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Inserito il - 02/03/2017 : 09:37:47 I principi delle meditazioni samatha, sul respiro e vipassana 1
Introduzione al Buddhismo Theravada Quinto Dialogo: I principi delle meditazioni samatha, sul respiro e vipassana (parte 1)
di Guido Da Todi
(Indice del capitolo)
Riassunto di quanto detto, nel precedente dialogo, sull'Ottuplice Sentiero (01,11) - La Meditazione Samatha (quella seguita dalle Scuole Mistiche di ogni tempo). Cosa è? (02,49) - Perchè Buddha non l'accetta, affermando che essa non porta alla pace finale? (03,31) - La meditazione samatha e quella vipassana sono due facce della medesima moneta (04,20) - I cagnolini che rappresentano la meditazione "samatha", davanti all'abitazione della voce narrante.. (07,00) - L'attrazione che ognuno ha verso persone e fatti che predilige e le repulsioni che nascono verso realtà che non si gradiscono avranno grande peso sul tipo della meditazione scelta (08,35) - Questo continuo oscillare del mondo interiore causa una profonda stanchezza in tutti, e solo il metodo della vipassana potrà dare, infine, riposo interiore ai meditanti samatha (10,00) - La differenza tra i desideri naturali della vita e la bramosia che distrugge, frammento dopo frammento, gli animi delle persone passionali (11,10) - Le repulsioni sono "oggetti psichici"; se riusciamo ad ospitarli nel nostro animo, trattenendoveli con amore e simpatia, essi arriveranno a sciogliersi del tutto ed a sparire (14,00) - L'esperienza personale di chi narra, in proposito (14,40) - Il grande dono della Dottrina di Buddha e di fare convergere in noi gli estremi dell'armonia e della disarmonia, trascendendoli e rendendoci liberi da essi (16,40) - La vera pace la si prova accogliendo la vita , sia negli aspetti apparentemente contrastanti, che in quelli favorevoli; e divenendone, così, testimoni senza intervenire a cambiarne la natura (18,00) - Solo a questo punto, dopo questa nostra introduzione, possiamo farvi comprendere i lati positivi e quelli negativi della meditazione samatha (20,19) - Il "rifugio dorato" che il mistico samatha costruisce, allorquando inizia la sua meditazione. La meditazione samatha privilegia ciò che è desiderabile, formale, perfetto; al contrario della meditazione vipassana, che accoglie in sé, contemporaneamente, l'aspetto oscuro e quello luminoso delle cose...Ma, se si sceglie una polarità definita dell'esistenza, ci si dovrà sempre aspettare che l'oscillazione del pendolo passi, quando giunge il momento, a quella negativa. Quindi, il castello di cristallo che il meditante samatha costruisce, durante la sua introspezione aristocratica, si frammenterà, prima o poi, quando verrà colpito dal maglio "scomodo" della realtà esterna. Il rifugio montano non reggerà, durante il vorticoso soffio del vento esteriore. Vipassana, invece, ospitando "la realtà, così come essa è", è destinata a rimanere stabile, in questa sua posizione, che non predilige nè il positivo, nè il negativo; nè la pace, nè la tempesta (21,00) - Gli "artisti" della meditazione samatha (22,00) - Utilizza samatha chi è ancora pervaso dalla ricerca della consolazione e dalla fuga dei contrasti esistenziali (23,00) - Samatha: la gabbia di cristallo - Ajahn Cha, il grande "costruttore" di monaci theravada, diceva, di essa:"Colui che l'adotta lascia, di solito, la sua pace sopra il cuscino di meditazione"(24,20) - L'esemplare icona descrittiva della meditazione samatha, con i suoi lati positivi e negativi, nella lettura di un breve scritto di Ajahn Sumedho, monaco theravada di grande autorità spirituale (27,50) - Cosa bisogna comprendere per potere fluire naturalmente dalla meditazione samatha a quella vipassana? (33,20) - Interrompere la fuga verso il passato, lo slancio verso il futuro e porre stabilmente il piede nell'eterno presente; abbandonare la ricerca della gratificazione interio re, ad ogni costo ed il timore, la fuga dai contrasti esistenziali costruisce la prima base angolare per iniziare la meditazione vipassana (34,20) - "Io insegno solo una cosa:"Cosa è la sofferenza e come uscire da essa" (Buddha) (35,00) - Le parole del grande buddista italiano Corrado Pensa (37,00) - L'esempio delle 2 frecce. Il ferito, che reagisce emotivamente e disordinatamente al dolore provocato, in lui, dalla prima freccia soffre due volte, come se lo avesse ferito un secondo dardo (37,30) - Chi sa meditare riesce ad eliminare il ruminante secondo dolore, creato dalla mente, grazie alla sua stabilità mentale, alla sua non reattività, al suo non attaccamento (38,00) - Questo è l'atteggiamento abituale del seguace della Via del Dharma: il meditante vipassana (38,30) - E né egli si sente attratto dall'altro suo aspetto mentale; ossia, verso ogni tipo di cieche attrazioni verso esteriori passionalità disordinate (39,20) - Il famoso Sutra di Buddha sulle due frecce (42,10) - Chi vuole sfuggire al dispiacere cerca di dimenticarsi nel piacere; e, ben presto, nasce in lui - o in lei - un condizionamento al desiderio. E scatta, allora, la trappola della catena e della rinascita (43,20) - Il meditante vipassana impara a rimanere equanime e distaccato quando appaiono in lui sensazioni piacevoli, spiacevoli, o neutre. Ciò lo porta a rimanere, alla fine, disgiunto dalla nascita, dalla vecchiaia, dalla morte, dai turbamenti, dalle sofferenze...