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 Lo spamming? Lo combattiamo così

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
admin Inserito il - 09/10/2003 : 10:33:34
Lo spamming? Lo combattiamo così

http://www.lastampa.it/redazione/news_high_tech/archivio/0310/ngdiritto&web1.asp

8 ottobre 2003

di Steafno Porro


C’ è fermento tra vecchio e nuovo continente. Se da un lato gli Stati Uniti potrebbero decidere di adottare la nostra legislazione per controbattere lo spam, dall’altro protestano fermamente per il rifiuto del Parlamento Europeo di approvare la brevettabilità del software puro. Fa intanto discutere l’iniziativa dell’outsider sen. Norm Coleman, che ha deciso di presentare al congresso americano alcuni emendamenti per addolcire le pene contro chi scarica illegalmente mp3.


- Spam:

gli Usa potrebbero adottare la legislazione europea Non si ferma l’offensiva lanciata dal Garante per la Privacy contro chi inonda le nostre email di messaggi spazzatura. Nel mirino di Stefano Rodotà sono finite questa volta sette società italiane che inviavano comunicazioni pubblicitarie indesiderate a migliaia di utenti, ovviamente senza averne chiesto la preventiva autorizzazione. La legge italiana, che considera gli indirizzi email veri e propri dati sensibili e lo spamming a scopo di lucro un reato di tipo penale, è una delle più avanzate al mondo e ha fortemente influenzato la stesura della direttiva europea sulla privacy e sulle comunicazioni elettroniche.
Ecco perché ieri il Gruppo Interparlamentare per le Nuove Tecnologie (APIG) ha raccomandato esplicitamente che anche in America, per contrastare il dilagante fenomeno delle junk mail, sia adottata al più presto una legislazione simile a quella del nostro paese. Secondo il portavoce dell’APIG, l’onorevole Derek Wyatt, “è essenziale che Europa e Stati Uniti collaborino sul piano legislativo e tecnologico per arginare l’invio truffaldino di messaggi”. Parole sante, visto che uno dei più grandi vantaggi degli spammers è stata, fino a questo momento, la totale mancanza di protocolli di intervento comuni tra stati e tra i big player che offrono il servizio di free-mail. Ma i professionisti dei messaggi spazzatura non hanno intenzione di arrendersi. Molti di loro infatti stanno già aprendo società “off-shore” in Cina, dove una legislazione appropriata è del tutto assente, per continuare a spammare in piena libertà.


- Brevetti software:

la battaglia è appena iniziata Molto più tesa è invece la situazione sul fronte della brevettabilità del software. Il Parlamento Europeo, alcuni giorni fa, ha sostanzialmente detto no alla possibilità di porre patenti e licenze sui principi dell’innovazione, sulle strategie commerciali e, soprattutto, sul software puro, rifiutando di allinearsi a uno status quo legislativo presente già da tempo negli Stati Uniti. Non si è fatta attendere la protesta del governo americano, che ha immediatamente spedito una lettera ufficiale al PE per evidenziare l’esistenza di un conflitto nell’emendamento secondo cui “i brevetti non possono essere utilizzati per ridurre l’interoperabilità”. Proprio su questo campo si gioca la partita legale più ostica che vede contrapposte le grandi major del software statunitense e le PMI del vecchio continente. In America infatti, chiunque voglia creare un programma in grado di dialogare con quelli sviluppati da altri (per esempio: applicativi con sistemi operativi) è quasi sempre costretto a comprarne le licenze, subendo un forte esborso. Questa disparità legislativa tra i due continenti potrebbe creare forti tensioni e dare vita a una vera e propria guerra sui brevetti. La reazione statunitense conferma le preoccupazioni di buona parte degli esperti del settore, secondo i quali dietro la proposta McCarthy (questo il nome della portavoce della direttiva) si nasconderebbe il tentativo delle big corporate statunitensi di mettere le mani sul mercato del software europeo, gestito in toto dalle PMI, le quali si troverebbero in una situazione di oggettivo svantaggio nell’affrontare eventuali cause legali riguardanti l’abuso di brevetti.


Al senatore piace il “file sharing”

Buone notizie per i websurfer americani appassionati di mp3. Il sen. Norm Coleman presenterà nei prossimi giorni al Congresso una proposta di modifica alla legge che punisce chi scarica illegalmente dalla rete file protetti dal diritto d’autore. Secondo la normativa vigente, chi viene colto in flagrante può essere costretto a pagare da 750 a 150.000 dollari per ogni singolo file scaricato. Una pena eccessiva, secondo Coleman, che ha intenzione di contestare anche alcuni punti del Digital Millennium Copyright Act. Varato nel 1998, il DMCA permette alle industrie discografiche di citare in giudizio dei singoli utenti, senza richiedere il preventivo permesso di un giudice. Una concessione eccessiva, che aprirebbe la porta a episodi di “giustizia privata”. Fioccano ovviamente le proteste della RIAA, la potentissima associazione dei discografici statunitensi, la quale ha dichiarato di non voler scendere a patti con chi commette il reato di violazioni di copyright. Dal fronte opposto, quello degli sviluppatori e degli utenti del file sharing, rappresentati dall’associazione P2P United, arriva un convinto plauso all’iniziativa di Coleman. Si può discutere o meno della liceità del file sharing di opere sotto copyright, ma le sanzioni previste dalla legge attuale appaiono francamente eccessive.




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