad ogni ciclo umano: l’armonia definitiva con il Tutto.






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