(46,00) - A questo punto del dialogo si stanno per insegnare i principi della meditazione corporale vipassana (46,30) - La meditazione samatha viene comunque praticata dal buddista, lì dove gli sia necessario fermare la sua mente e concentrarla, nel tempo e nello spazio (48,00) - Spiegazione dettagliata della tecnica meditativa sul proprio respiro naturale, come è stata insegnata dal Buddha (48,30) - Il proprio respiro inalante ed esalante non avviene ieri, né domani; ma, proprio in questo momento: ossia, nell'eterno presente: Il segreto della meditazione sul respiro naturale è, quindi, un approccio al personale "qui ed ora"; - o, se vogliamo, rappresenta un "accordare" la propria tonalità sul diapason della consapevolezza dell'eterno presente (52,15) - La respirazione naturale è l'unico elemento degli esseri senzienti che unisce conscio ed inconscio - L'attenzione vigile e consapevole, portata quotidianamente sulle minime situazioni vissute, sarà l'acciarino che fa scoccare la scintilla della realizzazione cosmica (1,00) - Il pranayama, tecnica di antica padronanza delle energie praniche (1,02) - Il respiro naturale è la più pura incarnazione del principio dell'impermanenza delle cose. Il respiro nasce (aspirazione); raggiunge il culmine della massima tensione; quindi, muore (espirazione). E così via (1,03) - Ogni vostra respirazione naturale è una piuma dell'uccello magico dell'eterno presente (1,07) - Corrado Pensa ci illumina, molto brevemente, sulla tecnica della meditazione del respiro naturale [la meditazione di consapevolezza] (1,08) - L'atteggiamento meditativo perfetto (vipassana) si manifesta come immobilità ricettiva, flessibile e trasparente (1,13) - E quale atteggiamento meditativo è più ricettivo, immobile, flessibile e trasparente dell'osservazione spoglia del nostro respiro naturale? - "Inspirare, sapendo di inspirare; espirare, sapendo di espirare. Nulla di più". Questa è la più antica e acuta pratica di meditazione sul respiro (1,15) - Ora, qui, si accenna alla "meditazione camminata" - poco usata in occidente, così come è molto seguita in oriente (1,19) - Si conclude l'insegnamento della meditazione samatha e delle sue due cuspidi: la meditazione sul respiro naturale e quella camminata - Adesso, proseguiremo, esponendovi l’antica tecnica vipassana (1,22) - Il meditante samatha innalza costantemente una sofisticata costruzione mentale, imprigionandosi sempre più sotto il peso dei feltri trasparenti e dotti, costruendo così karma costante, per le sue prossime rinascite (1,23)- Il meditante vipassana accoglie in sè, come testimone pietoso, la realtà di tutti gli opposti, così come li incontra nella sua vita e fa scorrere su di essi solo il suo raggio mentale, senza interferenza alcuna con la vita stessa; anzi, aromatizza d'amore e di armonia, lì, dove fluisce la carezza del suo raggio di consapevolezza interiore (1,24) - Questa vigilante attenzione impersonale ed amorevole libera karma, piuttosto che crearne (1,28) - Nel meditatore samatha la "stretta interiore" è una condizione “sine qua non” che egli porta sugli oggetti della sua attenzione; il meditatore vipassana, invece, plana e carezza gli oggetti e le situazioni, entrando in sintonia con la loro struttura più intima, senza alcuna interferenza personale (1,29) - E' concretamente e sperimentalmente vero che il buddista non cessa mai la sua meditazione, durante la giornata, mentre tiene attiva la sua attenzione consapevole su ogni atto che egli vive e su ogni pensiero che egli pensa (1,31) - La meditazione terapeutica corporale è il risveglio di sensazioni, su ogni parte del corpo e in ogni organo, molte delle quali annidate in esso addirittura da vite e vite. Portate alla luce, queste sensazioni si sciolgono alla luce del "qui e dell'ora" e svaniscono, portandosi via angosce, desideri, paure e blocchi mentali - I due tipi di sensazioni che rappresentano, in noi, il nodo e il seme della sofferenza e delle rinascite future sono quelle del desiderio intenso e della repulsione (1,32) - La meditazione vipassana estrae dal subconscio tutte le sensazioni sopite - e serve proprio a questo (1,33) - Cosa accade esattamente durante la meditazione corporale vipassana? (1,34) - Ogni volta che vipassana torna a "carezzare" con il raggio della sua consapevolezza mentale una sensazione questa perde un poco più di forza; sino, ben presto, a svanire del tutto (1,36) - Il Buddha ha scoperto la soglia, oltre la quale si può vivere del tutto liberi da ogni prigione mentale e ci ha dato gli strumenti per aprire quel uscio (1,38) - Alla tua morte quale sensazione potrebbe essere la risultante, o la forza conduttrice alla tua prossima rinascita? - Ma, noi non vogliamo rinascere! (1,40) - E Buddha ce ne offre la possibilità sperimentale - Nel Satipatthana Sutra (“Il Sutra sui quattro fondamenti della consapevolezza”), Buddha insegna la grande tecnica della meditazione vipassana corporale e quotidiana. Qui, ne vengono recitati i pregnanti concetti basilari(1,41) - (nella prosecuzione del Dialogo saranno lette, praticamente, tutta le parole di Buddha, mentre egli espone la tecnica della meditazione corporale vipassana - anche se molti dei principi fondamentali di questo metodo introspettivo sono stati già toccati, in precedenza) (1,45) - Confidenze del narrante agli ascoltatori, riferite all'effetto che la meditazione vipassana ha avuto, nella sua pratica personale della stessa (1,56) - La Retta Concentrazione è l'ultimo gradino dell'Ottuplice Sentiero, i cui contenuti, ora, vengono approfonditi (1,58) – A questo punto del dialogo, i significati dell'Ottuplice Sentiero sono stati completamente approfonditi, in tutti i loro chiaroscuri (1,59) - Se noi applicheremo, sperimentalmente, su noi medesimi le verità che Buddha esprime nella Sua Dottrina - e che abbiamo appena terminato di approfondire, in questo quinto Dialogo - potremo , come l'Illuminato ci ha promesso, trovare la libertà dalle future rinascite, sin dall’attuale nostra vita (2,00) –
5.LA MEDITAZIONE SAMATHA – LA MEDITAZIONE SUL RESPIRO - LA MEDITAZIONE VIPASSANA
Bentrovati! Questo è il nostro quinto dialogo, che si sviluppa nel fresco, nel ristoratore argomento del cammino del Dharma. L’insegnamento del grande illuminato. Noi riprendiamo, adesso, il pieno contenuto della retta consapevolezza. Cioè, del secondo scalino, contenuto nel terzo androne - androne della Concentrazione - dell’Ottuplice Sentiero. Quindi, questo è il penultimo scalino dell’Ottuplice Sentiero. Non riproporrò quelli che sono gli scalini restanti ed i loro contenuti. Ripetiamo, però, molto brevemente, ad onore di chi voglia rinfrescarsi le idee, che le Quattro Nobili Verità, spiegate nel nostro secondo dialogo, contengono l’Ottuplice Sentiero, racchiuso nell’ultima di esse. Noi sappiamo che Buddha è venuto ad insegnare che esiste la sofferenza, ed a fare in modo che noi ce ne rendessimo conto; che la sofferenza ha un origine; che essa può cessare; e che c’è una via d’uscita alla medesima. Questa via d’uscita è l’Ottuplice Sentiero, il quale consta di otto codificazioni: - la retta comprensione e la retta aspirazione, che fan parte dell’androne di coloro che hanno la saggezza nel cuore. Poi ci sono: - la retta parola, la retta azione, e i retti mezzi di sostentamento, che appartengono alla estrinsecazione della moralità del seguace del Dharma; ed infine - e qui ci troviamo nel terzo androne, della concentrazione, che contiene praticamente le tecniche meditative che ci ha dato Buddha: il retto sforzo, la retta consapevolezza che abbiamo analizzata, a fondo, nel passato dialogo) e la retta concentrazione. Ovviamente, miei cari amici, qui, ho appena accennato alla composizione dell’Ottuplice Sentiero; ne abbiamo, però, parlato a fondo nel terzo dialogo e anche in quello passato, il quarto. Nei dialoghi, magari, si è avuto, forse, l’impressione che noi si desse poca importanza alla meditazione Samatha; cioè, a quella meditazione che, per secoli e per millenni, è stata seguita ed è seguita dagli spiritualisti, dalle scuole iniziatiche, dalle scuole indiane dello Yoga e così via.
Fu proprio la scuola a cui si rivolse Buddha, quando uscì dal suo palazzo, incontrando i due grandi guru, che gli insegnarono un sistema di meditazione che, in nuce, era proprio questa Samatha. Egli, tuttavia, non accettò tale orma di meditazione perché non dava la pace, la libertà definitiva. Devo, però, dire che - come già ho accennato - in effetti non è che la meditazione Samatha, quale voi avete sempre fatto, non abbia valore; anzi, io stesso sono il risultato di questa meditazione, poiché, per anni, l’ho studiata e, quindi, provengo da essa, pur essendomi, adesso, calato in pieno nel metodo Vipassana. Insisto, allora, a dire che non si abbandonano i sistemi passati… non sono sbagliati i vari sentieri che, poi, approdano a quello centrale di Buddha. Si tratta di una moneta, che ha due faccette. Una è la meditazione Samatha e l’altra la Vipassana; l’una non può coesistere senza l’altra. Ecco, questo è importante affermarlo. Solo che, così come affermai che Buddha è venuto a collocare l’ultimo tassello in un arazzo, in un mosaico di trascendenze - che era vuoto di quel tassello - in tal modo la Vipassana completa il mestiere, la professione dello spiritualista. Per comprendere la natura della meditazione Samatha, dobbiamo riprendere l’argomento delle due direzioni della nostra mente. Abbiamo visto, nel passato dialogo, che, in effetti, ognuno di noi, prima di essere avvertito dell’errore che sta compiendo, ha una mente che segue un medesimo binario – e lo fa automaticamente - da centinaia e centinaia di rinascite… Essa privilegia, fedelmente, due direzioni… Cerca sempre, per istinto profondo, quanto le piace e la consola. Cerca dei rifugi, nella sua quotidianità, e nei continui “si” della vita, e vi ci si nasconde, vi ci si adatta…Vi ci si accomoda ben benino… Ciò rappresenta ben il desiderio, le attrazioni della vita; e mi pare abbastanza logico, tutto ciò… fino a un certo punto. Voglio farvi un esempio, che vi aiuterà un po’ a capire. Personalmente, io abito in una villa un po’ isolata, e, a sistema buddista, custodiamo varie animali; cioè, noi abbiamo tre cagnolini, ospiti fissi del nostro giardino, i quali vivono, però, fuori, nella strada… Diamo loro da mangiare, li trattiamo bene e li amiamo. Abbiamo anche dei gatti…
I tre cagnolini, quasi sempre, “offrono il tè” ad altri confratelli della strada….per cui, qui fuori, c’è, spesso e volentieri, un certo movimento… Anche le nostre macchine sono disposte fuori, nella via. ….Ora, succede che questi cagnolini, quando fa freddo, si vadano a nascondere, a sistemare sotto le auto, appena parcheggiate e con il motore ancora caldo… E’ proprio un’organizzazione personale di buona vita, che hanno escogitato…. Quando uno di noi esce dal portone di casa, i cani vengono via da sotto le auto….facendo un pochino di fatica, ansimando…e scodinzolando…. Infine, quando, a tua volta, entri in una di esse e metti in moto, ecco che loro si rifugiano, nuovamente, sotto il ferrame caldo ed ospitale…. Sentite, non credo che sia molto diverso questo sistema dal nostro cercare rifugio in tutto ciò che ci consola… …Noi siamo proprio come i cagnolini di casa mia… Istintivamente andiamo a cercare quello che ci piace… la gente che ci dice di “sì”…e che ci ripete che siamo bravi… che siamo, forse i migliori…e noi, magari, la tocchiamo e diciamo: “…senti, non ho capito bene, cos’hai detto?..” “Che sei il migliore…” “Ah, veramente?... Ripetilo un’altra volta…” Ovviamente, sto scherzando…ma attenzione, non tanto!... Questa, è una direzione verso cui va la ricerca di conforto mentale alla nostra quotidianità. Poi…poi abbiamo un’altra direzione, e che è esattamente opposta; ossia, di rifuggire ciò che ci crea delle turbative… Voi sapete che è così! Quanto ci da delle repulsioni lo vogliamo almeno distruggere mentalmente… o, scappiamo da esso con eleganza…. Ci defiliamo, in effetti, da persone, da situazioni, da pensieri che rappresentano, anche alla lontana, delle noie, e che ci angosciano… …Questa è la prova dell’ attrazione che abbiamo verso il desiderio, e dello scontento nel fuggire le repulsioni… …..Desiderio e repulsioni….
Noi viviamo costantemente in tale ritmo….attratti dal desiderio e fuggenti la repulsione…. attratti dal desiderio e fuggenti dalla repulsione… Non abbiamo pace… In effetti, Buddha dona anche un’ enorme tranquillità interiore, perché sono inutili tutti i sistemi di relax, di rilassamento ecc. che ci propongono da ogni parte…. Essi offrono, sulla buccia degli individuo e, solo in modo periferico, un po’ di riposo… Tuttavia, noi continuiamo a sostenere, quotidianamente, una nostra stanchezza costante. Perché, alla fine, logora questo andare verso le cose, passionalmente, ciecamente, e cercare sempre nuove litanie, nuove poesie di desiderio da emettere…con uno sfrigolio costante interiore… Ed ecco, allora, intervenire Buddha, che ci aiuta a spezzare tanta oscillazione feroce… Il vero relax avviene solo quando abbiamo estratto via, come un cuscinetto di serpicine viventi, da dentro di noi, la fluttuazione costante, che ci opprime da diverse vite. Questo ci offre Buddha! Noi, adesso, stiamo facendo un riassunto di cose già dette nei dialoghi precedenti. L’Illuminato non ci dice di liberarci, ovviamente, dai desideri… Io, ripeto, ho un po’ il timore di coloro che credono sia giusto vivere come delle mummie: freddi, alteri, privi di aspirazioni… Impossibile!... Ci sono i desideri logici nella vita, e ne possiamo fare una lista: il desiderio di cultura spirituale, il desiderio di libertà, il desiderio di amare, il desiderio di migliorare, di seguire la via del Dharma - che è dolce all’inizio, è dolce al centro, è dolce alla fine. Desideri leciti… non avidi. Il desiderio avido, che è la bramosia, non deve far parte del mondo interiore di una donna e di un uomo, che abbiano assaporato l’assoluto, pulsante e indicibile non sé, al centro delle cose. Ed ecco, allora, che Buddha ci dice di sospendere il desiderio, per le cose. Ma, che significa, ciò?...
Ricordate l’esempio che abbiamo fatto, a proposito dell’orologio, no? Dicevamo che l’orologio ci è utile durante la giornata; ne vediamo l’ora, non manchiamo agli appuntamenti, e così via…. La sera, poi, quando noi andiamo a dormire, ecco, lo sfiliamo e lo deponiamo sopra il comodino…. Così deve essere per il desiderio delle cose. Noi dobbiamo deporli i desideri, staccarci da loro e utilizzare, al momento opportuno, solo quelli che sono normali, leciti. Molto bello quanto ci insegna Buddha, quindi.. Voglio darvi anche una partecipazione personale, una testimonianza, a proposito delle repulsioni che abbiamo per le cose della vita… Rimanendo, ben si intende, sempre sul piano psichico, chi di voi non ha provato angosce, paure, che fremono sotto il pelo dell’acqua del vostro subconscio?… Chi non è stato coinvolto da quella abitudine a restare leggermente angosciati, in genere, durante la giornata; a provare un’impalpabile timore, a prescindere dall’innesco che può darvi un’ideazione mentale, un pensiero, un ricordo… In genere si vivono le proprie giornata, sottilmente timorosi – di cosa?.. Non si sa… Ed allora, utilizziamo l’antico antidoto theravada!... E piuttosto che avere una repulsione verso questi stati d’animo - al pensiero che dobbiamo incontrare qualcuno che non ci piace, o che stiamo per vivere una situazione sgradevole - è molto bello ospitare questa sensazione nel pieno del nostro cuore, nella nostra realtà interna, quasi con simpatia ecco…. Le repulsioni sono degli oggetti, amici miei!... sono degli oggetti!.. Ricordate quando dissi che da bambino mi piaceva sciogliere lo stagno e colare quelle gocce nell’acqua, che subito sfrigolava “sfrrrr, sfrrrr” …ed allora lo stagno diventava privo di vita, freddo, assumendo delle strane forme che tanto piacevano a me ed ai bambini, miei amichetti?... Ecco, se noi accettiamo…assorbiamo nel nostro cuore ogni situazione che non ci piace… col suo sfrigolante sapore di limone, vi garantisco che le paure, le angosce, così abbracciate - come simbolicamente, faceva San Francesco col lebbroso - così assimilate in noi, si estinguono…. Ve ne do io piena testimonianza! Io vi do la mia parola di galantuomo che questo metodo funziona.
Personalmente, ho provato, per quanto riguarda le piccole angosce, i minuti e costanti problemi psichici, a non temerli più, a guardarli, a conoscerli; ad accarezzare loro il capino, come a dei bambini… (e sono, a loro modo, dei bambini, dei nostri figli, queste angosce….) Di conseguenza, vi posso garantire che esse perdono il loro aculeo, perdono il loro potere…alla lunga… Se le amate, in voi… e le assorbite, all’interno del vostro animo… si dissolveranno Ed allora, durante la nostra giornata, quando saremo sempre presenti, nel qui e nell’ora, e vedremo, da quella dimensione, il nostro mondo interiore assalito, all’inizio, da tali problemi, da tali repulsioni… che, gradatamente, però, sfioriranno e si decalcificheranno…. perché noi li terremo in mano, carezzandoli come si accarezza un piccolo uccellino, con simpatia (e, questo, si può fare!...); e quando noi depositeremo i desideri, senza che questi ci avvolgano nelle loro spire….fino a vedere apparire, finalmente, l’alba della tranquillità, nell’equilibrio fondamentale nelle cose (è inutile che vi ripeta il concetto del “non sé”)…un equilibrio che, in altri termini, è detto “tra gli opposti”… allora, capirete che Buddha non propone verità nuove…ma, rigenera l’antico, come sa fare solo lui!.... Allora si sveglierà in voi l’occhio perforante del seguace del Dharma. Perché vedrete le cose così come sono, attorno a voi, sia nella loro connotazione disarmonica, che in quella armonica. Ecco….gli estremi… Li accetterete esattamente come sono Quando voi avrete afferrato il senso globale delle situazioni, così come si presenta nella sua confusione, nella sua disarmonia e nella sua armonia, proverete l’indicibile esperienza della fusione di ogni opposto, in voi, e capirete che la realtà è così che va accettata… senza predilezione per un alba serena e una spiaggia tranquilla, e senza fuggire quanto ci sembra una tempesta… Perché anche le tempeste sono belle!.. A me piace l’odore e il sapore della pioggia…a me piace, quando sento, lontano, un tuono che vibra, così come mi piace anche la pace di un boschetto… con i suoi uccellini ed i grilli… Ma, tutte e due le realtà fan parte della vita; ed ecco perché Buddha ci dice di accettare le cose così come sono, senza escludere alcuna situazione dall’esistenza interiore ed esteriore.. La realtà va vissuta come essa è… Questa è la visione ineffabile che dona la pratica vipassana…..
Vi garantisco amici miei, credetemi…. per quanto possa sembrare paradossale, la vera pace la si prova divenendo scarni testimoni nella vita; ospitando la vita in sé, sia nei suoi aspetti tempestosi che nei suoi aspetti tranquilli. La vita com’è, come tu la prendi,…diviene la realtà, il volto esatto della pace. Il monaco buddista ci insegna questo, camminando con la sua ciotola, attraverso il mondo…. Non si difende dalle tempeste…perché non ne ha più in sé….. Non è attratto dalla oscillazione che riguarda i desideri…. Se voi, con il pensiero, evitate sempre le scarmigliate bellezze esistenziali – le tempeste della vita - che potrebbero mentalmente rappresentare una vostra turbativa, una vostra repulsione…e se, poi, nel contempo, andate a rifugiarvi soltanto nelle tranquilli oasi del desiderio…per cercate di difendervi dalla tempesta, non avrete mai pace,… Invece - come fare a spiegarvelo? - quando viviamo, guardando, direttamente, il mare che si procella, e va a spumeggiare contro rocce, ecco noi assorbiamo il sapore di verità in tutto… Noi, a questo punto, non ci difendiamo da nulla….restiamo aperti e viviamo con acutezza la vera realtà Vipassana… la vera, retta consapevolezza delle cose, proprio come esse si mostrano. Giunti qui, amici miei, sono convinto che l’introduzione è stata adatta a farvi capire i lati positivi e negativi di Samatha. E’ importante, che si impari a concentrare la propria mente…. A noi - che siamo degli antichi meditanti, - hanno insegnato a stabilizzare le essenze mentali su di un oggetto, in modo tale da essere padroni di una stabile concentrazione. Poi, tramite quel potere mentale che avevamo sviluppato, abbiamo cominciato a costruirci dei castelli trasparenti di cristallo interiore, ad erigere l’intera visualizzazione della nostra vita… Però, solitamente, quando un mistico - perché di ciò stiamo parlando - si pone in meditazione, egli si costruisce un cunicolo, un rifugio dorato… Egli esalta ed ama la forma, pur se magnificata… Infatti, di solito, medita sulla figura del guru, medita sulla radiazione della divinità: una visione, oppure un mantram,…ed ecco, quindi, che magnifica alcuni suoi sensi fisici…. La vista, l’udito…. Ciò evidenzia ancora quanto fu uno dei soggetti del passato dialogo: l’importanza degli Skanda, dei sensi nell’uomo.
Ci si rifugia, quindi, ogni volta, sempre più in profondità, in uno stato d’animo costruito bellamente, perfettamente… Infatti, ci sono degli artisti della meditazione Samatha! Non so come dirvelo ancora… Ma, l’importante è comprendere che chi entra in meditazione Samatha crea sempre per sé un rifugio dorato, con della sostanza mentale estremamente sofisticata. Quando tale tipo di meditazione ha termine, egli si ritrova sicuramente arricchito da una realizzazione interna… Difatti, la meditazione samatha è di certo bella e, come dice il suo nome, porta al samadhi…. Un tipo di meditazione che rappresenta un sofisticato congegno, una sofisticata invenzione di quelle strato d’umanità, che perviene ad essa, in quanto vi vede un apice evolutivo di produttività mentale… Ma, la meditazione samatha attrae, pure, coloro che privilegiano le due direzioni mentali, e che vanno alla ricerca subconscia della consolazione, dei rifugi, dei continui assensi e delle carezze psichiche. Ecco…io li chiamo “gatti soriani”, quegli uomini e quelle donne che si leccano a lungo il bellissimo manto interiore, mentre cercano rifugio e tranquillità e dolcezza nella meditazione Samatha. E quando terminano la loro meditazione, escono dal rifugio dorato, dalla propria stanzetta meditativa, come da un alambicco di cristallo, che loro stessi hanno eretto. Badate, che io stesso ho vissuto a fondo tale tipo di meditazione… non c’è assolutamente nessuna traccia critica in quanto vi dico… Però, cercate di capire… Il meditante samatha erige, ogni volta, un tipo di rifugio, che è, chiaramente, una gabbia di cristallo, in quanto che, quando esce dalla stanza, o quando si alza dal cuscino, su cui stava accovacciato a meditare – come diceva Ajahn Cha - un grande Guru buddista e “costruttore” di evoluti monaci theravada – egli “ …lascia la sua pace sul cuscino…” Perché?... Perché, una volta uscito dalla sua stanzetta mistica, uscito dal suo sacrario, ecco che entra nello sferragliare spietato della realtà esterna…. Oppure, qualcuno gli parla a bruciapelo, e lo scuote da tanta aria di sacralità, che è, e resta sempre, un sentimento costruito; quindi, lo innervosisce, facendo cadere a terra, in mille pezzi, i suoi stati di animo delicati e ipersensibili, perché in equilibrio instabile tra il reale e l’irreale…
Tutto ciò che è cominciato deve finire….tutto ciò che è costruito deve dissolversi, in contatto con questa dura concretezza delle cose. Quando il meditante, o la meditante, escono dalla loro stanza, si trovano accuratamente a custodire una perla nera nel proprio mondo interiore…. Ma, questo equilibrio provvisorio, questa pace diafana essi dovranno mantenerli in una gabbia gelosa, fino a che, comunque, li vedranno sgretolare, nello stridore del mondo esteriore. E il fatto di doverli difendere ne dimostra la debolezza intrinseca. Di solito, il meditante, dopo la sua introspezione, anche se lo nasconde bellamente, e non lo fa sapere, cerca sempre, con nostalgia, di tornare ad eclissarsi nella sua “isola interiore” (come i nostri cagnolini, sotto il motore caldo delle macchine…) per una costante ricerca di protezione, o di auto gratificazione. Insomma, lui tenta di proteggere il suo gioiello interiore, con ambedue le mani psichiche, fino a che questo gioiello si distrugge, sotto i colpi del martello pneumatico della vita quotidiana. Credo che, a questo punto, ci sia utile la brevissima lettura di uno scritto dell’abate buddista Ajahn Sumedo, un noto insegnante di molti monaci theravada, in Europa . Egli ci crea un’esemplare icona descrittiva della meditazione Samata. In questo brano troveremo anche un piccolo accenno alla meditazione del respiro – sapete, quella che, altrove, viene chiamata dell’Hong-So…. ne parleremo, più avanti, durante il dialogo…vi insegnerò, come ho appreso, io stesso, la grande validità e il grande valore della meditazione del respiro… Qui appresso essa viene appena indicata incidentalmente, come pure troverete anche un accenno alla meditazione Vipassana, che dovremo ancora affrontare tra poco. Allora, ascoltate bene , perchè chiarisce molto questo breve dialogo, manifestato, come è, da un autorità buddista. Aspetti della meditazione - di Ajan Sumedo Questa riflessività della mente, o equilibrio emotivo, si sviluppa in seguito alla pratica della concentrazione e della meditazione di consapevolezza. Fatene l’esperienza, durante un ritiro. Passate un’ora facendo meditazione Samatha, concentrando la mente su un unico oggetto, ad esempio la sensazione del respiro.
Mantenete questa consapevolezza e continuate a riportarla alla coscienza, in maniera da creare una continuità di consapevolezza nella mente. In questo modo vi concentrate su ciò che sta capitando nel vostro stesso corpo, invece che essere proiettati fuori, su oggetti dei sensi. Se non avete un rifugio interiore, continuate a proiettarvi all’esterno, venite assorbite dai libri, dal cibo, da ogni sorta di distrazione; ma, questo continuo movimento della mente è estenuante. La pratica, quindi, sarà quella di osservare il respiro e non seguire la tendenza a cercare qualcosa al di fuori di voi. Portate l’attenzione sul respiro del vostro stesso corpo, e concentrate la mente su questa sensazione. Man mano che progredite passerete da sensazioni grossolane ad altre sempre più sottili, e finalmente diventerete voi stessi quella sensazione. Qualunque sia l’oggetto in cui vi assorbite, diventate quello per un certo tempo; quando vi concentrate veramente, diventate quella condizione di tranquillità. Siete diventati tranquilli, ed è questo che chiamiamo diventare. La meditazione Samatha è un processo di divenire; ma, se indagate bene, quella tranquillità non è una tranquillità soddisfacente. C’e qualcosa che manca in essa, poiché dipende da una tecnica, da un attaccamento, da un aggrapparsi. Da qualcosa che, comunque, inizia e finisce. Diventate qualcosa, ma solo per un tempo limitato, perché il divenire è una cosa mutevole, non è una condizione permanente. Per cui, qualsiasi cosa diventiate, vi è, poi, la fine di quel divenire; non è la realtà ultima. Per quanto la vostra concentrazione sia profonda, sarà sempre una condizione insoddisfacente. La meditazione Samatha vi porta ad eccelse e brillanti esperienze mentali, ma anch’esse finiscono. Se, poi, continuate con la meditazione Vipassana, per un'altra ora, praticando la pura consapevolezza, lasciando andare tutto, e accettando l’incertezza… il silenzio, e la cessazione delle condizioni allora il risultato sarà non soltanto la calma, ma anche una pace profonda, e questa sarà una pace perfetta, completa. Non è la tranquillità di Samatha, che ha sempre qualcosa di imperfetto e insoddisfacente anche nei momenti più intensi; solo la realizzazione della cessazione, man mano che la sviluppate e la capite, vi porterà alla vera pace, al non attaccamento, al Nibbana, o Nirvana. “Quindi si può dire…” continua Ajahn Sumedo, “…che Samatha e Vipassana siano due momenti specifici della meditazione. Il primo, Samatha, sviluppa stati mentali molto concentrati su oggetti così sottili, che la coscienza si raffina la massimo. Ma, chi è molto raffinato, chi ha una forza di pensiero e il gusto della vera bellezza può sviluppare un vero attaccamento e sentire insopportabile tutto ciò che è grossolano. Coloro che hanno dedicato la propria vita soltanto alle esperienze sottili, si sentiranno spaventati e frustrati quando non riusciranno più, nella vita quotidiana, a mantenersi a un livello così alto e così sottile.”
Io credo che in questa icona sia stato nettamente esposto, con vividezza, il problema della meditazione Samatha. …E forse capirete perché questa è stata, non dico abbandonata, ma utilizzata solo per quel che vale, da Buddha - che ci ha insegnato, invece, la meditazione Vipassana. Dalla meditazione Samatha potremo confluire, gradatamente, senza sforzo, e con naturalezza, in quella Vipassana, quando riconosceremo l’innata abitudine che l’uomo e la donna hanno nel cercarsi dei rifugi, in direzione del passato e del futuro, per fuggire la sofferenza e per cercare gli oggetti del proprio desiderio ….mentre si rifiutano la possibilità di entrare in quel corridoio diretto alla liberta, che è l’eterno presente Essi seguono una continua oscillazione, tra l’attrazione confortevole verso delle tane alla loro psiche, e la fuga in direzione di quanto ritengono essere la sofferenza; ciò che non piace, ciò che sottilmente detestano. Vi ricordo che Buddha ripeteva: “Io insegno solo questo: cosa è la sofferenza e quale è la via per uscire dalla sofferenza. “ Vorrei aggiungere un piccolo tassello di pensiero e dire che, in pratica, la ricerca del seguace del Dharma e di chi entra nel buddismo è di poter vincere una sofferenza diluita nella quotidianità dell’uomo….non parliamo, ovviamente, delle sofferenze atroci dei campi di concentramento nazisti, né di quelle ospedaliere…. Certo, ci sono anch’esse…….. L’uomo però dovrà captare l’insegnamento di Buddha per risolvere solo le sue sofferenze psicologiche, mentre egli cammina quotidianamente fra le strutture reincarnative. Per inciso, noi abbiamo dei grandi buddisti occidentali. Uno di questi è italiano e si chiama Corrado Pansa (potrete trovare molte scritti di Corrado Pansa se utilizzerete un motore di ricerca internet...) Ascoltate cosa dice lui. Ed è importante che ne seguiate i consigli, perché si possa completare congruamente un ragionamento che ci permetta di poter passare alla meditazione Vipassana…. dopo aver approfondito un po’ l’aspetto claudicante di quella Samatha. Ascoltate cosa dice Corrado Pansa…. e poi ci faremo guidare dalle verità tradizionali che insegna Buddha sulla tua sofferenza…. quella che probabilmente ti aspetta fuori della porta, una volta terminato l’ascolto di questi dialoghi. Dice Corrado Pansa:
“Qual è la differenza tra il meditante e il non meditante, davanti alla sofferenza? Abbiamo parlato del discorso di Buddha sulle due frecce. Un uomo colpito da sofferenza è come chi viene trafitto da una freccia. Il non meditante comincia, a quel punto, a reagire con tutta una serie di meccanismi, imprecazioni, lamentazioni, maledizioni ecc. Si cade, così, in una serie di pensieri imprigionanti, opprimenti, delle vere e proprie gabbie, dalle quali ci ricordiamo quanto stiamo male, fornendo ulteriore carburante alla nostra situazione negativa. Siamo così colpiti non da una sola freccia, ma da due: la freccia della sofferenza e quella delle innumerevoli reazioni ad essa. Il meditante, invece, riesce ad eliminare la freccia dell’ostilità, grazie alla sua stabilità mentale, alla sua non reattività, al suo non attaccamento.” Quindi, ricordatevi questo segue: - tutto ciò che è sgradevole e che solitamente l’uomo repelle… ma anche i pensieri, le immaginazioni e la realtà, in genere, il Buddha ci insegna, invece, a vederlo come se fossimo degli obiettivi testimoni di quanto accade – senza alcuna interferenza…. Dei testimoni di ciò che è sgradevole nella vita, e dei testimoni di ciò che è gradevole. Questo è l’atteggiamento quotidiano della retta consapevolezza. Ne abbiamo parlato, no?.... Quando il viaggiatore del karma, il seguace del Dharma procede lungo la giornata, che atteggiamento ha verso le cose? Cose che erano sgradevoli egli le accetta, ora, con simpatia, sapendo che tutto ciò che ha inizio, ha un continuum interno, ed ha una fine. Qualunque cosa sta crescendo… ma terminerà! Quanto è sgradevole, il meditante Vipassana, il seguace del Dharma, lo ospita dentro di sé, lo accetta e non lo respinge. Lo stesso avviene per le cose gradite…. Esse non vengono, da lui, affannosamente seguite. I due aspetti - chiamiamoli gemellini, l’uno nero e l’uno bianco… le due ali, stanno tese ugualmente davanti al meditante Ciò che insiste a dire il buddista… è che, spesso e volentieri, le reazioni successive, a un qualche cosa di ostile - oppure che crediamo ostile - sono ancor più complesse e doloranti dell’ effettiva sofferenza provata. Narra un’antichissima tradizione di quel guerriero che, durante una battaglia, viene colpito da una freccia….
Allora, cade per terra ed i commilitoni corrono da lui per curargli la ferita…ma, egli, lì, fermo, incomincia a chiedere “Ma chi è stato?...Chi ha lanciato questa freccia?... A quale famiglia dei miei nemici apparteneva?...Quanti membri ci sono in quella famiglia? Quando è cominciata la guerra?...” Insomma, continua a parlare, a parlare, ed a parlare… Con ciò, alimentando ancor più le sue sofferenze.. Invece di curarsi e di pensare unicamente a quanto gli è accaduto, moltiplica i suoi dolori, in preda all’agitazione….. La freccia non è più una sola, ora… Ma, sono divenute due!... Ecco quanto accade anche a tutti noi…. Però, assumendo un atteggiamento opposto, e più saggio, ben presto tutto ciò finirà ... Non è che si continui per sempre ad avere questi problemi. E camminando nella foresta della vita, accettandola così com’è, - col suo nero e col suo bianco; iniziando ad osservare le cose, senza interferire in esse, ecco che, lentamente, si scioglierà quella polverina nell’acqua della nostra tenerezza e della nostra dolcezza ed entreremo, senza neppure accorgercene, nello stato del Nirvana. Ascoltate ora, il famoso discorso del Buddha sulle due frecce (Salla Sutta):
Dice il Buddha:
“Meditatori, sia l’uomo ignorante che l’uomo saggio che percorre il sentiero, percepiscono sensazioni piacevoli, spiacevoli e neutre. Ma, qual è la differenza tra i due, ciò che li caratterizza? Facciamo l’esempio di una persona, che, trafitta da una freccia, ne riceva una seconda, sentendo, quindi, il dolore di entrambe le ferite. Ecco, la stessa cosa accade quando un ignorante, che non conosce l’insegnamento, viene a contatto con una sensazione spiacevole, e, come reazione, si preoccupa, si agita, piange, grida, si batte sul petto, perde il senso della realtà. Quindi, egli fa esperienze di due dolori: quello fisico e quello mentale; gravato dalla sensazione spiacevole, reagisce con avversione, e con questo atteggiamento inizia a creare in sé un condizionamento di avversione. Infatti, quando prova queste sensazioni negative, egli cerca il diletto in quanto sensazione piacevole, perché, da persona ignorante qual è, non sa rispondere correttamente ad una sensazione spiacevole, se non cercando riparo nel piacere dei sensi. E quando comincia a godere di un piacere, allora comincia a instaurarsi in lui un condizionamento al desiderio, alla bramosia. Egli è completamente inconsapevole di come vadano le cose; non sa, cioè, che le sensazioni sono impermanenti, non sa quale sia l’origine della bramosia verso di esse, non conosce il pericolo che rappresentano, e non sa quale sia la via per non esserne schiavi. Questa sua incapacità crea dentro questo tipo di uomo un condizionamento di ignoranza. Provando sensazioni piacevoli, spiacevoli, o neutre, l’ignorante, rimanendone condizionato, lontano dalla verità, è soggetto alla nascita, alla morte, alla vecchiaia, ai turbamenti, alle sofferenze alle negatività. L’ignorante è così destinato all’infelicità. Invece, l’uomo saggio, che percorre la via della verità, quando prova una sensazione spiacevole non si preoccupa, non si agita, non piange, non urla, non si batte il petto, non perde il senso della realtà. E’ come chi venga trafitto da una sola freccia, e non da due, percependo solo un tipo di sensazione spiacevole: quella fisica e non quella mentale. Colpito da questa sensazione, non reagisce con avversione, e così non si forma in lui un condizionamento all’avversione. Inoltre, non cerca rifugio in una sensazione piacevole per sfuggire quella spiacevole che sta vivendo. Egli sa, da persona saggia, che è sulla via della verità, come ripararsi dalla sensazione sgradevole, senza cadere nel piacere dei sensi. Così, evita di creare un condizionamento di bramosia e desiderio. Egli comprende la realtà così come essa è, effettivamente, del perenne sorgere e passare delle sensazioni, delle sue sensazioni, di quale sia l’origine della bramosia verso di esse, del pericolo che essa costituisce. E del modo di uscirne. Avendo, dunque, la perfetta e completa comprensione della realtà, egli non permette che si formino in lui questi condizionamenti di ignoranza. Quindi, il meditante impara a restare equanime e distaccato, qualora si manifestino sensazioni piacevoli, spiacevoli e neutre. Cosi facendo, chi cammina sulla via del retto insegnamento, rimane distaccato anche dalla nascita, dalla vecchiaia, dalla morte, dai turbamenti, dalle sofferenze e dalle negatività. Egli è equanime davanti a tutte le sofferenze. Questa è la differenza tra il saggio e l’ignorante. L’uomo saggio, concretamente addestrato nella pratica del retto insegnamento, rimane equanime di fronte alle sensazioni sgradevoli e gradevoli che sorgono nella sua persona.” E noi adesso (ritorna a parlare Guido) impareremo a come riconoscere e seguire queste sensazioni nella meditazione Vipassana, nata proprio per questo scopo e portata sulla fisicità del nostro corpo. Ricordo ancora a tutti che stiamo parlando dei complessi principi, che formano lo scalino centrale, fra i tre, nel terzo androne dell’ottuplice sentiero: la retta consapevolezza. E, in proposito, abbiamo affrontato vari argomenti, fino ad arrivare alla meditazione Samatha che, abbiamo detto, è fondamentale certo, ma deve crescere, deve arricchirsi della controparte Vipassana, per potere raggiungere quei requisiti di equilibrio e di penetrazione nella verità, nella realtà, che ci indica Buddha. Voglio parlarvi di una delle caratteristiche della meditazione Samatha - che, comunque, è praticata dal buddista, quando, ad esempio, egli si concentra fermamente, e gestisce con profondità la sua mente.
Ad esempio, uno dei metodi di meditazione Samatha, maggiormente adottati, nella tradizione buddista, è quello chiamato Anapanasati (…guardate, che è molto importante questo metodo che sto iniziando ad esporvi) Anapanasati, letteralmente, significa consapevolezza dell’inspirazione e dell’espirazione naturale. In altri termini, la costante attenzione, rivolta verso la sensazione dell’aria, che penetra e fuoriesce, attraverso le narici. Quindi, consapevolezza…. é diventare testimoni del nostro respiro inalante ed esalante. Ovviamente, non è un mistero dire che il nostro respiro inalante ed esalante interno, è correlato con gli stati d’animo, e ne viene influenzato. Di conseguenza, tramite questa meditazione sul respiro, il viaggiatore nel Dharma riconduce tutti gli stati d’animo al loro fluire essenziale, alla realizzazione del ritmo naturale del respiro. Vedete, abbiamo realizzato quanto sia importante per tutti noi rimanere graniticamente fermi nell’eterno presente, nel qui ed ora, ed è questo qui e ora che il discepolo di Buddha perfora, nella quotidianità Praticamente, con la sua vigilanza, con la sua retta consapevolezza, con l’attenzione in ogni azione che compie nel suo presente, egli gratta sulle pareti del tempo e dello spazio, per tirar fuori la polvere del qui e dell’ora….. E’ molto importante, quindi, che noi si entri, anche telepaticamente, nel Sangha, ossia nella presenza spirituale di tutti coloro che hanno seguito le indicazioni di Buddha, da 2600 anni a questa parte. Il Sangha ha, come caratteristica fondamentale, la volontà invincibile di uscire dal sarcofago del proprio mentalismo, che ci trattiene nel passato…e nell’altra direzione spuria: il futuro La prigione ipnotizzante delle calde cucce, che non infastidiscono e che allontanano da ogni irritazioni non si voglia subire. Ebbene, soltanto ancorandosi nel qui e nell’ora, il discepolo del Dharma riesce a spingere un volano, che, gradualmente, lo porta alla visione finale delle cose, alla realtà, installata nella nicchia dell’eterno presente. Ora, fate attenzione ad una caratteristica del vostro respiro… Tu stai respirando. E questo non avviene ieri, non avviene domani; ma avviene, sempre, puntualmente e costantemente, oggi, qui e ora.
(continua)
(Guido Da Todi)
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